IL LUPO
NEL QUINTO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI LUCIANO LIBONI - PER NON
DIMENTICARE!
di Dagoberto Husayn Bellucci
"IL LUPO"
"SONO UN LUPO
NON SONO UOMO
SONO BRACCATO
DISTANTE DAL PRESENTE
SONO UN LUPO
NON SONO UMANO
TRADITO DA TUTTO
LONTANO DALLE COSE
MI GUIDA L'ISTINTO
I SENSI LA RABBIA
LA VOLONTA' DI RESISTERE
L'EGOISMO DI ESISTERE
SONO UN LUPO
NON SONO UOMO
DISEREDATO DISSOLTO
NELLA NOTTE SENZA FINE
TRA DESERTI DI SABBIA
E BOSCHI DI BETULLE
OLTRE SIEPI E ARBUSTI
SENZA VIA D'USCITA
IL RIPARO NON ESISTE
NON C'E' TANA
NASCONDIGLIO
COVO
PRESTO O TARDI
MI SORPRENDERANNO
NEL SONNO
O IN ATTESA DELLA MORTE
SENTO I LORO PASSI AVANZARE
NELLA FORESTA, TRA ALBERI E FOGLIE
IL LORO ANSIMARE
COME CANI CHE FIUTANO LA PREDA
UNA CACCIA SENZA SOSTA
INTERMINABILE LUDICO GIOCO DI MORTE
DOVE SANGUE CHIAMA SANGUE
ODIO SCATENA ODIO
ALLA MACCHIA COME UN BANDITO
RINNEGATO TRADITORE
DI UNA PATRIA CHE NON MI APPARTIENE
DISCONOSCIUTA E NEMICA
SOLO LA PELLE DA OFFRIRE
E LA FURIA DA OPPORRE
UNA TRAMA GIA' SCRITTA
UNA RECITA TRAGICA
NON CONOSCO RESA
NON PATTEGGIO PENA
INDULTO O SALVEZZA
SONO PRONTO ALLA FINE
SONO UN LUPO
NON SONO UMANO
LA BATTAGLIA MI CHIAMA
NON ARRETRO UN PASSO
AVRETE LA MIA PELLE
STRAPPERETE IL MIO CUORE
DIVORERETE AVIDI CIO' CHE RIMANE
DI QUESTO CORPO INERME
MA L'ANIMA RESTA
ETEREA
IMMORTALE
ETERNA
SONO UN LUPO
NON SONO UMANO
CONTINUERO' A INSEGUIRVI
INCUBO DEI VOSTRI SOGNI PROFONDI
NELLE NOTTI SENZA FINE
NEL SILENZIO DI UNA STANZA
PRENDENDO FORMA
MUTANDO GUERRA
INCROCERO' IL VOSTRO SGUARDO
SEGUIRO' I VOSTRI PASSI
SOFFOCHERO' IL VOSTRO RESPIRO
CANCELLERO' OGNI VOSTRO PENSIERO
OCCUPERO' LA VOSTRA ESISTENZA
COME UN SOFFIO AL CUORE
COME UN GRIDO SMORZATO DI PAURA
SEMPRE COSTANTEMENTE OVUNQUE
LA MIA OMBRA VI PEDINERA'
IL MIO SPIRITO VI INSEGUIRA'
LA MIA RABBIA GELERA' LE VOSTRE VENE
PER IL SANGUE CHE AVETE VERSATO
SARETE PREDE SOSPESE NEL NULLA
VITE INUTILI
VILI
TREMANTI
LA CACCIA CONTINUA
INVERSA
CONTRARIA
INTERMINABILE
FIUTERO' QUALSIASI TRACCIA
INSTANCABILE
LATITANTE DELL'INFINITO
SENZA SOSTA SENZA TREGUA
SONO UN LUPO
E SONO VIVO
IL MIO SPIRITO ORA
CHIEDE VENDETTA"
(Poesia dell'autore - dal sito Documento senza titolo )
"...E dietro alla curva del tempo che vola
c'è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola
se di notte è inseguito spara e centra ogni fanale
Sante il bandito ha una mira eccezionale
e lo sanno le banche e lo sa la questura
Sante il bandito mette proprio paura
e non servono le taglie e non basta il coraggio
Sante il bandito ha troppo vantaggio.
