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    Predefinito Auschwitz, Shoah e nazismo

    “CHIAMATEMI PURE MEYER” – UN ADDIO ALL’OVVIETA’

    Di Jürgen Graf (2004) [1]

    Nel n°1/2003 della rivista The Revisionist venne pubblicata una serie di articoli sulla controversia riguardante il numero dei morti di Auschwitz. Tale controversia era stata provocata da Fritjof Meyer, un importante giornalista della più diffusa rivista tedesca, Der Spiegel. In risposta il Museo di Auschwitz pubblicò una confutazione della tesi di Meyer, che replicò a sua volta. L’articolo seguente fornisce un’attenta valutazione della vicenda.

    Gli avvenimenti correnti in Germania relativi all’Olocausto forniscono l’occasione di un cauto ottimismo. Due articoli di un importante giornalista dello Spiegel, Fritjof Meyer, il primo dei quali è apparso nel Maggio del 2002 e il secondo nel Novembre del 2003, potrebbero avere conseguenze impreviste per il mito delle camere a gas di Auschwitz, sebbene solo una sparuta minoranza del grande pubblico tedesco conosca la questione. I due articoli sono il risultato dell’enorme pressione esercitata sui custodi del “Santo Graal” dell’Olocausto da parte dei revisionisti e dei risultati da loro ottenuti, per quanto tali scoperte siano ignote al grande pubblico.

    Il primo articolo è apparso nel numero di Maggio del 2002 della rivista Osteuropa con il titolo “Il numero delle vittime di Auschwitz: nuove conoscenze alla luce di documenti appena scoperti”, in cui la versione ufficiale degli avvenimenti di Auschwitz è stata rivista in relazione a due punti fondamentali.[2] Primo, Meyer ha stimato il numero totale delle vittime del campo a 510.000 unità (inclusi 360.000 presunti gasati). Questa cifra è meno della metà del milione e centomila vittime stimate da Franciszek Piper, del Dipartimento per le Ricerche Storiche del Museo di Auschwitz,[3] e inferiore di 120.000 unità alla stima fornita da Jean-Claude Pressac nel suo libro The Crematoria of Auschwitz, pubblicato nel 1994 (e cioè 630.000 morti).[4]

    La base dei calcoli di Meyer è particolarmente stravagante: egli è partito dalla capacità massima dei crematori, e ha simultaneamente presunto che i crematori fossero in funzione a pieno regime – in ogni momento – per tutto il tempo che rimasero operativi. Sarebbe come a dire che se l’automobile di Meyer ha una velocità massima di 200 chilometri all’ora, allora Meyer guida alla velocità di 200 chilometri all’ora dal momento in cui accende il motore fino al momento in cui lo spegne, sia che guidi di notte in mezzo ai boschi o nel mezzo di un ingorgo stradale cittadino. Questi – e altri – aspetti insensati del metodo di calcolo di Meyer sono stati evidenziati da Carlo Mattogno.[5] Tutto ciò, naturalmente, non cambia il fatto che la stima di Meyer – che è ancora più che tripla rispetto alla cifra reale dei 136.000 morti di Auschwitz che risulta dai documenti[6] – sia di gran lunga la più bassa mai fornita da un rappresentante del dogma ufficiale dello “Sterminio degli ebrei” nelle “camere a gas”.

    La seconda revisione di Meyer è stata anche più importante, per le sue conseguenze. Meyer ha concluso che i crematori di Birkenau venivano utilizzati solo per delle “prove di gasazione” che presumibilmente fallirono a causa – tra le altre cose – della ventilazione insufficiente. Gli stermini con il gas, perciò, ebbero luogo “in gran parte” – detto con franchezza: quasi esclusivamente – nelle due case coloniche di Birkenau usualmente descritte, nella letteratura di riferimento, come la “casa rossa” e la “casa bianca” o, quando si parla di entrambe, come i “bunker di Birkenau”.[7] Questo argomento mette a soqquadro l’intera versione tradizionale dell’Olocausto. Nel libro The Case for Auschwitz Robert Jan van Pelt, che è da diversi anni il più famoso difensore della versione ufficiale degli avvenimenti di Auschwitz, scrive quanto segue in relazione alla (presunta) camera a gas del Crematorio II di Birkenau:

    Questi 2.500 piedi quadrati, in cui i tedeschi fecero non meno di 500.000 cadaveri, sono per l’età moderna quello che l’Acropoli era per la Grecia [antica] e la cattedrale di Chartres per la Cristianità.[8]

    Asteniamoci per il momento dalla mentalità sottesa ad un paragone tanto contorto; accontentiamoci di notare che, secondo il rappresentante principale della storia ufficiale di Auschwitz, circa mezzo milione di persone vennero uccise nella “camera a gas” di Auschwitz II. Ma poiché si ritiene che gli stermini siano parimenti avvenuti in quantità industriale nei Crematori I, III, IV e V, questo significa che la stragrande maggioranza delle vittime deve essere stata gasata nei cinque crematori – e non nelle case coloniche.

    I media tedeschi non hanno quasi reagito agli articoli di Meyer: Die Welt ha lanciato un grido d’indignazione il 28 Agosto 2002, seguito da due colonne apparse sul Nationalzeitung, a firma del dr. Gerhard Frey, che ha elogiato le conclusioni di Meyer come “la verità”, riconoscendo così espressamente le presunte “gasazioni omicide” come una realtà storica. A parte questo, gli sconcertanti articoli di Meyer hanno incontrato un imbarazzato silenzio – un silenzio fin troppo comprensibile. Secondo la prassi legale prevalente in Germania, Meyer avrebbe dovuto essere portato in tribunale per i suoi articoli, insieme a tutta la redazione di Osteuropa – che è pubblicata con il patrocinio dell’ex presidente del Parlamento tedesco Rita Süssmuth – per aver permesso a Meyer di pubblicare le sue tesi, commettendo perciò il reato di favoreggiamento.

    Il crematorio II di Birkenau. Secondo Fritjof Meyer non è lì che sarebbe avvenuto lo sterminio. Una tesi che ha messo a soqquadro la storiografia ufficiale.

    In tutti i processi contro i revisionisti, le autorità tedesche considerano regolarmente le gasazioni omicide nei crematori di Auschwitz-Birkenau come un “fatto notorio non suscettibile di ulteriori prove”. Tutte le istanze della difesa per introdurre prove contrarie, in tali processi, sono di conseguenza respinte in base alla dottrina dell’”ovvietà”. Germar Rudolf, ad esempio, venne condannato ad una pena di 14 mesi di prigione senza la condizionale da una corte di Stoccarda nel 1995 per il suo famoso rapporto, pubblicato nel 1993, nel quale egli arrivò alla conclusione – in base ad argomenti di ordine architettonico e, nel caso del Crematorio II, anche di ordine chimico – che nei Crematori non ebbe mai luogo alcuna gasazione omicida.[9] Le conclusioni di questo rapporto scientifico vennero liquidate come “negazione dell’Olocausto” dal tribunale e il suo autore dichiarato di conseguenza punibile per Volksverhetzung, vale a dire “istigazione all’odio”. Il Rapporto Rudolf non discuteva la questione del numero delle vittime e non contestava espressamente la possibilità di gasazioni occasionali nelle case coloniche (dopo tutto, edifici che non esistono più e per i quali non sono disponibili disegni strutturali possono difficilmente essere esaminati dal punto di vista architettonico o chimico).

