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morfeo
La Pedemontana Lombarda? No. La strada Varesina bis? Nemmeno. E il rigassificatore di Trieste? Ancora una volta no. Per non dire di quello di Cassola. Per gli italiani la strada o la centrale vanno bene, purché siano lontane dal proprio giardino. Altrimenti si leva sempre più alta la protesta. Tant'è che nel 2012 i casi Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile) in Italia sono cresciuti del 7% rispetto al 2011, arrivando al numero record di 354. A rilevarlo l'Osservatorio Nimby forum promosso dall'associazione no profit Aris con la collaborazione di Cittalia-Fondazione Anci ricerche. Il risvolto economico non va sottovalutato perché qualche decina di miliardi di euro di investimenti rimane bloccata e molte multinazionali se ne vanno dall'Italia per andare ad investire in paesi che sono in grado di dare garanzie che il nostro ormai non dà più.
«Ci scontriamo con i troppi no delle associazioni, dei cittadini, della politica, degli enti pubblici», spiega Alessandro Beulcke, presidente di Aris. Il 2012 è l'anno del boom di new entry: sul totale degli impianti contestati, 151 sono i casi emersi per la prima volta nel 2012, mentre gli altri 203 sono presenti nel database Nimby dal 2004. «L'incremento record di contestazioni nel 2012 racconta il paradosso di un'Italia divisa tra la necessità di investire per uscire dalla crisi e la paralisi della burocrazia, tra una progettualità che resiste e l'azione strumentale della politica, tra il coraggio di immaginare nuovi percorsi di sviluppo e l'assenza di meccanismi di autentico coinvolgimento dei territori», continua Beulcke.
Andando ad analizzare il dettaglio, si scopre che, fatta eccezione per la Tav e alcune grandi opere in Lombardia e Veneto, al centro della maggior parte delle contestazioni non ci sono le infrastrutture ma le centrali per la produzione di energia elettrica. Con 222 opere contestate (62,7% del totale), il comparto elettrico è in testa alla classifica dei settori maggiormente colpiti dalla sindrome Nimby. Il fronte di opposizione più caldo ha investito gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, a cui sono riconducibili 176 contestazioni sulle 354 totali. In particolare, su 10 impianti di produzione di energia elettrica oggetto di opposizioni, ben 9 sono basati su fonti rinnovabili. Tra le opere più controverse ci sono le centrali a biomasse (con 108 impianti), le centrali idroelettriche (32) e i parchi eolici (32). Proprio alle rinnovabili sarà dedicata grande attenzione al Festival dell'Energia, tra le più importanti manifestazioni italiane sul tema, in programma per venerdi 24 e sabato 25 maggio alla Luiss.
«In Italia si parla tanto di green ma poi c'è un analfabetismo ambientale dilagante. Non si entra mai nel merito delle cose e spesso si assiste al dilagare sul web di informazioni scorrette, magari immesse da un blogger. Viviamo nell'era del l'infosfera con le informazioni che circolano liberamente in rete, ma bisogna interrogarsi sulla loro reale qualità», interpreta Beulcke. Soprattutto perché è proprio il web (internet e i social media) il canale di diffusione delle notizie e il mezzo per veicolare idee e opinioni per creare una rete di contatti che travalica i confini geografici e amplifica l'eco della protesta. Questo fenomento, però, fa sì che «la disinformazione spesso superi il parere di istituzioni autorevoli», continua Beulcke.
Tra le ragioni della contestazione prevalgono le preoccupazioni per l'impatto ambientale dei progetti: con un'incidenza del 37,3%, questa voce registra una crescita decisa rispetto al 2011 (29,1%), probabilmente anche a causa dell'"effetto Ilva", che ha certamente acuito la sensibilità di tutti gli stakeholder territoriali rispetto al tema dell'ambiente. Ma chi sono i soggetti contestatori? Emergono i comitati che da quest'anno superano i soggetti politici locali e sono in prima fila sul fronte della protesta. La classifica vede così al primo posto i Comitati (24,2%), seguiti dai soggetti politici locali (20,7%) e dai Comuni (18,3%). Un dato che fotografa un preoccupante testa-a-testa tra associazionismo e politica. Proprio per questo, secondo Beulcke, è urgente «la riforma del titolo quinto della costituzione e l'introduzione del débat publique come in Francia dove quando si prende una decisione, prima la si condivide tra soggetti politici e cittadini, in modo tale che poi non possa essere oggetto di contestazione».
L'industrializzazione e l'urbanizzazione sono invece senza dubbio all'origine della distribuzione geografica della protesta. Nella classifica regionale al primo posto c'è la Lombardia con 54 impianti contestati, seguita dal Veneto con 52, dalla Toscana con 37. Considerando le macroaree, si contesta maggiormente nelle regioni del Nord Est, che esprimono nel 2012 48 nuovi casi Nimby. Seguono le regioni del Centro, con 36 nuove contestazioni, e quelle del Nord Ovest, che ospitano il 19,8% delle opposizioni, in calo di quasi il 10% sul 2011.
Centrali elettriche? Meglio di no - Il Sole 24 ORE
poi ci si lamenta che le imprese non non investono, non ci son posti lavoro e tutto il resto dell'arsenale lagnoso progressista. Questo paese merita la deindustrializzazione.