[...]Il ventaglio dei mestieri esercitati è praticamente illimitato ed è determinato dall’adattamento zingaro ai bisogni e agli spazi concessi dalla società ospitante: dai lavori artigianali (lavorazione dei metalli, fabbricazione di cesti in vimini, oggetti in legno) alle attività commerciali (vendita ambulante, commercio dei cavalli) alla musica e danza, allo spettacolo viaggiante. L’altro polo è costituito da tre tipi di attività che si rifanno allo stadio della raccolta e della caccia e che rappresentano una forma di conquista indiretta del territorio: l’accattonaggio (manghèl), il furto (ciurèl), e la chiromanzia (durkarèl).
La questua, che viene esercitata da donne e bambini, si riconduce senza dubbio al primitivo stadio della raccolta.
Un tempo le romni raccoglievano erbe, radici, bacche, frutti selvatici setacciando palmo a palmo l’arido territorio della steppa; oggi si procurano il necessario per vivere sfruttando la compassione, la generosità o il timore della gente.La divinazione, come fonte di guadagno, non è che una forme particolare di questua in quanto non è finalizzata a un servizio ma alla pura e semplice estorsione di denaro.
Il furto rappresenta una forma della caccia, o meglio della razzia.
Si è tentati di dire che nel furto rivive sotto altra forma lo spirito della conquista dei nomadi della steppa.
Il sistema economico zingaro si rifà nella sostanza allo stadio della raccolta e della caccia, che cerca di perpetuare la sua originaria struttura economica in un ambiente umanizzato adattandola al nuovo contesto e a forme nuove di sfruttamento. E diventa canto, danza, divertimento, artigianato, vendita e commercio, imbroglio, lettura della mano, raccolta rottami, questua.