    Fu davvero un colpo da maestro da parte di Horst Mahler e dei suoi collaboratori quello di aver presentato una denuncia contro Fritjof Meyer per aver pubblicato il suo articolo. Poiché l’establishment tedesco aborriva come un buco in testa un processo politico a carico di un importante giornalista dello Spiegel e della rivista Osteuropa di Rita Süssmuth, le autorità non hanno avuto altra scelta che quella di respingere ogni imputazione. Così facendo hanno però dovuto riconoscere – almeno implicitamente – che ridurre il numero delle vittime di Auschwitz a meno della metà del numero attualmente riconosciuto (in particolare contestando le gasazioni nei crematori) non equivale più alla “negazione dell’Olocausto” e all’”istigazione all’odio”. Il risultato è un cambiamento fondamentale delle implicazioni legali.( Al link una serie di articoli che trattano del caso Mahler Horst Mahler,Sylvia Stolz : Olo-truffa____"Biblioteca" revisionista su OloCa$h e truffa $terminazioni$ta)

    Una conseguenza logica di tutto ciò è che la condanna di Rudolf dovrebbe essere annullata come pure tutti gli altri verdetti di colpevolezza emessi in riferimento alla “dottrina dell’ovvietà” da parte di giudici e pubblici ministeri in processi analoghi. Come Horst Mahler fa notare correttamente, i futuri processi contro i revisionisti si trasformeranno in un boomerang per il sistema giudiziario tedesco. Ogni giudice che sentenzierà contro un imputato sulla base dell’”ovvietà” dovrà essere consapevole di commettere una grave violazione della legge e potrebbe essere persino denunciato.

    Quando Franciszek Piper, capo del Dipartimento delle Ricerche Storiche al Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau, ha attaccato Meyer nel Novembre del 2003, Meyer ha risposto poco dopo con una Risposta a Piper. Entrambi gli articoli, come pure il primo articolo di Meyer, che aveva scatenato la controversia, sono stati pubblicati – non era mai successo – sul sito web dell’organizzazione “cane da guardia” IDGR (Informationsdienst gegen Rechtsextremismus, Servizio d’Informazione contro l’Estremismo di Destra), che ha fatto così per la prima volta qualcosa di utile nel corso della sua esistenza rendendo disponibili tali articoli a scopo di studio.[10]

    Mi asterrò dal discutere i trucchi grossolani con i quali il Sommo Sacerdote del Tempio della Menzogna della Silesia superiore [Piper] ha difeso la sua tesi del milione e centomila morti di Auschwitz, poiché Carlo Mattogno discute quest’argomento nell’articolo seguente con la consueta precisione. Desidero invece semplicemente menzionare le nuove e davvero sbalorditive concessioni fatte da Meyer ai revisionisti nel corso della sua replica. Che tutto ciò sia avvenuto con numerose genuflessioni agli idoli del “politicamente corretto” deve essere scusato considerando il clima di predominante terrore politico che caratterizza la Germania: se egli avesse omesso di genuflettersi, nessuno l’avrebbe pubblicata. E’ naturalmente irritante che Meyer faccia concessioni non richieste all’ortodossia politica, ad esempio liquidando Carlo Mattogno – sui cui scritti egli fa forte affidamento tanto nella replica che nell’articolo originale – semplicemente come un “negazionista” italiano, e tirando in ballo addirittura l’”ordine di Himmler di fermare lo sterminio degli ebrei” (un documento – mai trovato – che ossessiona la letteratura dell’Olocausto da decenni):
    L’ordine di Himmler di fermare lo sterminio […] non ha quasi ricevuto attenzione finora. I revisionisti lo nascondono perché prova il fatto che le gasazioni erano avvenute.

    Naturalmente Meyer omette di citare il testo di questo fantomatico “documento”!
    Vorrei citare a questo punto solo qualcuna delle concessioni più istruttive fatte da Meyer ai revisionisti.

    Noi [Meyer e Piper] concordiamo che i crimini commessi ad Auschwitz sono senza paragoni per la loro portata e per il metodo usato.

    Questa frase, che appare all’inizio dell’articolo, sembra a prima vista abbastanza ortodossa; ma, in realtà – per usare il gergo dei “rieducatori” – rappresenta una forma molto sottile di “banalizzazione” dell’Olocausto. Se la gasazione di 360.000 persone ad Auschwitz è davvero, come sostenuto da Meyer, “senza paragoni per la sua portata”, la conclusione inevitabile è che un numero molto minore di persone devono essere state uccise negli altri cosiddetti “campi di sterminio”, e cioè che le cifre ufficiali dei morti di Treblinka (da 750.000 a 870.000) e Belzec (600.000) sono grossolanamente esagerate, e che c’è parimenti bisogno di una revisione urgente anche per questi campi.

    “Chiamatemi pure Meyer”!

    Meyer afferma che i sovietici non permisero alcuna perizia agli stranieri dopo la liberazione di Auschwitz – “allo stesso modo dei nazisti a Katyn”. Non c’è da meravigliarsi. Gli esperti forensi tedeschi a Katyn furono in grado di produrre il corpus delicti: i cadaveri di oltre 4.000 ufficiali polacchi fucilati dai bolscevichi, mentre i sovietici non riuscirono a produrre nessuna prova tangibile, vale a dire materiale o documentaria, del presunto sterminio. Naturalmente, essi potevano produrre le prove della morte di circa 150.000 detenuti, la maggior parte a causa di malattie, ma questo sarebbe stato insufficiente al loro scopo.

    La ridicola menzogna di Piper, secondo cui la documentazione venne “distrutta” dall’amministrazione del campo prima della liberazione di Auschwitz, è respinta da Meyer con semplici fatti:

    L’Armata Rossa possedeva la documentazione della Direzione Centrale delle Costruzioni, i registri mortuari, gli ordini di servizio, e forse persino l’intero archivio del campo, costituito da 127.000 documenti […]

    Ilya Ehrenburg (nella foto con Gustav Regler e Hemingway, 1937- guerra di SPAGNA) calcolava sei milioni di vittime ebree già nel Dicembre del 1944 dichiarando semplicemente “morti” tutti gli ebrei caduti in mano tedesca. Da quell’epoca, per due generazioni, l’orrenda cifra è stata usata come una clava contro i tedeschi, definiti una “nazione di criminali”, a cui un genocidio di tali proporzioni non poteva essere ignoto: pura propaganda di guerra.

    Con ciò Meyer dice grosso modo la stessa cosa di Gaston Armand Amaudruz, un vecchio revisionista svizzero di 81 anni che è stato, al contrario di Meyer, condannato a tre mesi di prigione già nel 2003 per aver “negato” la cifra dei sei milioni (dopo essere stato condannato ad un anno da un tribunale di grado inferiore).

    Il rapporto della Commissione [sovietica sui crimini di guerra], che conteneva la prima informazione a livello mondiale sul campo di Auschwitz da poco liberato, non presenta neppure una sola affermazione che tale luogo era stato teatro di uno sterminio degli ebrei.

    Bene, perché no? Le molte migliaia di detenuti che rimasero sul posto ad accogliere i sovietici non consideravano lo “sterminio” abbastanza importante da parlarne ai loro “liberatori”?

    Una volta di più, in relazione al rapporto della Commissione Sovietica, Meyer scrive che, dopo la liberazione di Auschwitz:

    Vengono riprodotte testimonianze in cui, ad esempio, una donna ungherese della città di Cluj – di nome Anna Keppich – descrive l’arrivo di 3.000 prigionieri ungheresi ma non dice nulla sull’azione omicida in corso contro decine di migliaia di ebrei ungheresi durante il 1944.

    Come mai il Rapporto della Commissione non contiene nessuna menzione del presunto sterminio degli ebrei ungheresi? Porre la domanda è come rispondervi.

    Non è colpa dell’autore se i lettori sono arrabbiati a causa delle conclusioni realistiche [cui Meyer è arrivato]; i bersagli appropriati dell’arrabbiatura dovrebbero essere coloro che hanno esagerato il numero delle vittime di circa dieci volte [in realtà trenta volte: nota di Jürgen Graf], come pure chiunque abbia partecipato allo sfruttamento di un crimine contro l’umanità per ragioni politiche.

    Che peccato che il giornalista di punta della più famosa rivista tedesca non abbia potuto pubblicare queste considerazioni sul suo giornale!

