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Discussione: Silvano Lorenzoni

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    Ghibellino
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    Predefinito Silvano Lorenzoni

    Presentare Silvano Lorenzoni è una impresa ardua per cui ci limitiamo a citare un passo della sua autobiografia, molto significativo, per conoscere e capire il nostro Autore: '...oltre al veneto e all'italiano, parlavo soltanto lo spagnolo, il francese e l'americano; ma percepii abbastanza presto che ci voleva anche il tedesco (avrò avuto trentadue o trentatré anni) - e mi misi d'impegno e con successo a impararlo. Con un discreto bagaglio linguistico (mi sarebbero mancati, e mi mancano, il giapponese e il russo) e armato di molta buona volontà lessi per la prima volta Nietzsche, Spengler, Gobineau, Evola - quest'ultimo fu, certamente, fra gli autori da me trovati intuitivamente congeniali, quello a cui devo di più, pure senza che io mi possa classificare come evoliano in senso stretto e tanto meno come 'evolomano' (una categoria di persone che non mancano soprattutto in ambienti di lingua italiana). Il mio interesse per l'etnologia, nonché per le scienze esoteriche e per la storia comparata delle religioni, mi incamminarono anche verso Mircea Eliade, studioso-principe in quei campi, e più tardi verso Wilhelm Schmidt. La lettura di Adriano Romualdi fu un incentivante per sistematizzare e puntualizzare ciò che sul cristianesimo e, in generale, sul monoteismo, aveva già più intuito che capito; mentre attraverso quell'autore e avendo già una discreta conoscenza del tedesco, potei avvicinarmi al mondo degli psicoantropologi dell'anteguerra - soprattutto Günther e Clauss - le cui opere, anche se adesso parzialmente datate, rimangono fondamentali per la comprensione di alcuni aspetti comportamentali umani e certi indirizzi religiosi: su questo, più avanti. (1)


    Intervista a cura di Steno Lamonica

    (D) Anche lei, Silvano Lorenzoni, è stato messo nelle sabbie del silenzio mediatico. I suoi libri e studi, tutti lucidamente documentati, sono letti da pochi mentre il valore dei suoi lavori è decisamente alto.



    (R) La chiave di questa situazione sta soprattutto nel fatto che i miei scritti, in termini generali, sono fra i più ‘controcorrente’ che si possano trovare negli ambienti librari di lingua italiana; e sappiamo quanto peso ha il non essere ‘politicamente corretto’. A questo si aggiunga che io ho incominciato a essere presente nell’ambiente intellettuale italiano da tempo relativamente breve, una quindicina di anni. – Nonostante tutto, però, sono abbastanza conosciuto nelle migliori cerchie intellettuali e ci sono dei lettori fedeli e intelligenti che seguono le mie opere. – Quanto alla qualità ‘decisamente alta’ dei miei scritti, e indipendentemente dal loro contenuto concettuale, la mia formazione tecnica mi rende consapevole della necessità di documentare in modo esauriente ogni cosa che si affermi; e questo io ho fatto ogni volta che ho pubblicato qualcosa. Ognuno che legga un mio scritto si trova confrontato anche con un vasto panorama di ulteriori possibilità di approfondimento il che, per chi è acuto e curioso, non può se non essere di stimolo e di utilità.






    (D) Lei è stato esploratore e conosce numerose etnie. Cosa ricorda di indelebile?



    (R) Un’impressione generalizzata che ho ricavato dai miei viaggi è stata che le popolazioni terzomondiali che ho potuto incontrare allo stato brado, o quasi, davano tutte l’impressione che fosse impossibile che da loro potesse insorgere qualcosa di ‘meglio’ – fra l’altro, una caratteristica generalizzata dei selvaggi è, in ogni luogo, una bassa furbizia e disonestà generalizzata che mi ha sempre colpito. – Indipendentemente da quanto sopra, un fatto specifico che mi è sempre rimasto impresso risale ai primi anni Cinquanta (avrò avuto dieci anni) quando acquistai una notevole dimestichezza con la lingua degli indigeni, adesso estinti, del Delta dell’Orinoco: essa mi si rivelava stranamente ricca di possibilità grammaticali e sintattiche, di massima inutili per le necessità reali di comunicazione di quegli indio dalla vita a livello quasi animale (io facevo il confronto con la lingua spagnola); e già allora notai come essa fosse di gran lunga superiore al cosiddetto ‘inglese’ (già allora parlavo lo spagnolo alla perfezione e l’’americanese’ abbastanza bene). Questa medesima osservazione la trovai molto tempo dopo nelle memorie del Barone Alexander von Humboldt. – Posso aggiungere che in quell’allora l’Iberoamerica era ancora un ‘pozzo senza fondo’ per chi si interessasse di studi etnologici, zoologici, botanici – io feci quel che potevo fare: il mio tempo era limitato dalla necessità di lavorare per guadagnarmi da vivere.






