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Discussione: Medicina e Magia

  1. #11
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    LE PIANTE MAGICHE




    Da un manoscritto del XV sec. appartenuto al Cardinale Chigi
    (Biblioteca Apostolica Vaticana, Chig. F.VII.159)


    Le proprietà terapeutiche del mondo vegetale sono state oggetto di attenzione e venerazione da parte dell'uomo fin dai tempi più antichi. L'uso curativo delle piante risale probabilmente alla preistoria, quando l'uomo, cibandosi di bacche e radici, sperimentò in modo del tutto casuale le loro qualità terapeutiche o, al contrario, i loro effetti tossici. Per millenni, gli esseri umani hanno cercato nella natura rimedi ai loro malanni. Molto prima che la scienza ufficiale offrisse un approccio sistematico alla medicina, guaritori più o meno scrupolosi si servivano delle piante per alleviare il dolore e combattere disturbi e malattie di ogni tipo.



    Erbario di Bergamo (1441)


    Nell'antichità, l'utilizzo delle piante era spesso associato a riti magici e religiosi, e la loro raccolta, preparazione e somministrazione era riservata a personalità quali anziani, maghi, sacerdoti, le cui conoscenze derivavano da una lunga tradizione orale. Questo perché il lavoro che l'"erborista" si accingeva a compiere era una vera e propria opera di trasformazione: attraverso un processo di interazione spirito-materia, dalle erbe sarebbero infatti nate medicine, droghe, pozioni magiche e veleni.



    La Mandragora – dal Tacuinum Sanitatis (1390 circa)


    Pianta magica per eccellenza era la mandragora. Il passato l'ha vista protagonista di molteplici riti e impieghi. La sua radice, si dice, ha forma umanoide: e poiché il simile agisce sul simile, ha potere sull'intero corpo umano. Ed è appunto la radice che possiede ogni virtù, sia soporifera che afrodisiaca. Guarisce l'epilessia, il "mal di luna". E può scacciare i demoni. La mandragora ha sempre avuto una doppia identità: la radice nell'uomo guarisce il corpo e l'anima, ma può nello stesso tempo portarlo alla perdizione. Dona il sonno ristoratore, ma provoca anche la pazzia. Uccide spietatamente, ma è anche un antidoto contro il veleno dei serpenti. E' un anestetico potente che permette le più delicate operazioni chirurgiche, ma causa anche spaventose allucinazioni. E', insomma, una sorta di bilancia sospesa fra la vita e la morte, simbolo dell'incertezza e dell'ambiguità.

  2. #12
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    Giulia Orofino

    LE ERBE SEGRETE DELLO PSEUDO APULEIO



    Stralcio da un articolo apparso su Abstracta n° 30 – ottobre 1988



    «Butabar. Torthon. Hydran. Cermalis. Meton. Borboro. Nardison. Thasaniorden: pronunciando queste parole a digiuno, estrarrai i denti del castoro, quelli più grandi, e li legherai in un braccialetto d'oro; né il freddo né la canicola, né la pestilenza né alcun male allora dovrai temere». Con questo singolare rimedio, avallato dall'autorità della misteriosa formula magica, si apre il De taxone, trattatello sulle virtù mediche del castoro che, con altre opere minori [1] fa da corollario all'erbario dello Pseudo Apuleio [2], il più popolare manuale di terapeutica del Medioevo latino, tramandatoci da un gran numero di manoscritti, alcuni dei quali splendidamente illustrati: è il caso del ms. mediceo-laurenziano Plut. 73.16, prodotto insieme al suo gemello Vindob. 93 in Italia Meridionale verso la metà del '200, nell'entourage di Federico II.
    Non è facile conciliare la razionale legislazione sanitaria federiciana [3], che fu attentissima nel punire le contraffazioni, il ricorso a sostanze tossiche, la somministrazione di «amatoria pocula vel cibos nocivos» [4], con i denti di castoro e gli altri nauseanti, disgustosi ingredienti descritti da Sesto Placido: sangue di lepre, cervello di capra, carne di lupo, vomito di cane idrofobo, stereo di gallo, urina di vergine. E per quanto lo stesso imperatore, tanto scettico da dubitare dell'esistenza dell'anima, credesse poi ciecamente alle predizioni degli astrologi di corte, è difficile immaginare i suoi medici e confezionari, severamente inchiodati alle loro responsabilità, alle prese con i riti di scongiuro, gli incantesimi, le formule esoteriche stratificate nella terapeutica superstiziosa e popolare della letteratura botanica.
    Molte sono infatti le erbe le cui virtù operano in maniera occulta e per arcane connessioni con la magia. Grazie a queste proprietà «ratione incomprehensibiles», il soprannaturale irrompe nelle ricette dell'erbario condizionando le modalità della raccolta, la preparazione e la somministrazione delle sostanze salutari.