    Meyer definisce un “testimone delle gasazioni” come qualcuno che ha visto sia l’ingresso delle vittime nelle camere a gas, che il versamento dei granuli di Zyklon B dal tetto, che la rimozione dei corpi, “tutto secondo una procedura invariabile”. Ogni revisionista credo possa accettare tale definizione.
    Secondo tale criterio, a giudizio di Meyer, esiste un totale di sei (!) “testimoni oculari” delle gasazioni nei crematori: Tauber, per la “fase sperimentale” (???), gli “osservatori discutibili” R. Höss, C. S. Bendel, M. Nyiszli, e F. Müller, oltre “eventualmente” a D. Paisikovic.

    In altre parole, non esiste neanche un testimone davvero attendibile, e i 500.000 cadaveri “prodotti” – a detta di van Pelt – dai tedeschi soltanto nella camera mortuaria I del crematorio II non sono che un prodotto di fantasia. I fattori che stanno dietro quest’enorme concessione sono fin troppo chiari: queste concessioni sono dovute agli argomenti tecnici e chimici dei revisionisti, di uomini che Meyer non osa neppure mostrare di conoscere per paura di violare i principi della “correttezza politica”.

    Chiunque desideri salvare ciò che rimane della favola delle gasazioni non ha altra scelta se non quella di rifugiarsi nelle case coloniche di Birkenau; dopo tutto, a nessun Fred Leuchter – e a nessun Germar Rudolf – è mai saltato in mente di andare a prendere campioni di muratura da muri che non esistono più per analizzarne i residui di ferrocianuro; né sarebbe possibile ottenere informazioni sull’ubicazione di eventuali “fori per l’introduzione dello Zyklon B” da edifici non più esistenti. Questa è precisamente la via di fuga scelta da Meyer, che quindi aggiunge:

    Tutto questo argomento richiede una trattazione generale, che sono pronto a pubblicare se questo lo desidera.

    In effetti è questo che si desidera, signor Meyer! Ci siamo finora compiaciuti dei suoi articoli; se la sua “trattazione” è quasi pronta, saremmo lieti di confrontarla con l’analisi di Carlo Mattogno dei “bunker” ora disponibile in inglese.

    Che i “testimoni dei bunker” possano essere più credibili degli sbiaditi “testimoni dei crematori” è molto difficile da immaginare, tanto più in quanto – in molti casi – si tratta precisamente delle stesse persone! Ad esempio, se il detenuto ebreo-francese di Auschwitz André Lettich afferma che in ognuna delle muffole dei crematori venivano bruciati simultaneamente 6 cadaveri, Meyer denuncerà – probabilmente correttamente – quest’affermazione come una bugia, ma come è possibile considerare più credibile lo stesso Lettich quando fa l’affermazione – tecnicamente non meno assurda – secondo cui nelle case coloniche, una volta effettuate le gasazioni, le porte venivano aperte e i cadaveri venivano rimossi dopo solo 20/25 minuti di ventilazione (ventilazione NATURALE,quindi senza ventilatori,n.d WaA), nonostante il fatto che l’acido cianidrico contenuto nello Zyklon impieghi circa due ore ad evaporare dai granuli?

    Intende forse Meyer “provare” gli omicidi nelle case coloniche basandosi sulle dichiarazioni di Lettich? E che dire della “testimonianza di Richard Böck, che ha detto di aver visto “una nube di vapore blu” sospesa sopra i corpi, sebbene l’acido cianidrico sia un liquido assolutamente incolore, che evapora in un gas invisibile? E che dire della “testimonianza” di Milton Buki, secondo cui i corpi dei gasati avevano “macchie blu”, anche se i corpi di persone uccise dall’inalazione di acido cianidrico non sono blu ma rossi? E che dire delle affermazioni demenziali di Maurice Moshe Garbarz, secondo cui un commando di becchini a Birkenau poteva scavare una fossa comune delle dimensioni di 2.700 metri cubi in una notte?[11] Il signor Meyer, seguendo il principio della “quantità prima della qualità”, elenca non meno di 41 (!) “testimoni oculari” delle “case coloniche dell’orrore”. Questo è un numero di testimoni molto maggiore di quello che Hilberg e Pressac sono riusciti a tirar fuori per tutte le presunte installazioni di gasazione di Auschwitz messe assieme, cosicché questi 41 “testimoni oculari” devono includere molte testimonianze il cui valore è sfuggito persino ai più diligenti ricercatori dell’Olocausto. Speriamo che nel suo futuro studio Meyer citi il maggior numero possibile di estratti dalle dette testimonianze, affinché possiamo ridere.

    Quello che è assurdo in tutto ciò, è che se si accetta la struttura dell’argomentazione di Meyer, non c’è più bisogno di postulare nessuna gasazione. Questo è evidente soprattutto nel caso degli ebrei ungheresi, 41.000 dei quali, secondo Meyer, furono gasati (vale a dire meno di un quarto della cifra di 180.000 fornita da Raul Hilberg nella sua opera standard).[12] Degli ebrei ungheresi deportati, secondo un rapporto di Eberhard von Thaddens, solo un terzo era abile al lavoro.[13] Un totale di 438.000 deportati implica perciò un totale di 292.000 (due terzi) che erano “inabili”. Deducendo le 41.000 “vittime gasate” – secondo Meyer – dai 292.000 suddetti rimangono ancora 251.000 ebrei ungheresi non gasati che erano ancora inabili al lavoro! Queste persone evidentemente a) non arrivarono mai ad Auschwitz, o b) vennero trasferite da Auschwitz ad altre località, o c) morirono di cause naturali ad Auschwitz, o d) vennero liberate dall’Armata Rossa ad Auschwitz il 27 Gennaio del 1945. In tal caso la stragrande maggioranza deve essere appartenuta alle categorie a) e b). Perché i tedeschi avrebbero dovuto uccidere 41.000 ebrei ungheresi inabili al lavoro, se avevano l’intenzione di lasciarne vivi una quantità sei volte maggiore, mentre provvedevano simultaneamente a fornire cure mediche a migliaia di ebrei ungheresi ammalati a Birkenau?[14] Come mai non possiamo semplicemente presumere che questi 41.000 ebrei furono anch’essi trasferiti altrove?

    Ritengo sia altamente improbabile che un uomo come Fritjof Meyer, tanto intelligente quanto conoscitore dell’argomento, non riesca a capirlo. Preferisco perciò avanzare una mia ipotesi sulla motivazione che soggiace alla pubblicazione degli articoli di Meyer. Di solito bisognerebbe astenersi dal congetturare sugli scopi occulti di uno scrittore, poiché sono i fatti che contano davvero, ma in questo caso possiamo fare un’eccezione.

    I principali beneficiari della menzogna dell’Olocausto in generale e della menzogna di Auschwitz in particolare sono lo Stato d’Israele, il sionismo internazionale e i dirigenti della Repubblica Federale di Germania. I più intelligenti di questi profittatori sanno che, nel lungo periodo, la versione ortodossa della storia degli ebrei sotto il Terzo Reich non può essere salvata, e stanno cercando ora di gettare via la zavorra. Per raggiungere lo scopo stanno giocando su più fronti, puntando su un uomo che, come giornalista di punta del più famoso settimanale tedesco, possiede considerevole prestigio – oltre a una certa dose di coraggio – ed è familiare con l’argomento-Auschwitz, inclusa l’argomentazione revisionista. Se l’ipotesi è corretta, allora i media stanno sul punto di prepararsi ad accettare una “nuova, migliorata”, più moderata versione dell’Olocausto – una sorta di “Olocausto-light”. Ancora oggi, tuttavia, tutti parlano ancora di “un milione e mezzo” di morti ad Auschwitz, un numero che, anche secondo Franciszek Piper, supera di 200.000 unità la somma totale di tutti i detenuti mai inviati in quel luogo.

