Da un punto di vista scientifico-genetico ci sono profonde differenze tra i popoli padani e quelli terronici.
Il genetista Alberto Piazza documenta che l’Italia è estremamente eterogenea dal punto di vista etnico (“E’ emersa una mappa genetica dell'Italia che non lascia dubbi: le popolazioni del Sud, Calabria, Basilicata, parte della Puglia e della Sicilia, portano ancora "scritte" nei loro cromosomi le impronte della Magna Grecia, quelle del Nord, e soprattutto in Liguria, discendono dagli antichi Celti Liguri, in Toscana e dintorni hanno lasciato segni genetici indelebili gli Etruschi, la Sardegna infine e' una vera e propria "isola".”
“Geneticamente una razza italiana non esiste.”
“Se si analizza il "corredo" genetico di due individui qualunque della popolazione italiana, le differenze possono essere le stesse che tra un europeo e un africano.”[sic! E chissà quali sono gli italiani più simili agli africani…]
Luca Cavalli-Sforza afferma chiaramente e perentoriamente: “Dal punto di vista genetico l’Italia settentrionale si rivela simile ai paesi dell’Europa centrale, mentre le regioni centrali e meridionali sono più vicine alla Grecia e agli altri paesi del Mediterraneo.”
I paesi dell’Europa centrale sono i cosiddetti paesi “mitteleuropei”, a predominante componente germanica, e dai quali si sono diffusi anche i celti nel loro processo di espansione. E’ bene ricordare pure che recenti studi storici e archeologici, in particolare quelli di Venceslas Kruta, evidenziano l’esistenza nel nord Italia di una civiltà celtica “autoctona”, cioè anteriore all’arrivo dei Galli nel quinto secolo a.C. Tale civiltà risale almeno al X secolo a.C., con la cultura celtica di Golasecca(ma diversi studiosi considerano come protoceltica già la cultura di Canegrate, che risale al XIII sec. a.C.). Inoltre gruppi di celti provenienti dalla Gallia oltrepassarono le Alpi e si stanziarono progressivamente nel nord nei secoli successivi, sino alla massiccia immigrazione gallica verificatasi dopo il 500 a.C..
Pochi sanno che le più antiche attestazioni al mondo scritte in una lingua celtica, risalenti al VII secolo a.C. sono state rinvenute proprio in nord Italia. Si tratta di un nutrito gruppo di iscrizioni scritte in una lingua ribattezzata “lepontico”, rinvenute soprattuttio nella zona dei laghi lombardi.
Cavalli Sforza inoltre sottolinea “the genetic similarities observed among the areas of Northern Italy, France (particularly the center and east), Austria, southern Germany, and parts of Britain.” Cavalli Sforza quindi non solo ribadisce la somiglianza genetica del Nord Italia rispetto all’Europa del nord e centrale, ma precisa tale somiglianza indicando zone di singoli paesi specifici (Francia centro-orientale, Austria, Germania, Gran Bretagna).
Gian Luigi Bravo, docente di Antropologia presso l’Università di Torino, riconosce la rilevanza delle ricerche genetiche di Cavalli Sforza e di Piazza, e ne condivide le conclusioni, secondo cui l’Italia è un mosaico di gruppi etnici molto differenziati. Come studioso in particolare delle civiltà contadina, Bravo sottolinea poi le molteplici diversità che si riscontrano in questo ambito (l’uso del secchio di metallo al nord, di mastelli in legno o di brocche di terracotta al sud; il carro agricolo a quattro ruote al nord, a due ruote al sud; il bilanciere per il trasporto dei pesi, importato dai longobardi, al nord, il trasporto diretto dei recipienti su parti del corpo, e sul capo in particolare, al sud; l’uso della rocca per filare, di origine germanica, al nord, l’uso della conocchia al sud ecc.).
Riguardo agli studi genetici, Bravo non solo rileva come caratteristica delle ricerche di Cavalli Sforza l’evidenziazione dell’importanza dei celti, ma sottolinea pure che i romani non hanno praticamente lasciato alcuna eredità genetica: che smacco per i tanti illusi che, ancora oggi, si credono discendenti dagli antichi romani…:”Il quadro dei principali apporti genetici, Etruschi, Greci, Osco-Piceni, Sardi per la Sardegna (ai quali Cavalli Sforza aggiunge anche i Celti per il Nord, e gli Arabi per la Sicilia) reca però qualche ulteriore informazione non scontata: non vi figurano gruppi come i Latini e i Romani che, proprio per l’esiguità numerica iniziale, non vedono rispecchiato nella composizione genetica il loro ruolo storico.”
