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  1. #1001
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Citazione Originariamente Scritto da samuel cramer Visualizza Messaggio
    Ad ordinare sono stati una manica di abili manipolatori giocandosi di una banda di fessi.
    Ottima tattica escapologica.
    Ma tale rimane.

  2. #1002
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Veneto militarizzato, brutto messaggio

    Caro Severgnini, torno da una giornata di lavoro in giro per il Veneto, per necessità non ho preso autostrade, beh non può essere una coincidenza: moltissimi posti di blocco, soprattutto di carabinieri, proprio come dopo l’assalto a S. Marco del 1997: quella sera mi fermarono, oggi no. La netta sensazione è stata che qualcuno abbia ordinato: uscite, tutti fuori in strada oggi, polizia e carabinieri, fermate, fatevi vedere, sempre luci accese. E già che ci siete giubbotti antiproiettile verde militare sulle divise, armi lunghe. Oggi nel mio Veneto ero a disagio, perchè non ho per nulla avuto l’impressione che il messaggio fosse “siamo qui a proteggervi” ma tutt’altro, e non son per nulla convinto sia atteggiamento utile ad abbassare i toni.

    Veneto militarizzato, brutto messaggio | Italians



    sklöpp & kanù

  3. #1003
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    DATE A CESARE QUEL CHE E’ DI CESARE
    di Roberto Agirmo
    Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, ha detto: “L’Italia è una sola”.
    Questo sottolineando l’indivisibilità dell’Italia come se la stessa fosse un “dogma”, quindi in merito all’arresto dei secessionisti Veneti, a margine della Messa celebrata alla Ansaldo Energia (in una chiesa no è… troppo terra terra!). Tanti sono i Post di Veneti che vedo, e che se la prendono per queste dichiarazioni, ma il leitmotiv di queste esternazioni da parte degli organi ecclesiastici è solo uno!!!! SOLDI SOLDI SOLDI SOLDI SOLDI SOLDI…………..
    Perché? Perché la storia lo insegna! IL RAPPORTO ITALIA – CITTA’ DEL VATICANO E BASATO SUI PATTI LATERANENSI. I Patti Lateranensi, i quali constano di due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; con diversi allegati, fra cui, importante, la CONVENZIONE FINANZIARIA; ed il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo!
    Nel 1948 i Patti furono riconosciuti costituzionalmente nell’articolo 7, con la conseguenza che lo Stato non può denunciarli unilateralmente come nel caso di qualsiasi altro trattato internazionale, senza aver prima modificato la Costituzione. Il Concordato (ma non il Trattato) fu rivisto nel 1984 e si stabilì che il clero cattolico venisse finanziato da una frazione del gettito totale IRPEF, attraverso il meccanismo noto come otto per mille, basato sulla designazione volontaria in sede di dichiarazione del redditi.
    Personalmente non so quale sia il gettito prodotto dall’8 x 1000 del Veneto, ma sicuramente l’alzata di scudi da parte della Chiesa… ops pardon … non della Chiesa, ma di certi UOMINI DI POTERE della chiesa, è determinata da meri interessi economici, in quanto non vi è ragione RELIGIOSA che possa essere messa sul piatto della bilancia, infatti il popolo Veneto storicamente è da sempre una culla della civiltà Cristiana Cattolica, e la storia è li a dimostrarlo, cosi è stato e così sarà anche “DOPO” l’Indipendenza!
    Anzi mi permetto d’ipotizzare che con l’Indipendenza, questo angolo di mondo pur rimanendo tollerante cosi come sempre è stato, non diventerà mai parte dell’EURABIA, perchè NOI VENETI ci teniamo alla nostra identità!
    VENETO INDIPENDENTE……..
    Bye Bye PATTI LATERANENSI….
    CIAO CIAO 8 X 1000:
    DATE A CESARE QUEL CHE E? DI CESARE | Vivere Veneto







    VANGELO SECONDO MARCO 3: 24,25
    di Renato Tessarin
    SAN MARCO – E’ CON NOI E LOTTA INSIEME A NOI – VENETI!
    Sembrerà strano, ma sono certo che San Marco abbia voluto lasciare espressamente per noi Veneti, una traccia nel suo Vangelo, un messaggio che doveva essere letto in maniera chiara proprio ai giorni nostri, un messaggio che a tempo debito doveva risultare come un segno dell’eterno amore che Marco ha sempre riservato nei confronti del suo Popolo Veneto.
    Credo che in fondo Marco ci stesse aspettando tutti, per garantirci il suo granitico appoggio, la sua benedizione e la perfetta condivisione di intenti, in questo preciso momento storico di estrema difficoltà per il suo popolo, che proprio ora tenta di liberarsi dopo un lungo periodo di vessazione da parte di stati occupanti, da ultimo l’italia.
    Credo dunque che solo nel Vangelo secondo Marco siano presenti alcune frasi profetiche di indubbio valore universale e di estrema attualità e che soprattutto possono trovare un facile riscontro nell’attuale momento storico. Cosa dice dunque, tra l’altro, il Vangelo secondo Marco 2: 23,27, cioè al capitolo 3 versetti dal 24 e 25, di tanto importante per noi veneti :
    “Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi.
    “E se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può stare in piedi.”
    Qui si capisce subito che la saggezza biblica invita a prendere atto, che se uno stato si presenta a tutti gli effetti diviso, quello stato di per se non esiste, perché è un mostro, un fantasma di se e la sua unità risulta anacronistica e velleitaria.
    Facile è trovare l’analogia nella attuale situazione politica che intercorre tra l’italia e il nostro Veneto. Per un credente come me, risulta facile condividere con San Marco quanto affermato nel suo vangelo, ed e’ pure condivisibile la certezza di un Veneto presto libero.
    E’ strano che la Chiesa non riesca a cogliere certe corrispondenze evangeliche col tempo presente e l’attualità stessa del messaggio evangelico. Cosa vale allora che lo stato italiano si frapponga e tenga in catene il Popolo Veneto? Il ruolo dei Veneti nel mondo è sempre stato quello di popolo libero e faro di civiltà, ce lo garantisce anche San Marco.
    VANGELO SECONDO MARCO 3: 24,25 | Vivere Veneto