    I semplici dello Pseudo Apuleio non servono certo, come quelli portentosi dei Magi pliniani, a volgere in fuga gli eserciti nemici (achemenide) o a far crollare al suolo i leoni tra sbadigli di prostrazione (adamantis), non prosciugano laghi e stagni (etiopide), non aprono le porte chiuse (onoturide), non inducono al suicidio a furia di allucinazioni (ophiusa) né fanno confessare ai malviventi ogni colpa (achemenide) [5].
    Legate al collo o alla cintura con un nastro, poste dietro l'orecchio o infilate al dito in un anello, le erbe dello Pseudo Apuleio fungono da talismani contro il mal di testa (plantago) o le affezioni della bocca (chrisio - trifoglio), proteggono dalla paura e dalla stanchezza dei viaggi (verbena e artemisia monoclonos), dai demoni (artemisia monoclonos, aristolochia, brionia) e, perché no, dai cattivi medicamenti (artemisia monoclonos); appese davanti alla porta sono ottimi portafortuna (artemisia leptafillos).

    La verbena, completa di foglie e radici, è l’amuleto buono contro tutti i serpenti: perciò il previdente viandante riesce a infilzare con|la sua lancia l'enorme rettile che gli si para davanti. Soprattutto chi abbandona il proprio ambiente e si espone ai pericoli della strada, inoltrandosi nelle foreste, luoghi infestati dove l'immaginario medievale proietta tutte le sue paure, ha bisogno di sentirsi rassicurato dalle oscure minacce che accompagnano ogni viaggio. […]



    Manoscritto mediceo-laurenziano Laur. 7J.16, c. 99r (XIII sec.)

    «Si quis intactus ambulare voluit» è il titolo di un rimedio ricavato dall'erba eraclea.
    Se porterai con te un rametto dell'erba «latrones non timebis. Fugat eos,
    quia pro unius viatoris persona multe videntur». I tre malviventi, nascosti tra
    gli anfratti di un monte, colpiti a distanza dal potere allucinogeno dell'eraclea,
    invece di un solo viandante indifeso, ne vedono addirittura sette, tutti armati
    di lance, oltre che dell'"antifurto" vegetale.



    I pericoli non sono minori per i naviganti in balia delle tempeste: basterà allora avere a portata di mano del mentastro o della peonia per rasserenare i marinai affaccendati con le vele e i remi di una minuscola imbarcazione.
    Se un malvagio incantesimo funesta la prima notte di nozze, preparando alla sposa una ben triste sorpresa, si ricorrerà ai frutti della pesleonis che, cotti in acqua a luna calante, servono a un'abluzione sia del medico che del paziente, completamente nudo, con le braccia allargate in gesto di rassegnazione; il bagno rituale dovrà farsi, prima che il sole sorga, davanti alla casa, bruciando contemporaneamente dell'aristolochia. Quindi lo sposo tornerà a casa, dove dimostrerà di aver risolto il suo problema.



    Manoscritto mediceo-laurenziano 7J.16, c. 39v (XIII sec.)