    (D) Etnonazionalismo ultima frontiera d’Europa. Può sintetizzare il termine ‘etnonazionalismo’?



    (R) Il termine ‘etnonazionalismo’ si riferisce al fatto che perché uno stato-nazione possa funzionare veramente bene, esso deve essere etnicamente omogeneo, al meno in prima approssimazione. Omogeneità etnica significa soprattutto omogeneità razziale; e poi culturale. – Diversa è la condizione quando si volesse parlare di un impero, tipo l’Impero Asburgico, già ‘Sacro Romano Impero’. Esso funzionava perfettamente tenendo sotto uno stesso scettro un grande coacervo di popoli, razzialmente omogenei ma culturalmente e linguisticamente eterogenei. Uno stato-nazione disomogeneo non può se non finire in fallimento.




    (D) È conciliabile per un cristiano – che creda nel cosmopolitismo, universalismo, internazionalismo – aderire all’etnonazionalismo, quando per dogma il cristianesimo rifiuta l’ethnos?



    (R) A parere mio no – anche a prescindere dal fatto che ormai il ‘cristianesimo’ si è diversificato in un numero stragrande di varietà, capaci a seconda dei casi di accomodarsi a qualsiasi situazione. Vale la pena, in questa sede, di riportare quanto Theodor Fritsch aveva da dire a proposito dei ‘cristiani antiebrei’: “Gli antiebrei cristiani sono come quegli aborigeni che credono di essersi ‘sbiancati’ quando si mettono addosso qualche straccio di vestiario europeo: essi rimangono di colore ma hanno rinunciato alla propria identità. L’antisemitismo cristiano, in qualsiasi sua forma, non può se non fare ridere”.






    (D) Lei ha girato il mondo. Con l’attuale planetaria invasione allogena, possiamo affermare che il paganesimo indoeuropeo è la risorsa vincente per la Fortezza Europa? Per i pagani indoeuropei dell’induismo siamo alla fine del ciclo cosmico …


    (R) È mia opinione che il paganesimo indoeuropeo (e anche non indoeuropeo) è il contrario del monoteismo, quindi dell’ebraismo e dei suoi derivati - se la policromia pagana è praticamente infinita, il monoteismo è unico. Il paganesimo indoeuropeo potrebbe costituire la radice religiosa di una futura Europa, ma credo non sia il caso di illudersi che il paganesimo possa essere adesso come adesso la forza formante della nuova Europa: esso risorgerà nel modo più naturale dopo che l’Europa/la razza bianca abbiano rifiutato ebraismo e modernità ebraica. Che noi adesso siamo alla fine di un ciclo storico-cosmologico, come affermano tutte le tradizioni indoeuropee e anche di tutti i popoli civili anche non indoeuropei (per tutti i popoli superiori la storia acquisisce caratteri ciclici), sembrerebbe ovvio. Ma la fine del ciclo non è la fine della storia (della fine della storia parlano soltanto i monoteisti) ma l’inizio di una nuova umanità e quindi di una nuova storia.





    (D) Lei è poliglotta. L’imbarbarimento, accorciamento, stupro semantico di una lingua, cosa prefigura?