Fu antica miseria o un torto subito
a fare del ragazzo un feroce bandito
ma al proprio destino nessuno gli sfugge
cercavi giustizia ma trovasti la Legge...."
( Francesco De Gregori - "Il bandito e il campione" - album "Curve nella
memoria" 1988 )
"Il Ribelle è deciso a opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia,
sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto
con la libertà, il che si esprime oggi nell'intenzione di contrapporsi
all'automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il
fatalismo."
( Ernst Junger - "Il Trattato del Ribelle" )
A pochi giorni dal quinto anniversario della scomparsa/esecuzione sbirresca
ricordiamo, 'piaccia' o meno, lo stilema di combattimento post-nichilista di
Luciano Liboni, il "Lupo". La contorta e devastata inesistenza fattuale dei
deambulanti cosmici della contemporaneità post-modernista dell'Occidente
giudaico-mondialista contrassegnata dall'incedere lento e inarrivabile del
nulla di una quotidianità ha schiantato ontologicamente gli individui
erodendone l'anima e la coscienza - 'vite schiantate' dalla 'fretta' di vivere
- e privando il soggetto-massa moderno degli strumenti necessari a superare
un'ipotetico esame di maturità...(l'idoneità del 'vivere' si conquista giorno
dopo giorno, sulla propria pelle...bisogna anzi occorre sapersela 'giocare'
bene...ognuno con i 'mezzi' che ha a disposizione...senza fretta ma senza
tregua in un 'infinito ritorno' e nella 'cerca' del nulla di una modernità
depauperizzante e soffocante che non lascia 'scampo'....si è o si finge di
essere nella società dell'alienazione mentale occidentocratica...il 'potere'
alle banche, alle multinazionali e ai mass media che vi dicono chi siete, cosa
sarete, ciò che farete e quello che diventerete... mode e costumi demenziali
per gli invertebrati 'ruminanti' nel cortile sistemico mondialista...).
In questo 'quadro' da "fine della storia", o per essere più chiari, da
"tramonto dell'Occidente" (...panoramica esistenziale del vuoto lasciato dalla
disintegrazione di ogni valore, di qualsivoglia etica e morale, lucidamente
'tracciata' scrittoriamente oltre ottant'anni fa da Oswald Spengler...) ovvero
dall'affermazione di una società senza Dio, senza ideali e senza memoria; la
lucida, fanatica e determinata 'apparizione' del "lupo" nella "terra dei cachi"
i'tal'yota ci 'invita' a 'seducenti' riflessioni 'accarezzate' da un velo di
ottimismo...Noi realisti dell'impossibile e assertori di un'ordine razzial-
spirituale 'conforme' alle coordinate della dottrina della razza di evoliana
memoria (...'tripartizione' anima-corpo-spirito...) ci 'lasciamo', 'talvolta',
'andare' a 'folate' di ottimismo...se esisteva un Luciano Liboni probabilmente,
da qualche parte, ne esisteranno 'altri' o almeno ce lo auguriamo.
Il tramonto dell'Occidente è l'immagine riflessa della fine di una
civiltà/civilizzazione ovvero l'affermazione di una contro-civilizzazione,
quella contemporanea 'segnata' dall'incedere costante di processi e dinamiche
intercapitalistiche con i loro ritmi ossessivi e sfrenati, edonistica
caratterizzata dal trionfo della tecnica e dal contrassegno 'discendente' della
meccanicità dei rapporti umani di qualunque sorta. L'uomo occidentale vive, o
almeno 'pretende' di vivere, in una 'scatola' che si è andato costruendo nel
corso dell'ultimo secolo edificando metropoli irrespirabili, quartieri-caserme,
scintillanti 'templi' destinati al solo culto ammesso e ammissibile nella vuota
contemporaneità modernista: il culto di Mammona, la fede incrollabile nel "dio-
dollaro" e nella sua 'forza' onnicomprensiva e pervasiva.