    La terapeutica superstiziosa vale anche ad esorcizzare le innumerevoli malattie nervose, epilessia, squilibri, deliri, follie, pazzie tranquille e furiose di lunatici, frenetici, insani, ossessi, di fronte ai quali il Medioevo esita tra la repulsione e la tolleranza che li trasforma in buffoni, giullari, attori. Nei disegni a penna aggiunti come ulteriore sussidio illustrativo nell'erbario di Vienna, probabilmente sotto il regno di Manfredi, i lunatici e gli epilettici sono sempre rappresentati come giocolieri, impegnati in acrobatiche piroette, a testa in giù sulle mani , un'identificazione che, nell'età in cui san Francesco si definisce loculatore Dei, è sintomo evidente dell'infamante condanna sociale che ancora pesava su questa categoria professionale. Ai disgraziati che la nefasta influenza della luna — «qui cursu lunae patiuntur» — rende tanto pericolosi da imporgli i ceppi ai piedi e le catene ai polsi, va legato intorno al collo con un nastro rosso un ramo di botracion (statice), di polio, di asterion o di peonia, preoccupandosi di rispettare le favorevoli congiunture astrologiche. Il corso degli astri, insieme al ritmo delle stagioni, ai mesi e alle ore del giorno più propizie, è un elemento essenziale a garantire l'efficacia di cure e sortilegi: alcune erbe vanno raccolte quando la luna è calante (gramigna), altre all'alba (dracontea), o durante il solstizio (verbena); la senecion ha addirittura due effetti opposti a seconda che sia raccolta «ad horam sextam» (apre e purga le piaghe) o «post meridiem» (le richiude e le cicatrizza), mentre la britannica per essere efficace contro le serpi, va colta prima che si oda il tuono.


    NOTE

    [1] II De Herba Vettonica liber, attribuito ad Antonio Musa, archiatra dell'imperatore Augusto; il Liber de animalibus di Sesto Placito Papiriense, opera sui rimedi di origine animale risalente alla fine del IV secolo; il Liber de Herbis feminis, che elenca 71 erbe derivate, almeno in parte, dalla traduzione latina del De Materia Medica di Dioscoride; l’Epistula ad Mecenatem, sorta di vademecum popolare avallato dall'attribuzione ad Ippocrate, e l’Epistula Apollonis sulla gotta.

    [2] L’Herbarium dello Pseudo Apuleio, che deriva dal De Materia Medica di Dioscuride e da un originario erbario greco simile a quello tramandato in forma frammentaria dal Papiro Johnson, raggiunse la sua redazione definitiva tra IV e V sec. Tratta delle virtù di 132 piante, ordinate non alfabeticamente, ma secondo le malattie, dalla testa ai piedi. Di ogni specie sono indicati i sinonimi, già incorporati nel testo di Dioscoride, brevi cenni sull'habitat naturale e soprattutto, poiché è essenzialmente un testo di prescrizioni, i rimedi che se ne possono trarre, con indicazioni, in verità molto sommarie, sulla composizione delle ricette. Cfr. Antonii Musae de Herba Vettonica liber, Pseudo Apulei herbarius, Anonimi de Taxone liber, Sexti Placiti liber medicinae ex animalibus etc, ediderunt E. Howald et H. Sigerist, Corpus Medicorum Latinorum LV, Lipsiae et Berolini 1927; Herbarium Apulei, Herbolario volgare, Padova 1979.

    [3] Cfr. P. Picca, Federico II e la sua legislazione sanitaria, Roma 1939; A. De Stefano, La cultura alla corte di Federico II imperatore, Bologna 1950, pp. 297-301; P.O. Kristeller,
    «The School of Salerno», in Studies in Renaissance Thought and Letters, Roma 1956, pp. 495-551, a pp. 528-532.

    [4] Le pene prevedevano la confisca dei beni, la carcerazione e addirittura l'esecuzione capitale: cfr. P. Picca, op. cit., p.8.

    [5]Plinio, Storia Naturale, 1. XXIV, 102; 1. XXIV, 9, ed. cons. Torino 1985, pp. 595, 597, 731.


