Il misterioso antenato dai capelli rossi
Il nostro progenitore dagli occhi e azzurri e i capelli rossi è forse figlio di una donna Neanderthal e un uomo Sapiens
C'è la storia di un nostro antenato la cui fine continua a rimanere un mistero. È quella dell'Uomo di Neanderthal (Homo neanderthaliensis) che visse in Eurasia, e nel vicino Oriente, tra i 200 mila e 40 mila anni fa. Nelle ultime decine di migliaia di anni della sua esistenza (tra i 40 e i 30 mila anni fa), nei territori in cui risiedeva, incontrò l'Homo sapiens, nostro diretto progenitore, il quale usciva dall'Africa cominciando la sua conquista del pianeta. Da qui sembra aver inizio l'enigmatica decadenza di Neanderthal e infine la sua scomparsa. Una delle prime spiegazioni fornite dal paleoantropologi era che il sapiens, più intelligente, avesse avuto il sopravvento sul rivale. Tra le ultime ipotesi sulla causa c'è pure un clima ambientale poco favorevole alla sopravvivenza del Neanderthal. In passato però si diceva che tra le due specie non poteva esserci stato un contatto, un rapporto; ma dopo molte discussioni intorno ai reperti fossili la genetica ha dimostrato il contrario. Ciò, tuttavia, non ha posto fine alle diatribe e quindi alla caccia delle prove che attestino il fatidico incontro continua. Ed è qui che entra in scena l'«uomo dai capelli rossi». L’uomo dai capelli rossi abitava in un riparo roccioso di Mezzena, sui Monti Lessini, non lontano da Verona. Era alto un metro e 65 centimetri, i suoi occhi erano azzurri e la pelle chiara. Lui (ma forse è una lei) e i suoi compagni vissero nella zona per quei fatidici diecimila anni, in cui il Neanderthal incontrò il sapiens, ma con alcuni intervalli perché erano nomadi. Il luogo è tuttora carico di suggestione e camminando tra una vegetazione quasi selvaggia e anfratti rocciosi sembra di compiere un viaggio indietro nel tempo, nel remoto passato delle origini. Come sia finita la vita del rosso antenato non si sa. Gli studiosi trovarono i suoi resti sepolti due metri sottoterra e, analizzando la mandibola, scoprirono che doveva aver sofferto di parodontosi. Questa patologia, legata ad un uso intenso e usurante dei denti, cronicizzando, aveva dato origine a una forma di tumore osseo benigno che però non fu la causa della morte avvenuta quando aveva circa trent'anni. «Studiando la mandibola ed effettuando comparazioni geometriche al computer con quelle del sapiens — racconta Laura Longo, coordinatrice del progetto di ricerca sui "fossili umani veronesi", conservatore, fino al 2010, della sezione di Preistoria del Museo di storia naturale di Verona e ora ai Musei civici di Firenze — ci siamo resi conto che il mento non è più sfuggente come nei neandertaliani classici, ma rivela un accenno di protuberanza tipica degli uomini moderni. Ciò dimostra che l'uomo dai capelli rossi era il frutto di un meticciamento, vale a dire di un'unione tra Neanderthal e sapiens».
La prova è stata pubblicata sulla rivista scientifica americana Plos One ed è il frutto di un'ampia indagine, su fronti diversi, che ha mobilitato un nutrito gruppo di scienziati. Assieme a Laura Longo, ci sono gli antropologi Silvana Condemi direttore di ricerca al Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) dell'Università di Marsiglia e responsabile dello studio di morfometria geometrica; Aurélien Mounier dell'Università di Cambridge e l'archeologo Paolo Giunti dell'Istituto italiano di preistoria e protostoria. Bisogna però ricordare che l'uomo dai capelli rossi entra sulla scena della nostra storia per la seconda volta. Nel 2007 la rivista statunitense Science pubblicò, infatti, i risultati di una ricerca sul paleo-Dna condotta da studiosi tedeschi, italiani e spagnoli.
David Caramelli, antropologo molecolare dell'Università di Firenze era il coordinatore del gruppo italiano. L’indagine riguardava i reperti di due ominidi: quello di Mezzena, appunto, e l'altro della Cava de El Sidron, nelle Asturie, nella Penisola Iberica. Proprio scrutando nel loro Dna, prelevato dalle ossa, si stabilirono i colori dei capelli e della pelle, fornendo interessanti informazioni sulla variabilità genetica dei Neanderthal. In realtà la storia di questo antico progenitore veronese inizia ancora prima: nel 1957, quando le sue ossa fossili vennero scoperte, e poi conservate, al Museo di storia naturale affacciato sull'Adige che attraversa la città scaligera. E lì il nostro progenitore è rimasto per decenni sino a quando Longo e i suoi collaboratori non ripresero in mano i reperti, nel 2006, per approfondirne la conoscenza.
Così l'uomo cominciò a rivelare la sua vera identità diventando il protagonista di una specie affascinante e ancora avvolta da enigmi difficili da sciogliere. «In un territorio come i Monti Lessini, gli incontri tra i Neanderthal e i sapiens devono essere avvenuti più volte e in più generazioni — racconta Laura Longo —. Lo dimostrerebbe la significativa mutazione che ha portato alla crescita di un mento incipiente. Inoltre, le analisi sul Dna mitocondriale, che si eredita solo per via materna, e quella delle caratteristiche fisiche dei resti, hanno permesso di stabilire che gli incroci sono sempre nati da coppie formate da femmine Neanderthal e maschi sapiens. E così risulta dimostrata la loro convivenza nella stessa zona veronese». Ma, forse le relazioni fra i diversi gruppi, che incrociavano le loro strade, non erano così serene. Forse il meticciamento nasceva dalla violenza, da scontri, stupri e rapimenti. È d’altronde difficile immaginare uno scenario primitivo (in cui le difficoltà climatiche e ambientali riducevano le risorse disponibili) che non influisse sull'incontro tra due popolazioni con tecnologie e culture differenti. La lotta per la sopravvivenza deve essersi fatta esasperata ed è terminata con la vittoria del gruppo capace di reagire meglio a condizioni di vita estreme. Con tanti quesiti ancora aperti, scrutando nelle pieghe del nostro Dna, i genetisti hanno trovato nell'uomo contemporaneo una piccola ma significativa quota di materiale genetico (dall'1 al 4 per cento) che può risalire all'illustre, quanto sfortunato, abitante europeo, a buon diritto da considerare tra i nostri antenati. Ma la sicurezza su perché, e come, sia infine scomparso non c’è.
Giovanni Caprara
26 maggio 2013 | 92
Il misterioso antenato dai capelli rossi - Corriere.it