Colonia, emerge nuovo video delle violenze di Capodanno
La tv pubblica tedesca rilascia oggi un nuovo filmato della folle notte di San Silvestro. Confermate le carenze della polizia, presente con un numero insufficiente di uomini
Ivan Francese
Finalmente c'è il video. La polizia di Colonia ha rilasciato un filmato, pubblicato dall'emittente pubblica Wdr, della folle notte di Capodanno, in cui migliaia di donne sarebbero state aggredite e molestate da decine di uomini sul piazzale antistante la stazione ferroviaria.
Nel documento eccezionale si sente la voce di una giovane donna che, evidentemente agitata, urla in tedesco: "Non mi devi toccare". Tutt'intorno rumore di petardi che esplodono e fuochi d'artificio che detonano in tutte le direzioni.
I (pochi) poliziotti presenti cercano di tenere sotto controllo la situazione, ma dai documenti emerge la registrazione della voce di un agente che dice: "questi due non riesco a trattenerli". Le immagini dovrebbero riferirsi ai minuti intorno alle 11.30 nello spazio compreso tra i gradini della cattedrale e quelli della stazione dei treni, dove durante la notte di San Silvestro si erano radunati almeno mille uomini, in gran parte di origini arabe.
La polizia avrebbe deciso di sgomberare il piazzale solo alle 23.40, ma gli uomini sul posto sarebbero stati largamente insufficienti. La polizia così torna nella bufera dopo i retroscena emersi nel corso dell'inchiesta sulla notte di Capodanno, secondo cui dai rapporti relativi a quella notte sarebbe stata censurata la parola "stupro" dietro pressioni dei politici locali.
Accuse che sono state rigettate con forza dal ministero dell'Interno del Nord Reno-Westfalia Ralf Jager: "Le accuse di insabbiamento sono inconsistenti - ha attaccato Jager- Prima del 3 gennaio nessuno aveva idea di cosa fosse successo". Una toppa che quasi rischia di rivelarsi peggiore del buco.
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Vescovo in moschea, ma la sala resta vuota: assente anche l’imam
di Laura Venerus
Pordenone: imbarazzante flop al convegno contro la violenza. C’erano anche il prefetto e i capi di pm, polizia e carabinieri
PORDENONE. Una sala vuota, con dentro solo le autorità e uno sparuto manipolo di invitati italiani e giornalisti. Interventi solitari dal palco, con gli ospiti d’onore lasciati tra un pubblico che non c’era.
E’ quanto accaduto ieri pomeriggio al centro islamico, in occasione del convegno “Fermiamo la violenza”, di particolare significato specie a qualche mese dall’omicidio di via San Vito, con moglie e figlioletta uccise da una persona musulmana.
Ma nonostante la storica presenza del vescovo Giuseppe Pellegrini, alla sua prima volta in moschea, i musulmani non hanno risposto all’appello. Assente anche l’imam. Il moderatore dell'incontro, Imrane Filali, ha dovuto ridurre la scaletta e accelerare i tempi, scusandosi con le autorità.
E ciò nonostante un parterre di grande spessore: oltre al vescovo, c’erano prefetto, questore, comandante provinciale dei carabinieri e procuratore della Repubblica, per limitarci a queste cariche. Ma in sala si sono viste solo una quindicina di persone quasi alla fine dei lavori.
All’inizio sono stati fatti trascorrere tre quarti d’ora nell’imbarazzo generale, ma la situazione non è cambiata. Così il giovane Imrane Filali, ex referente del gruppo giovani del centro islamico con indosso la maglietta gialla per Giulio Regeni, ha preso la parola scusandosi per la mancanza di pubblico.
Non sono venuti nemmeno i profughi. E dire che per permettere loro di partecipare alla preghiera, al centro islamico sono in corso anche lavori di ampliamento dei bagni per ottenere più spazio per potersi lavarsi i piedi prima del rito. Di accogliere richiedenti asilo nella struttura, però, non se ne parla. E’ stato ribadito anche ieri: il luogo di preghiera non è adatto all'accoglienza per questioni di sicurezza nessuno può dormirci all'interno. Situazione che, di fatto, stride con quanto accade fuori dalla chiesa del Beato Odorico, dove i profughi stazionano ormai quasi d’abitudine.
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Rivolta dei detenuti a Piacenza: inni ad Allah e ai tagliagole Isis
"Allah 'u akbar". Poi l'inferno. Quattordici magrebini mettono a ferro e fuoco la sezione A del carcere di Piacenza
Sergio Rame
"Allah 'u akbar". Poi l'inferno. Ieri pomeriggio la sezione del carcere di Piacenza, dove sono ospitati i detenuti più facinorosi, è esplosa in una rivolta senza precedenti.
Per protestare contro la situazione del sistema carcerario, una decina di stranieri ha distrutto tutto quello che gli capitava a tiro: inneggiando ad Allah e ai tagliagole dello Stato islamico hanno così devastato televisori, letti, rubinetti e termosifoni. Fortunatamente non è rimasto ferito il personale che è dovuto intervenire in assetto antisommossa. Grazie alla professionalità della polizia penitenziaria non è stato necessario utilizzare la forza, ma al termine di una serrata trattativa la situazione è tornata alla normalità.