    Da Abstracta n° 30 (Stile Regina Editrice - ottobre 1988)

  3. #13
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    Nostradamus, forse non hai inteso fra le righe... ma volevo inserirmi storicamente per affermare, grosso modo, le tue stesse tue idee.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:06

  4. #14
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    Pianta magica per eccellenza era la mandragora. Il passato l'ha vista protagonista di molteplici riti e impieghi. La sua radice, si dice, ha forma umanoide: e poiché il simile agisce sul simile, ha potere sull'intero corpo umano. Ed è appunto la radice che possiede ogni virtù, sia soporifera che afrodisiaca. Guarisce l'epilessia, il "mal di luna". E può scacciare i demoni. La mandragora ha sempre avuto una doppia identità: la radice nell'uomo guarisce il corpo e l'anima, ma può nello stesso tempo portarlo alla perdizione. Dona il sonno ristoratore, ma provoca anche la pazzia. Uccide spietatamente, ma è anche un antidoto contro il veleno dei serpenti. E' un anestetico potente che permette le più delicate operazioni chirurgiche, ma causa anche spaventose allucinazioni. E', insomma, una sorta di bilancia sospesa fra la vita e la morte, simbolo dell'incertezza e dell'ambiguità.

    Peraltro, deduco che non vi siano prove della reale esistenza della mandragora... insomma è pura fantasia 'sta pianta, giusto?
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:11

  5. #15
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    Peraltro, deduco che non vi siano prove della reale esistenza della mandragora... insomma è pura fantasia 'sta pianta, giusto?
    No no, la mandragora esiste davvero. Appartiene alla famiglia delle Solanacee (come la belladonna e lo stramonio… ma anche la patata e il pomodoro) e contiene alcaloidi che agiscono sul sistema nervoso con effetti narcotici e allucinogeni, fino al delirio e addirittura alla paralisi se assunti in dosi elevate. Dall'azione di queste sostanze, e dal fatto che la radice della mandragora ha una forma vagamente antropomorfa, sono nate le leggende sulle sue proprietà magiche. Eccola:



    Foto Panos & Stavros - da www.flickr.com
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:17

  6. #16
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    In Babilonia e in Egitto erano note le proprietà a dir poco miracolose dell'Aloe Arborescens.

    I Faraoni egizi estraevano iridio e iodio monoatomico da questa pianta. Dopo averne assunto grandissime quantità si esponevano alla luce solare e causavano un processo di auto-combustione che trasformava il Faraone in un essere di Luce.

    L'Aloe arborescens è una pianta succulenta della famiglia delle Aloacee, usata sia come pianta ornamentale nei giardini rocciosi sia come pianta medicinale con forti poteri disintossicanti.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Aloe_arborescens


    Con questa pianta Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, secondo il racconto dei Vangeli canonici e di quelli apocrifi, imbalsamarono il corpo di Gesù.

    MATERIALS CONTAINING MONATOMIC RHODIUM AND IRIDIUM

    Natural Sources of ORMUS Materials
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:19

  7. #17
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    L'Alchimia, coniugando il materiale con il trascendente, è molto più scientifica della Chimica moderna:

    David Hudson is the originator of the term “Orbitally Rearranged Monoatomic Elements”

    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 16-07-12 alle 01:16

  8. #18
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    No no, la mandragora esiste davvero. Appartiene alla famiglia delle Solanacee (come la belladonna e lo stramonio… ma anche la patata e il pomodoro) e contiene alcaloidi che agiscono sul sistema nervoso con effetti narcotici e allucinogeni, fino al delirio e addirittura alla paralisi se assunti in dosi elevate. Dall'azione di queste sostanze, e dal fatto che la radice della mandragora ha una forma vagamente antropomorfa, sono nate le leggende sulle sue proprietà magiche. Eccola:



    Foto Panos & Stavros - da Welcome to Flickr - Photo Sharing
    :mmm:... Diciamo che per vederci una forma antropomorfa ci vuole una discreta fantasia... comunque, grazie della precisazione.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:21

  9. #19
    Papessa
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    Predefinito Rif: Medicina e Magia

    In Toscana si usa un'erba che cresce spontaneamente, chiamata volgarmente "erba della paura", in botanica SIDERITE (Stachys recta). E' conosciuta più per il suo uso esterno e il popolo la utilizza per "curare" tutte quelle sensazioni di agitazione e ansia, caratteristiche dopo piccoli o grandi shock.
    E' conosciuta in buona parte della regione e in alcuni paesi dell'Emilia Romagna. E' presente anche sulle Dolomiti, in Abruzzo e in Val d'Aosta .

    LA RACCOLTA
    E' effettuata, secondo la tradizione, il 24 giugno, solstizio d'estate; viene conservata in mazzetti a forma di "pugno" che servono, come dice il popolo, "a colpire la paura".