    Veneto o Italia : in primo luogo un scelta di libertà
    di Carlo Lottieri, professore di Filosofia politica all’università di Siena
    L’editoriale firmato dai direttori dei settimanali diocesani del Veneto sul tema del referendum autogestito in merito all’indipendenza del Veneto pone alcune questioni cruciali, ma offre risposte che mi paiono alquanto deboli.
    Innanzi tutto, nel testo nulla dice in merito alla questione fondamentale posta da questa iniziativa di “dissenso”, sorta dal basso e per iniziativa di volontari, lontana da ogni centro di potere politico o di altro tipo. Nulla quell’articolo dice, infatti, a proposito della rivendicazione del “diritto di voto”, ossia della facoltà di votare sul proprio futuro, scegliendo tra Italia e Veneto.
    Si può essere anche contrari a un Veneto libero e indipendente, ma non è facile comprendere come si possa essere contrari a una richiesta di democrazia emergente dal basso: alla richiesta di esercitare un fondamentale diritto di libertà. Il testo apparso sui settimanali diocesani veneti afferma che si tratterebbe di un voto antistorico, e poi però si fa cenno a Catalogna e Scozia, ma si sarebbe potuto anche parlare di Fiandre, Paesi Baschi e altre realtà ancora. Non è allora solo il Veneto a rivendicare la propria libertà e il diritto all’autogoverno, perché queste spinte sono presenti un po’ ovunque e sono quanto di più nuovo e innovatore sia apparso sulla scena del Vecchio Continente.
    A essere in una crisi davvero profonda è dunque lo Stato nazionale ottocentesco, che in Italia è stato il frutto di una conquista regia, di una dura e spietata lotta al cattolicesimo, di una falsificazione costante (si pensi ai plebisciti truffa del 1866), di una manipolazione delle coscienze che ha usato l’istruzione di Stato per dotarsi di soldati da mandare al fronte e contribuenti ubbidienti.
    Lo Stato nazionale è in crisi per molte ragioni e in primo luogo perché è ormai improponibile la mistica nazionalista che ha prodotto i sanguinosi conflitti risorgimentali e quella Grande Guerra che papa Benedetto XV definì un’inutile strage, e che continua a essere al centro della metafisica statuale italiana. L’Italia unita a forza dalle armi piemontesi è al tramonto, perché la gente vuole istituzioni proprie, vicine, aperte al mondo. Restituire libertà alle comunità e responsabilizzarle, mettendole in concorrenza, è l’unica strada per uscire dal disastro sociale contemporaneo.
    Il fallimento delle Regioni, si dice nel testo, è sotto gli occhi di tutti. È vero: e questo dimostra come l’Italia non sia riformabile e come ogni chiacchiera su fantomatiche riforme federaliste, su illusorie devolution o su immaginarie macroregioni non porti da nessuna parte, soprattutto se si ignora la questione centrale posta dai volontari che hanno distribuito casa per casa i moduli del referendum spontaneo e autogestito: ossia il “diritto di voto” preteso dai veneti.
    Quel voto che il civilissimo Regno Unito non ha avuto difficoltà a riconoscere agli scozzesi e che da noi, invece, gli attardati difensori di logiche autoritarie vorrebbero negare. È ragionevole ritenere, però, che quel voto ci sarà, dato che oggi sono fuori dalla storia quanti pretendono di schierarsi per lo status quo e contro la richiesta della gente di decidere attraverso procedure democratiche. Come lo Statuto albertino non prevedeva la Repubblica, così l’ordinamento attuale non prevede un Veneto libero. Ma lo stesso valeva quando gli Stati Uniti hanno visto la luce. La storia ignora tutto questo, procede per la sua strada e non è possibile restare prigionieri della retorica statolatrica dei Giuseppe Mazzini e dei Giovanni Gentile.
    Le istituzioni sono solo strumenti, nient’altro, e lo sa bene chi non ha mai posto le proprie attese nello Stato, dal momento che crede in Dio e rigetta ogni idolo e ogni religione civile. È legittimo essere ottimisti anche perché, in Italia, sono in pochi a essere davvero disposti a opporsi alla volontà popolare. Anche chi a Roma non vuole il Veneto libero non lo fa perché innamorato della mistica nazionale (che ormai non esiste quasi più nel cuore degli italiani, anche perché fu al centro dell’autoritarismo fascista), ma solo perché difende posizioni di potere e logiche redistribuitive che si sono comunque rivelate fallimentari. Ci sono quindi molti interessi schierati contro l’aspirazione veneta alla libertà, ma è irragionevole pensare che possano avere la meglio su quanti sono impegnati a difendere la propria libertà e a costruire un Veneto diverso e più aperto al mondo.
    Veneto o Italia : in primo luogo un scelta di libertà | Vivere Veneto

