Il frutto del mio lavoro e delle mie ricerche:

La penisola Italiana penso sia stata la piu colpita dal ceppo nordico indoeuropeo, il centro nord dell'Italia è la zona ove persistono maggiormente queste caratteristiche fisiche-antropologiche.
Di italiano in siffatta penisola è rimasto ben poco, se non solo nella lingua (di origine sempre indoeuropea), ma gran parte della popolazione porta con evidenza questi tratti, ove si scorgono chiaramente i caratteri fisici di quei Germani del Nord.
Le genti che popolano queste terre, sono le piu, verosimilmente comparabili, con le genti che formano i popoli del Nord.
La primi ondata della razza nordica-indoeuropea nella penisola italiana, avvenne con il processo di migrazione-colonizzazione dei popoli indoeuropei, provenienti dalla Russia, dalla Siberia, dal Kazakistan, dal Uzbekistan, dal Kirghizistan, dal Turkmenistan e sal Tagikistan.
Una volta entrati in Italia si fusero e si cristallizzarono con le popolazioni autoctone (pre indoeuropee), che già abitavano queste terre, creando le primissime comunità di popolazioni degli Osco-Umbri e dei Latino-Falisci ((ai quali si associano anche gli antichi Veneti).
Altre comunità che si formarono in seguito furono quelle degli Siculi, dei Ausoni-Aurunci, degli Opici, degli Enotri, degli Itali, dei Sabini, dei Piceni, dei Sanniti (Carricini, Pentri, Caudini e Irpini), dei Lucani (tra i quali gli Ursentini), i Bruzi, i Sabelli adriatici (Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani, Pretuzi, Vestini), i Sabelli tirrenici (Ernici, Equi, Volsci), gli illirici Iapigi o Apuli (suddivisi in Messapi, Peucezi e Dauni), i Galli Cisalpini (Boi, Cenomani, Senoni, Orobi, Leponti, Carni, ecc.), i coloni Greci della Magna Grecia (Italioti)), Sicelioti.
Hans F.K. Gunther scrisse che la prima costituzione romana, come già quella spartana, ci da un'immagine esatta della stratificazione razziale: i 300 patrizi, che da soli costituivano lo stato romano, corrispondevano alle 300 stirpi latine, che erano quelle dei conquistatori nordici: i plebei, mancanti di ogni diritto politico, erano le popolazioni autoctone, di razza prevalentemente occidentale anche se già misti di estide, dinarico e levantino. Patrizi e plebei, inizialmente, non costituivano una contrapposizione di classi sociali, ma una separazione razziale: i plebei erano i discendenti di genti liguri e iberiche, prevalentemente di razza occidentale. Rimangono delle indicazioni secondo le quali i plebei erano retti da istituzioni matriarcali; mentre i patrizi di razza nordica avevano usi patriarcali, sui quali si insiste in modo particolare nelle loro leggi.
L'educazione alle virtù civiche e le abitudini semplici e guerriere che erano proprie degli antichi romani ricordano sotto molti aspetti le costumanze nordiche pure documentate per l'Islanda nei secoli X e XI; e perfino nelle espressioni verbali della lingua latina si è trovato molto in comune con quelle usate nelle saghe islandesi.
La seconda ondata della razza nordica (già kurganizzata) in Italia, avvenne durante le invasioni-migrazioni celtiche nella Cisalpina, verso il primo secolo A.C. (da vedere il filmato intitolato: " Ipotesi sui Celti".)
La terza ed ultima ondata della razza nordica in Italia, fu quella del Medioevo, ove si posso trovare tracce in molti scritti e opere pie.
Scriveva Stendhal, introducendo il saggio Historie de la peinture en Italie descrive, nel sangue, le origini della nostra civiltà pittorica : "Voi sapete che, verso l’anno 400 della nostra era, gli abitanti della Germania e della Russia, vale a dire gli uomini più liberi, più intrepidi, più crudeli che la storia ricordi, ebbero l’idea di venire ad abitare la Francia e l’Italia./ Ecco un aspetto del loro carattere./ Aroldo, re di Danimarca, avendo fondato sulle coste della Pomerania una città di nome Julin o Jomsburg, vi aveva inviato una colonia di giovani danesi guidata da uno dei suoi guerrieri, Palna-Toke./ Questo governatore, dice la storia, proibì in modo categorico che si pronunciasse la parola paura, anche nei pericoli più imminenti. Un cittadino di Jomsburg non poteva mai cedere al numero, per soverchiante che fosse : doveva battersi fino all’ultimo respiro, senza indietreggiare di un passo. Nemmeno la prospettiva di una morte certa era una scusa.