Il grande storico e archeologo Sabatino Moscati, riferendosi agli studi genetici, afferma chiaramente: “L’Italia si distingue in tre grandi aree, con diverse connotazioni genetiche: il nord, con l’eredità dei Celti in eminenza; il centro, con i caratteri degli Etruschi che si conservano ancora oggi; il sud, dove prevale l’apporto dei Greci.”
La rivista "Terra insubre" ha pubblicato alcuni mesi fa degli articoli che documentano i più recenti studi genetici riguardanti le popolazioni padane, i quali confermano l'origine celtica e germanica delle stesse. Quando avrò un pò più di tempo libero cercherò di riportare i passi più interessanti di tali articoli.
Non mi risulta affatto che le differenze di antropologia fisica sussistenti tra i popoli padani e quelli terronici stiano scomparendo. E' vero che, ad esempio, alcuni dati, come quelli relativi all'altezza, stanno cambiando negli ultimi decenni, ma all'incrementarsi, ad esempio, dell'altezza media delle popolazioni del sud, corrisponde un analogo incremento di quelle del nord, quindi le differenze relative permangono sostanzialmente uguali...
Cavalli Sforza sottolinea che gli studi genetici non solo evidenziano le grandi differenze genetiche tuttora sussistenti tra le popolazioni del nord e quelle del sud dell’Italia, ma confermano pure le grandi differenze antropologico-fisiche tra le stesse, che erano già state scientificamente rilevate in passato (differente colore della pelle, popolazione più alta al nord, più bassa al sud…): “Risulta molto evidente la divisione corrispondente alla ben nota differenza fisica (soprattutto di pigmentazione e dimensione corporea) tra gli italiani settentrionali e centrali e gli italiani meridionali (Livi, 1896-1905).”
Queste differenze genetiche e antropologiche (che si traducono poi in profonde differenze culturali e comportamentali…) sono sempre state rilevate dai vari viaggiatori che si sono trovati a transitare nel Sud.
Lady Mary Holland, conoscente di Cavour, disse dopo un viaggio nel Mezzogiorno: “Tutte le città di Napoli e Sicilia sono in uno stato di indecenza, quasi inferiore a quello delle antiche tribù dell’Africa.” Diomede Pantaleoni, già agente di Cavour a Parigi, scrisse che bisognava “viaggiare come caravane nel deserto per difendersi dagli arabi e dai beduini”.
Nel maggio 1860 il garibaldino Giuseppe Bandi definì “africanissima” la lingua parlata in sicilia, e descrisse un potente siciliano circondato da setto o otto suoi uomini “tutti a cavallo, con le papaline in testa, e con gli schippi attraverso la sella, come tanti beduini”. Quegli “arabi” gridavano: “Viva Cicilia!” e “Viva la Taglia!”. E i turisti inglesi affermavano che Napoli era l’unica città africana a non avere il quartiere europeo…
Luigi Carlo Farini da parte sua rilevava: “Altro che Italia! Questa è Affrica [sic]. I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono fior di virtù civile!” E esprimeva l’opinione, profetica, che il sud sarebbe diventato “la cancrena del rimanente Stato.”
D’Azeglio affermava che: “La fusione con i napoletani mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaioloso.” Si sbagliava per difetto: dopo centocinquanta anni dobbiamo constatare che il vaioloso era in realtà un appestato….
Persino uno scrittore unitarista come De Amicis, nel suo celeberrimo “Cuore”, non poteva che descrivere realisticamente le enormi differenze tra i ragazzi del nord e del sud. Il piccolo calabrese era tutto nero: aveva il viso molto bruno, i capelli neri, gli occhi neri e le sopracciglia folte e ravvicinate sulla fronte. Come se non bastasse, era pure vestito di scuro, con una cintura di marocchino nero. Invece Derossi era “sempre vestito di turchino, con dei bottoni dorati” e aveva “una gran corona di riccioli biondi”. E la piccola vedetta lombarda aveva “occhi grandi e celesti” e “capelli biondi e lunghi”.
