La penisola Italiana penso sia stata la piu colpita dal ceppo nordico indoeuropeo, il centro nord dell'Italia è la zona ove persistono maggiormente queste caratteristiche fisiche-antropologiche.
Di italiano in siffatta penisola è rimasto ben poco, se non solo nella lingua (di origine sempre indoeuropea), ma gran parte della popolazione porta con evidenza questi tratti, ove si scorgono chiaramente i caratteri fisici di quei Germani del Nord.
Le genti che popolano queste terre, sono le piu, verosimilmente comparabili, con le genti che formano i popoli del Nord.
La primi ondata della razza nordica-indoeuropea nella penisola italiana, avvenne con il processo di migrazione-colonizzazione dei popoli indoeuropei, provenienti dalla Russia, dalla Siberia, dal Kazakistan, dal Uzbekistan, dal Kirghizistan, dal Turkmenistan e sal Tagikistan.
Una volta entrati in Italia si fusero e si cristallizzarono con le popolazioni autoctone (pre indoeuropee), che già abitavano queste terre, creando le primissime comunità di popolazioni degli Osco-Umbri e dei Latino-Falisci ((ai quali si associano anche gli antichi Veneti).
Altre comunità che si formarono in seguito furono quelle degli Siculi, dei Ausoni-Aurunci, degli Opici, degli Enotri, degli Itali, dei Sabini, dei Piceni, dei Sanniti (Carricini, Pentri, Caudini e Irpini), dei Lucani (tra i quali gli Ursentini), i Bruzi, i Sabelli adriatici (Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani, Pretuzi, Vestini), i Sabelli tirrenici (Ernici, Equi, Volsci), gli illirici Iapigi o Apuli (suddivisi in Messapi, Peucezi e Dauni), i Galli Cisalpini (Boi, Cenomani, Senoni, Orobi, Leponti, Carni, ecc.), i coloni Greci della Magna Grecia (Italioti)), Sicelioti.
Hans F.K. Gunther scrisse che la prima costituzione romana, come già quella spartana, ci da un'immagine esatta della stratificazione razziale: i 300 patrizi, che da soli costituivano lo stato romano, corrispondevano alle 300 stirpi latine, che erano quelle dei conquistatori nordici: i plebei, mancanti di ogni diritto politico, erano le popolazioni autoctone, di razza prevalentemente occidentale anche se già misti di estide, dinarico e levantino. Patrizi e plebei, inizialmente, non costituivano una contrapposizione di classi sociali, ma una separazione razziale: i plebei erano i discendenti di genti liguri e iberiche, prevalentemente di razza occidentale. Rimangono delle indicazioni secondo le quali i plebei erano retti da istituzioni matriarcali; mentre i patrizi di razza nordica avevano usi patriarcali, sui quali si insiste in modo particolare nelle loro leggi.
L'educazione alle virtù civiche e le abitudini semplici e guerriere che erano proprie degli antichi romani ricordano sotto molti aspetti le costumanze nordiche pure documentate per l'Islanda nei secoli X e XI; e perfino nelle espressioni verbali della lingua latina si è trovato molto in comune con quelle usate nelle saghe islandesi.
La seconda ondata della razza nordica (già kurganizzata) in Italia, fu durante le invasioni-migrazioni celtiche nella Cisalpina, verso il primo secolo A.C.
La terza ed ultima ondata della razza nordica in Italia, fu quella del Medioevo, ove si posso trovare tracce in molti scritti e opere pie.
Scriveva Stendhal, introducendo il saggio Historie de la peinture en Italie descrive, nel sangue, le origini della nostra civiltà pittorica : "Voi sapete che, verso l’anno 400 della nostra era, gli abitanti della Germania e della Russia, vale a dire gli uomini più liberi, più intrepidi, più crudeli che la storia ricordi, ebbero l’idea di venire ad abitare la Francia e l’Italia./ Ecco un aspetto del loro carattere./ Aroldo, re di Danimarca, avendo fondato sulle coste della Pomerania una città di nome Julin o Jomsburg, vi aveva inviato una colonia di giovani danesi guidata da uno dei suoi guerrieri, Palna-Toke./ Questo governatore, dice la storia, proibì in modo categorico che si pronunciasse la parola paura, anche nei pericoli più imminenti. Un cittadino di Jomsburg non poteva mai cedere al numero, per soverchiante che fosse : doveva battersi fino all’ultimo respiro, senza indietreggiare di un passo. Nemmeno la prospettiva di una morte certa era una scusa.
Moeller Van den Bruck ebbe a scrivere Contro Burckhardt, che vedeva l’arte italiana culminare nel momento del Rinascimento, egli pone l’apogeo della "classicità" italiana nell’ Italo-Germanentum, fra il tredicesimo e il quindicesimo secolo. La bellezza italiana, scrive, è nata nella Toscana etrusca, donde ha da poco invaso la Roma dei papi, la Ravenna soggetta ai Goti di Bisanzio, la Lombardia germanica e la Sicilia moresca. E’ il risultato del matrimonio fra "uno spirito toscano originario" rinascente ed influenze germaniche ancora influenze germaniche ancora fiorenti ; la si può definire come il frutto di un equilibrio fra il plasma germanico ed il carma toscano, il frutto di un equilibrio fra una vita creativa traboccante di uomori e principi d’ordine non ancora diventati convenzionali e "civilizzati.