    L'USO
    Si prepara utilizzando una dose, il "pugno", in circa 4 o 5 litri di acqua (alcuni aggiungono un rametto di foglie di ulivo, un pizzico di sale e un pezzetto di pane) facendo bollire lentamente il tutto per circa 45 minuti.
    Il liquido ottenuto, previo intiepidimento e colatura, servirà a farsi "lavare" la paura. Il lavaggio deve sempre essere fatto da un'altra persona e con la stessa mano.
    Si procede con l'immersione della mano nell'acqua e si deterge il viso, il collo davanti e le orecchie, le braccia con le mani sia sopra che sotto, le gambe dalla coscia ai piedi compreso il sottopiede, il tutto ripetuto complessivamente per tre volte. Mentre si fa questa operazione devono essere pronunciate queste parole

    Col nome di Gesù di Maria
    La paura la vada via
    Col nome di Gesù e di San Pietro
    La paura ritorni indietro.


    Si ripeterà per tre giorni successivi che non siano il martedì ed il venerdì, quindi i giorni giusti saranno il sabato, la domenica e il lunedì; o almeno, come dicono tutti, "I GIORNI SENZA LA ERRE".

    IL RISULTATO
    E' immediatamente visibile in questo primo lavaggio: se il liquido assumerà di norma un aspetto "borracinoso", come l'acqua di un fiume inquinato, allora la "paura c'è".
    Diminuirà al secondo lavaggio fino a scomparire con il terzo.
    Se non sarà la paura a creare lo stato d'alterazione nella persona, allora l'acqua rimarrà limpida fin dal primo lavaggio; procurando comunque uno stato di tranquillità, specialmente notturna.
    In Toscana alcune donne anziane continuano il tradizionale lavaggio e ne tramandano il modus operandi solamente a donne che loro scelgono, mentre solo pochi raccoglitori la cercano.
    ---------------------------------
    Io stessa ne sono stata aspersa da bimbetta (racconti familiari) e la usai a mia volta per i figli piccolini, ma senza le parole sopraindicate.

    Che dire? Funziona. Vedere per credere l'acqua "borracinosa" dopo le abluzioni...
    E non è certo la sola tradizione di questo genere... nelle campagne si tramandano molte conoscenze legate alla magia naturalis...

    Non ha a che fare con le erbe ma... c'è un medico di mia conoscenza che si fa curare il fuoco di S.Antonio con un'operazione magica legata a una gallina nera......
    Molto più veloce e sicura la scomparsa che non con le cure solite, asserisce...
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:38
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
    (Sutra di diamante)

  10. #20
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    Citazione Originariamente Scritto da primahyadum Visualizza Messaggio
    Non ha a che fare con le erbe ma... c'è un medico di mia conoscenza che si fa curare il fuoco di S.Antonio con un'operazione magica legata a una gallina nera......
    Molto più veloce e sicura la scomparsa che non con le cure solite, asserisce...
    Ciao, benvenuta...

    Non so nulla circa i poteri magico-curativi della gallina, ma anticamente si ricavavano rimedi efficaci contro diverse malattie dal suo compagno: il gallo...





    Riporto uno stralcio da un articolo di Luciano Pirrotta pubblicato su Abstracta n° 5 (maggio 1986): "Il gallo, la medicina, la magia".


    Greci e Romani infine lo consacrarono rispettivamente ad Apollo ( Helios ) e a Giove, divinità uraniche per antonomasia, il primo inventore dell' arte medica e al contempo suscitatore di pestilenze, il secondo supremo garante dell' ordine e della giustizia sia in cielo che in terra. Entrambi i popoli per conseguenza lo assegnarono anche ad Asclepio o Esculapio dio della Medicina figlio di Apollo e, per influsso gnostico, a Ermete Mercurio-Thot signore dei tre mondi e del sapere iniziatico. Il Medioevo cristiano fece del gallo un emblema di Cristo assommando in esso i requisiti di farmaco contro i mali del corpo e quelli dell' anima. "Al canto del gallo - si legge nel Bestiario di Cambridge ( XII sec. ) – il ladro tralascia le sue fraudolente opere, e la stella del mattino appare luminosa nel cielo. Il navigante impaurito depone ogni ansia, e vede placarsi la tempesta della notte. L' animo devoto innalza la preghiera e il sacerdote rinnova l' ufficio divino. Dopo il canto del gallo Pietro fece un nuova atto di fede e cancellò il peccato in cui era incorso, negando Cristo prima che il gallo cantasse. La voce del gallo ridona speranza all' infermo, volge in bene ogni tribulazione, toglie il dolore dalle ferite, mitiga l' ardore della febbre, restituisce fede a chi ha peccato …; i deliri della mente scompaiono ed ogni negazione è respinta … Le membra di questi volatili dicono venissero mangiate insieme a oro liquido".