Poco dopo la stramaletta unità Guido Borromeo, dopo un soggiorno di due anni nel sud, contrapponeva l’onestà e la disciplina del nord all’ingordigia, alla venalità e alla delinquenza del mezzogiorno. E notava che tali vizi crescevano “in ragione cubica” a mano a mano che si procedeva verso sud. D’Azeglio parlava di popolazioni ”senza morale, senza cognizioni e dotate solo di eccellenti istinti e di un misto di credulità e di astuzia”.
Quando e dove davvero non si era politically correct, ad esempio negli Stati Uniti di un secolo fa, c’erano molti dubbi se classificare i meridionali come negri o no. I padani erano classificati come “alpini” o “celti”, i meridionali come “iberici” o “mediterranei” imparentati con i berberi africani, e contrassegnati da caratteristiche negroidi rilevate non solo nell'aspetto fisico, ma anche e soprattutto nel carattere e nelle inclinazioni. L’antropologo George A. Dorsey visitò le regioni italiane a Sud di Roma, convincendosi non solo dell’inferiorità razziale dei meridionali, ma anche delle loro “ascendenze negroidi”. Ma pure L’Illustrazione Italiana inviava i propri giornalisti nel “profondo Sud”, in visita ai selvaggi. Uno di loro constatava che: “Per i campi ove interrogai parecchi contadini non trovavo che tipi spiccatissimi di derivazione africana”. A parte questo negli Stati Uniti vi erano paghe diverse per i diversi tipi di lavoratori: una paga per i bianchi, una paga per i negri, inferiore a quella per i bianchi, e una paga per i meridionali, inferiore a quella per i negri. E anche oggi i padani hanno dovuto constatare che i negri immigrati lavorano più e meglio dei meridionali. Ne conosco tanti che sottolineano che i negri non hanno mai succhiato parassitariamente le risorse della Padania, e non hanno mai importato in Padania mafia, camorra, n’drangheta e sacra corona unita…
Alfredo Niceforo, antropologo siciliano, riconosceva che i meridionali erano un popolo femmina, istintuale, mentre i popoli maschi, razionali, erano altri: “Per esempio il settentrionale d’Italia, il tedesco, l’inglese”. “Un siciliano è dunque, antropologicamente, più vicino allo spagnolo, al greco, che non al piemontese; e viceversa il piemontese è più fratello di uno slavo o di un tedesco di quello che non sia di un siciliano.” E il deputato Vito De Bellis riconosceva onestamente, riguardo al sud: “Qui siamo in un paese di selvaggi e di abissini”.
Il conte di Saint Jurioz rilevava: “Qui (cioè nel regno di Napoli) siamo fra una popolazione, che, sebbene in Italia e nata italiana, sembra appartenere alle tribù primitive dell'Africa, ai Noueri, ai Dinkas, o ai Malesi di Pulo-Penango. Di ladri formicola questo bel paese; sono tanti, quanti sono gli abitanti, senza eccezione.”
Persino Filippo Turati descriveva scandalizzato Napoli, “con i suoi luridi “bassi”, con la gente accampata nella strada, coll’esposizione di tutti i cenci, coi bambini scrofolosi e con quelle orribili donne napoletane, brutte come l’orco, e che strillano come megere”. E le cose non sono migliorate….bensì peggiorate!
Anche il socialista Enrico Ferri rilevava che “Nel nord vi sono casi di delinquenza, e sono eccezioni; nel sud sono invece eccezioni le oasi di onestà”.
Indro Montanelli (che pure era un convinto nazionalista) affermava: "La distanza tra Milano e Agrigento non è astronomica, ma è pur sempre sproporzionata alla vastità del territorio misurata in chilometri quadrati. Tutto ciò che è iniziativa privata, cioè industria, agricoltura, commercio, ricchezza è monopolio del Nord; tutto ciò che è burocrazia e soprattutto polizia è monopolio del Sud. E questo crea il paradosso di una delle società più attive e intraprendenti qual è appunto quella dell’Italia settentrionale amministrata da uno stato meridionale, che sotto tanti punti di vista ricorda quello egiziano di Faruk".