    Che Fritjof Meyer sia stato selezionato per scodellare una posizione semi-revisionista in questo frangente potrebbe avere un’altra spiegazione. In particolare, nella conclusione della sua replica a Piper, Meyer ha lasciato intendere di aver parenti che sono morti ad Auschwitz. Poiché non desideriamo arguire che i parenti di Meyer furono imprigionati come criminali, “asociali” o omosessuali, la sola alternativa è che essi furono imprigionati per motivi politici – vale a dire come Testimoni di Geova o come nemici del nazionalsocialismo – o per motivi razziali.

    Se l’ultima ipotesi è corretta, questo significa che Fritjof Meyer, a dispetto del suo nome tipicamente tedesco, è parzialmente ebreo. Se la bolla olocaustica dovesse mai scoppiare – ad esempio se il governo russo, tormentato oltre ogni limite dalle politiche di accerchiamento americane, facesse crollare l’intero imbroglio – forse allora il piano è che la verità – o la semi-verità – debba essere scoperta, infine, da un grande “ricercatore ebreo” di nome Fritjof Meyer, a cui è stato proibito – solo dalla ristrettezza mentale tedesca, badate bene – di pubblicare le proprie scoperte a beneficio del grande pubblico. Il futuro rivelerà se questa ipotesi è corretta. Ma una cosa è chiara: senza una protezione dall’alto, Meyer non avrebbe mai potuto pubblicare i suoi articoli. Futuri sviluppi sono attesi con grande interesse.

    Post Scriptum (26 Gennaio 2008)

    Fritjof Meyer non ha mantenuto l’impegno assunto nel 2003 in merito alla pubblicazione di ulteriori articoli su Auschwitz, ritirandosi senza clamore dal dibattito. Nel Febbraio del 2004 egli scrisse testualmente:

    Si accresce ora l’impressione che essi (gli esponenti della destra radicale) siano riusciti a strumentalizzare la mia tesi: nella direzione cioè d’ una propaganda riduzionista. Non ho voluto perciò protrarre questo dibattito ulteriormente.[…]

    Alla luce dei rischi presenti attualmente in Italia, Francia, Russia, fino agli USA, resti inteso di colpire i fascisti, ovunque si trovino.

    (citato da Germar Rudolf, Conferenze sull’Olocausto, Hastings 2005, pag. 175)

    Tralasciando il fatto, che è peraltro assurdo, di un’ indiscriminata equiparazione dei revisionisti ai “fascisti”, tali affermazioni equivalgono ad un’ammissione di bancarotta intellettuale. Si può esser ben certi che F. Meyer sia stato messo in guardia molto in alto dal dare seguito al dibattito e che egli abbia seguito l’avvertimento.

    Ogni libera discussione rappresenta una minaccia mortale per il Dogma, un Dogma tale da avere, per un circolo incredibilmente potente ed influente, un’importanza vitale.

    Il caso Meyer è infine giunto ad una conclusione. Questo naturalmente non significa che gli “sviluppi futuri” di cui scrissi nell’ ultima frase del mio articolo non debbano mai sopraggiungere.

    Giungeranno certamente, ma in circostanze che oggi non è ancora possibile prevedere.

    Postilla del traduttore

    Questo articolo è stato scritto nel 2004, sulla scia della clamorosa presa di posizione di Fritjof Meyer, e riflette la speranza che la cappa di piombo che protegge il mito dell’Olocausto potesse essere in qualche modo mitigata. In questo senso, è un articolo ormai datato perché gli avvenimenti successivi hanno dimostrato che, per quanto riguarda la persecuzione giudiziaria dei revisionisti, la situazione – anche in Germania – è addirittura peggiorata. Nel suo articolo Graf si era spinto addirittura a ipotizzare “un cambiamento fondamentale delle implicazioni legali” per gli imputati accusati di “negazione della Shoah”. Teoricamente avrebbe dovuto essere così, stante la breccia aperta da Meyer, ma le condanne eclatanti subite in seguito da Ernst Zündel,[15] Germar Rudolf,[16] e Sylvia Stolz,[17] (per non citare che i casi più emblematici) dimostrano – come ha scritto Pierre Guillaume[18] – che “la repressione del revisionismo storico ha una forte tendenza a emanciparsi da qualsiasi considerazione giuridica e persino razionale”. La “dottrina dell’ovvietà” continua quindi – e più che mai – a fare le sue vittime. L’articolo di Graf però merita ancora di essere letto perché la controversia Meyer-Piper permette di misurare precisamente la portata di tale emancipazione.

    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo in inglese è disponibile all’indirizzo: TR 2/2004: J. Graf: "Just Call Me Meyer" - A Farewell to "Obviousness"
    [2] F. Meyer, “Die Zahl der Opfer von Auschwitz. Neue Erkenntnisse durch neue Archivfunde”, in: Osteuropa. Zeitschrift für Gegenwartsfragen des Ostens, n°5, Maggio 2002, pp. 631-641; vedi anche in rete: Fritjof Meyer: Die Zahl der Opfer von Auschwitz
    [3] F. Piper, Die Zahl der Opfer von Auschwitz, Verlag Staatliches Museum in Auschwitz, 1993.
    [4] J-C. Pressac, Die Krematorien von Auschwitz. Die Technik des Massennordes, Piper Verlag, Munich-Zürich 1994, p. 202.
    [5] Carlo Mattogno, “Auschwitz. Fritjof Meyer’s New Revisions”, The Revisionist, 1 (1) (2003), pp. 30-37.(Consultabile al link Fritjof Meyer : Studi revisionisti di Carlo Mattogno
    [6] Carlo Mattogno, “Franciszek Piper and The Number of Victims of Auschwitz”, The Revisionist 1 (4) (2003), pp. 393-399.
    [7] La documentazione tedesca dell’epoca di guerra non contiene nulla in riferimento a questi edifici; né esiste alcuna prova dell’uso per qualsivoglia scopo di queste due case coloniche da parte dell’amministrazione del campo di Auschwitz; vedi al riguardo: C. Mattogno, The Bunkers of Auschwitz, Chicago, 2005.
    [8] Robert Jan van Pelt, The Case for Auschwitz. Evidence from the Irving Trial [Le ragioni di Auschwitz. Prove dal processo Irving], Bloomington/Indianapolis 2002, p. 68.
    [9] Escludere gasazioni occasionali in modo scientifico è semplicemente impossibile. Le “prove di gasazione” riferite da Meyer, per le quali egli non fornisce alcuna stima riguardo al numero delle vittime, sono perciò teoricamente compatibili con le conclusioni del Rapporto Rudolf.
    [10] http://www.idgr.de/geschichte/ns-ver...eyer/index.php ; una versione inglese della critica di Piper può essere trovata sul sito web del Museo di Auschwitz: www.AUSCHWITZ.org
    [11] Per le altre testimonianze oculari vedi il mio libro: Auschwitz. Tätergeständnisse und Augenzeugen des Holocaust, Verlag Neue Visionen, Würenlos, 1994.
    [12] Raul Hilberg, Die Vernichtung der europäische Juden, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt, 1997, S. 1046.
    [13] NG-2190.
    [14] Un rapporto tedesco datato 28 Giugno 1944 afferma che 3.318 ebrei ungheresi stavano ricevendo assistenza medica a Birkenau all’epoca, comprese operazioni chirurgiche: i disturbi più frequenti erano la diarrea, il diabete, la polmonite, l’influenza et cetera, tutti elencati con grande precisione.
    [15] Thule-Toscana.com
    [16] Andrea Carancini: La persecuzione di uno studioso tedesco
    [17] http://civiumlibertas.blogspot.com/2...via-stolz.html
    [18] Bilan de la Vieille Taupe, 20 juin 2008

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    Predefinito Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Inserisco un estratto dal libro di Carlo Mattogno che tratta delle MENZOGNE OLOCAUSTICHE STERMINAZIONISTE in “vigore” o cadute nell'OLODIMENTICATOIO




    Nella foto cadaveri di internati dovuti al bombardamento alleato,SPACCIATI(nella didascalia della foto) per uccisi dai Tedeschi! ndr

    A U S C H W I T Z : SESSANTA'ANNI DI PROPAGANDA

    27 GENNAIO 1945 - 27 GENNAIO 2005:

    Genesi, sviluppo e declino della menzogna propagandistica delle camere a gas

    di Carlo Mattogno




    1)Le menzogne propagandistiche giā cadute nell'oblio

    Il 27 gennaio 1945 le avanguardie sovietiche della 100a Divisione di Fanteria, appartenente alla 60a armata del I Fronte Ucraino, giunsero nel complesso Auschwitz- Birkenau, ormai abbandonato dalle SS.

