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    Predefinito Fascismo e neofascismo secondo Renzo De Felice

    Fascismo e Neofascismo secondo Renzo De Felice

    (R sta per risposta di De Felice, D per domanda dell'intervistatore)

    R: (…) Se guardiamo agli esponenti del radicalismo di destra dobbiamo chiederci: quali sono i loro maestri ideali? Quali i modelli a cui si rifanno?
    Si rifanno a Mussolini? Molto vagamente: si rifanno a Mussolini come si rifanno a Garibaldi. Sarà una battuta di spirito, ma è così: tutti gli italiani si rifanno a Garibaldi. E tutti quelli che sono contrari a un certo sistema democratico, si rifanno a Mussolini. Me è un fatto del tutto esterno. E non si rifanno nemmeno all'esperienza fascista italiana, perchè è una esperienza sostanzialemente fallimentare, non solo per la guerra perduta, ma anche per l'incapacità che il fascismo italiano ha dimostrato di creare uno stato fascista vero.
    I maestri a cui si rifanno sono altri: sono Evola, Codreanu e i nazisti veri e propri. La scelta di questi nomi è estremamente indicativa. Che cos'è Evola? Non a caso durante tutto il periodo fascita, Evola è stato un emarginato, non ha mai avuto un ruolo nel partito fascista (mi pare, addirittura, che non ne facesse parte, almeno per lungo tempo), è stato criticato e visto con sospetto dai fascisti, o almeno da molti di essi, Evola significa una forma di tradizionalismo, una sorta di concezione che da un lato è cosmostoria, e dall'altro grande catastrofismo. Tutte cose, queste, che nel fascismo non ci sono, o rappresentano delle componenti estremamente marginali e minoritarie.
    L'altro riferimento è a Codreanu: Weber ha pienamente ragione quando dice: "Come la mettiamo? Voi dite che il fascismo è piccolo-borghese, ecc... Ebbene, il movimento di Codreanu è tutto tranne che piccolo-borghese: è un movimento di studenti, di declassati, un movimento popolare contadino, tutto, tranne che un movimento di ceti medi".
    E' vero, io non glielo contesto affatto. Ma io torno a ripetere che Codreanu non è, "strictu sensu", un fascista. Codreanu si batte contro i valori e le istituzioni borghesi: questi sono i suoi continui punti polemici di riferimento, e sono sono per la destra radicale di oggi, per i neonazisti attuali.
    Non facciamoci prendere dalle mitologie polemiche: nel fascismo c'è un certo tipo di polemica antiborghese, ma è marginale. Il fenomeno va visto nel suo complesso, negli aspetti principali, non in quelli polemici e transitori portati avanti in certe circostanze più o meno tatticamente. Se abbiamo detto che Codreanu combatteva i valori e le istituzioni borghesi, dobbiamo anche dire che il fascismo non era un movimento che combatteva i valori e le istituzioni borghesi: voleva purificarli, perfezionali, voleva portare avanti un certo discorso, non farne piazza pulita (…).
    Il fascismo ha un'idea ben precisa di progresso, di progresso storico, e in questa linea di tradizione i valori borghesi sono inseriti per essere superati, non negati. I gruppi del radicalismo di destra, invece, contestano completamente questa linea, così come la contestano i nazisti. Tra Fascismo e Nazismo, e ancor più tra il fascismo e il neonazismo attuale, il radicalismo di destra, c'è una profonda differenza, per certi aspetti di tipo culturale, ideologico, per altri di tipo psicologico-morale; una differenza che segna uno spartiacque molto netto e che non si può ignorare.
    Leggendo i libri scritti da fascisti, guardando la pubblicistica fascista, i giornali fascisti, ciò che colpisce è l'ottimismo vitalistico che c'è dentro, un ottimismo vitalistico che è la gioia, la giovinezza, la vita, l'entusiasmo, la lotta come lotta per la vita. Una prospettiva che - sia pure nei termini che poteva avere un fascista - è di progresso. Nel nazismo questo non c'è. Intanto non c'è l'idea di progresso: semmai c'è quella di tradizione, di razza...


    D: Caso mai c'è l'idea di regresso, di tornare indietro...

    R: La stessa idea del ciclo, così forte nel nazismo, nega quella di progresso. Un ottimismo esiste anche nel nazismo, ma non è vitalista come quello fascista: è piuttosto un ottimismo tragico, che negli ultimi tempi della guerra - con l'avanzare della convinzione che la civiltà europea fosse ormai condannata alla degenerazione - si trasforma nel suo contrario, ed è allora riscontrabile in un certo fascismo italiano di Salò.
    E' stata ricordata più volte una canzone dei militi di Salò, dove si dice suppergiù "le donne non ci vogliono più bene perchè portiamo la camicia nera" ecc..., in cui c'è veramente, come in tante altre manifestazione della Repubblica di Salò, delle Waffen SS, della Germania dell'ultimo periodo, un potente pessimismo tragico, un tragico senso della morte che incombe. Questo pessimismo tragico, questo senso della morte che incombe, sono caratteristici e caratterizzanti del radicalismo di destra di oggi, del neonazismo attuale, che non combatte, non lotta per un futuro. Questa gente lotta per una affermazione direi demoniaca della propria personalità, del proprio io contro tutto il resto; un'affermazione appunto di tragico pessismismo, di un superomismo che sa di morire, ma dice "voglio farvi vedere che ho il coraggio di battermi contro di voi; anche se vi fermo per un decennio solo, per un anno solo, per un giorno solo, è un'affermazione della mia personalità contro di voi. Ma so molto bene che sono morto, ormai". Questo distingue nettamente il fascismo storico dal neonazismo di oggi. E non solo marca l'enorme differenza, ma determina la drammatica pericolosità di questa gente. Qui, ormai, non siamo più su nessun terreno, altro che su quello del fanatismo fine a sè stesso, del "muoia Sansone con tutti i filistei".