Nella sezione A del carcere piacentino sono recluse quindici persone: un solo italiano e quattordici magrebini. Inneggiando all'Isis, ad Allah e al jihad, due detenuti nordafricani hanno dato il via a una rivolta che ha devastato l'intera area detentiva rompendo telecamere, suppellettili e tutto quanto era possibile distruggere. "A un certo punto - spiegano Giovanni Battista Durante e Francesco Campobasso del Sappe - uno di loro ha impugnato l'idrante ed ha riempito la sezione di acqua, fino a farla arrivare al piano di sotto". Per sedare la rivolta, che ha causato circa 20mila euro di danni, sono stati richiamati in servizio quindici agenti, che sono entrati nella sezione con caschi e scudi, ma senza manganelli, non reperibili in quel momento.
"Uno dei due magrebini che hanno dato il via all'assalto - denuncia il Sappe - aveva già inneggiato dopo la strage di Parigi". Eppure nessuno ha mosso un dito. Adesso il sindacato ha chiesto l'intervento del Guardasigilli Andrea Olando. Nelle carceri italiane ci sono oltre 10mila detenuti di fede islamica. Di questi almeno 300 sono monitorati per aver manifestato la propria adesione ai fenomeni di radicalizzazione. I due detenuti, al momento dei fatti, sembra che fossero anche ubriachi. "La sezione A del carcere di Piacenza vede reclusi detenuti facinorosi, che si sono già resi responsabili di altri fatti simili a quelli avvenuti ieri - denuncia il Sappe - la cosa gravissima è che questi detenuti beneficiano del regime aperto, come coloro che si comportano bene".
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L’appello del Papa all’Europa suona come una sentenza di morte
Adriano Scianca
Qualche settimana fa ci domandavamo se Papa Francesco non fosse il peggior nemico degli Europei. Più passano i giorni e più quell’interrogativo suona retorico e ridondante. Un’ulteriore prova di ciò è fornita dal discorso tenuto da Bergoglio in occasione del conferimento al Pontefice del Premio Internazionale Carlo Magno 2016 “in tributo al Suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori”.
Cosa un Papa argentino, massima espressione di una religione globale, abbia a che fare con i valori specificatamente europei sarebbe un mistero anche se su Francesco si avesse un giudizio meno severo. A meno che con l’espressione “società europea di valori” non si intenda qualcosa che europeo lo è solo per accidente, quasi che “Europa” fosse il nome di un vago insieme di istanze morali universali. Un’idea confermata dal discorso del Papa.
Senza la minima ironia, Francesco ha parlato di una “Europa nonna”, di una “Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice”. Sarebbe difficile non convenire. Solo che, proseguendo, capiamo il senso di tutto il discorso: Francesco denuncia “un’Europa tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione; un’Europa che si va ‘trincerando’ invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società”, quindi “un’Europa che lungi dal proteggere spazi si renda madre generatrice di processi”. Assicurare, dominare, proteggere gli spazi: ecco l’azione blasfema per antonomasia agli occhi di Francesco. Dal che si capisce che quest’Europa, come dicevamo sopra, non ha una sua dimensione spaziale – in tal caso sarebbe giocoforza necessario difenderla – ma è appunto un insieme di generici valori "morali".
“Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?”, tuona il Papa, sfidando il senso del ridicolo. Perché l’Europa “paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia” (lasciamo da parte la libertà e l’umanismo, che sono categorie più complesse) sta davvero in ottima salute. È l’unica Europa che sta bene. È invece l’Europa come comunità di destino, l’Europa che ha un contenuto, una forma, una storia, un’origine, un’identità che è moribonda.
Del resto i “diritti dell’uomo” sono per definizione universali, come potrebbero costituire qualcosa di specificatamente europeo? E, di striscio, sarebbe anche il caso di far notare che l’Europa “dei diritti dell’uomo” è anche quella che si rifiutò di mettere in costituzione il riferimento alle “radici cristiane” dell’Unione, cosa a cui chi scrive non tiene affatto, ma che nel capo della cristianità dovrebbe forse destare qualche preoccupazione.
Francesco rimpiange “l’Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati”, ma non si rende conto che arte e pensiero sono fioriti solo in culture identitarie e radicate. Quando in Europa esistevano popoli vitali e consci di se stessi nascevano anche grandi personalità dello spirito, mentre è esattamente la moralina universalistica propagandata dal Papa a soffocare ogni istanza creativa. Per non parlare del fatto che pressoché tutta l’arte, la poesia, la filosofia, la musica, la letteratura europea, salvo rare eccezioni, esprime contenuti in totale disaccordo con la retorica tardo-illuminista del Pontefice. Ma vaglielo a spiegare a Bergoglio, convinto com’è che “le radici dei nostri popoli, le radici dell’Europa si andarono consolidando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più diverse e senza apparente legame tra loro. L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale”. Come se il “dinamismo” di un’identità dovesse giungere fino al suicidio, come se la multiculturalità in un contesto di prossimità etnica fosse lo stesso che la Babele senza centro di oggi. Bergoglio sogna “un’Europa, in cui essere migrante non è delitto”. Ma lui è l’artefice di un’Europa in cui presto sarà delitto essere un europeo.
L'appello del Papa all'Europa suona come una sentenza di morte
Il modo più chiaro e più pratico per manifestare la propria disapprovazione nei confronti di Francisco è colpirlo nel portafoglio, scegliendo la Sacra Arcidiocesi Ortodossa come destinataria dell'8 per 1000. I pagani possono optare per l'Unione Induista. Bisogna infatti ricordarsi che chi non effettua una opzione precisa finisce per indirizzare comunque il denaro al Papocchio, a causa del meccanismo di ripartizione elaborato dal fisco itagliano.