    La propaganda sovietica si mise immediatamente all'opera, facendo subito eco, per eccesso di zelo, alle storie pių strampalate che circolavano tra i detenuti.



    Il 2 febbraio la Pravda pubblicō un articolo del suo corrispondente Boris Poljevoi intitolato Il complesso della morte ad Auschwitz, nel quale, tra l'altro, si legge quanto segue:

    Essi [i Tedeschi] spianarono la collina delle cosiddette “vecchie” fosse nella parte orientale1,

    fecero saltare e distrussero le tracce del nastro trasportatore elettrico (eljektrokonvjeijera) dove erano stati uccisi centinaia di detenuti alla volta con la corrente elettrica (eljektriceskim tokom); i cadaveri venivano messi su un nastro trasportatore che si muoveva lentamente e scorreva fino a un forno a pozzo (sciachtnuju pje ) 2 , dove i cadaveri bruciavano completamente 3.

    Fino ad allora la propaganda sovietica non si era minimamente curata di Auschwitz. LaPravda, nei mesi precedenti, vi aveva dedicato soltanto un trafiletto che, per di pių,riportava informazioni provenienti da Londra, secondo le quali la fabbrica della morte di Auschwitz aveva tre crematori, equipaggiati con camere a gas, con una capacitā di 10.000 cadaveri al giorno!4

    Note:

    1 Le fosse, vere e presunte, si trovavano nella parte occidentale del campo.

    2 L'equivalente del tedesco Schachtofen, “forno a tino”, un enorme cilindro di materiale refrattario impiegato per la produzione del gas dalla gasificazione del carbone. Nessun impianto di questo tipo esistette mai ad Auschwitz.

    3 Kombinat smjerti v Osvjetzimje. “Pravda”, 2 febbraio 1945, p. 4.

    4 Gjermanskij “lagjer' smjerti” v Pol'scje (Campo della morte" tedesco in Polonia). “Pravda”, 24 marzo 1944, p. 4.



    La storia propagandistica riferita da Poljevoi fu ripresa il 27 settembre 1945 da un ex detenuto di Auschwitz, tale Lieberman, che dichiarō quanto segue:
    “Come ho giā detto, appartenevo al gruppo di lavoro che aveva il compito di scaricare le patate alla stazione. A quel tempo non avevamo alcun contatto con i detenuti del campo grande. Eravamo separati in quarantena ma eravamo alloggiati insieme ad un altro gruppo di lavoro, che prestava servizio nel crematorio e alle camere a gas. Per questo so che cosa [vi] accadeva. Gli uomini e le donne entravano nella cosiddetta sala da bagno e si spogliavano separatamente, per evitare il panico. Una volta spogliati, essi entravano da porte separate nella camera a gas centrale.
    Questa camera poteva contenere 3.000 persone.
    Il gas si sprigionava attraverso gli spruzzatori delle docce e da bombe che vi venivano gettate dentro da aperture praticate appositamente per permettere questa procedura. La morte subentrava in cinque minuti. Certi giorni, quando alla stazione di Birkenau arrivarono trasporti enormi, furono gasate 42.000 persone.
    Terminato il processo di gasazione, il pavimento della camera si apriva automaticamente e i cadaveri cadevano nella camera sotterranea, dove subentravano detenuti incaricati di estrarre loro i denti d'oro o di tagliar loro i capelli di una certa lunghezza. [...].
    Dopo che erano stati recuperati i denti d'oro, i cadaveri venivano caricati su un nastro mobile e trasportati ai forni crematori attraverso passaggi sotterranei.
    C'erano quattro forni, uno grande e tre piccoli, che avevano una capacitā di 400 cadaveri in cinque minuti5. Poi, quando il numero dei cadaveri superō la capacitā dei forni, furono scavate delle trincee e vi furono buttati dentro i cadaveri imbevuti di petrolio.
    Ho visto personalmente queste trincee e sentito il puzzo della combustione. Ho anche potuto visitare le camere a gas e il crematorio, quando fui incaricato di pulirle un giorno che non erano in funzione.
    Non ho mai visto personalmente i carrelli per il trasporto dei cadaveri, né ho visto i forni in attivitā, ma, come ho giā detto, alcuni del gruppo di lavoro che prestava servizio nelle camere a gas e ai forni vivevano con noi e mi hanno raccontato questi particolari. Questo gruppo speciale di lavoro si chiamava Sonderkommando (commando speciale). Conosco personalmente un certo Jacob Weinschein 6 di Parigi, che è un superstite di questo commando 7.

    Nel 1946 una pubblicazione governativa francese, con riferimento a un Rapporto dei servizi russi, riportava quest'altra versione della storia:

    A 800-900 metri dal luogo in cui si trovano i forni, i detenuti salgono su vagoncini che circolano su rotaie. Questi, ad Auschwitz, hanno dimensioni differenti e contengono da 10 a 15 persone. Una volta caricato, il vagoncino viene messo in movimento su un piano inclinato ed entra a tutta velocitā in una galleria. Alla fine della galleria, quando il vagoncino sta per sbattere contro la parete, questa si apre automaticamente e il vagoncino si ribalta, gettando nel forno il suo carico di uomini vivi. Fatto ciō, lo segue un altro, pieno di un altro gruppo di detenuti e così via 8 .

    Secondo un'altra variante ibrida, sostenuta dall'ex detenuto Leo Laptos, le “camere a gas” erano equipaggiate come bagni con condutture idriche dalle quali invece dell'acqua usciva il gas, dopo di che

    Note:

    5 Ciō corrisponde a una capacitā di cremazione di 115.200 cadaveri in 24 ore!
    6 Personaggio ignoto alla storiografia olocaustica.
    7 From a Memorandum by Mr. Lieberman, September 27, 1945, in: Azriel Eisenberg, The Lost Generation: Children in the Holocaust. Pilgrim Press, New York, 1982, pp. 139-141. Come fonte l'Autore menziona: ŦFrom Nazi Conspiracy and Aggression, Vol. VI, Office of United States Chief Counsel for Prosecution of Axis Criminality, U.S. Government Printing Office, 1946; Vol. XI, pp. 1100-1103 (Document D 251)ŧ.
    8 Camps de concentrations. Service d'Information des Crimes de Guerre. Office Franįais d'Édition, Parigi, 1946, p. 182.

    il pavimento veniva ribaltato, per cui i cadaveri cadevano su un nastro trasportatore che li trasportava al crematorio 9 . Giā durante la guerra la sezione propagandistica del movimento di resistenza di Auschwitz aveva inventato metodi di sterminio non meno fantasiosi, come quello del martello pneumatico 10, delle camere elettriche e del bagno elettrico.

