MODELLO IRPINIA - Ecco il modello che è stato seguito per l’Irpinia.
Per la ricostruzione delle aree della Campania e della Basilicata colpite dal terremoto del 23 novembre 1980, che provocò – secondo dati contenuti in atti parlamentari – 2.570 morti, 8.848 feriti e circa 300mila senzatetto, distribuiti in 687 comuni
si è proceduto a tappe.
In un primo tempo – con poteri straordinari affidati al commissario Giuseppe Zamberletti –
furono approntate tendopoli e roulottopoli, si passò poi alla fase dei
containers e, quindi, a quella dei
prefabbricati.
Solo successivamente si passò alla ricostruzione vera e propria del
patrimonio abitativo. Nei giorni immediatamente successivi al sisma furono messi a disposizione dei terremotati alcune migliaia di tende da campo e fu fatto affluire da tutta Italia un consistente numero di roulottes per la primissima emergenza. Una settimana dopo l’evento sismico, l’Esercito approntò i campi container,
gli ultimi smantellati appena qualche anno fa.
Furono installati circa 11mila container e poi realizzati oltre 26mila prefabbricati
che, ancora oggi, accolgono qualche famiglia.
Con il passare dei mesi cominciò l’insediamento, nei pressi dei centri abitati andati distrutti, di prefabbricati leggeri nei quali trovò sistemazione la maggior parte dei senzatetto.
Nel novembre del 1981 –
ad un anno dal sisma –
il Parlamento approvò la legge 219, con ampia delega agli enti locali, che prevedeva
ingenti finanziamenti destinati non solo alla ricostruzione, ma anche allo sviluppo delle aree terremotate.
Lo Stato ha complessivamente impiegato per lo sviluppo e la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 1980
circa 50mila miliardi di lire.
Una valanga di quattrini, molti dei quali non sono certo serviti alla causa della Ricostruzione. Con quella cifra oggi l’Irpinia dovrebbe essere ipermoderna come Shangai.