Moeller Van den Bruck ebbe a scrivere Contro Burckhardt, che vedeva l’arte italiana culminare nel momento del Rinascimento, egli pone l’apogeo della "classicità" italiana nell’ Italo-Germanentum, fra il tredicesimo e il quindicesimo secolo. La bellezza italiana, scrive, è nata nella Toscana etrusca, donde ha da poco invaso la Roma dei papi, la Ravenna soggetta ai Goti di Bisanzio, la Lombardia germanica e la Sicilia moresca. E’ il risultato del matrimonio fra "uno spirito toscano originario" rinascente ed influenze germaniche ancora fiorenti ; la si può definire come il frutto di un equilibrio fra il plasma germanico ed il carma toscano, il frutto di un equilibrio fra una vita creativa traboccante di uomori e principi d’ordine non ancora diventati convenzionali e "civilizzati.
Particolare carattere di stravaganza (Sic !) hanno le tesi contenute nelle due opere di Woltmann I Germani in Italia e I Germani in Francia. L’idea centrale è la solita : per tutti i popoli "il loro valore di civiltà dipende dalla quantità di razza bionda che essi contengono". (*) Vien ricordata la razza dei biondi Eraclidi, venuti a Sparta dal Nord. Vien ricordata la testimonianza del Tacito, circa la decadenza romana iniziatasi con la penuria di uomini biondi . Ma soprattutto si fa un’analisi volta a mostrare che la Rinascenza è un fatto di razza, è assai meno il risultato di una riscoperta dell’antichità classica che non della trasfusione di sangue germanico in una sostanza altrimenti infeconda ; sì che tutte le famiglie nobili di tutte le maggiori città città italiane e francesi, tutti i nomi degli esponenti più rappresentativi della civiltà italiana e francese sarebbero di origine germanica, allo stesso modo che questi ultimi nelle loro caratteristiche somatiche sempre tradirebbero qualcuno dei caratteri antropologici del dolicocefalo biondo.
In tema di germanizzazione, si possono citare alcuni scritti antichi, che potrebbero essere da esempio, per confermare tale processo di stanziamento, degli antichi tedeschi:
Lo storco umbro Bianconi riferisce in una sua pubblicazione, che nel 990 l'imperatore Ottone lll, dovendo remunerare alcuni baroni "Teutonici", concede loro le terre di Deruta con il titolo di nobiles de Deruta.
In un documento del 1070 si legge una vibrata protesta dei monaci di S. Flora (città di Castello), contro le prepotenze e le usurpazioni dei Longobardi Barbolani; dal che si desume che ancora nell'anno 1070, trecento anni dopo la loro sconfitta, le masnade di arimanni Longobarde davano ancora fastidio ai prelati.
Un documento del 1184 parla di Goti a Treviso; Boccaccio che ai suoi tempi fu un autentico giornalista, ci descrive la Treviso del '300, nella prima novella della giornata seconda, ove la piazza è piena di tedeschi e d'altra gente armata, la quale il signore di questa terra, acciò che rumor non si faccia, vi fa stare...I tedeschi da lui notati sulla piazza di Treviso erano venuti per le esaquie di un certo Arrigo, loro connazionale, e provenivano quasi certamente dalle zone collinari a nord della città come Asolo e Vittorio Veneto, dove a quei tempi le minoranze longobarde parlavano ancora il loro dialetto tedesco.
In una cronaca da Brescia si legge che per una testimonianza legale dell'anno 769 un Goto, di nome "Stavila", cittadino Bresciano, redasse un atto secondo il diritto dei Goti; ed un'altra nel 1045, pure a Brescia, nella quale un certo "Obezo de Vico Godi", dichiarava di vivere secondo le leggi del diritto gotico.
Questo sta a dimostrare che di Goti ne erano rimasti anche a Brescia molto tempo dopo la loro "eliminazione".
Documenti del genere se ne trovano a quintali..!!!