    La secessione 2.0 dei “venetisti”
    Ilario Lombardo
    Roma - Lungi dall’aver piegato le truppe, la mega retata dell’inchiesta di Brescia contro i Serenissimi ha dato più luce alla causa dell’indipendentismo e lo ha mostrato nella sua versione hi-tech, aggiornata, lontana dai banchetti dei leghisti. I campanili si moltiplicano e fanno rete tra di loro sfruttando quel grande non luogo, quella piazza senza centro, quello Stato senza patria che è il web. Sono “Indipendentisti 2.0”, “Secessionisti social”, che per la causa hanno fatto maturare la lezione di Beppe Grillo. E allora perché non adattare il metodo internettiano alla lotta per l’indipendenza?
    La prima pietra è stata il referendum online lanciato su un sito, plebiscito.eu. Da quel giorno è stato un terremoto. Tanto lavoro e tam tam sui social network: incoraggiati dal 93% di sì Veneto, anche i cugini friulani del Fronte Furlan di Adriano Biasion andranno al voto a ottobre. È il salto di qualità dei separatisti, una volta in seno a mamma-Lega: semi più forti delle pianta che Bossi ha sradicato con la svolta federalista. La secessione sta tornando di moda e fa comodo a Matteo Salvini che alla bisogna prende un po’ tutto, dalla Le Pen, patriottica e nazionalista, alla Liga e i Serenissimi, che sono il suo esatto contrario.
    Venerdì la Lega a Bolzano ha firmato un accordo elettorale in vista di Bruxelles con gli indipendentisti del Freiheitlichen, partito che ha il 18% di consensi, per la creazione dello “Stato libero del Sudtirolo”. Qui l’autonomia non basta più: la stirpe germanofila vuole anche la sovranità geografica. In Lombardia i leghisti ormai in grisaglia istituzionale come Maroni sfruttano il vento e lanciano l’idea di un referendum per lo statuto speciale. Ma irriducibili i militanti di Pro Lombardia Indipendenza hanno lanciato online un appello per ritrovarsi ieri in piazza Cordusio a Milano.
    Sono le tante Crimee d’Italia risvegliatesi dopo gli arresti in Veneto, mentre a Est Vladimir Putin dà vita a un nuovo Stato, mentre i catalani continuano la loro battaglia in Spagna e gli scozzesi aspettano con ansia il giorno a settembre in cui diranno addio alla Regina.
    C’è un fantasma che si aggira per l’Europa, ma in Italia fa ancora ridere, più che paura. La farsa e il grottesco non devono ingannare, però: «Lo Stato italiano non si è accorto che c’è una Rivoluzione digitale in atto e non la fermeranno» ripetono orgogliosi i promotori di Plebiscito.eu. Un sito seguitissimo, un giornale online, “L’indipendenza”, tanto Twitter e tanto Facebook, per informare e fomentare, per «esportare il virus dell’indipendenza in ogni regione, per liberare tutti i popoli oppressi dello Stato italiano e dare vita a un nuovo Rinascimento». Sono moti carbonari ma che fanno il percorso inverso del Risorgimento, tornando all’epoca d’oro dell’Italia quando ancora l’Italia non c’era, ed era solo un collage di stati indipendenti.
    Sabato i venetisti erano a Cagliari, invitati dal Partito sardo d’azione, e qualche giorno fa una delegazione ha incontrato i siciliani del Movimento per l’Indipendenza.
    I separatisti proliferano, e usciti dall’isolamento trovano forza e legittimità nel network. Lo dimostra la mappa dell’inchiesta di Brescia che tra arrestati e inquisiti, vede due sardi di Disobbedientzia. Così le piccole patrie si organizzano per dimostrare che l’Italia non è altro che una brutta espressione geografica.
    Italia - La secessione 2.0 dei ?venetisti? | italia | Il Secolo XIX

    "GIU LE MANI DA SAN MARCO"



    FOCUS - 02/04/2014

  4. #1004
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    Citazione Originariamente Scritto da Scarpon Visualizza Messaggio
    C'è un aria strana, non so.....

    Dicevo appunto, e........ non è finita.
    sklöpp & kanù

  5. #1005
    Venetia
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    Citazione Originariamente Scritto da Hiroo Onoda Visualizza Messaggio
    Erlembaldo, e vai con il copia e in colla!!!
    Mai una volta che metti qualcosa che sia farina del tuo sacco....
    Soldato Hiroo Onoda, come sei messo a truppe cammellate?
    sklöpp & kanù

  6. #1006
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Citazione Originariamente Scritto da Scarpon Visualizza Messaggio
    Soldato Hiroo Onoda, come sei messo a truppe cammellate?
    stanno cercando ancora qualche giargianès o giannizzero da assoldare ... poi sono al completo
    Ultima modifica di sciadurel; 10-04-14 alle 13:09

  7. #1007
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    yeni ceri (le nuove truppe) fu un corpo fondato da Solimano il magnifico, composto da cristiani (slavi, greci, armeni).
    l'architetto Sinan era armeno di nascita e fu in giovane età arruolato in tale corpo dove fece fortuna come ufficiale del genio fino ai più alti livelli dell'organizzazione statuale dell'impero ottomano. a quel tempo c'era molta mobilità e vigeva una ampia meritocrazia.

