Mosca sostiene la battaglia di Belgrado per il controllo della regione occupata e finanzia il popolo serbo con un accordo da milioni di dollari
La Russia ha ribadito ancora una volta il proprio sostegno alla decisione serba di non firmare un accordo con il Kosovo occupato e ha accusato l’Unione europea di aver fatto pressioni su Belgrado per siglare l’intesa con lo staterello fantoccio di Pristina. Mosca considera infatti Belgrado e i suoi cittadini degli alleati indefettibili da difendere e salvaguardare ad ogni costo. “Noi sosterremo certamente i nostri amici serbi”, ha dichiarato il primo ministro russo Dmitrij Medvedev, secondo le agenzie di stampa russe, dopo aver incontrato a Mosca il suo omologo serbo Ivica Dacic (nella foto). “Noi – ha continuato Medvedev – sosterremo sempre la posizione formulata dai dirigenti serbi”. Dacic, dal canto suo, ha ribadito che, al di là del fallimento dell’ultimo ciclo negoziale, Belgrado intende ancora continuare il dialogo con il Kosovo, che s’incentra principalmente sulla sicurezza delle popolazioni serbe che vivono nel nord della regione serba occupata dagli albanesi. Ma la visita di Dacic ha avuto anche altre finalità. Durante la sua visita a Mosca, il premier serbo ha incontrato il collega russo Medvedev e firmato tra l’altro l’accordo per un prestito russo da 500 milioni di dollari, per oltre la metà disponibile da subito. “Per la sua visita è stato preparato un solido pacchetto di documenti da firmare, nell’ottica del rafforzamento del nostro partenariato”, ha dichiarato Medvedev, ricevendo Dacic, e precisando che “tra gli altri, sarà firmato anche un accordo per lo stanziamento di un credito da mezzo miliardo di dollari”. Il ministro russo delle Finanze Anton Siluanov ha aggiunto da parte sua che la prima tranche sarà erogata immediatamente. “Ora firmiamo, e subito riceveranno i soldi, nel bilancio ci sono”, ha confermato Siluanov. Nel gennaio scorso Serbia e Russia hanno firmato per un credito russo di 800 milioni di dollari destinati all’ammodernamento delle ferrovie nel Paese balcanico.
Il risultato della visita di Dacic presso la Federazione è stato quindi molto positivo, ma in Serbia serpeggia ancora la rabbia per le richieste dei tecnocrati di Bruxelles a Belgrado sul futuro di Pristina, in cambio di una futura adesione all’Unione europea. A schierarsi al fianco del governo e del popolo serbo è stata la chiesa ortodossa che ha rifiutato qualsiasi tradimento del Kosovo, facendo pressione sulla coalizione per impedire che ceda l’ultimo avamposto del Paese nella provincia in cambio dei colloqui sull’ingresso nell’Ue. L’appello del patriarca è giunto comunque molto prima del mancato accordo tra il governo di Belgrado, Pristina e Bruxelles riguardante il piano per favorire la partizione etnica del Kosovo tra la maggioranza albanese e una piccola area del nord della regione popolato da una maggioranza serba. La Serbia considera il Kosovo, ricco di storia e di miti, come la culla della nazione serba e della sua fede cristiano-ortodossa. Ma gli albanesi sono la maggioranza di 90 per cento, molti dei quali musulmani. Si staccò in guerra nel 1998-99 e nel Kosovo, infine, ha dichiarato l'indipendenza nel 2008, ma la Serbia ha ancora una presa fragile su una tasca del nord dove vivono circa 50.000 serbi. Il rifiuto del piano potrebbe costare adesso alla Serbia la possibilità di portare avanti le trattative per entrare nell’Unione europea. “La promessa pre-elettorale e post-elettorale più importante fatta da voi, che avete ricevuto un mandato dal popolo per guidare la nave serba in questi tempi tumultuosi, era che non avreste mai, in nessun caso, ceduto, tradito o svenduto il Kosovo, antica fede della Serbia”, ha sottolineato con arguzia e coraggio il patriarca Irinej in una lettera ricevuta dall’Agenzia di stampa Tanjug e pubblicata sul sito web della chiesa ortodossa. La missiva è stata indirizzata al presidente della Serbia, il nazionalista Tomislav Nikolic, al primo ministro socialista Ivica Dacic e al leader del più grande partito della coalizione, Il Partito Progressista Serbo (Sns), il vice primo ministro Aleksandar Vucic. “Nessuna leadership serba, tra cui quella di oggi, ha il diritto o il mandato di accettare il tipo di condizioni che a nessun altro Paese candidato all’adesione all’Ue è stata posta. Il biglietto di ingresso è troppo costoso”, è scritto nella lettera del patriarca. “La Serbia – è dichiarato nella missiva – non deve accettare di pagare un prezzo anticipato per dei prodotti che potrebbero non venirle mai forniti”. Un monito chiaro e deciso quello del patriarca fatto pervenire alle più importanti istituzioni del Paese da parte della chiesa ortodossa, molto seguita per il suo legame indissolubile con la tradizione nazionale del popolo serbo.
Kosovo: la Russia difende la Serbia | Europa | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale