Perché il terzo uomo (Ignazio Marino) non sta a guardare

[mc lovin]

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15 agosto 2009

Perché il terzo uomo non sta a guardare
Ma Ignazio Marino? Dov’è finito? Attenzione, perché potrebbe davvero accadere che il “terzo uomo” possa a un certo punto diventare determinante: «Noi non sovvertiremo le primarie. Se si va al ballottaggio in assemblea voteremo per chi sarà arrivato primo», dice Pippo Civati, responsabile del programma politico di Marino.
La corsa è lunga. E la sensazione di una messa ai margini del “terzo uomo” c’è, al di là del sondaggio del Riformista che alle primarie inchioda il senatore- chirurgo all’11 per cento. Lui se n’è partito per una decina di giorni, alimentando la sensazione di una sua improvvisa afasia politica.
«Mah, una sensazione colpa anche dei massmedia: Marino è intervenuto su tutto quello su cui c’era da intervenire, sulla pillola Ru486, sulle gabbie salariali, sulla Rai», risponde Civati.
Però ha colpito il silenzio sulla sentenza del Tar sull’ora di religione, questione che riguarda il capitolo della laicità, un suo cavallo di battaglia... «Siamo d’accordissimo con quanto ha detto Massimo Cacciari – dice Civati – io ho fatto una dichiarazione su questo». «Semmai, il silenzio che colpisce di più è quello di Bersani e Franceschini », interviene Michele Meta, grande organizzatore della macchina “mariniana”.
Ma Ignazio Marino sta per tornare. Testamento biologico, informazione, Sud (il 25 parte da Casal di Principe un “viaggio” nel Mezzogiorno sulle questioni della legalità e della questione morale): il terzo uomo ha voglia di recuperare.
Perché questo è il verbo giusto: recuperare. È facile capire come la botta del Foglio sulle (presunte) irregolarità amministrative che portarono il chirurgo alle dimissioni dal centro di trapianti Ismett di Palermo nel 2002 abbia nuociuto alla sua immagine, alla sua tenuta psicologica, costringendo lui e i suoi seguaci a giorni e giorni di rettifiche, precisazioni, ricostruzioni.
Una brutta storia. Piombata qualche giorno dopo la gaffe sul (presunto) stupratore seriale Bianchini («C’è una questione morale nel Pd»), la bomba del giornale di Ferrara era parso un ko definitivo.
Poi c’era stato qualche “aiutino” da parte dei suoi competitor sotto forma di silenzio sulle indiscrezioni che accreditavano la tesi del rinvio delle nomine di Rai3 e Tg3 in attesa del congresso, a rafforzare l’idea di una piena compromissione del Pd nelle logiche lottizzatorie della Rai. Tornerà, su questo, Marino, e sfiderà Bersani e Franceschini sui temi etici. Uscirà una battagliera intervista sull’Espresso su questo.
Il primo scoglio è superare il 5 per cento fra gli iscritti: «Con il gonfiamento delle tessere – dice Civati – non sarà facilissimo ma siamo certi di farcela». È da vedere. E poi? Poi, le primarie. Lì la musica cambia. Un elettorato più largo dei tesserati – e di molto – conterà molte persone che hanno voglia di dare un voto contro l’establishment, contro una politica ritenuta, a torto o a ragione, troppo incline alla mediazione e pronta allo sbracamento su temi ideali di primaria importanza. Marino conta di dare voce a questo disagio dai mille volti.
Per questo «alle primarie Marino è a due cifre», come giura Meta. Il che rafforzerebbe la previsione che né Bersani né Franceschini superino il 50 per cento, così da rendere necessario il ballottaggio in seno all’ assemblea nazionale. Cosa faranno i delegati “mariniani” diventerebbe a quel punto determinante.
Ma lui non vuole fare il Ghino di Tacco. «Non contraddiremo il risultato delle primarie». Intanto c’è quel maledetto 5 per cento fra gli iscritti da superare.
Mario Lavia

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