    D: Non è un caso che uno dei loro più grandi eroi intellettuali sia un suicida, cioè Drieu La Rochelle, che rappresenta quasi il modello di questa mentalità.

    R: Non so se sei d’accordo con questo tipo di discorso, sia per quel che riguarda questa differenza fortissima tra nazismo e fascismo – cioè tra l’ottimismo vitalista del fascismo e quello tragico del nazismo, fino al pessimismo tragico dei gruppetti del radicalismo di destra attuali – sia nel distinguere, almeno dal punto di vista ideologico, questi gruppetti dal fascismo storico, da quello italiano almeno.

    D: Si, sono d’accordo. Quello che più mi colpisce, nel cosiddetto fascismo di oggi, è la mancanza quasi assoluta di quello che era un elemento centrale per il fascismo, cioè l’elemento rivoluzione. Parlano di tutto, di salvare l’Occidente, della lotta contro il comunismo, della lotta contro la civiltà industriale, ma mai della rivoluzione.

    R: No, perché non vogliono la rivoluzione, vogliono il ripristino della tradizione. E in questo senso arrivano a dei recuperi incredibili, incredibili persino per una logica fascista: il recupero, per esempio, di un certo tipo di cristianità, che il fascismo vero, il fascismo movimento, assolutamente non ha mai voluto. Il fascismo regime ha fatto la Conciliazione, ma il fascismo movimento è stato anticlericale, è stato in contrapposizione netta con i valori più profondi del Cristianesimo.
    I gruppetti vanno ricercano una tradizione che spesso è non solo mistica, ma addirittura magico-mistica, cosa che il fascismo italiano non ha mai conosciuto.
    (…)

    D: Se possiamo riassumere quanto abbiamo detto su fascismo, neofascismo, protofascismo, ecc..., è evidente che tu sei d'accordo con la tesi di Talmon, cioè che il fascismo non è soltanto qualcosa che è nato dopo la grande guerra - anche se la guerra è determinante nello svilupparsi del fascismo - ma che va legato a una tradizione più lunga della storia europea. Talmon parla della "democrazia totalitaria", di una democrazia di massa, plebiscistaria, nata durante il periodo del Terrore della Rivoluzione francese, che poi continua come elemento del radicalismo europeo di sinistra. Scusa se torniamo indetro, ma l'idea che il fascismo sia legato ad una tradizione della sinsitra rivoluzionaria euoprea sembrerà paradossale a molti lettori italiani.

    R: Sembrerà blasfema.

    D: Sembrerà blasfemo che il fascismo abbia qualcosa a che fare con la rivoluzione francese, con la rivluzione democratica. Come puoi spiegare questo paradosso?

    R: Secondo me non è un paradasosso. Il discorso di Talmon è ormai noto anche in Italia, anche se certo nel nostro paese, non è stato preso nella considerazione che meriterebbe. Per quel che riguarda il fasicsmo italiano sono pienamente d'accordo col discorso di Talmon; ma non lo sarei più, se si estendesse anche al nazismo. Anch'io vedo nel fascismo una manifestazione di quel totalitarismo di sinistra di cui parla Talmon. Il nazismo, invece, si riallaccia ad un totalitarimo di destra e si rifà quindi a tutt'altro discorso, che è quello di Mosse, della nazionalizzazione delle masse. Il discorso di Talmon è estremamente stimolante, è una delle chiavi per capire le origini del fascismo.
    Vorrei mettere in chiaro due cose. Una è questa: che se certe radici ideologiche, morali del fascismo sono radici che affondano nell’humus della Rivoluzione francese, ciò non vuol dire però che il fatto decisivo, scatenante, il detonatore che mette in moto il processo, non sia la prima guerra mondiale. Io non credo – per quel che valgono questi discorsi – che senza la prima guerra mondiale si sarebbe avuto un fascismo, perché è solo quel conflitto che determina quelle condizioni politiche, economiche, sociali, senza le quali il discorso delle radici sarebbe rimasto senza voce, senza la possibilità di prendere corpo. Insomma, senza guerra niente fascismo. Per me è un ritornello. L’altro punto riguarda il fatto che questo discorso vale per il fascismo movimento, non certo per il fascismo regime. Anzi, il fascismo regime è il progressivo sovrapporsi, su questi, di altri motivi, molteplici, di tipo tradizionalista, di totalitarismo di destra, di tipo cattolico, ecc. Motivazioni che stravolgono tutto il quadro, e giungono a prospettare una realtà del fascismo che, se non è esaminata a fondo e in modo scevro da pregiudizi, può far pensare a tutt’altra cosa.

    Estratto da “Intervista sul fascismo”, Renzo De Felice, Editori Laterza (pag. 98-106)
    Ultima modifica di Avanguardia; 21-04-13 alle 14:37
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

 

 

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