<<<
Siamo tutti casalesi
di Roberto Saviano
Le stragi e i racket. I silenzi della società civile. Le connivenze di chi dovrebbe rappresentare lo Stato. E a Castel Volturno a dire basta, sono stati solo gli immigrati clandestini Questo giornale due settimane fa ha dedicato la sua copertina alle dichiarazioni di un pentito secondo il quale l'attuale sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino sarebbe stato organicamente coinvolto nel business dei rifiuti gestiti dalla camorra casalese. E cosa succede? Il clima cittadino sembra non turbarsi. Caserta città assorbe ogni cosa. Pigra, orgogliosa nel sentirsi periferia di Roma, lontana da Napoli. Le pagine degli scrittori Antonio Pascale e Francesco Piccolo su questa sorta di laboratorio delle peggiori contraddizioni e corruzioni sono esaustive più d'ogni inchiesta. In genere, quando si svelano i meccanismi della corruzione, la prateria prende fuoco da questa scintilla. Ma qui, oltre i titoli sui soliti giornali locali e alle relative pagine di rito, non ne è scaturita nessuna discussione, nessun dibattito, nessun allarme.
La reazione da queste parti è invece stata 'e allora?' oppure 'ma che ti stupisci: non sai che le cose funzionano così?'. Persino il ceto dei professionisti, degli intellettuali, degli imprenditori, in breve quella borghesia che in Campania si è sempre vista come la parte nobile, appare incapace di protestare. Possibile che persino loro abbiano barattato il loro voto e il loro silenzio per una manciata di soldi come la plebe famelica e feroce dalla quale da sempre si sentono tanto diversi ed estranei?
No, evidentemente non è così. E allora perché non esigono, una volta per tutte, di essere rappresentati da persone limpide e capaci, perché non chiedono di poter partecipare al mercato e allo sviluppo della loro terra in condizioni non irrimediabilmente compromesse dall'interferenza criminale che non produce altro che marcescenza e stallo?
A Caserta come a Napoli, ci si sarebbe aspettati un vento di tempesta che gonfiasse onde di sdegno. Invece nulla: una grande bonaccia delle Antille, micidiale perché stringe tutto in un'immobilità letale, rassegnata, asfissiante. Anime morte prima ancora che corpi. Avvocati, professori, ingegneri, medici, architetti, industriali, che hanno convissuto con la marea di rifiuti per mesi, rinunciando ai loro diritti minimi di cittadini dell'Europa, non provano un senso di nausea alle notizie sul ruolo di un uomo di governo nella desertificazione tossica di un territorio. La classe politica che loro hanno espresso invece volta lo sguardo altrove e tira a campare, delegando la gestione della regione a una pattuglia di personaggi sempre più invischiati nelle indagini della magistratura per ogni genere di reato, inclusi i patti con i camorristi d'ogni clan. Nessuno reagisce a nulla, nemmeno davanti agli imprenditori uccisi a catena, ai negozianti ogni settimana abbattuti per avere peccato contro la legge dei casalesi. Nessuno chiede un riscatto a Caserta, a Napoli e nemmeno a Roma.
Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell'erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina
Figura senza forma, ombra senza colore,
Forza paralizzata, gesto privo di moto;
Coloro che han traghettato
Con occhi diritti, all'altro regno della morte
Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime
Perdute e violente, ma solo
Come gli uomini vuoti. Gli uomini impagliati.
Una volta, quando mi sono domandato che cosa ho sottovalutato quando scrivevo il mio libro, ho ricordato questi versi di T. S. Eliot. Perché alla fine mi sono dato la risposta che non sono stati i clan, non è stato il loro potere e la loro ferocia. Non è stato nemmeno sapere fino a che punto riescono ad estendere il loro raggio d'azione, condizionare impresa e politica, gesti quotidiani, menti e cuori. Eppure quel che ho sottovalutato è stata proprio la zona grigia. Sarà perché è grigia già a partire dal suo nome, perché è sfuggente, opaca, nebulosa, perché è fatta di infinite tonalità di grigio. Perché la massa di tutto quel grigio sfuma di fronte al rosso del sangue, perché la violenza e la ferocia nascondono quel grigio, e forse sanno istintivamente quel che nascondono, sanno che senza tutto quel grigio non avrebbero sussistenza.
(25 settembre 2008)