La 'fine' dell'Occidente è 'contrassegnata' dall'avvento di un'era rovesciata
di non valori. Post-industriale, informatica, computeristica esistenza
'scandita' dai "tasti" 'vitali' per la quotidianità ritmata dal non senso di un
comando a distanza: l'individuo occidentale vive oramai nell'irrinunciabile
'fabbisogno' di 'aggeggi' di qualsivoglia forma e genere 'fondamentali' per
compensare 'lacune' altre...dal telecomando al telefonino cellulare, dalle
schede 'informatiche' di ogni genere e tipo (bancomat, carte bancarie...anche
tessere sanitarie e carte d'identità oramai 'informatizzate' ...computeristico
controllo a distanza del 'gregge' belante...peraltro paciosamente 'soddisfatto'
di essere spiato ventiquattr'ore su ventiquattro dall'occhio 'vigile' del
Grande Fratello informatico...) fino alla posta elettronica oramai non si salva
neanche l'apparenza di una 'vita' reale. Tutto è virtuale nella società del
nulla contemporaneo. Inenarrabili 'vertici' di idiozia sommati al nulla delle
forme contemporanee alle quali non viene data nemmeno apparente un'anima...
In questo contesto di schiantamento generale della società moderna e di
laceranti derive esistenziali crediamo assolutamente 'legittima' la descrizione
'canzonettistica' fatta da Samuele Bersani dello stridente 'contrasto' tra il
mondo attuale e quello di una volta: "L’ amore oggi nel 2002 è un apparecchio
momentaneo infilato sotto il petto/ Forse perché da quella data di settembre è
aumentato il senso corrisposto del sospetto (...) Non credo che nessuno ormai
si stupirebbe se un bambino gli chiedesse a cosa serve una grondaia?/ A cosa
servono i palloni incastrati sotto le marmitte/ a ricordare quando fuori si
giocava fra le 127..." già..."che vita"..." Ah puoi dirlo sento sempre il peso
di un ricordo appeso al collo..." ....bei 'tempi' passati a tirar calci a un
pallone in una piazza ....oggi 'adolescenti' inquieti e inquietanti senza
'palle' ...in tutti i sensi...
Scriveva sul "tramonto" della società occidentale Oswald Spengler agli inizi
degli anni Venti del secolo scorso: "Sta forse giungendo a compimento il
senso espresso da più di duemila anni dalla nostra cultura che, come dice il
nome, è "occidentale", cioè "serale", avviata a un "tramonto", a una "fine".
L'evento occidentale è sempre stato presso la sua fine, ma solo ora, con
Nietzsche, e poi con Heidegger e Jaspers, comincia a prenderne coscienza. Ma
che cosa davvero finisce proprio oggi quando sembra che tutto il mondo insegua
senza esitazione la via occidentale, fino ad annullare la specificità che
finora ha reso riconoscibile l'Occidente e soprattutto la sua distanza
dall'Oriente? Finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel progressivo
dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari
dell'uomo, materiali della tecnica." (1)
Un'immagine inequivocabile quella di una fine annunciata. La fine non
semplicemente di un mondo o di un'epoca - le epoche 'passano' e si susseguono
in eterno da sempre ...sarebbe il 'male' minore la scomparsa di un periodo più
o meno 'felice' per l'umanità o per questa o quest'altra comunità - ma di
un'intera civilizzazione. La morte dell'Occidente è la scomparsa di un universo
in marcia - a partire dal periodo dell'umanesimo e del cosiddetto rinascimento
cinquecentesco - verso i gelidi e impervi camminamenti del Nichilismo puro ...
""Tutto ciò che passa è soltanto un simbolo, dice Spengler ricordando un verso
del Faust, che ritorna come un leitmotiv wagneriano in "Il tramonto
dell'Occidente". Ma anche, aggiunge, il movimento dell'esistere e del conoscere
ha un significato se ha un valore simbolico. Spengler riabilita così i concetti
di Simbolo e Destino che la cultura moderna ha deriso e avvilito, credendo di
poterli sostituire con quelli di Segno e Progresso, più funzionali alla
filosofia analitica e al controllo tecnico-scientifico dell'esistenza. Ma
questo non significa che Il tramonto dell'Occidente possa essere letto come una
tradizionale reazione allo spirito dell'Illuminismo, anche se proprio a questa
interpretazione deve il suo grande successo. Una notorietà e una diffusione che
però sono state il più delle volte il risultato di un fraintendimento: il
titolo è suggestivo ed evoca facili nostalgie, incoraggia formule rapide con
cui ingabbiare la sostanza del libro". A sua volta il "'tramonto' è un'immagine
del simbolismo cosmico che unisce gli uomini al movimento delle stelle e agli
eventi della vita: il sole tramonta e risorge, così una civiltà nasce e
declina. [...] Comprendere se la cultura occidentale è al tramonto e quali sono
le ragioni della decadenza, diventa la condizione necessaria per affidarsi ad
un destino di declino e prepararsi all'evento della rinascita. Spengler non
rinuncia mai all'idea che la verità della conoscenza sia fondamentalmente
un'azione creativa e una forza cosmogonica." (2)
Nella stessa nota introduttiva e nell'analisi del volume spengleriano
riportata in un volume ricognitivo sul vuoto della società contemporanea
scriverà Stefano Zecchi: "Globalizzazione e desimbolizzazione delle civiltà
hanno significati concettualmente analoghi: Spengler ha cercato in migliaia di
pagine di mostrare come sia la cultura simbolica a dare forza e energia vitale
a una civiltà, consentendone la crescita. La sua desimbolizzazione non è che il
segno evidente del tramonto. Quindi, la globalizzazione non può rappresentare l’
apogeo di una civiltà, bensì è la testimonianza di un irreversibile declino.