    L' associazione con l'oro, metallo solare per eccellenza assimilato al più elevato del quattro elementi, il fuoco, riconduce alla complessa Tradizione Ermetica dove troviamo un alchimista come il Pernety che nel suo Dizionario Mitico-Ermetico riconosce il gallo quale immagine dello "zolfo perfetto al rosso" ottenuto nella quarta ed ultima fase dell' Opera ( rubedo ). Una volta ristabilita la connessione gallo-sole e sole-oro attraverso disparate civiltà e culture, cominciano ad intravedersi anche le motivazioni dell' antica farmacopea che prescriveva ricette a base di olio di oro liquido e parti di gallo. Il Bestiario di Cambridge non precisa verso quali patologie fossero rivolti questi rimedi, ma tradizioni molteplici indicano nelle componenti anatomiche dell' animale, debitamente trattate e integrate, rimedi efficaci contro la tubercolosi ( Marocco ), morsi di serpente e scorpioni ( Nord Africa e Sud America ) e in genere verso tutte quelle affezioni in cui si ritenesse mancante o insufficiente la percentuale dell' elemento "sole" ( nella agopuntura cinese identificato col principio maschie attivo "yang" ). Tra queste non potevano mancare le malattie che colpiscono l' occhio con conseguente menomazione o alterazione della vista. […]

    Il raccordo fra gallo, sole e vista diviene poco a poco sempre più manifesto. Ed è proprio a Roma, dove la religione di stato repubblicana e poi imperiale prevedeva l 'offerta della cresta del gallo alle divinità domestiche dei Lari, che si ha una della testimonianze più probanti della saldatura esistente fra questi elementi : in un' iscrizione trovata all' Isola Tiberina, risalente secondo alcuni al principato di Antonino Pio (II sec. d.C. ) ed altri all' imperatore Caracalla (III sec. d.C. ) un soldato cieco di nome Valerio Apro ringrazia pubblicamente il dio Esculapio per aver riacquistato la vista, grazie a una ricetta indicatogli dall'oracolo del dio in cui si prescriveva l'applicazione topica, per tre giorni consecutivi, di un unguento a base di miele, collirio e sangue di gallo. Il filologo Deissmann riferisce in proposito che notizie circa guarigioni dello stesso tipo, prodotte da ricette analoghe, erano piuttosto diffuse nell'area greco-latina. I recenti impieghi in campo oftalmico dell'acido ialuronico (ricavato dalla cresta del gallo – nota mia) offrono quindi alla moderna ricerca l'opportunità di riprendere un discorso che ha radici lontane e che solo la dilagante concezione razionalistica e positivista ha potuto liquidare come irrazionale e superstizioso; senza sapere che "superstizione" è proprio ciò di cui non si intende più il significato e che "superstat" - cioè "sopravvive" - come vuoto guscio, una volta interrottasi la corrente che lo animava e ne legittimava l'esistenza ancorandola a un piano superiore.

    Questo scibile antichissimo in cui, come si è visto nel rapido excursus effettuato, ogni elemento terreno aveva precise corrispondenze cosmologiche e metafisiche, bel lungi dall' essere superstizioso, includeva una padronanza sorprendente nell' uso terapeutico delle sostanze animali, vegetali e minerali e tale patrimonio metteva a frutto per la preparazione di unguenti e pozioni.


    Da Abstracta n° 5 (Stile Regina Editrice)



    Da un bestiario francese (1450 circa)
    Museum Meermanno, MMW, 10 B 25, Folio 36v
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-04-10 alle 23:42

 

 
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