    (R) Poliglotta, entro certi limiti, lo sono, ma la mia conoscenza dettagliata delle lingue (parlare, capire, leggere, scrivere) si limita a sette, e sono tutte lingue o neolatine o germaniche – per disgrazia non conosco alcuna lingua slava. (Poi ho studiato a titolo comparativo alcune lingue amerindie, bantù, boscimanesche, senza approfondire più di tanto; studi che mi furono di utilità quando stavo stendendo il mio libro Il Selvaggio.) – Per venire alla vostra domanda, essa si configura come più complessa di quanto potrebbe sembrare. I miei studi di etnologia linguistica sembrerebbero indicare che, paradossalmente, in popolazioni estremamente decadute ma che presumibilmente erano rimaste in grande misura isolate durante il percorso storico della loro decadenza, non si riscontra un imbarbarimento della lingua, ma piuttosto una sua ‘fossilizzazione’: un esempio interessantissimo era costituito dagli ormai estinti fueghini yámana. Invece, anche a livello storico, delle catastrofiche fenomenologie di decadimento seguono a fenomeni di meticciato linguistico – in riguardo, nel mio libro Il Selvaggio queste fenomenologie sono sviscerate in discreto dettaglio. I ‘papiamento’ (intrugli linguistici all’impazzata) comportano sempre segni di degenerazione psicologica quando riescano a stabilizzarsi, altrimenti scompaiono. Le analogie fra l’americanese e le lingue bantù, segnalate da Claude Hagège, sono significative.





    (D) Invasioni allogene e cristianità: esiste un rapporto, una complicità, secondo lei?



    (R) Vi riferite sicuramente all’invasione dell’Europa da parte di masse di colore, fenomeno minaccioso e straripante da almeno 30 anni. Rapporto e complicità con il cristianesimo/i cristianesimi c’è di sicuro; e ricordiamoci che il cristianesimo è un fenomeno estremamente complesso (vedasi il mio La figura mostruosa). Ma il nocciolo ultimo del cristianesimo/dei cristianesimi sta nell’essere l’utensile-principe per mettere il mondo in mano e sotto il tallone di quel ‘popolo eletto’ al quale questa soluzione è stata proposta e promessa dal suo ‘dio’ – Geova. Queste casistiche sono state da me discusse in dettaglio nei miei Contro il monoteismo e La figura mostruosa di Cristo.





    (D) Flavio Claudio Giuliano, l’imperatore che tentò di ripristinare il paganesimo contro il cosmopolitismo cristiano, fu assertore della concezione degli dei etnarchi, cioè appartenenti all’ethnos. Secondo lei, c’è uno stretto rapporto con l’etnonazionalismo?


    (R) Certamente un nesso c’è. Ricordiamo che il fondamento di ogni religione di genti normali (nel senso superiore della parola) è la percezione esistenziale del sacro e che il modo in cui quella percezione viene poi estrinsecata dipende dalla particolare psicologia razziale ed etnica di ognuno di quei popoli normali. Anormale per eccellenza è l’ebraismo/monoteismo (così Werner Sombart), che è l’unica ‘religione’ (se così ci si può esprimere) che manca di qualsiasi indirizzo sacrale, per cui con la ‘divinità’ (per modo di dire) si stringe un contratto di tipo commerciale. – Ogni popolo normale ebbe i suoi dei etnarchi.






    (D) Quali lingue parla? In quali fra queste la traccia indoeuropea sta resistendo meglio?



    (R) Parlo il veneto (mia madrelingua, ormai ufficialmente degradata a dialetto ma una volta parlata ufficiale della Serenissima), l’italiano/toscano, il tedesco, il francese, lo spagnolo, l’afrikaans (olandese sudafricano) e l’americanese (qualche altra la so soltanto leggere). Si queste lingue quella che comporta in modo più totale l’impronta indoeuropea, è certamente il tedesco. Ma, a quanto affermano gli specialisti, la lingua indoeuropea più antica che ancora sia parlata è il lituano; mentre l’impronta indoeuropea permane, a quanto mi risulta, abbastanza fortemente nelle lingue slave settentrionali.





    (D) Gli USA. Alcuni parlano di inizio della fine. Noi non lo vediamo.



    (R) L’argomento è reso complesso dal fatto che non bisognerebbe parlare di USA (United States of America) ma di USrael. Il castello di carta rimarrà in equilibrio fino a quando la ragnatela bancaria ebraica potrà ancora andare avanti. Gli ‘USA’ non sono un paese (fra l’altro con una popolazione ormai al quasi 50% di colore) ma una facciata dall’aspetto di paese dietro alla quale stanno gli interessi usurocratici ebraici e il cui unico scopo e funzione e quello di proteggere e favorire i medesimi, assieme allo stato-truffa di Israele. Questo viene fatto essenzialmente attraverso il ricatto nucleare. Una situazione delicata e anche pericolosa, ma che non potrà andare avanti per sempre.