Agli inizi del Novecento, quando Spengler scriveva il suo capolavoro, l’Europa
era pervasa dall’ebbrezza del proprio sviluppo scientifico, viveva nella
venerazione dell’idea di progresso, che. Sia pure attraversando alterne
fortune, non ha mai abbandonato l’anima dell’uomo faustiano, l’anima dell’
Occidente. Quest’uomo appariva trionfante, pronto a colonizzare con la sua idea
di civiltà il mondo, un mondo che non sembrava affatto al tramonto. L’uomo
faustiano mai avrebbe immaginato che popoli ricchi di simbolicità, fedeli alla
loro tradizione, un giorno avrebbero potuto minacciarlo e, forse, ferirlo a
morte. Spengler lo sosteneva con una a-contemporaneità che agli intellettuali
del suo tempo appariva sciocca, grottesca, patetica. Che ancora oggi,
nonostante ciò che accade, appare a molti inaccettabile o intollerabile." (3)
Dunque nel vuoto cosmico della società contemporanea di massa, nel sistema
del livellamento e dell'omologazione - 'castrazioni' dell'anima e dello spirito
'eterodirette' dagli alchimisti stregoni dell'One World mondialista, dai
fautori delle dinamiche di dispersione delle identità e dagli ingegneri del
Villaggio Globale globalizzato - ; risulta conforme una 'celebrazione' della
figura del guerriero metropolitano (....anarco-individualista, radical-
nichilista, sovversivo oltre ogni 'limite' di 'decenza' anche per la 'finzione'
filmica e cinematografica...) rappresentata dal "lupo": Luciano Liboni.
Nato a Montefalco il 6 maggio 1957 Luciano Liboni ha 'schiantato' le
evanescenti forme sbirrico-sistemiche dando vita ad una spettacolare e
inenarrabile (...anche se è già stato tentato un 'approccio' cinematografico...
risultati 'pessimi'...la realtà risulta decisamente 'superiore' e
indescrivibilmente eccelsa...) fuga per la libertà nell'ultima settimana del
luglio 2004. Una fuga disperata, senza prezzo: tutto o niente, o la libertà o
la morte! 'Stilema' inenarrabile di uomo di razza. Una vicenda quella di Liboni
, il 'lupo', che comincia nella sua Umbria si dipana per l'Italia centrale
portandolo ben presto al carcere minorile di Firenze per scontare una condanna
per i reati di "rissa" e "furto aggravato".
Fin dai primissimi anni della sua vita 'contro' , voi chiamatela "criminale"
noi la rappresentiamo come 'antagonismo radicale' senza ideologie
'conformemente' al vuoto ideologico circostante (...del resto non sono pochi i
soggetti passati dalla politica al crimine...'difficile' sia avvenuto il
contrario...), il Lupo si dimostrerà un osso duro per le forze di pubblica
sicurezza costringendo i 'birri' ad uno snervante inseguimento e 'concedendo'
una tutt'altro che facile resa (4)
Il resto...viene da se...: "Esercita in realtà un mestiere, quello di
falegname, ma è isolato e preferisce la strada del crimine. Intraprende con una
donna di Foligno una relazione che però fallisce a causa della sua violenza e
incapacità di cambiare vita. Lasciata la madre a Montefalco, il Lupo - così
chiamato per il carattere scostante e asociale - si specializza in furti di
opere d'arte: nel 1990 è sospettato di averne trafugate in Umbria, Toscana e
Lazio. Non disprezza però le rapine alle poste e non rinuncia a maneggiare armi
da fuoco. Per sfuggire all'arresto ripara spesso e a lungo in luoghi selvatici,
vivendo di quel che trova: ciò gli merita, oltre a quello di Lupo,
l'appellativo di Cinghiale." (5)
Intelligente, furbo, scaltro il Liboni sarà autenticamente un lupo. Un lupo
eternamente in fuga. Braccato dalle autorità e in eterna lotta con se stesso e
la società circostante. L'immagine forse eccessivamente 'romantica' della quale
vogliamo tessere il ricordo 'merita'...al di là e oltre le 'ciance' sistemiche
dei giornalisti di regime che, nella "settimana di fuoco" del luglio 2004,
scribacchiarono ogni sorta di infamia e di immorale bassezza contro un "uomo
solo".
Il mondo contro ma Liboni non si è arreso! 'Questo' è stilema combattente!
La svolta nella vita del Lupo avverrà una mattina di febbraio del 2002: il 19
alla guida di una Polo bianca si troverà a transitare dinanzi all'auto del
benzinaio tudertino Fausto Gentili (...cognome peraltro affatto 'ariano'...) il
quale , riconoscendo la vettura rubata ad una conoscente si sentirà in 'dovere'
- 'dovere' spionistico - di avvertire la polizia che incomincerà l'ennesima
caccia all'uomo. Il Lupo è armato e, vedendosi raggiunto dal Gentili, gli
esploderà un colpo contro ferendolo al capo.
Ora Liboni è ricercato per "tentato omicidio". Inizia di lì a poco una
latitanza senza sosta, costellata di reazioni armate ad ogni pedinamento e a
tutti i tentativi di 'fermo' sbirrico-sistemici: non vuole tornare in carcere e
per mantenersi rapina banche e poste. Nel marzo dello stesso anno, dopo aver
forzato un posto di blocco della Guardia di Finanza a Civitavecchia farà fuoco
contro gli agenti, l'indomani sequestrerà un automobilista per farsi condurre
fino a Roma dove sparirà dalla circolazione senza lasciar tracce... Un Lupo
astuto e imprendibile, vera e propria 'bestia nera' delle forze di sicurezza di
un'intero Stato ...'apparati sistemici' sull'orlo di una crisi di nervi.
Deciso a non farsi catturare Liboni espatria: le autorità ceche lo
individueranno e arresteranno a Praga nel dicembre 2003. Ha con sè documenti
falsi. Finisce dentro per quattro mesi ma uscirà prima che l'Interpol avverta
la polizia italiana e torna a 'seminare' i suoi inseguitori...La svolta,
drammatica e decisiva, avverrà nel luglio 2004 quando , presentando false
credenziali ed il nome di Franco Franchini, si presenterà con una frattura del
setto nasale ed una vistosa ferita ad una mano all'Ospedale di San Piero in
Bagno. Viene medicato e dopo una notte di degenza si fa dimettere per recarsi
verso Sant'Agata Feltria nelle sue zone d'origine. Quì si fermerà per una
telefonata alla donna che cerca disperatamente di raggiungere nel lontano Sri
Lanka (6). Ed è nel bar dove telefonerà che la sua vicenda personale intreccia
- il 'caso' o semplicemente il destino - quella dell'appuntato Alessandro
Giorgioni che avrà la 'malaugurata' idea di domandare al Lupo i documenti.
Liboni lo attira fuori dal bar e lo uccide sparandogli al collo e al cuore,
salta in moto alla sua Yamaha e fugge in direzione di Terni e lasciando qua e
là alcune tracce tra le quali un 'passaggio' presso Canili di Verghereto.
La morte di Giorgioni enfatizzata immediatamente dai media darà libero sfogo
alle 'pulsioni' forcaiole di un'Italia che già pensa alle ferie estive ed alla
vanagloria dei dirigenti delle diverse questure e caserme dei carabinieri: è
caccia all'uomo! Disperata, serrata, inaudita: trentamila agenti , in divisa ed
in borghese, allertati in tutto il paese prevalentemente nell'Italia centrale ,
nella zona compresa tra Umbria, Lazio e Abruzzo dove si sospetta che il
fuggiasco si sia diretto. Viene segnalato nella capitale dove alla stazione
Termini, deciso come mai, aprirà nuovamente il fuoco contro alcuni agenti di
polizia e dove verrà ritrovata la sua Yamaha.
