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    Predefinito E' stato un grande Presidente, coraggioso e leale, molto amato.

    «E' stato un grande Presidente, coraggioso e leale, molto amato. Ho combattuto per Rodotà, mi sono presa attacchi e critiche sleali per questa scelta di votare Rodotà, ma non c'erano più margini nel Pd per lui, ho constatato stamattina la chiusura totale. Non si poteva più tergiversare e la nuova disponibilità a Napolitano è stata chiesta dal Pd. Lo conosco, ci è stato vicinissimo in ogni momento. [Stefania Pezzopane -PD]»

    Di seguito uno stringato riassunto dei meriti acquisiti dal Presidente durante il suo settennato.

    Di Claudio Forleo | 20.04.2013 18:27 CEST

    Giorgio Napolitano - bis. Per la felicità della stampa italiana che in sette anni lo ha trattato alla stregua di un Papa, infallibile per dogma. Per gli applausi di Pd e Pdl, i primi convinti di eleggere il 'loro' Capo dello Stato, i secondi perchè dal 2006 a oggi non se la sono passata affatto male con il 'comunista' al Colle.







    Alla faccia delle continue smentite dello stesso Napolitano, che nelle settimane precedenti alla convocazione del Parlamento in seduta comune aveva sostenuto il suo "no, grazie" alla rielezione. E per la perplessità di chi ha votato due mesi fa, bocciando in toto le sue ultime scelte: Napolitano aveva schernito i Cinque Stelle ("Non ho sentito il boom") e il MoVimento ha preso il 25%. E' stato il grande sostenitore di Monti e di un Monti-bis (con o senza centrosinistra), e alle urne è stato bastonato.
    Sette anni non sono bastati, evviva il bis, anche solo per due-tre anni. Il tempo di creare un governo di larghe intese e magari cambiare la Costituzione, utilizzando come programma la relazione dei saggi (voluti dal Presidente).


    Durante il primo mandato Giorgio Napolitano ha interpretato a modo suo il ruolo di Garante della Costituzione, a volte non utilizzando le prerogative previste dalla Carta (che non sono molte, ma ci sono), altre volte tracimando, senza porre un freno a dichiarazioni (i cosiddetti moniti) e atti che lo hanno trasformato in un esponente politico, con un suo programma e interessi di parte da difendere. Niente a che fare con la figura terza e imparziale che viene dipinta.


    L'UNGHERIA, LA QUESTIONE MORALE E CRAXI.
    Prima di essere eletto la prima volta al Quirinale, il 10 maggio 2006, Napolitano è stato tante cose: iscritto al GUF (Gruppo Universitario Fascista), membro del PCI che nel 1956 sosteneva l'invasione dell'Ungheria da parte dell'Armata Rossa per soffocare la rivolta di Budapest, rappresentante dell'ala migliorista del Partito Comunista, vicina al Psi di Bettino Craxi e infastidita dalla "questione morale" che Enrico Berlinguer osò inserire nel dibattito poltico dei primi anni Ottanta.

    Nel decennale della scomparsa (gennaio 2010) scrive una lettera alla vedova di Bettino Craxi, "trattato con una durezza senza eguali" secondo il Capo dello Stato. Dimenticando che il segretario Psi è morto da latitante in Tunisia, con due condanne passate in giudicato per corruzione e finanziamento illecito.
    Presidente della Camera nel biennio 1992-1994, quando le parole del segretario PCI tornarono a fischiare nelle orecchie del Paese, travolto da Tangentopoli. Ministro dell'Interno nel primo governo Prodi (1996-1998), chiese una legge sui pentiti ("troppo numerosi" la sua posizione) e si guardò bene dal fare o chiedere chiarezza sull'archivio segreto dell'ufficio Affari Riservati (il famoso "armadio della vergogna") spuntato fuori a Roma proprio nel 1996. Fu nominato senatore a vita dal predecessore Carlo Azeglio Ciampi.


