Il Mediterraneo è di nuovo un mare di conflitti.
Dopo la vergognosa aggressione alla Libia di Gheddafi, fortemente voluta dagli anglofrancesi su pressione di Obama, e la conseguente quasi completata destabilizzazione degli Stati arabi costieri dell’Africa (all’appello manca fortunatamente ancora l’Algeria e, per questioni di sinecure grazie all’alleanza con l’Occidente, il Marocco), Francia e Gran Bretagna, le due ex potenze coloniali europee ma tuttora con forti interessi economici nell’area mediterranea in generale, tentano di riappropriarsi delle proprie teste di ponte. La Francia, che ha sostituito ormai in parte l’Italia nelle sue relazioni di “affaires” con una Libia destabilizzata in due regioni in conflitto tra loro, Tripolitania e Cirenaica, è impegnata da tempo in un intervento militare nell’Africa del Sahel. “Rinascita” ha seguito con particolare cura in questi mesi le azioni di controffensiva militare francese contro i jihadisti nel Mali del nord ma che ancora posseggono numerosi “santuari” dell’area, con basi di rifornimento nella Libia del sud e su tutti i fronti del Sahel (ai confini con Mauritania, Niger e Tunisia). Ne sono state prove i recenti attacchi dei fondamentalisti all’ambasciata francese a Tripoli e alle miniere di uranio di Arlit, nel Niger. Con il risultato che Parigi si vede costretta a protrarre la sua presenza militare nel Sahel a tutela della sua economia e della sua politica di influenza nella regione.
La contraddizione patente (ma è un refrain che vale soprattutto per gli angloamericani) è che la Francia, dopo aver sobillato in Libia e nei Paesi del Maghreb e in Egitto e ora anche in Libano e Siria, sanguinose o “primaverili” rivolte fondamentaliste o jihadiste contro i regimi pre-esistenti, si ritrova a fare i conti proprio con le milizie così scatenate.
Se Parigi è nel pantano, Londra non può certo sorridere. Il Mediterraneo non è più da tempo la vasca da cortile di casa per la sua flotta. Lo era stata fino al mandato sulla Palestina, al Protettorato sull’Egitto, con il possesso delle isole di Cipro e Malta e quale alleato tradizionale della Grecia. Adesso, a parte un paio di basi aeree Nato sull’isola di Cipro, a Creta e sullo scoglio di Gibilterra, le navi di sua maestà britannica sono rimaste addirittura senza porti di appoggio. Ed è questo uno dei motivi del loro “interesse” per la Libia imbelle da loro creata dove ora giocano sulla rivalità Tripoli-Bengasi e sulla trasformazione del territorio in una crescente zona priva di personalità giuridica internazionale reale e riconosciuta come è accaduto nei Balcani (Kosovo) e nel Levante (Cipro-Nord e la sua Repubblica turca).
Una controprova della rinata centralità del Mediterraneo è rappresentata dalla rinnovata presenza di ben altre prue militari straniere nelle nostre acque.
Se gli iraniani, nelle ultime due estati, hanno inviato “in crociera di addestramento e per manovre congiunte con i siriani” nelle acque del Levante una nave da sorveglianza elettronica, scortata da un caccia, la Quinta flotta Usa è ormai installata nel nostro mare dal 1943 (sbarchi in Marocco-Algeria, Sicilia e Salerno) ed è insediata a Napoli, Maddalena (in dismissione) e Smirne come Nato e alla fonda sulla Costa azzurra come flotta americana. Gli Usa sono anche presenti in numerose isole con stazioni “meteo” come a Lampedusa e stazioni radar come quella bloccata in Sicilia da un veto sanitario della Regione. A Sigonella una forza di pronto intervento di 150 marines ha preso posizione a tardiva protezione del corpo diplomatico in Libia.
Intanto a Cipro (e nella siriana Tartus) sono alla fonda navi da guerra russe anche provenienti dalla flotta del Pacifico e passate dal Canale di Suez. Il gruppo navale “ospite” si compone di un caccia, l’Ammiraglio Panteleyev, due navi anfibie Peresvet e l’Ammiraglio Nevelskoi, una nave rifornitrice il Pechengae e il rimorchiatore Fotiy Kroylov. Questo gruppo navale va ad aggiungersi a quello già operativo nel Mediterraneo composto dal Severomorsk un cacciasommergibili, la fregata Yaroslav Mudry, il rimorchiatore Altai, la nave rifornitrice Lena e la nave da sbarco Azov.
Il comandante in capo della flotta, ammiraglio Viktor Kirkv ha dichiarato che la squadra potrebbe essere arricchita da un sommergibile nucleare e da una portaelicotteri classe Mistral.
La flotta del Mar Nero resta intatta e probabilmente in allarme.
Non c’è che dire: nell’antico Mare Nostrum il tasso di rischio è alto, altissimo.
Ma queste sono quisquilie, per Roma. L’importante, qui, è che il partito destra-sinistra-centro resti a galla per occupare posti da lacchè nel comando atlantico.

Manovre di guerra nel Mediterraneo | Editoriali | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale