I mercati dell'energia aspetteranno la conferma di altre rilevazioni mensili, prima di certificare il sorpasso: ma nel dicembre scorso la Cina è diventata il primo importatore di petrolio al mondo, superando gli Stati Uniti che mantenevano la posizione dagli anni 70. Una delle ragioni per cui le stime potrebbero risultare distorte è di natura fiscale: alla fine dell'anno, infatti, le compagnie americane di solito riducono i propri acquisti per ridurre le scorte, e di conseguenza quanto dovuto al fisco.
Nel mese di dicembre, secondo la Us Energy Information Administration, le importazioni nette di petrolio - greggio e prodotti raffinati - negli Stati Uniti si sono ridotte a 5,98 milioni di barili al giorno, il livello più basso dal febbraio 1992. Nello stesso mese le importazioni in Cina - comunicano le Dogane cinesi - sono cresciute a 6,12 milioni di barili al giorno. Ma nel corso degli ultimi dieci anni, in gennaio tradizionalmente le importazioni americane hanno riguadagnato terreno: potrebbero dunque recuperare sul corrispondente dato cinese, già noto, di 6,30 milioni di barili al giorno.
Su base annua, gli Stati Uniti restano il primo importatore, anche se con margini significativamente ridotti. E se anche i risultati di gennaio invertiranno la tendenza, secondo gli analisti gli Usa sono destinati a prendere il secondo posto rispetto alla Cina o più tardi nel 2013 o all'inizio del prossimo anno: a ridurre la necessità di importare petrolio è l'aumento della produzione interna nata dalla rivoluzione dello shale gas, estratto negli Usa dalle rocce. E nello stesso tempo, le compagnie di raffinazione come ExxonMobil stanno esportando quantità record di derivati del petrolio, rispondendo alla domanda di benzina, diesel e kerosene in America Latina e in Africa.
Nel 2012 la produzione americana di greggio è cresciuta di più di 800mila barili al giorno, il più grande aumento annuo dall'inizio dell'era del petrolio, più di 150 anni fa.
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