    ELETTO AL QUIRINALE, IL CASO DE MAGISTRIS.
    Eletto al Quirinale inizia l'era del Presidente che mette il naso nelle indagini della magistratura. Nel 2007 chiede al Csm di visionare il fascicolo sul magistrato Henry John Woodcock, che sta conducendo un'inchiesta su Vittorio Emanuele di Savoia. Poi interviene a gamba tesa sul famigerato caso De Magistris.

    L'attuale sindaco di Napoli, allora pm della Procura di Catanzaro, indaga sulla politica, sugli intrecci con massoneria e criminalità e sugli sperperi di denaro pubblico. L'inchiesta più delicata (Why Not, in cui si indaga anche sul ministro della Giustizia Clemente Mastella) gli viene sfilata dal procuratore reggente Dolcino Favi. De Magistris denuncia la situazione alla Procura di Salerno (deputata a indagare per competenza territoriale sui colleghi calabresi).
    Inizia quella che è stata fatta passare come una guerra fra procure: Salerno chiede le carte dell'indagine Why Not a Catanzaro, che non risponde. Scatta la perquisizione, con i magistrati calabresi che si rifiutano di consegnare i documenti richiesti. Ecco che spunta Napolitano. "Una vicenda senza precedenti che ha gravi implicazioni istituzionali". Ma il Capo dello Stato, che non dovrebbe avere nessun ruolo nella vicenda, non sostiene i magistrati di Salerno che fanno il loro lavoro, ma si fa portavoce delle "vive preoccupazioni del Pg di Catanzaro".
    Di lì a poco il Csm (presieduto da Napolitano) sospende e/o trasferisce i magistrati di Salerno Apicella, Nuzzi e Verasani. I procedimenti giudiziari che seguono dimostreranno che i magistrati campani sono stati puniti senza alcuna valida ragione.


    BERLUSCONI E A PALAZZO CHIGI.
    Il 2008 è l'anno del ritorno a Palazzo Chigi di Silvio Berlusconi. Napolitano firma alla velocità della luce il lodo Alfano (bocciato dalla Corte Costituzionale), il legittimo impedimento (stessa sorte) e lo scudo fiscale (immunità penale per chi fa rientrare i capitali dall'estero pagando una tassa del 5%). Quando una parte consistente dell'opinione pubblica gli chiede di non firmare quest'ultima legge, il Garante della Costituzione sostiene di essere 'obbligato' dalla Carta (non è vero).

    Il suo attivismo, che esploderà nel 2011, si inizia a percepire quando invia al governo pareri preventivi sul decreto Eluana (il centrodestra voleva intervenire sulla sentenza che decreteva lo stop ad alimentazione e idratazione), sulla legge-bavaglio (intercettazioni). La Costituzione non prevede che il Presidente collabori con il governo sui testi delle leggi prima che queste vengano emanate: il Capo dello Stato può rinviarle alle Camere con annessa motivazione (cosa che non fece con lo scudo fiscale).


    MONTI, IL GOVERNO DEL PRESIDENTE E IL CASO MANCINO.
    Quando Berlusconi cade, Napolitano traghetta a Palazzo Chigi Mario Monti, nominato pochi giorni prima senatore a vita. Il sostegno ai tecnici, per quello che viene descritto come il 'governo del Presidente', è totale, con una difesa a 360 gradi dell'operato del prof della Bocconi. E poi i continui 'moniti' per una riforma della legge elettorale, che fissi un premio di maggioranza talmente alto da rendere ingovernabile il Paese, in modo da aprire le porte al Monti-bis. E ancora le reazioni stizzite alle uscite di Beppe Grillo e a quelli che saranno i successi elettorali del 2012 a Parma e in Sicilia.