IL MUTAMENTO DEI CARATTERI PSICO SOMATICI DEGLI ITALIANI (Gualtiero Ciola)
Lo storico inglese Edward Gibbon scriveva nel 1774 nella sua <Storia della decadenza e caduta dell'Impero Romano>, parlando della popolazione romana del basso impero: <...la statura delle persone era sempre piu piccola e il mondo romano era in effetti abitato da una moltitudine di nani (*1), quando irruppero i giganti del Nord e migliorarono la stirpe...>
O. Seck nella sua <Storia della fine del mondo antico> ritiene, non senza ragione, che il popolo romano nella decadenza, aveva nei tratti facciali e nella statura un tipo somatico spiccamente semitico.
Dopo tali premesse, non c'è nessuno che possa negare il cambiamento avvenuto nella popolazione Italica all'epoca delle migrazioni-(invasioni, aggiungo io) germaniche, nella statura, che anche attualmente è, almeno nell'Italia Settentrionale, pari a quella della Germania Meridionale, e nei tratti facciali, ove il colore azzurro, grigio, verde e nocciola degli occhi è maggioritario rispetto al nero.
Anche i capelli biondi sono relativamente frequenti, visto che anche nella Germania e nella stessa Scandinavia non sono piu maggioranza.
Le ultime statistiche danno per il 37% dei giovani Italiani una statura media di livello nord-europeo: grazie alle migliorate condizioni dietetico-alimentari, i valori ereditari si sono nuovamente evidenziati, rivelando, con questa percentuale, quella che deve avere costituito l'apporto di sangue nordico dell'intera penisola.
Il primo scrittore che intravide la connessione strettamente antropologica tra i Germani ed i grandi geni della rinascenza
fu H.S. Chamberlain, che nell suo <Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts> (1899), affermò, un pò troppo semplicisticamente, che i protagonisti della rinascenza culturale d'Italia avevano il tipo psico-somatico proprio della stirpe germanica e che essi erano i discendenti dei Goti e dei Longobardi immigrati.
Ancor piu chiaramente lo Schnaase, nella sua <Geschichte der bildender Kunst>, ha affermato la portata dell'influsso della psiche Germanica nella storia della cultura italiana; L. Wilfer nel 1895 ne ha ravvisato la fondamentale dimostrazione nella differenza prosottasi tra le popolazioni dell'Italia Settentrionale fittamente colonizzata da Longobardi e da altri Germani, e quelle delle province meridionali.

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IPOTESI SUI CELTI: (filmato autoprodotto)
IPOTESI SUI CELTI - YouTube

Non vi siete mai chiesti per quale motivo i celti sono sempre stati raffigurati e descritti con caratteristiche prettamente nordiche-indoeuropee??
Capelli biondi, occhi azzurdi, alti, slanciati e robusti.
Ma prendiamo in considerazione la teoria dell'antropologo americano William Z. Ripley, che nel suo celebre libro del 1899 "The Races of Europe" fu il primo a sostenere che la razza alpina si originò in Asia e migro in Europa in seguito alla nascita dell'agricoltura stabile e alla sua espansione. Sempre secondo Ripley attraverso la loro migrazione in Europa centrale gli alpini causarono la separazione dei "tipi razziali" considerati come indigeni dell'Europa: i nordici e i mediterranei.
Questo modello venne ripreso in seguito da Madison Grant, altro antropologo americano, nel suo libro "The Passing of the Great race" (1916). Nel 1939 il famoso antropologo ed archeologo Carleton S. Coon, nella nuova edizione di "The Races of Europe" di Ripley, teorizzò invece che gli Alpini discendessero dall'uomo paleolitico europeo e che fossero pertanto indigeni dell'Europa.
Le caratteristiche fisiche degli alpini sono: brachicefalia, viso ovale, fronte larga, statura media, pelle chiara, capelli castani e in minoranza bruni o biondi, occhi generalmente castani o grigi (grigi, grigio-azzurri, grigio-verdi).
Pietro Monti, che scrisse il vocabolario della Gallia Ciasalpina e Celtico, ebbe a dire sulla provenienza ancestrale dei Celti che provenissero dalle Indie Orientali.
Esiste una credenza popolare che asserisce come i Vichinghi fossero uomini grandi e grossi Ahmad ibn Fadlan e molti altri autori europei coevi dicono che i Vichinghi erano di alta statura (secondo il modello Indoeuropeo). Sono stati condotti studi moderni che mostrano come i Vichinghi avevano una statura media compresa fra i 168 e i 176 centimetri. C'è da precisare che i Celti furono un insieme di due o piu popolazioni che si stabilirono in quasi tutto il continente europeo in epoche antichissime.