Particolare carattere di stravaganza (Sic !) hanno le tesi contenute nelle due opere di Woltmann I Germani in Italia e I Germani in Francia. L’idea centrale è la solita : per tutti i popoli "il loro valore di civiltà dipende dalla quantità di razza bionda che essi contengono".Vien ricordata la razza dei biondi Eraclidi, venuti a Sparta dal Nord. Vien ricordata la testimonianza del Tacito, circa la decadenza romana iniziatasi con la penuria di uomini biondi . Ma soprattutto si fa un’analisi volta a mostrare che la Rinascenza è un fatto di razza, è assai meno il risultato di una riscoperta dell’antichità classica che non della trasfusione di sangue germanico in una sostanza altrimenti infeconda ; sì che tutte le famiglie nobili di tutte le maggiori città città italiane e francesi, tutti i nomi degli esponenti più rappresentativi della civiltà italiana e francese sarebbero di origine germanica, allo stesso modo che questi ultimi nelle loro caratteristiche somatiche sempre tradirebbero qualcuno dei caratteri antropologici del dolicocefalo biondo.
In tema di germanizzazione, si possono citare alcuni scritti antichi, che potrebbero essere da esempio, per confermare tale processo di stanziamento, degli antichi tedeschi:
Lo storco umbro Bianconi riferisce in una sua pubblicazione, che nel 990 l'imperatore Ottone lll, dovendo remunerare alcuni baroni "Teutonici", concede loro le terre di Deruta con il titolo di nobiles de Deruta.
In un documento del 1070 si legge una vibrata protesta dei monaci di S. Flora (città di Castello), contro le prepotenze e le usurpazioni dei Longobardi Barbolani; dal che si desume che ancora nell'anno 1070, trecento anni dopo la loro sconfitta, le masnade di arimanni Longobarde davano ancora fastidio ai prelati.
Un documento del 1184 parla di Goti a Treviso; Boccaccio che ai suoi tempi fu un autentico giornalista, ci descrive la Treviso del '300, nella prima novella della giornata seconda, ove la piazza è piena di tedeschi e d'altra gente armata, la quale il signore di questa terra, acciò che rumor non si faccia, vi fa stare...I tedeschi da lui notati sulla piazza di Treviso erano venuti per le esaquie di un certo Arrigo, loro connazionale, e provenivano quasi certamente dalle zone collinari a nord della città come Asolo e Vittorio Veneto, dove a quei tempi le minoranze longobarde parlavano ancora il loro dialetto tedesco.
In una cronaca da Brescia si legge che per una testimonianza legale dell'anno 769 un Goto, di nome "Stavila", cittadino Bresciano, redasse un atto secondo il diritto dei Goti; ed un'altra nel 1045, pure a Brescia, nella quale un certo "Obezo de Vico Godi", dichiarava di vivere secondo le leggi del diritto gotico.
Questo sta a dimostrare che di Goti ne erano rimasti anche a Brescia molto tempo dopo la loro "eliminazione".
Documenti del genere se ne trovano a quintali..!!!
IL MUTAMENTO DEI CARATTERI PSICO SOMATICI DEGLI ITALIANI (Gualtiero Ciola)
Lo storico inglese Edward Gibbon scriveva nel 1774 nella sua <Storia della decadenza e caduta dell'Impero Romano>, parlando della popolazione romana del basso impero: <...la statura delle persone era sempre piu piccola e il mondo romano era in effetti abitato da una moltitudine di nani, quando irruppero i giganti del Nord e migliorarono la stirpe...>
O. Seck nella sua <Storia della fine del mondo antico> ritiene, non senza ragione, che il popolo romano nella decadenza, aveva nei tratti facciali e nella statura un tipo somatico spiccamente semitico.
Dopo tali premesse, non c'è nessuno che possa negare il cambiamento avvenuto nella popolazione Italica all'epoca delle migrazioni-(invasioni, aggiungo io) germaniche, nella statura, che anche attualmente è, almeno nell'Italia Settentrionale, pari a quella della Germania Meridionale, e nei tratti facciali, ove il colore azzurro, grigio, verde e nocciola degli occhi è maggioritario rispetto al nero.
Anche i capelli biondi sono relativamente frequenti, visto che anche nella Germania e nella stessa Scandinavia non sono piu maggioranza.
Le ultime statistiche danno per il 37% dei giovani Italiani una statura media di livello nord-europeo: grazie alle migliorate condizioni dietetico-alimentari, i valori ereditari si sono nuovamente evidenziati, rivelando, con questa percentuale, quella che deve avere costituito l'apporto di sangue nordico dell'intera penisola.
Il primo scrittore che intravide la connessione strettamente antropologica tra i Germani ed i grandi geni della rinascenza
fu H.S. Chamberlain, che nell suo <Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts> (1899), affermò, un pò troppo semplicisticamente, che i protagonisti della rinascenza culturale d'Italia avevano il tipo psico-somatico proprio della stirpe germanica e che essi erano i discendenti dei Goti e dei Longobardi immigrati.
Ancor piu chiaramente lo Schnaase, nella sua <Geschichte der bildender Kunst>, ha affermato la portata dell'influsso della psiche Germanica nella storia della cultura italiana; L. Wilfer nel 1895 ne ha ravvisato la fondamentale dimostrazione nella differenza prosottasi tra le popolazioni dell'Italia Settentrionale fittamente colonizzata da Longobardi e da altri Germani, e quelle delle province meridionali.