Dopo lo scontro a fuoco che susciterà reazioni contrastanti (appariranno in
quell'occasione le prime scritte 'esultanti' sui muri della capitale "Un
mercoledì da Liboni" e "Liboni ammazzali tutti!") e con il prefetto Achille
Serra che lo definirà "particolarmente pericoloso" perchè "disperato" il Lupo
scompare dopo un nuovo sequestro.
Serra sottolinea che Liboni ha saputo di essere malato di AIDS e "prossimo
alla morte" e questo - proprio come un lupo ferito e sanguinante 'braccato' dai
suoi cacciatori - fa di lui un elemento potenzialmente ingestibile...un lupo da
abbattere insomma!
Per una settimana si perdono le tracce del fuggiasco: vivrà tra vagabondi e
senzatetto fino a quando, la mattina del 31 luglio 2004, viene riconosciuto da
alcuni vigili urbani che lo segnalano ai carabinieri. Al Circo Massimo, oramai
senza scampo nè altre vie di fuga, il Lupo prende in ostaggio una turista
francese e apre nuovamente il fuoco contro i militi dell'Arma. I carabinieri
risponderanno ferendolo al capo gravemente e ammanettandolo. Ma Liboni non ne
vuol proprio sapere nè di arrendersi nè di tornare in gabbia: un lupo non si
ingabbia! Un lupo si ammazza!
Tenta disperatamente di recuperare la pistola, mena calci contro i barellieri
durante il trasporto in ambulanza all'ospedale San Giovanni. Quando vi giunge è
già morto. Verrà sepolto nel cimitero di Montefalco, vicino al padre e al
fratello, dopo una funzione religiosa privata. Sarà durante le esequie che la
sorella Giovanna sbotterà inveendo contro i giornalisti accorsi, sciacalli e
iene, a speculare - come 'sempre' - sulla fine del Lupo (7)
Lupo nella vita. Lupo nella morte.
Dei "dieci giorni di ordinaria follia" che fecero impazzire l'intero apparato
sbirrico-repressivo italiota i media si sono dimenticati troppo in fretta, così
come - troppo presto - è caduta nell'oblio anche la figura di questo disperato
"ribelle" che 'trasudava' rabbia e determinazione da tutti i pori, senza mai
darsi per vinto, resistendo ogni oltre limite, oltre l'umana condizione.
Liboni, il Lupo. Un mito che non muore!
Onore a Luciano Liboni. Uomo Vero! Perchè parafrasando , come sempre, il film
western del grande Sergio Leone , "Il Buono, il Brutto e il Cattivo": il mondo
si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava....Liboni
sparava!
DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI
DIRETTORE RESPONSABILE AGENZIA DI STAMPA "ISLAM ITALIA"
Note -
1 - Oswald Spengler - "Il Tramonto dell'Occidente" - ediz. "Longanesi" -
Milano 2008; Dello Spengler si consiglia anche la lettura dell'ottimo
"L'uomo e la tecnica. Ascesa e declino della civiltà delle macchine"
2 - Stefano Zecchi - introduzione a "Il Tramonto dell'Occidente" - ibidem;
3 - Stefano Zecchi introduzione a Maurizio Guerri/Markus Olphalders - "Oswald
Spengler - Tramonto e metamorfosi dell'Occidente" - ediz. "Mimesis" - Sesto San
Giovanni (Mi) 2004;
4 - articolo "La follia del bandito solitario. Ma ormai è alla fine della
corsa". dal quotidiano "La Repubblica" del 25-07-2004;
5 - Luciano Liboni - biografia dal sito Wikipedia
6 - articolo "La telefonata, i pranzi in trattoria. I suoi giorni a Roma da
fuggiasco" dal quotidiano " Il Corriere della Sera" del 01-08-2004;
7 - articolo "Liboni, i funerali a Montefalco. La sorella: "Giornalisti,
vergogna" " dal quotidiano "La Repubblica" del 06-08-2004;