    (D) L’ICI, l’IRES, l’8 per mille. Questi sono alcuni dei privilegi regalati dai politici al ricchissimo Stato del Vaticano, mentre gli operai, pensionati, artigiani, impiegati italiani sono umiliati da finanziarie distruttive. Trova giusto che lo Stato del Vaticano abbia questi privilegi che, se non vi fossero, porterebbero alle casse dello stato italiano cifre colossali?


    (R) È certamente ingiusto, ma la politica spicciola alla giustizia bada poco. Secondo me, sotto l’andazzo suffragiocratico a cui si è soggetti (e non solo nell’espressione geografica Italia, ma in tanti altri posti) la cosiddetta chiesa/le chiese cristiane hanno ancora, disgraziatamente, il potere da fare da calamita a tanti voti. L’interferenza politica clericale in tutto il mondo monoteista è un maledetto fardello che ci si tirerà dietro fino a tanto che monoteismo ci sarà ancora. Sappiamo che la tendenza monoteista – di qualsiasi tipo di monoteismo – è la teocrazia. – Nell’espressione geografica Italia, dove si trova topograficamente la sede papale, questo fatto è ipertrofico; siamo dietro soltanto all’Arabia Saudita. E questo alla faccia del pagliaccesco ‘anticlericalismo’ del cosiddetto ‘risorgimento’.





    (D) Il suo libro La deformazione della natura scritto con lo pseudonimo di Silvio Waldner, edizioni di Ar, Padova, 1997, è uno scritto che se lo avesse avuto la sinistra con tutta la sua potenza di diffusione sarebbe stato un ‘bestseller’. Secondo lei, sta nascendo con lei come maestro una scuola italiana di etnonazionalismo?


    (R) Troppo onore. Io non mi atteggio a ‘maestro’ o a ‘vate’ – ma sono profondamente soddisfatto di avere fatto e di continuare a fare il mio specifico, per quanto modesto, dovere nella direzione dello scardinamento dell’attuale sistema. Ho già 70 anni, non mi faccio illusioni di potere essere presente alla coronazione dell’opere che, assieme a tanti altri, cerco di portare avanti (e in ciò concordo con Julius Evola). Ma questo non costituisce per me un problema.






    (D) In Italia c’è un vivacissimo fermento per la costante crescita del paganesimo, sia italico-romano, sia ellenico, sia celtico. Lei approva?


    (R) Certamente approvo – collaboro, anche, entro i limiti del mio possibile. Questo fermento esiste non solo nello spazio italiano ma in tutta l’Europa, nonché anche in Armenia e in Asia centrale. È mia opinione che tutto quanto sia diretto contro la ‘modernità’, che ha per radici portanti il monoteismo, è qualcosa di positivo.






    (D) A che libro sta lavorando?


    (R) Ho diverse ‘direzionali’ di lavoro. Una è la critica religiosa (Contro il monoteismo, La figura mostruosa), un’altra l’etnonazionalismo, quale presidente dell’associazione Identità e Tradizione dove collaboro con Federico Prati. Ancora, ho redatto studi di cultura generale e di geopolitica (Deformazione, Tre messe a punto, Tomás Funes). Ultimo ma non ultimo mi occupo di gnoseologia di indirizzo kantiano come è stata sviluppata da Hans Vaihinger e soprattutto da Hugo Dingler (Chronos, Sottomondo e sovramondo, Equilibrio antropocosmico, Cosmologia alternativa, Mondo aurorale, Fantasmi, Continenti perduti, Cesure epocali). Adesso sto lavorando su di un Non-A: saggio sul mondo psichico, che spero riuscire a finire per metà 2012. Anche se sono in pensione, il mio tempo disponibile è sempre piuttosto scarso.



    (!) tratto dal sito http://sites.google.com/site/vittori...lvanolorenzoni

    EreticaMente: Ereticamente intervista Silvano Lorenzoni
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  2. #2
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Silvano Lorenzoni

    edit post doppio
    Ultima modifica di Gianky; 28-05-13 alle 21:04
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

 

 

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