Gli usi e costumi delle popolazioni di quei popoli erano molto simili, anche per quanto riguarda l'aspetto religioso-esoterico, ma questo succede anche oggi non trovate??
L'attuale popolazione Europea veste e prega su per giù alla stessa maniera, tutti uguali, da Nord a Sud, anche se esistono delle nettissime differenze fisiche-antropologiche tra un individuo Scandinavo o Russo, e un individuo di provenienza Mediterranea.
Secondo il mio parere personale i veri Celti primordiali provenivano dall'asia, specialmente nella zona dell'India.
I Celti erano molto sfarzosi nel vestire, indossavano molte collane o bracciali, proprio come fanno ancora al giorno d'oggi gli Indiani.
Una volta entrati in Europa in epoca paleolitica, con il passar del tempo divennero la razza degli Alpini, che dando inizio alle primissime Civiltà Celtiche.
Secondo una nozione ancora molto diffusa nella Germania meridionale, i celti verrebbero a essere le genti piccole e scure ancora presenti nella zona (Hans F.K. Gunther).
Molti persone confondono sempre i celti con le popolazioni nordiche e viceversa, facendo entrare nel immaginario collettivo il classico archetipo del guerriero celtico con caratteristiche fisiche nordiche, facendo di conseguenza molta confusione.
Penso che i Celti primordiali avessero delle caratteristiche fisiche molto piu asiatiche-indiane invece che nordiche-Indoeuropee.
La ricostruzione dei due guerrieri celti esposti al Musèe de la civilisacion Celtique di Bibracte (nei pressi della Cultura di la Tenè), hanno degli evidenti tratti fisici-somatici Asiatici-Indiani, invece che nordici europei dei capelli biondi.
Esistono molte parole e terminologie celtiche che sono senza ombra di dubbio di origine pre-indoeuropea.
Molto probabilmente l'aggromerato di popoli e tribù che formavano gli indoeuropei fecero proprie queste terminologie, come del resto, mantennero vive alcune tradizioni, usi e costumi che provenivano dagli indigeni locali che risiedevano in quelle terre molto prima del loro arrivo.
I Celti in Europa nascono all'incirca all'età del Bronzo con la Cultura di Hallstatt, l'area di diffusione della metallurgia (dalla quale sappiamo che fossero degli esperti nella lavorazione dei metalli), comprende proprio i territori del subcontinente indiano, dove si trovano le nazioni dell' Afghanistan, del Bangladesh, del Bhutan, dell'India, dell'Iran, delle Maldive, del Nepal, del Pakistan e del Sri Lanka. La Civiltà della Valle dell'Indo era popolata da genti Dràvida o Dravidi che è il nome che viene dato alle genti brachicefale, di colore scuro, capelli neri e lisci che colonizzarono la zona indiana 6000-5000 anni fa imponendosi sugli autoctoni, forse gli antenati degli attuali munda, parlavano lingue non indoeuropee e agglutinanti. Spesso oggi si indicano come dravidiche le popolazioni parlanti lingue dravidiche che sono maggiormente concentrate nella zona meridionale dell'India, nel nordest dello Sri Lanka e in piccole zone del Pakistan, del Bangladesh e del Nepal, anche se non necessariamente sono le dirette discendenti di tale popolo.
La religione dravidica si fonda sul culto per la Dea Madre, Alcuni ritengono che queste popolazioni siano una ramificazione di una più vasta civiltà mediterranea che prima del III millennio a.C. si estendeva dalla Spagna fino alla zona del Gange. Secondo alcuni storici nello studio dell'arte, delle lingue, delle religioni e delle usanze dei popoli del bacino del Mediterraneo, del Vicino Oriente e dell'India si trova chiaramente traccia di una comune eredità già prima dell'espansione greca e dell'ellenismo. La parola dravidico deriva dal nome etnico Dravida o Dramila o Dramida da cui proviene l'aggettivo moderno tamil o tamul.