  8. #1008
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    NO VOLEMO L’INDIPENDENSA SOLCHE PAR I SCHEI
    di Anna Iseppon
    Nel gazzettino del 30 marzo ho trovato un articolo in cui lo scrittore Boris Pahor spiega la propria posizione (contraria) rispetto all’indipendenza del Veneto. “No all’indipendenza che poggia su motivi economici” il titolo dell’articolo. Leggendolo non ho potuto fare a meno di domandarmi, e come me immagino anche molti di voi, se lo scrittore si sia adeguatamente informato, prima di esprimere un giudizio così categorico su una situazione complessa e che evidentemente non conosce così bene!
    Riporto in seguito il pensiero di questo scrittore, triestino, ex partigiano, più volte candidato al Nobel per la letteratura. “Un’indipendenza che si basa solo su motivi economici non ha fondamenta, non ha radici sicure e potenti.” Ed ancora: «Se l’indipendenza è basata solo su una questione di guadagni, allora ha poco a che vedere con l’identità di un popolo. È più che altro il desiderio del Veneto di organizzare l’economia a modo suo. Non c’entra niente con la tradizione. Capirei il desiderio d’indipendenza se il Veneto fosse sottomesso come lingua e cultura da un governo italiano, come lo eravamo noi sotto il fascismo. Allora sì che avrebbe il diritto a pensare a una sua libertà. Ma non è così».
    Questo mio scritto è rivolto a Lei, professor Pahor.
    Lei che ama tanto rivolgersi ai giovani, accetti le parole di una giovane donna Veneta. La Sua opinione è certamente quella di molti altri, in territorio veneto o al di fuori di esso; scrivo a Lei, ma le mie parole sono rivolte a tutti quelli che hanno le Sue stesse perplessità.
    Da Veneta che si sente discriminata da uno stato accentratore e oppressore, da Veneta che è disposta a lottare per la libertà del proprio popolo, mi sento in dovere di controbattere la Sua tesi attraverso queste poche righe, che so già esser insufficienti per spiegare al meglio cosa c’è “dietro” la richiesta di Indipendenza dei Veneti. Già, perché c’è una ragione profonda che ci spinge lungo la strada ardua e tortuosa dell’autodeterminazione, una ragione che Voi intellettuali troppo spesso non conoscete o fingete di non conoscere, e che il sistema passa sotto silenzio lasciando intendere che l’unica motivazione sia economica!
    Io c’ero in Piazza dei Signori a Treviso, il 21 marzo scorso, e con me c’erano diverse migliaia di cittadini Veneti. L’urlo che si è levato dalla piazza, commossa ed esultante, non era “Tegnense i nostri schei!” (trad. teniamoci i nostri soldi)…La gente, il popolo veneto, in piazza gridava “LIBARTA’!!” (trad. libertà!) signor Pahor!
    Il quotidiano riporta queste Sue parole: “Capirei il desiderio d’indipendenza se il Veneto fosse sottomesso come lingua e cultura da un governo italiano, come lo eravamo noi sotto il fascismo. Allora sì che avrebbe il diritto a pensare a una sua libertà. Ma non è così” …Non è così? Ne è proprio sicuro?
    Vogliamo parlare della discriminazione per quanto riguarda la lingua veneta?
    Una lingua a tutti gli effetti, riconosciuta come tale nel “Red Book of Endargered Languages” (libro rosso delle lingue in pericolo) dell’UNESCO. Una lingua che potrebbe essere ritenuta a tutti gli effetti una lingua ai sensi della “Carta europea per le lingue regionali e minoritarie” del 1992 (trattato internazionale firmato dall’italia nel 2000 e mai ratificato).
    E come si comporta lo stato nei confronti della lingua veneta? Con la legge 482/1999 sulla “Tutela delle minoranze linguistiche” l’italia ha riconosciuto l’esistenza di dodici minoranze definite “storiche” ammettendone a tutela le rispettive lingue, ma la Lingua Veneta non figura tra queste (forse un millennio di Repubblica Serenissima non è sufficiente per esser classificata come storica?) e non gode di alcuna tutela da parte dello stato.
    La regione veneto (almeno nelle intenzioni) riconosce la lingua veneta. Tuttavia, mentre i nostri vicini friulani hanno un “Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla cultura e la lingua del Friuli”…a noi Veneti non rimane che accontentarci di una cattedra di dialettologa, italiana, oltretutto!
    Vogliamo parlare della discriminazione per quanto riguarda la cultura veneta?
    Potrei facilmente parlarLe degli artisti Veneti, oggi classificati in modo anacronistico come italiani: Canaletto, Palladio, Giorgione, Canova, Ruzzante o Goldoni…esisteva forse un’italia unitaria mentre questi artisti realizzavano le loro opere di inestimabile valore? No…loro erano Veneti! Ma se questo può essere considerato un “dettaglio” di poco peso, esistono forme di repressione culturale ben più gravi messe in atto nei confronti del nostro popolo!
    Parliamo della nostra Storia, che ci viene negata? La scuola italiana (e veneta, regionale) relega costantemente mille anni di Repubblica Serenissima in pochi paragrafi sulle Repubbliche marinare. E se qualcuno prova ad andare contro il sistema viene contrastato. In provincia di Treviso, 3 anni fa, si è fatto appello addirittura ad un Regio decreto (a proposito di fascismo) per vietare ad un insegnante di portare la bandiera marciana in aula, e di insegnare la storia della Serenissima.
    Sempre a proposito di Storia Veneta: vogliamo parlare del divieto ad accedere alla documentazione sul tanto dibattuto plebiscito truffa del 1866? Già…perché dopo 148 anni le casse che contengono le schede elettorali non sono accessibili a chi volesse studiare quanto accadde in quelle giornate di ottobre.
    Oppure preferiamo parlare del concorso sull’identità veneta, promosso dalla Regione annualmente, e vinto quest’anno da una scuola….croata?! Già, perché i ragazzi di Buje (Istria), ex terra marciana, conoscono meglio la nostra Storia dei nostri ragazzi. Così, per dire quanti danni faccia al nostro popolo l’istruzione italiana…
    Non è forse un popolo sottomesso questo? Non stanno forse cercando di annientare in ogni modo la nostra identità di popolo? Ah, già dimenticavo…c’è chi dice che quello Veneto non sia un popolo. Vogliamo discutere anche di questo? Le citerò in merito le parole dell’avvocato Fogliata, sempre dal Gazzettino del 30 marzo scorso: “Vi è, poi, un secondo tema connesso: se i Veneti siano “popolo”. Nessuno mise mai in discussione tale realtà, da Omero a Livio, sino all’Austria. E’ dovuto arrivare quel “gigante politico” dell’Italia per negare ai Veneti persino il diritto di esistere come tali!”
    Insomma, professor Pahor, noi Veneti no volemo l’indipendensa solche par i schei! (trad. Non vogliamo l’indipendenza solo per i soldi!) Quante volte lo dobbiamo ripetere? Tutti pronti ad additarci perché pensiamo sempre e solo ai schei… I veneti lavorano a testa bassa per i schei, evadono le tasse per aver pi schei, adesso vogliono l’indipendenza per gestirsi tuti i so schei! Basta con questi luoghi comuni!!
    La invito ad approcciarsi con mente aperta e curiosità a quello che è il mondo cosiddetto venetista. Non siamo degli esaltati, non siamo degli avidi egoisti. Quello Veneto è un popolo che si batte per la propria libertà!
    NO VOLEMO L?INDIPENDENSA SOLCHE PAR I SCHEI | Vivere Veneto