    Il 23 ottobre 1942 il giornale clandestino Informacja bie ca (Informazione corrente), n. 39 (64), pubblicō la seguente notizia:
    Secondo la relazione di una SS impiegata presso le camere elettriche (przy komorach elektr.), il numero quotidiano di queste vittime ammonta ufficiosamente a 2.500 per notte. Sono uccise nel bagno elettrico (w a ni elektrycznej) e in camere a gas 11.
    E un rapporto redatto il 18 aprile 1943 attribuiva questi metodi di sterminio ad Auschwitz:

    1) Camere elettriche, queste camere avevano pareti metalliche; le vittime vi venivano spinte dentro e poi si inseriva la corrente ad alta tensione.
    2)Il sistema del cosiddetto Hammerluft. Questo un martello pneumatico. Si trattava di camere speciali nelle quali dal soffitto cadeva un martello e per mezzo di una installazione speciale le vittime morivano sotto un'alta pressione dell'aria 12.

    Ancora nel maggio 1945 Mordechai Lichtenstein dichiarō: I cadaveri venivano portati su piccoli carrelli ai crematori, dove venivano bruciati dalla corrente elettrica a 6.000 volt 13.

    Nel giugno 1944, a Stoccolma, un funzionario del governo polacco in esilio, un certo Waskiewicz, interrogō un polacco che era fuggito dalla Polonia dopo aver trascorso 7 settimane ad Auschwitz. Il 18 giugno Waskiewicz redasse in francese un rapporto sull'interrogatorio del testimone 14, di cui indicō solo le iniziali: K.J. Costui era un lavoratore coatto che, essendo rientrato con qualche giorno di ritardo da un permesso, fu arrestato dalla Gestapo e condannato a 10 settimane di permanenza in un campo di concentramento. Egli fu dunque internato per tre settimane nel campo di Rattwitz, in Slesia, dal quale fu trasferito ad Auschwitz, dove scontō le 7 settimane restanti.
    Nella sua relazione su questo campo, il testimone riferì la favola del nastro trasportatore,ma in un contesto diverso:
    Ad ogni appello, un servizio speciale portava via coloro che erano caduti e non reagivano pių ai colpi e, senza assicurarsi se fossero ancora vivi, li spediva su un trasportatore meccanico direttamente al forno crematorio, la cui capacitā, nel 1943, era calcolata per 1.000 persone 15.
    Ma la parte pių fantasiosa della testimonianza è questa:
    La sezione XVIII (ebraica) era equipaggiata con una camera a gas e una fabbrica di grasso per le macchine. K.J. dichiara di aver constatato che i Tedeschi vi15

    Note:

    9)L. de Jong, Die Niederlande und Auschwitz, in: “Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte”, anno 17, n. 1, gennaio 1969,p. 9.
    10 Obóz koncentracyjny O wi cim w wietle akt Delegatury Rz du R.P. na Kraj (Il campo di concentramento di Auschwitz alla luce degli atti della Delegatura del Governo polacco nel paese). “Zeszyty O wi cimskie” (Quaderni di Auschwitz), numero speciale I, O wi cim 1968, p. 32, 43, 54. La Delegatura era la rappresentanza in Polonia del Governo polacco in esilio a Londra.
    11 Idem, p. 52.
    12 Martin Gilbert, Auschwitz & the Allies. The politics of rescue. Arrow Books Limited, Londra, 1984, p. 130.
    13 Testimonianaza di Mordechai Lichtenstein in: Jewish Survivors Report Documents on Nazi Guilt. No 1. Eighteen Months in the Oswiecim Extermination Camp. May 1945, p. 12. ROD, c[21]og.
    14 Central Dept. Poland No. 26. 18 th June 1944. Political Memorandum. From: Press Reading Bureau, Stockholm. To: Political Intelligence Departement, London. Rapport de M. Waskiewicz sur l'interrogation de K.J. PRO, FO371/39451,pp. 137-140.
    15 Idem, p. 138.

    trasformavano i cadaveri degli Ebrei gasati in grasso, che veniva poi spedito in pacchi recanti l'iscrizione “Schmierstoff-Fabrik Auschwitz”.
    Essendo stato incaricato di portare via i cadaveri dei gasati, egli ha potuto osservare il processo su un gruppo di 1.500 Ebrei polacchi, “spediti” nel maggio 1943. Al loro arrivo, questi Ebrei non furono malmenati. Essi avevano anche l'aria di non essere troppo denutriti. Appena arrivati, si fece far loro un vero bagno distribuendo loro perfino del sapone. Poi, dopo che si erano tolti da soli i vestiti, furono selezionati, raggruppando separatamente i grassi e i magri, le donne e gli uomini. Indi ogni gruppo fu spedito separatamente nella camera a gas, una vasta sala in calcestruzzo
    alla quale si accedeva da una porta tripla. Le vittime morivano generalmente dopo la chiusura delle porte. Poi si ventilava rapidamente la sala e i detenuti incaricati di portare via i cadaveri dovevano sistemarli il più presto possibile, prima che si irrigidissero, su speciali carrelli che, per mezzo di un trasportatore meccanico,andavano alla fabbrica di grasso.
    Là, mediante procedimenti chimici che K.J. non conosceva, si effettuava la trasformazione in poltiglia e l'estrazione del grasso. I resti, sotto forma di alcune ossa e di una poltiglia informe, erano accuratamente bruciati nel forno crematorio 16.
    Dopo di che la presentazione del testimone da parte di Waskiewicz - genuino antesignano degli storici attuali, sempre pronti a ingurgitare le testimonianze pių insensate senza battere ciglio - suona penosamente comica: Origine contadina, semplice e perfino primitivo, privo di immaginazione, ma osservatore buono e coscienzioso. La sua veridicitā sembra incontestabile 17.

    La fandonia delle docce dalle quali, invece dell'acqua, usciva il gas tossico, fu inventata abbastanza presto.
    Essa appare giā in una Lettera scritta dal campo di Auschwitz datata 29 agosto 1942 nella quale si legge:Le pių temibili sono le esecuzioni in massa mediante gas in camere costruite appositamente a questo scopo. Ce ne sono due e possono contenere 1.200 persone.
    Vi sono installati bagni con docce, dalle quali purtroppo invece dell’acqua esce il gas.
    (Urz dzone s a nie z prysznicami, z których niestety zamiast wody wydobywa si gaz) 18.

    In un rapporto clandestino sulle condizioni di vita al campo risalente al dicembre 1942 o al gennaio 1943 il processo di gasazione viene descritto così:
    All’interno le camere sono arredate in modo da assomigliare a un bagno, dal quale differiscono soltanto per il fatto che, invece dell’acqua, dalle docce esce gas tossico (miast wody, z pryszniców wydobywa si truj cy gaz). [...]. Nella baracca si devono spogliare subito, perché devono andare a fare il bagno.
    Vengono dati loro perfino asciugamani e sapone. Dopo il bagno devono ricevere iancheria e vestiti. Quando la camera è piena, le porte vengono chiuse e il gas si sprigiona attraverso aperture a forma di doccia (i przez otwory w formie pryszniców wydobywa si gaz)ŧ 19.

    La storia immaginaria delle docce a gas ebbe subito una larga diffusione, a tal punto che il dottor Gilbert, lo psicologo dei prigionieri al processo di Norimberga, la mise addirittura in bocca a Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz:

    Note:

    16 Idem, p. 139.
    17Idem, p. 137.
    18Obóz koncentracyjny O wi cim w wietle akt Delegatury Rz du R.P. na Kraj, op. cit., p. 43.
    19AGK, NTN, 155, pp. 299-300.