Pasupati Pashupati, letteralmente "signore del bestiame" è il nome attribuito a una divinità del pantheon hindu che viene individuato fin nei sigilli della Civiltà della valle dell'Indo, laddove è raffigurato circondato da un certo numero di animali. Nell' India già colonizzata dagli Indoarii, questo appellativo verrà attribuita a diverse figure divine, innanzitutto a Siva nell'induismo, specie in Nepal, ma anche al dio vedico Puan che nel gveda è identificato come il signore degli animali. L'indologia ha dibattuto a lungo sull'identità di questa figura che, nelle rappresentazioni vallinde, si può accostare ad altre divinità "cornute" come Cernunnos presso i Celti e lo stesso Pan tra i Greci.
Gli Indoeuropei nacquero a seguito del susseguirsi di numerevoli processi migratori che partirono tra la Siberia e la Russia, fondendosi ed assimilandosi con popolazioni che si trovavano nei territori del Kazakistan, del Uzbekistan, del Kirghizistan, del Turkmenistan e del Tagikistan.
In questa precisa area l'archeologa e linguista Lituana Marija Gimbutas scopri e portò alla luce la Cultura Kurgan, la patria originaria dei popoli Indoeuropei.

(*)
BIONDISMO:

La biondezza è un tratto originario dalla scandinavia, prima delle invasioni indoeuropee, difatti, secondo Francisco Villar i veri indoeuropei non erano biondi, ma avevano dei capelli scuri.
I capelli biondi si trovano quasi esclusivamente nelle popolazioni di origine europea e sono tipici del Nord Europa ed Est Europa, dove hanno la massima diffusione. Generalmente i capelli biondi sono associati al colore degli occhi chiaro (azzurri, verdi, grigi o nocciola).
Si registrano alte percentuali di capelli biondi anche fra gli aborigeni dell'Australia, caratteristica presente nell'infanzia che poi scompare con la crescita, in particolare nelle zone desertiche e isolate dell'Australia centrale e occidentale. Percentuali di capelli biondi naturali sono presenti anche tra le popolazioni indigene di tutte le isole della Melanesia (le più alte si trovano nelle isole Salomone e nel New Britain, isola appartenente alla Nuova Guinea).
In Italia i capelli biondi sono distribuiti particolarmente su tutto l'Arco alpino e sull'Arco appenninico. Secondo uno studio risalente alla seconda metà dell'800, condotto sui coscritti di leva, tra le regioni con una maggior percentuale di capelli biondi spiccavano le zone alpine di: Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia. Mentre lungo la dorsale appenninica spiccavano Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Campania. In generale la media nazionale si attestava sul 8,2%.
I capelli biondi sono presenti, seppur molto raramente, in certe zone del Medio Oriente come l'Iran e Azerbaijan e del Nord-Africa, in particolare nelle popolazioni berbere di Marocco e Algeria settentrionale.
Sempre molto inusitatamente i capelli biondi appaiono in India e in Afghanistan soprattutto in alcune popolazioni nomadi come ad esempio i Pashtun, i Nuristani e i Kalash.
Gli Indoeuropei originari del quinto e quarto millennio non erano biondi. il biondo lo hanno trovato nelle aree del nord e dell'est Europa popolate da genti che parlavano lingue finniche (con molte vocali, e conseguente armonia vocalica nelle desinenze). pare sicuro che gli Indoeuropei del quinto millennio avessero solo quattro vocali (mancava la /o/, introdotta solo in fase di Indoeuropeo abbastanza tardo, vale a dire alla fine del quarto millennio).

(*1)
STATURA DEGLI ANTICHI ITALICI:

Il Codex Theod. (7.13.3), citato dal Roth ("The logistics of the roman army at war") porta l'altezza di 165 cm. come limite d'ingresso nelle legioni.
Questo vale per il legionario in senso lato. Un passo di Vegezio fa supporre che esistessero limitazioni più rigide per soldati destinati a servire in unità particolari:
"Proceritatem tironum ad incommam scio semper exactam, ita ut VI pedum vel certe V et X unciarum inter alares equites vel in primis legionum cohortibus probarentur" (Veg. I, V)
[altezza minima di 178 cm per i cavalieri ausiliari, e di 173 cm. per i legionari della I coorte.]

Ad ogni modo, alcune fonti (Tacito, Hist. 4.1 - Apuleio, Met. 9.39) suggeriscono che l'altezza media dei militari fosse superiore a quella dei civili (diversi studi, citabili se interessa, stabiliscono, per l'antichità, l'altezza media di un maschio adulto in un range tra 160 e 171 cm).