  9. #1009
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Se pure centri sociali e grillini salgon sul Tanko del vincitore
    di Matteo Borghi
    Dagli statalisti ai comunisti, fino ai grillini: son tutti pronti a salire – metaforicamente – sul Tanko degli indipendentisti veneti.
    Tutto è partito dai Forconi che, agitando il tricolore, si son detti dalla loro parte. Un movimento che – l’abbiamo ricordato più volte – al di là di alcune critiche legittime allo Stato, non ha mai offerto alcuna soluzione per ridurre tasse e spesa pubblica. Tutt’altra cosa rispetto alla Life dell’ora agli arresti Lucio Chiavegato, che pure è stata spesso associata ai Forconi, che è sempre stata fieramente indipendentista.
    Ma questo è solo l’inizio. Ad arruolarsi nella causa veneta, di recente, son arrivati anche centri sociali e grillini. Avete letto bene: il meglio del peggio dello statalismo italico dalla parte di chi, come prima istanza, chiede meno tasse e burocrazia. Prima sono arrivate le varie sigle No Global del Nord Est (Rivolta, Sale, Morion, Pedro, Ztl, Blitz e tanti altri) che si son dichiarati dalle parti degli indipendentisti pur con alcuni “ma”. «Ciò che ci sentiamo di affermare – ha detto in una nota uno dei leader del Triveneto Tommaso Cacciari (nipote dell’ex sindaco di Venezia Massimo ndr) – è che siamo senza esitazioni dalla parte di chi rivendica autonomia e indipendenza contro uno Stato che a queste rivendicazioni sa rispondere solo che le inchieste della Magistratura e dei carabinieri del Ros, comportandosi esattamente come nei confronti dei movimenti e dei conflitti più radicali. Nell’esagerazione della minaccia rappresentata dal “complotto secessionista” vediamo il segno di una sovranità nazionale in crisi, che cerca di riaffermare la propria legittimità attraverso la coercizione [...]». Sulla stessa linea i nipotini di Beppe. «Noi non siamo indipendentisti ma su certe posizioni siamo assolutamente d’accordo con loro. Non è un mistero che puntiamo a un federalismo spinto. Agli Stati Uniti d’Italia per essere chiari» ha detto il candidato pentastellato alle Europee David Borelli al Gazzettino.
    C’è da chiedersi quanto questi partiti movimenti abbiano davvero a cuore la causa veneta e quanto, invece, cerchino di saltare su un carro che non è ancora del vincitore ma potrebbe diventarlo a breve. È chiaro che, al di là degli ultimi arresti, quella veneta è una crociata di un popolo stufo di essere soggiogato dalle tasse romane. Da questo punto di vista, appoggiare gli indipendentisti può convenire, anche elettoralmente.
    La domanda, piuttosto, è un’altra: conviene agli indipendentisti farsi sostenere da sventolatori di tricolori, fan di tasse e reddito di cittadinanza e perfino neo-comunisti decotti, rimasti mente e linguaggio negli anni Settanta? Per noi no. Se vuol avere successo quella veneta deve essere una protesta rivolta al cuore del problema: lo Stato italiano assistenzialista che rapina i produttori di ricchezza per mantenere i parassiti.
    Se pure centri sociali e grillini salgon sul Tanko del vincitore | L'intraprendente