    "L'uccisione era facile, non c'era neppure bisogno di guardie per farli entrare nelle camere; essi vi andavano aspettandosi di fare la doccia, e, invece dell'acqua, noi aprivamo [il] gas tossico 20.
    Il giornale clandestino francese Fraternité, nel numero del maggio 1944, pubblicō la seguente “testimonianza oculare” su Auschwitz:
    Appena arrivati, tutti gli uomini ancora validi sono immediatamente diretti verso i cantieri di lavoro. Gli altri, donne, bambini, vecchi, sono inviati alle docce. Sono condotti in uno stabilimento moderno, splendido...
    Ma, invece dei getti di acqua calda che avrebbero rinfrancato le loro membra stanche, arrivano getti di gas: e in pochi istanti ci sono soltanto, pigiati contro le porte per le quali hanno tentato di fuggire, cadaveri di madri con i loro figli in braccio, o vecchi che stringono a sé la loro anziana compagna in un gesto supremo di protezione21.
    Naturalmente la storia delle docce ebbe largo seguito anche presso gli ex detenuti del campo. Ecco ad esempio la versione di Sofia Schafranov:
    Veniva simulata una doccia e alle vittime, per quanto queste sapessero, ormai, di che genere di doccia si trattasse, si fornivano perfino asciugamani e un pezzo di sapone; dopo di che, erano fatte denudare e venivano cacciate in basse camere di cemento, ermeticamente chiuse. Al soffitto erano applicati dei rubinetti, da dove, invece che acqua, era irrorato del gas tossico22.



    nella foto l'ebrea ada bimko ,più tardi conosciuta come Hadassah Rosensaft

    ( perchè cazzo cambiano i nomi? )

    La versione pių fantasiosa della favola delle docce fu inventata da Ada Bimko, ebrea polacca deportata ad Auschwitz il 4 agosto 1943, la quale al processo Belsen testimoniō sotto giuramento (!) quanto segue.
    Nell'agosto del 1944 ella era stata inviata in una “camera a gas” a Birkenau per prelevare delle coperte che vi erano state lasciate dai presunti gasati. Appena entrata ebbe l'immensa fortuna di incontrare un detenuto del cosiddetto Sonderkommando della sua stessa cittā e un sottufficiale SS molto compiacente che si affrettarono a mostrarle i segretissimi impianti di sterminio. Ecco la sua descrizione:
    “Nella prima stanza incontrai un uomo che veniva dalla mia stessa cittā. C'era anche un SS col grado di Unterscharführer che faceva parte della Croce Rossa. Mi fu detto che in questo primo stanzone la gente lasciava i vestiti e da questa stanza veniva condotta in un'altra, ed ebbi l'impressione che centinaia e centinaia [di persone] potessero entrare in questa stanza, tanto era grande. Assomigliava alle docce o alle stanze di abluzione che avevamo al campo. Su tutto il soffitto c'erano molti spruzzatori in file parallele. A tutte le persone che entravano in questa stanza venivano distribuiti un asciugamano e una saponetta, in modo che avessero l'impressione di andare a fare un bagno, ma a chiunque guardasse il pavimento era del tutto chiaro che non era così, perché non c'erano tubi di scarico. In questa stanza c'era una porticina che dava in una stanza nerissima che assomigliava ad un corridoio. Vidi delle linee di rotaie con un vagoncino, che essi chiamavano camion, e mi fu detto che i prigionieri giā gasati venivano messi su questi vagoni e mandati direttamente al crematorio. Credo che il crematorio fosse nella stessa costruzione, ma non vidi il forno. C'era anche una stanza pių in alto della precedente di alcuni
    gradini, con un soffitto bassissimo, e osservai due tubi che, come mi fu detto, contenevano il gas. C'erano anche due enormi contenitori metallici che contenevanoil gas23.

    Note:

    20 Nuremberg Diary. By G.M. Gilbert, Ph.D.. Formerly Prison Psychologist at the Nuremberg Trial of the Nazi War Criminals. Farrar, Straus and Company. New York, 1947, p. 250.
    21 Stéphane Courtois, Adam Rayski, Qui savait quoi? L'extermination des Juifs 1941-1945. La Découverte, Parigi, 1987, p. 220.
    22 Alberto Cavaliere, I campi della morte in Germania nel racconto di una sopravvissuta. Milano, 1945, p. 40.
    23 Trial of Josef Kramer and Forty-Four Others (The Belsen Trial). William Hodge and Company. Londra, Edinburgo, Glasgow, 1949, pp. 67-68.

    In una deposizione allegata agli atti processuali Ada Bimko precisō:
    L'SS mi disse che i cilindri contenevano il gas che andava attraverso i tubi nella camera a gas 24, dunque il gas passava dai contenitori nei tubi e usciva attraverso gli spruzzatori nella “camera a gas”!
    Ma anche questa storia ebbe le sue varianti. Una particolarmente stravagante fu raccontata da Bruno Piazza, che era stato condannato all'uccisione nella “camera a gas”, dalla quale perō riuscė miracolosamente a salvarsi:
    Udii uno di loro che diceva:“Krematorium”. Proseguimmo dentro quel campo, tra due file di baracche del tutto simili a quelle del campo precedente. Quando fummo giunti in fondo, ci fecero piegare ancora a sinistra e ci fecero entrare, tutti ottocento, nell'interno di una baracca semibuia. Era giā calata la notte. In mezzo si scorgeva una stufa spenta e tre buglioli di zinco. D'improvviso si accese la luce e ci accorgemmo di essere in una specie di stanza da bagno. Dal soffitto pendevano venti docce. [...]. Quella stanza era l'anticamera del crematorio, era la camera a gas. [...].
    Nessun dubbio ormai. Avevo sentito parlare del sistema: ponevano sotto alle docce uno strato bianco di cianuro di potassio in polvere e ci facevano cadere sopra, improvvisamente, l'acqua delle docce. Dalla polvere si sprigionava così il micidiale gas cianidrico.
    Entrava lo scrivano con una maschera sul volto, spargeva la polvere, apriva le docce, usciva, chiudeva la porta, e dopo dieci minuti eravamo tutti morti asfissiati.
    In fondo c'era un'altra porta che doveva immettere nel crematorio per mezzo di un piano inclinato. [...].
    In passato l'asfissia veniva eseguita con un metodo differente da quello attuale delle docce. Nel soffitto della cella era praticato un foro che si apriva mediante una valvola automatica e dal quale venivano gettate nell'interno tre o quattro bombole di gas cianidrico giā pronto. Ma il sistema non era molto sicuro, perché alle volte l'involucro delle bombole non si spezzava nell'urto ed era allora necessario ripetere la manovra anche quattro o cinque volte, per essere certi che si fosse sprigionato il gas25.

    Al processo Degesch, nel 1949, un testimone riferì la diceria che a Birkenau il gas veniva immesso nei locali attraverso docce finte, ma sia il dott. Heli, inventore dello Zyklon B,sia il dott. Ra.,fisico, dichiararono che tale tecnica di gasazione era impossibile, sicché la Corte d'Assise di Francoforte sul Meno nella sentenza del 28 marzo 1949 la riconobbe falsa:
    Il Tribunale non dubita del fatto che l'ipotesi che il gas sia tratto fuori dal barattolo di Zyklon B mediante una cannula e portato nelle camere a gas, sia errata, sicché non è pių necessario fare l'esperimento richiesto da uno degli accusati 26.

    La storia delle bombole di gas cianidrico era un adattamento della versione pių comune delle bombe ad acido cianidrico, che fu inventata tra la fine del 1943 e l'inizio del 1944 da Jerzy Tabeau, internato ad Auschwitz col nome di Jerzy Weso owski il 23 marzo 1942 ed evaso la notte del 19-20 novembre 1943. Nel suo rapporto, che cominciō a circolare nell'estate del 1944, egli scrisse:
    "Dopo l'arrivo nella zona della camera, che è recintata con filo spinato, i condannati si dovevano spogliare nudi, uomini, donne e bambini insieme, ciascuno riceveva un asciugamano e del sapone. Poi venivano spinti tutti nella camera, senza far mancare percosse e maltrattamenti. In tal modo vi si spingevano tanti quanti la camera"

    Note:

    24 Idem, p. 742.
    25 Bruno Piazza, Perché gli altri dimenticano. Feltrinelli, Milano, 1956, pp. 127-131.
    26 C.F. Rüter, Justiz und NS-Verbrechen. Sammlung deutscher Strafurteile wegen nationalsozialisticher Tötungsverbrechen 1945-1966. Amsterdam, 1968-1981, vol. XIII, p. 134.

    poteva contenere, poi si chiudeva bene la porta e delle SS incaricate in modo speciale di ciō vi versavano attraverso le valvole che si trovavano nelle pareti bombe riempite di acido prussico. Dopo dieci minuti si aprivano le porte e un commando speciale (sempre composto da Ebrei) portava via i cadaveri e faceva spazio per il convoglio successivo 27.
    Un rapporto datato 23 agosto 1944 menzionava invece ampolle:
    Col pretesto di visitare un bagno, fanno spogliare le persone, danno loro del sapone e le dirigono alle “sezioni bagno”, dove chiudono ermeticamente le porte, dopo di che da sopra gettano dentro ampolle con un liquido sconosciuto che si rompono e sprigionano il gas, per effetto del quale dopo cinque-dieci minuti avviene [...] la morte28.

    Questa storia fantasiosa trovō eco perfino in Kurt Gerstein, il quale scrisse che il direttore della Degesch gli aveva raccontato che per l'uccisione di uomini aveva fornito acido cianidrico in ampolle (in Ampullen) 29 .
    Perō, a suo dire, ad Auschwitz queste ampolle furono usate in modo diverso: Soltanto ad Auschwitz furono uccisi milioni di bambini tenendo un tampone [impregnato di] acido cianidrico sotto il naso 30.

    Oltre a bombe o bombole o ampolle ad acido cianidrico, altre sostanze furono indicate come mezzi di sterminio: i gas starnutatori (gaz sternutatoires) 31 e una certa sostanza che faceva addormentare (einschläfern) le persone in un minuto 32
    L'ex detenuto Otto Wolken parlō invece di fosse di gasazione: “Furono scavate delle fosse e coperte con teli di tenda, che servirono come camere a gas provvisorie “23 .

    Al processo di Norimberga , il 21 giugno 1946, il procuratore generale americano Jackson menzionō un altro sistema di sterminio presuntamente sperimentato nei pressi di uschwitz: la BOMBA ATOMICA !
    In un piccolo villaggio provvisorio, che era stato costruito temporaneamente a questo scopo, furono alloggiati 20.000 Ebrei. Per mezzo di questa nuova sostanza distruttiva queste 20.000 persone furono annientate quasi istantaneamente, in modo tale che di essi non rimasero i minimi resti. L'esplosione produsse una temperatura di 400-500°C e distrusse le persone a tal punto che esse non lasciaronoalcuna traccia 34.
    Come si vede, gli Americani avevano fin da allora la cattiva abitudine di imputare al nemico di turno i propri crimini.
    Queste favole propagandistiche caddero presto nell'oblio, essendo state soppiantate da altre favole, pių articolate, ma crearono nondimeno un certo sconcerto negli storici olocaustici.

    Note:

    27 Das Lager Oswiecim (Auschwitz), in: A. Silberschein, Die Judenausrottung in Polen. Dritte Serie, II.Teil: Die Lagergruppe Oswiecim (Auschwitz). Ginevra, 1944, pp. 67-68.
    28 Rapporto pubblicato in: Axis History Forum • View topic - Soviet reports about Auschwitz, 1944
    29 Rapporto tedesco di K. Gerstein del 6 maggio 1945. PS-2170, p. 9.
    30 Idem.
    31 La politique pratiquée par la Suisse ā l'égard des réfugiés au cours des années 1933 ā 1945. Rapport adressé au Conseil fédéral ā l'intention des conseils législatifs par le professeur Carl Ludwig, Bâle. Berna, 1957, p. 220.
    32 Presunto rapporto dell' SS-Sturmbannführer Franke-Gricksch del maggio 1943. Testo in: J.-C. Pressac, Auschwitz:Technique and operation of the gas chambers. The Beate Klarsfeld Foundation, New York, 1989, p. 238. Il rapporto čnoto esclusivamente in una presunta “trascrizione” di un tale Erich M. Lippmann, un funzionario dell'esercito americano addetto alla raccolta di documenti in vista dei processi americani di Norimberga. Il documento originale non esiste.
    33 AGK, NTN, 88 (processo Höss), p. 45.
    34 Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem internationalen Militärgerichtshof. Nürnberg 14. November 1945-1. Oktober 1946.Nrimberga, 1948, vol. XVI, p. 580.

    Fine

    003- Auschwitz: 60 anni di propaganda : Olo-truffa____"Biblioteca" revisionista su OloCa$h e truffa $terminazioni$ta
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
    Eraclito


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  3. #3
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Basta cazzate negazioniste.

  4. #4
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Ma questo non dovrebbe essere il forum di storia?
    Qui c'è roba che agli storici - seri - fa venir solo da ridere.

  5. #5
    Canaglia
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Citazione Originariamente Scritto da Feyerabend Visualizza Messaggio
    Ma questo non dovrebbe essere il forum di storia?
    Qui c'è roba che agli storici - seri - fa venir solo da ridere.
    Non dirlo a Ringhio, lui è un vero storico.

  6. #6
    paracadute zen
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Interessanti le risposte date dai sostenitori dello sterminazionismo.
    Fanno capire subito perchè vogliono le leggi-bavaglio. Non hanno null'altro da starnazzare se non "cazzate, cazzate".
    Se lo sono, attendiamo le vostre smentite. Suvvia... dovrebbe essere facile, no? Non siete i "detentori della verità e della giustizzzzzia assolute"?
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  7. #7
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Non c'è molto da contestare, basta conoscere il mestiere dello storico.
    Da cosa si parte? Dal vaglio delle fonti. Cosa dicono le fonti? Parlano di un inumano sterminio e sono a grandi linee concordi.
    Lo storico non è un giudice, non si interessa di piccole incoerenze perché non invalidano la struttura generale dei fatti - anzi: fonti lievemente incoerenti rinforzano lo schema generale perché un racconto autentico di uno stesso evento fatto da due testimoni oculari, per esempio, non può essere uguale.
    Ci sono testimonianze dirette molto coerenti e di vastissima provenienza, tali da rendere impossibile una regia occulta. Ci sono documenti e prove materiale.
    Tutt'altro problema è stato l'uso propagandistico dello sterminio nazista (che comprende anche l'alterazione fisica di alcuni luoghi a opera delle forze occupanti): questo, però, non nega l'esistenza di una vasta opera di sterminio (peraltro riuscita).
    Allo stato attuale della conoscenza storica ogni opera di negazionismo è priva di ancoraggio con la realtà e non è neppure da prendersi scientificamente in considerazione: si tratta solo di buffonate. Questa è storia, non fantascienza: le fonti prima di tutto.

  8. #8
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    anche perchè se seguiamo lo stesso metro di giudizio, le foibe non ci sarebbero mai state allora
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  9. #9
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Citazione Originariamente Scritto da Haxel Visualizza Messaggio
    anche perchè se seguiamo lo stesso metro di giudizio, le foibe non ci sarebbero mai state allora
    Le foibe ci sono state e le inventarono i nazionalisti italiani.

  10. #10
    Canaglia
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    Predefinito Re: Auschwitz: 60 anni di propaganda

    Citazione Originariamente Scritto da Kroenen Visualizza Messaggio
    Interessanti le risposte date dai sostenitori dello sterminazionismo.
    Fanno capire subito perchè vogliono le leggi-bavaglio. Non hanno null'altro da starnazzare se non "cazzate, cazzate".
    Se lo sono, attendiamo le vostre smentite. Suvvia... dovrebbe essere facile, no? Non siete i "detentori della verità e della giustizzzzzia assolute"?
    Quindi era un quaquaraqua, prima incitava allo stermino e poi invece ai detenuti ebrei dava loro pane, burro e marmellata?

 

 
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