Dopo aver postato dati scientifici e testimonianze autorevoli, mi permetto di riportare le mie esperienze soggettive. Nelle grande maggioranza dei casi, io riesco a individuare o riconoscere istantaneamente, "a vista" i terroni. Altrimenti basta che aprano la bocca e incomincino a "pallare"....
Nei casi residui li riconosco dal modo di muoversi o comportarsi, sia nella vita quotidiana (buffo modo di gesticolare, parlare a voce eccessivamente alta con il telefonino e non, assenza di discrezione e self-control, sessuomanismo-machismo-misoginismo-mammismo esilarantemente mescolati, tendenza infallibile verso il kitsch, cialtronismo, esibizionismo, "volume alto, macchina bassa, terrone che passa", ecc.) sia nei rapporti "lavorativi" (si fa per dire, naturalmente....).
In una frase hai detto tutto, TUTTO!
Il dato etnico-culturale si traduce naturalmente in dato civico-economico-sociale, e evidenzia la differenza abissale, di mentalità e di comportamento, cioè di civiltà, che sussiste tra le popolazioni padane e quelle terroniche.
Persino esponenti fascisti, cioè fanaticamente itaglianisti, non potevano negare certe evidenze. E' già stato ricordato come Italo Balbo assimilasse i calabresi ai libici. Ma lo stesso Mussolini, ad esempio, affermava che avrebbe voluto che l'esercito fosse composto solo da soldati della Sardegna(forse era stato favorevolmente impressionato dalle imprese della brigata Sassari nella prima guerra mondiale; sta di fatto che i sardi combatterono arditamente perchè erano stati loro promessi la distribuzione delle terre e maggiori margini di autonomia: non a caso dall'associazione degli ex-combattenti germinò poi il Partito Sardo d'Azione) e del nord Italia (non perchè i padani siano particolarmente bellicisti e arditi, ma perchè almeno sanno essere efficienti, ordinati e organizzati). Di fatto, poi, l'unico Corpo d'Armata in grado di ben figurare durante la guerra fu quello costituito dalle divisioni alpine, sebbene demenzialmente inviato a combattere nelle immense pianure russe.
A questo proposito, se si è minimamente lucidi e onesti, non si ha alcun problema a comprendere il per tanti incomprensibile squagliamento totale dell'intero esercito italiano l'8 settembre del 1943. L'esercito di una nazione inesistente come l'Italia (di sicuro il più grande bluff della storia dell'umanità....) non poteva che dissolversi in quella vergognosissima maniera. Mussolini, alla fine, in uno sprazzo di profonda verità, riconobbe: "Governare gli italiani non è difficile, è inutile". In effetti è perfettamente inutile cercare di governare ciò che non esiste, non è mai esistito, e non esisterà mai: la "nazione" itagliana....
I bretoni, che vivono in uno Stato centralistico, ma efficiente, in passato hanno condotto pure una lotta armata, e si sono risvegliati proprio in questi giorni....
I bavaresi vivono in uno Stato federale e efficientissimo...eppure desiderano una autonomia ancora maggiore, che sfiora l'indipendenza...
A parte questo dovrebbe essere fonte di profondissimo insegnamento il fatto che la Germania occidentale, in soli vent’anni, ha in buona parte rimesso in sesto la Germania orientale, che era stata devastata politicamente, socialmente, economicamente e antropologicamente dal totalitarismo comunista, mentre l’Itaglia non solo non ha potuto riassestare la Terronia in un secolo e mezzo, ma ne è stata dissestata!
Noi padani abbiamo sborsato per 150 anni, e sborsiamo attualmente, per mantenere tutta la Terronia, cifre iperboliche, mentre i nostri imprenditori o scappano all'estero, o si suicidano...
Gli attuali sussidi pubblici e i trasferimenti di fondi dall’Ovest all'Est della Germania non sono paragonabili a quelli della Padania alla Terronia. Eppure, bene o male, ora il PIL dei lander orientali è tornato al livello dei due terzi di quelli occidentali e in diversi settori c'è un notevole sviluppo anche all'est (alcuni distretti industriali, biotecnologie, hi-tech).