    Sparò al direttore di banca
    Venetista condannato a 16 anni
    Dichiarazioni con la divisa della guardia veneta: «Aspetto la resurrezione di San Marco»
    PADOVA - Luciano Franceschi, il venetista 55enne di Borgoricco accusato di tentato omicidio per aver ferito con due colpi di pistola nel febbraio 2013 il direttore della Banca di credito cooperativo di Campodarsego, Pier Luigi Gambarotto, è stato condannato dal tribunale di Padova a 16 anni e 15 giorni di reclusione (l'accusa ne aveva chiesti 12). Franceschi, prima della camera di consiglio, aveva rilasciato dichiarazioni spontanee («Aspetto la resurrezione di San Marco»), vestito con una divisa della guardia veneta.
    Sparò al direttore di banca Venetista condannato a 16 anni - Corriere del Veneto

    Intervista a cuore aperto a lady Chiavegato
    di Francesca Carrarini
    Barbara Benini Chiavegato. Si firma così la moglie del Serenissimo Lucio Chiavegato, affiancando al suo cognome – rigorosamente – anche quello del marito, quasi a dire che lei non ha paura di stare dalla sua parte, contro la procura di Brescia che – in un blitz assai labile – ha condotto il leader del Comitato 9 Dicembre, già presidente della LIFE (Liberi Imprenditori Federalisti Europei, ndr) e del movimento Veneto Stato, dietro le sbarre. La sua foto sulle prime pagine di tutti i giornali, sotto il titolo “terroristi”.
    Dietro gli occhiali scuri e una voce che accenna emozione, c’è una donna forte. Fortissima. Vestita con un pantalone beige e una giacchetta di pelle scura, che ha appuntato sulla borsa a tracolla un’adesivo della bandiera di San Marco. Lo mostra fiera in piazza dei Signori, dove è stata organizzata la manifestazione a sostegno (hanno detto) dei 24 arrestati. Lo stesso vessillo che indossava il giorno prima davanti al carcere di Montorio quando, in 250 persone amici di Lucio Chiavegato, si sono trovate per far arrivare a lui il loro sostegno.
    «Sono arrivati alle 5 del mattino, erano in otto tra carabinieri e Ros – ci racconta – A differenza degli altri fermati non avevano un mandato di arresto, ma solo uno di perquisizione. Hanno guardato in ogni angolo della casa, rimanendo da noi per più di due ore. Hanno sequestrato di tutto, dai computer di casa ai cellulari. Addirittura dei cd che contenevano foto di famiglia. Poi, intorno alle 7 e 30, hanno portato mio marito in caserma. Mi hanno detto che dovevano fargli firmare dei documenti relativi alla perquisizione. E invece lo hanno arrestato: io da quella mattina non l’ho più visto né sentito». Una sola chiamata dalle forze dell’ordine, per consegnargli il faldone con tutta la documentazione relativa l’accusa, tra cui le intercettazioni che lei dice «non provano assolutamente nulla». Una «azione più politica» che di sicurezza pubblica: «Aspetto che mandino mio marito a casa – dice – Succederà, con calma. Dal mio punto di vista non c’è nulla che lo accusi, ma lo trattengono in carcere perché devono giustificare questa inchiesta. Dimostrare che è una cosa seria». Quando di serio, anche per chi non è indipendentista, sembra non esserci nulla.
    Gli scagnozzi di Matteo Salvini, arrivato con lauto anticipo alla manifestazione programmata per le 18, si danno il turno per sussurrarle all’orecchio che «il segretario del Carroccio vorrebbe salutarla», e lei impassibile gli risponde che «deve aspettare, sta finendo di parlare» con me, che conosco suo marito ma che incontro lei per la volta. Gli chiedo della sua presenza alla manifestazione del partito che, Lucio Chiavegato, non ha mai appoggiato. Anzi, verso cui puntava il dito come buona parte degli indipendentisti: «Il mio primo pensiero è che si trattasse di una strumentalizzazione – dice – Lo sappiamo tutti che la Lega Nord ha perso consensi in tutto il Veneto, e a poche settimane dalle elezioni europee credo stiano cercando di recuperarli. Ho deciso di partecipare per mio marito, ma lo dico chiaramente: per noi quello che conta è l’indipendenza. E vorrei sapere che cosa ne pensa la Lega, che cosa sta facendo davvero per questo obbiettivo. Un giorno parlano di autodeterminazione, l’altro di federalismo, poi di autonomia. Lo spieghino chiaramente, a noi e a tutti i loro elettori».
    Strumentalizzazione. La stessa parola che ribadisce sul palco davanti al pubblico che ha riempito la piazza. Lo dice perché vuole dirlo e, si vede, cercando tutta la forza di chi è sempre stato all’esterno degli occhi mediatici. Noi le chiediamo dei bambini, della sua famiglia: «Loro sono sereni, perché lo sanno che il papà è attivo in politica. È successo, e lo affronteremo insieme. Noi siamo con lui».
    Intervista a cuore aperto a lady Chiavegato | L'intraprendente