Questo concorre a sostenere la teoria secondo cui un'altezza minima fosse comunque un requisito richiesto per l'arruolamento.
Ma cominciamo dal principio, cioè dal periodo del popolamento dell'Italia arcaica, quando le genti indoeuropee giungono a contatto con quelle neolitiche mediterranee già presenti nella penisola.
Le tombe arcaiche dell'area osco-sannitica-latina, presentano scheletri di altezza variabile, nel sesso maschile, tra 1,70 e 1,85 metri. Si parla di indoeuropei del ceppo italico, in grado di avere un'alimentazione piuttosto varia, dai cereali, alla carne, al latte ed al pesce.
500 anni dopo, gli indoeuropei italici si sono ormai fusi con i neolitici aborigeni, dando così luogo alle popolazioni italiche del periodo classico che noi conosciamo. Le tombe e i ritrovamenti della stessa area registrano un abbassamento della statura, che va da 1,65 a 1,78. Non molto, ma variata.
Ancora nel 250 a.C., le tombe italiche dell'area evidenziano in media stature superiori al 1,70 o comunque non inferiori.
Dopo le Guerre Puniche il discorso si complica. L'arrivo in massa in Italia di circa 250-300.000 schiavi orientali nell'arco di mezzo secolo (il censimento ordinato da Tiberio Gracco per la sua lex agraria, che li attesta, è del 133 a.C.), il dissanguamento degli italici a causa delle continue guerre, la fusione etnica, portano alla "nascita", almeno nell'Italia meridionale continentale, di una popolazione più bassa e con pelle e capelli più scuri, che sostituisce la popolazione italica di origine indoeuropea. Attorno all'80 a.C., il numero degli schiavi eguagliava quello degli italici, circa 900.000 a 840.000, con conseguenze inevitabili sulla mutazione del carattere etnico-razziale indoeuropeo originale.
E lo spopolamento delle campagne, in seguito alla speculazione degli optimates e al debito di sangue troppo alto estorto dalle continue guerre, determinava forte instabilità sociale nelle città, con le conseguenze sociali che tutti conosciamo (crisi della Repubblica e delle sue istituzioni, nascita della figura del condottiero...).
Prove di questo calo demografico sono le difficoltà sempre crescenti in spedizioni militari di second'ordine, come a Numanzia nel 135, o in Numidia nel 114, difficoltà dovute non solo alla mancanza ormai preoccupante di una classe media di piccoli proprietari-soldati arruolabile, ma anche alla mancanza stessa di cittadini italici.
Nel II° secolo a.C. le campagne italiche dava già segni d'esaurimento demografico.
Contemporaneamente, i contatti con la Grecità ormai decaduta ed ellenistico-orientale, con l'Oriente levantino, portavano i primi germi di disfacimento in Roma.
“Syria prima nos victa corrupit”, rìconosceva Floro (Epitome, 1, 47). Il tipo del levantino portato schiavo e emancipato, del liberto di provenienza medio-orientale ma ricco e potente, diventa sempre più frequente sulla scena romana per dominarvi incontrastato nei secoli dell'Impero.
Tuttavia, a causa anche al profondo disprezzo con il quale nell'Antichità si guardava ai servi, le unioni non furono così massicce, e ancora nel periodo Tardo Repubblicano gli italici, e quindi i romani, avevano statura maggiore del 1,70.

Concludendo, il maschio adulto medio di epoca greco-romana ha un'altezza compresa tra i 165 e i 170 centimetri. Tanto per darvi un termine di paragone, l’altezza media degli italiani alla visita di leva nel 1874 era di 164 cm, mentre nel 1963 era di 174 cm.
Giulio Cesare, secondo Svetonio e altri storici dell'epoca, era molto alto, con carnagione e capelli chiari ed occhi neri.
Fino al primo secolo dopo Cristo nell'élite romana sembra prevalere il tipo nordico: molti sono biondi e relativamente slanciati nel fisico. Tuttavia già alla metà del secondo secolo, il numero di schiavi siri, greci ed ebrei eguaglia quello degli italici: la statura media si abbassa, tanto che l'altezza minima per essere ammessi nell'Esercito imperiale scende a 148 centimetri, e la «Romanorum brevitas» viene contrapposta da molti autori alla «Germanorum proceritas». Con le invasioni barbariche le carte, e i geni delle popolazioni, si mischiano per l'ennesima volta.