Viceversa il nord Italia presentava nel 2012 un Residuo Fiscale attivo per quasi 95 miliardi di Euro, e la Lombardia, da sola, ha quasi il prodotto interno lordo di tutto il Mezzogiorno: nel 2012, infatti, la ricchezza della regione è salita a 333 miliardi di euro mentre quella del Sud è scesa a 367 miliardi di euro (di cui appena 85 vengono da tutta la Campania...).
Il fatto è che i tedeschi avevano e hanno a che fare con altre popolazioni germaniche, i celto-germanici della Padania, purtroppo, avevano e hanno a che fare con i greco-mediterraneo-africani della Terronia...
Persino Norberto Bobbio ha finito con il riconoscere che la “questione meridionale” in realtà doveva essere considerata una “questione dei meridionali”…
Era “razzista” pure lui?
.....perchè, purtroppo, non esiste il Veneto come Stato libero e indipendente, e l'Itaglia da sempre, in vari modi, cerca di soffocare il veneto, inteso come lingua del Veneto....
Occhio, che se tu vuoi essere coerente ("i terroni parlano itagliano come me, quindi sono miei connazionali") dovrai poi accettare come connazionali i negrettini, i maghrebbini, i cinesini e gli andini, per il fatto che parlano l'itagliano....
La questione della lingua è molto delicata, e si presta a fraintendimenti e strumentalizzazioni. Il fattore lingua è importante, ma andrebbe sempre collegato al fattore etnico.
Ad esempio, gli inglesi e gli americani parlano la stessa lingua, ma un inglese non si considererebbe mai un connazionale di un americano (e viceversa). E questo nonostante la sussistenza di elementi storici e pure etnici comuni....
Facciamo un esempio ancora più chiaro. Il gaelico è ormai una lingua decisamente minoritaria in Irlanda, dove tutti parlano l'inglese. Eppure se tu dici a un irlandese: "Tu parli inglese, quindi sei un inglese", è probabile che ti prenda a cazzotti. Che è poi la reazione che avrei io se qualche imbecille mi dicesse: "Tu parli italiano, quindi sei italiano"....
Il punto è che come gli inglesi sono quasi riusciti ad ammazzare il gaelico, sostituendolo con l'inglese, gli itagliani stanno riuscendo ad ammazzare le lingue storiche e naturali dei popoli padani, sostituendole con l'itagliano. Fermo restando che comunque i padani non sarebbero mai itagliani, anche se parlassero tutti solo l'itagliano, come gli irlandesi non sarebbero mai inglesi, anche se parlassero tutti solo l'inglese, il modo di "essere", e quindi pure di "leggere", dei padani e dei terroni, sono e rimangono profondamente diversi.
Facciamo un esempio. Nel celebre film "I soliti ignoti" c'è un personaggio chiamato "ferribbotte".
La parola è l'interpretazione "terronica" della parola inglese "ferryboat". La "traduzione" lombarda, ma credo anche padana, della stessa parola inglese sarebbe "feribòt". Il terronico enfatizza, gonfia, riempie, pompa, allunga, raddoppia le consonanti e aggiunge pure immancabilmente la vocale alla fine; il padanico invece asciuga, snellisce, velocizza, sintetizza, accorcia persino l'inglese che è già di per sè una lingua composta di parole mediamente brevi....
La tragedia di aver voluto forzatamente riunire in uno stesso Stato due popoli profondamente diversi come padani e terroni si evidenzia persino in cose apparentemente secondarie, rilevando cioè come la stessa parola inglese, ferryboat, venga interpretata dai primi come feribòt, dai secondi come ferribbotte, cioè in modi diametralmente opposti...
Nella retta ottica autonomistica questo è un assoluto non-problema, perchè ogni comunità è libera di scegliere con chi stare o con chi non stare. Ad esempio io sono favorevole alla Padania avente come confine meridionale la linea gotica, o la linea SS. Ma la Padania dovrebbe essere una confederazione, quindi se, per esempio il Veneto (o un altro territorio) volesse secedere, avrebbe il diritto di farlo. Analogamente sarebbe possibile estendere la confederazione padana ad altri territori (come la Toscana) in caso di consenso espresso da entrambe le parti.
Quello che conta è che tra i padani esistono legami oggettivi, di ordine storico, genetico, etnico, antropologico, culturale, linguistico, folklorico, sociale, economico, comportamentale, attitudinale, ecc.