    Il Veneto proclama la rivolta fiscale
    Stasera a Vicenza distribuiranno un prontuario che spiega come evitare di pagare le tasse
    Stefano Filippi
    Hanno cominciato con il clamoroso referendum indipendentista, poi hanno proclamato la Delegazione dei 10 «per gestire il periodo di transizione verso la presa di sovranità della Repubblica Veneta», ora tocca a una seconda spallata contro la tirannia italiana: la campagna per non pagare più le tasse a Roma.
    Esenzione fiscale totale, la chiama Gianluca Busato, il leader dei secessionisti. «Solo con la libertà economica e fiscale il Veneto può rafforzare la sua piena indipendenza», scrive Busato su internet. Stasera a Vicenza una manifestazione popolare, che secondo Busato sancirà formalmente l'atto di disobbedienza fiscale. Che significa, detto in soldoni, sfruttare tutte le pieghe dell'infernale burocrazia erariale per evitare di mandare soldi a Roma.
    Un gruppo di fiscalisti, commercialisti e avvocati è al lavoro da settimane per redigere un prontuario anti-tasse che verrà distribuito questa sera, «uno strumento fenomenale». «È tutto regolare, tutto secondo le pieghe delle leggi italiote, non temiamo contenziosi perché saranno azioni legittime - garantisce Busato - Applichiamo la tattica di Sun Tsu, colpiremo il nemico con le stesse armi con cui vuole ridurci in schiavitù. Tra ravvedimenti operosi, pagamenti differiti, rateizzazioni e altre scorciatoie, esistono vari modi per attuare la nostra esenzione fiscale». I vantaggi maggiori saranno per aziende e imprenditori, meno per i contribuenti normali. «Infatti Piazza dei Signori sarà piena di artigiani, commercianti e piccoli imprenditori martoriati dalla crisi e dalla voracità del burosauro centrale», dice Busato.
    Questa campagna starà in piedi grazie a una solida rete organizzativa, non con le iniziative sporadiche dei singoli. Fare massa critica è la strategia dei plebiscitari. «Raccoglieremo le adesioni alla campagna di esenzione fiscale attraverso gli oltre 60 uffici pubblici della Repubblica Veneta già costituiti - aggiunge Busato - Appena raggiunto il 5 per cento dei contribuenti applicheremo il piano di obiezione con iniziative clamorose. La prima scatterà il 16 giugno, termine entro cui presentare la denuncia dei redditi. Se ce la facciamo potremmo partire addirittura il 16 maggio, scadenza di liquidazioni e versamenti Iva».
    Significa che i contribuenti si terranno in tasca i soldi delle tasse? «Sissignore, quel denaro servirà come forma alternativa alle altre fonti di finanziamento. E poi notificheremo al Fondo monetario internazionale la minore capacità contributiva dello Stato documentando ogni mancato introito dell'erario. Tutti devono sapere che l'Italia avrà un minore gettito fiscale, i signori di Roma dovranno rifare i conti e non potranno barare con i numeri». Ancora non c'è idea di quanto potrà essere sottratto alle fauci dell'Agenzia delle entrate: «Dipende da quanti faranno obiezione, dalla loro capacità contributiva e dalle scadenze fiscali. Se l'adesione sarà veloce, a Roma se la vedranno brutta».
    Per Busato e la galassia indipendentista veneta si prepara «uno tsunami politico»: «Fermeremo l'insopportabile emorragia fiscale in terra veneta causata dal peggior inferno fiscale del mondo. Vogliamo il controllo totale delle nostre risorse, in primis economiche, oggi rubate e sprecate». Il modello, secondo quanto sostiene l'economista Ludovico Pizzati, docente alla California State University, è quello della Cecoslovacchia: dopo la separazione i due nuovi Stati sono cresciuti con forza, addirittura la Slovacchia a ritmi doppi rispetto alla Repubblica Ceca, con il risultato che entrambe ci hanno guadagnato. Un solo rimpianto per Busato: «Purtroppo stasera non potrà parlare Franco Rocchetta. È ancora recluso in isolamento, una misura assurda e vergognosa».
    Il Veneto proclama la rivolta fiscale - IlGiornale.it

    Imprenditore non paga tasse dal 2008
    «Non riconosco lo stato italiano»
    Mescalchin: «Ho visto troppe persone morire per colpa dello Stato»
    VENEZIA - La sua linea del Piave è il fisco italiano: nella casa-impresa di Maurizio Mescalchin, 53 anni, di Galta di Vigonovo (Venezia) non passa, anzi viene respinto dal 2008, l' anno in cui ha deciso che non verserà un centesimo allo Stato italiano. Lui le tasse non le paga allo Stato perché, dice, di non riconoscerlo in quanto veneto. A fugare possibili dubbi sulla sua appartenenza al «venetismo» basta guardare la bandiera con il Leone di San Marco che sventola nella proprietà del piccolo imprenditore edile che, a scanso di equivoci, ha piantato anche un cartello con su scritto «Territorio dello Stato Veneto. È vietato l'accesso ai non autorizzati».
    Finora non l'hanno intimorito le cartelle esattoriali arrivate da Agenzia delle Entrate, Inail, Inps, Equitalia, né l'intervento della guardia di Finanza, tantomeno il pignoramento al suo furgoncino che Mescalchin continua tranquillamente ad usare per lavorare. E dice di vantare dalla «società Italia», un credito di 529 milioni di euro. «Ho visto troppe persone - ha chiarito -, troppi imprenditori morire per colpa dello Stato. Io prima di morire voglio i miei soldi» Ligio col fisco fino al 2007, Mescalchin ha deciso che dall' anno successivo non avrebbe più fatto la dichiarazione dei redditi. Ed ha mantenuto la parola, visto la mole di posta con relative cartelle esattoriali che gli arrivano dai vari enti. La sua replica è stata quella di rispondere sottolineando che non riconosce la società della repubblica italiana. Il botta e risposta cartaceo non lo preoccupa e, come fosse una faccenda che non lo riguardasse, il veneziano prosegue con la sua attività, rilasciando regolari fatture applicando l'Iva al 22%.
    Imprenditore non paga tasse dal 2008 «Non riconosco lo stato italiano» - Corriere del Veneto