    Il 2011 è il suo anno: è nato Re Giorgio, osannato da gran parte dell'opinione pubblica perchè avrebbe "salvato il Paese da Berlusconi", ma il 2012 non è altrettanto scintillante. La sbornia 'tecnica' si esaurisce presto, sotto il peso delle decisioni (prese e mancate) del governo Monti, e anche l'appeal di Napolitano ne risente. Poi scoppia il caso 'Mancino'. La Procura di Palermo che indaga sulla trattativa Stato-mafia tiene sotto controllo il telefono dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino (oggi imputato per falsa testimonianza). Spuntano fuori le telefonate con il consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio (nel frattempo deceduto), in cui Mancino chiede interventi e consigli su come muoversi con i magistrati siciliani. In una delle telefonate D'Ambrosio sostiene di tenere informato anche il Presidente.
    Poi ecco le telefonate Mancino/Napolitano: sono quattre conversazioni che la Procura ritiene irrilevanti dal punto di vista penale, ma per legge devono essere messe a disposizione delle parti (le difese) con il 'rischio' che diventino pubbliche. La Presidenza della Repubblica solleva un conflitto d'attribuzione nei confronti della Procura di Palermo, sostenendo che i file contenenti quelle telefonate avrebbero dovuto essere immediatamente eliminati dalla stessa Procura, in quanto il Presidente non è intercettabile.
    Teoria che non regge: Napolitano è stato intercettato solo indirettamente (il telefono sotto controllo è di Mancino) e non può essere la Procura ma il Gip a decretarne la distruzione, solo dopo averle messe a disposizione delle parti. Con una sentenza cervellotica la Corte Costituzionale dà ragione a Napolitano, sostenendo che la figura del Presidente è "al di fuori dai tradizionali poteri dello Stato", paragonandolo ad una sorta di monarca assoluto. Peccato che la Costituzione non ne faccia cenno.


    IL PDL E I PROCESSI DEL CAVALIERE.
    E arriviamo ai giorni che hanno preceduto le elezioni del nuovo Presidente. Napolitano è un sostenitore delle larghe intese, di riforme condivise (memorabile l'invenzione dei dieci saggi), arrivando a paragonare l'attuale situazione politica con la stagione del compromesso storico Dc-Pci.

    Quando il Pdl manifesta nelle aule del Tribunale di Milano, colpevole di non accogliere tutti i presunti legittimi impedimenti di Berlusconi (comprese uveite e congiuntivite), Napolitano riceve Angelino Alfano al Colle. Il risultato è l'ennesimo monito, in cui si sostiene la pacificazione tra le istituzioni, come se la 'guerra' non fosse a senso unico. Napolitano giudica "comprensibile la preoccupazione" del centrodestra di "veder garantito che il suo leader possa partecipare alla complessa fase politico-istituzionale già in pieno svolgimento". Un implicito invito ad accogliere ogni impedimento del Cavaliere, giudizio che non spetta al Presidente della Repubblica.
    Facile capire il perchè degli applausi scroscianti arrivati dal Pdl quando Napolitano ha accettato il secondo giro al Colle: la figura di 'garanzia' chiesta da Berlusconi è proprio lui. E sarà sempre lui a gestire la nascita del prossimo 'governissimo', fortemente voluto dal Cavaliere.
    Un Presidente diventato Re: storia di Giorgio Napolitano - International Business Times


    Di Napolitano Presidente va anche ricordato il solerte impegno profuso nel far entrare in guerra l'Italia contro la Libia, ad un anno dalla firma di un solenne trattato di amicizia.
    In ultimo, ricordiamo la grazia che ha voluto elargire al colonnello Joseph L. Romano III, condannato dalla Magistratura italiana nel 2010 per la vicenda del sequestro Abu Omar nell'ambito delle extraordinary rendition.
    Con la seguente motivazione:
    '[Il Presidente] ha inteso dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l'aspetto della condanna di un militare statunitense della NATO per fatti commessi sul territorio italiano ritenuti legittimi''.
    In sintesi: tra gli USA che ritengono legittimo un certo atto e i magistrati italiani che lo ritengono illegittimo Napolitano ha dato ufficialmente ragione ai primi e torto ai secondi. Un vero bastione a garanzia della legalità repubblicana.

    L'amore è cieco, si sa, dunque non mi stupisce che io non riesca capire quelli del PD, come la Pezzopane, che amano il Presidente Napolitano.
    Però potrebbero fare uno sforzo di razionalizzazione e tentare di farlo capire anche agli ignari come me.

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    Predefinito Re: E' stato un grande Presidente, coraggioso e leale, molto amato.

    abbiamo anche una foto di repertorio del presidente uscente che stringe la mano al nuovo presidente della repubblica
    le mie tariffe:
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