Riguardo al legame soggettivo, può darsi che molti non si identifichino con la specifica parola "padano", ma questo per motivi particolari e contingenti. Ad esempio molti identificano la parola con la pianura padana, e questo può portare a un sentimento di estraneità da parte di chi vive in zone pedemontane o montane, oppure sulle coste liguri o venete. Inoltre la parola "Padania" può indurre alla diffidenza a causa del suo sventurato collegamento con le vicende della Lega Nord.
Che però, oltre ai fortissimi legami oggettivi, esista già ora pure un significativo legame soggettivo, lo si potrebbe facilmente provare in altro modo. Credo che se si chiedesse a uno qualunque degli abitanti del Nord se ritiene che gli altri abitanti del Nord siano simili a lui, nella stragrande maggioranza dei casi essi risponderebbero di sì. E viceversa, se si chiedesse a uno qualunque degli abitanti del Nord se ritiene che gli abitanti del Sud siano simili a lui, nella stragrandissima maggioranza dei casi essi risponderebbero di no....
A parte il fatto che se ogni regione diventasse uno Stato con Parlamento proprio e "pieni poteri"....sarebbe uno Stato sovrano e indipendente, per me qualunque forma di federalismo "itagliano" è impossibile. Uno Stato federale è comunque unitario, e in Itaglia una riforma federale sarebbe interpretata e applicata.....in modo non federale. E anche se miracolosamente fosse interpretata e applicata in modo federale, sarebbe sempre potenzialmente soggetta a una revoca....cioè al ritorno a uno Stato centralizzato.
Il fatto è che la Padania paga molto per il Sud, ma paga anche per il Centro (e in particolare per Roma). E' come essere in tre su una barca, con uno che rema, e con due che riposano. Quando quello che rema dice: "E' ora che remiate anche voi" gli altri due rispondono: "Siamo in democrazia, mettiamo al voto la tua proposta!" I due fancazzisti prevalgono sul laborioso, e tutto rimane come prima. Per questo è del tutto illusorio sperare di ottenere la libertà andando al parlamento di Roma, e per questo, secondo me, chi parla di generico autonomismo e di federalismo, invece che di secessione e di indipendenza, o è un coglione o è un traditore....
Spero tu abbia capito che le motivazioni per essere nazionalisti padani o veneti sono molteplici(per me, ad esempio, non sono tanto economiche, quanto etniche e culturali) e si condensano nel desiderio di libertà. Tu che sei un patito del fascismo, magari approvi la guerra colonialista che il regime promosse pure con il pretesto di andare a liberare gli schiavi etiopici sottomessi al Negus....e non capisci l'esigenza di popolazioni che sono direttamente interessate, in quanto direttamente schiavizzate dal giogo italico-terronico?
Ma anche la sola motivazione che tu chiami riduttivamente "fiscale", non capisci che è una motivazione che si basa sul desiderio di giustizia?
Non capisci la tragedia di popolazioni geniali, attive, produttive e intraprendenti, che sono capaci di creare imprese, ricchezza, benessere e sviluppo, delle quali poi hanno usufruito e usufruiscono ingiustamente marmaglie di fannulloni, fancazzisti, natistanchi e cialtroni?
E il flusso di questi morti di fame(e di sonno) è sempre unidirezionale: sempre da Sudde a Nodde, sempre da Sudde a Nodde, mai da Nodde a Sudde.
Unidirezionale da Nodde a Sudde è invece solo il flusso dei denari rapinati “legalmente” ai padani dall’Idagliaseddesda, e destinati a cattedrali nel deserto e a imprese statali finite a catafascio, quando non direttamente in bocca alle maffie assortite, gloriose e oliatissime organizzazioni, create dal genio terronico, e trionfalmente esportate in Padania, e pure “all over the world”.
Il suicidio rituale di Yukio Mishima, tanto esaltato in certi ambienti fascisti, è meno degno di rispetto, di comprensione, o di malintesa "ammirazione", dei suicidi di quei piccoli imprenditori veneti che si impiccano con i cavi elettrici perchè si vergognano di dovere licenziare i loro dipendenti. E tutto questo mentre gli intoccabili e illicenziabili dipendenti pubblici terronici sgavazzano, gozzovigliano e ruttano a spese dei padani.