    La lotta indipendentista contro lo Stato liberticida
    di Riccardo de Caria
    Le ultime Cose (E)inaudite del 2013 si intitolavano “Via da Roma, o morte”. Per qualcuno, il fatto che, in Veneto e Lombardia con più forza, ma anche nel nostro Piemonte, esistano oggi movimenti politici che cercano di staccare le proprie terre dall’Italia, sarà suonata come una notizia inedita (del resto giornaloni e i tiggì si guardano bene dal parlarne), e magari anche un po’ pittoresca: purtroppo la pessima reputazione che si è fatta la Lega ha contaminato anche il ben più serio e nobile progetto indipendentista che per un po’ essa ha cavalcato e sfruttato opportunisticamente, salvo poi dimenticarsene appena accomodatasi nei palazzi romani.
    Appena tre mesi dopo, ecco che la questione indipendentista esplode in tutta la sua portata, conquistando infine le prime pagine dei giornali italiani. Giornali italiani che hanno fatto di tutto per passare sotto silenzio il plebiscito digitale che si è svolto in Veneto nei giorni scorsi: i numeri effettivi della partecipazione non sono certi, ma anche chi li contesta, spesso in malafede, si è accorto che, se anche non sono stati i 2,3 milioni registrati dai promotori, sono stati davvero tantissimi, e una stragrande maggioranza di questi si è espressa per la secessione del Veneto dall’Italia. All’estero ne han parlato, tra gli altri, la CNN e la BBC, e a quel punto se ne è dovuta occupare anche la stampa di casa nostra, nella maggior parte dei casi appunto per contestare o ridicolizzare le cifre della consultazione, che aveva un valore simbolico e non immediatamente pratico, ma che a maggior ragione colpisce per il suo straordinario successo. Ma evidentemente, come insegna la nota climax gandhiana ricordata da molti in queste ore (“prima ti ignorano, poi di deridono, poi ti combattono. Poi vinci”), l’ignoranza e poi la derisione (vedi alla voce Maurizio Crozza) non bastavano più: i Veneti fanno dannatamente sul serio, e bisogna passare a combatterli apertamente.
    Ecco che arriva il blitz dei carabinieri del Ros ordinato dai magistrati di Brescia, che porta a ventiquattro arresti e altri ventisette indagati a piede libero. Li accusano di terrorismo, ma l’unica arma che hanno trovato è stato una specie di carro armato che ha tutta l’aria di un catorcio. Tra i vari problemi dell’Italia, c’è l’abuso delle intercettazioni. Ecco, se solo avessero scavato un po’ più a fondo, e magari avessero intercettato un po’ di più, con ogni probabilità gli inquirenti si sarebbero accorti che stavano prendendo un enorme granchio, perché il mondo dell’indipendentismo veneto, così come quello lombardo e quello piemontese, è un mondo pressoché interamente pacifico e nonviolento. Del resto, molte persone coinvolte sono pubblicamente esposte in prima linea per sostenere l’indipendenza dei Veneti: pare francamente un po’ inverosimile che uno progetti una rivolta terroristica in armi, e poi vada in giro ogni sera a sgolarsi a viso aperto davanti a vaste platee, attirando così inevitabilmente l’attenzione su di sé.
    Allora forse il problema è un altro: lo Stato italiano non può permettere che la mucca da cui succhia insaziabilmente ricchezza provi a scrollarsi di dosso le bocche parassite romane, e a tenersi il proprio latte per sé. Con uno sfregio, l’ennesimo, al diritto penale, e al Diritto più in generale, fa diventare allora reato il mero sostenere che i Veneti, i Lombardi e i Piemontesi, devono andare ciascuno per la strada che liberamente scelgono. Eversivo non è più, come insegnano i testi di diritto penale, promuovere un diverso ordinamento in modo violento, ma promuovere un diverso ordinamento tout-court. La secessione, in qualche misura, è sempre illegale, nel senso che rompe l’ordine legale costituito: ma da Antigone a Birkenau, dovremmo ormai aver imparato che non necessariamente l’ordine legale costituito è sinonimo di giustizia, anzi.
    La speranza è che gli arresti e le perquisizioni alle cinque del mattino ai danni di tante persone coraggiose e perbene siano quanto meno un autogol dello Stato, che con questo tipo di azione tradisce il proprio vero volto violento e liberticida, e siano la molla per convincere una massa critica sufficiente di Veneti a chiedere con fermezza di poter votare sulla permanenza o meno sotto il giogo di Roma. I pericolosi indipendentisti, infatti, non chiedono altro che questo: consentire ad un popolo la libertà di autodeterminare i propri confini, un diritto riconosciuto da qualunque documento internazionale.
    In effetti, potranno votare sull’indipendenza gli scozzesi e i catalani, così come di recente hanno potuto dichiararsi indipendenti i kossovari. Perché mai i Veneti dovrebbero essere diversi? Forse perché, se li si fa votare, il risultato pro indipendenza è pressoché scontato, e a quel punto ai consiglieri regionali campani calvi toccherà pagarsela da sé la tinta per i capelli?
    La lotta indipendentista contro lo Stato liberticida | L'intraprendente


  10. #1010
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    Predefinito Re: un veneto indipendente....tutto da guadagnare..ma proprio tutto

    Fuoco alle zecche.
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

 

 
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