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    Predefinito L'arte sacra e il Concilio Vaticano II

    Chiesa e artisti: un dialogo da approfondire

    Le intuizioni del Concilio Vaticano II relative all'arte sacra e all'attività pastorale con gli artisti


    Consacrazione di un altare "versus populum"
    Immagine dal sito http://upload.wikimedia.org/

    Chiara Santomiero

    Quali sono le innovazioni apportate dal Concilio Vaticano II in materia di arte, architettura e liturgia? Quanta parte delle affermazioni conciliari è stata tradotta nella pratica ordinaria delle parrocchie? A cinquant’anni dalla pubblicazione della costituzione Sacrosanctum concilium sulla sacra liturgia, l’XI Convegno liturgico internazionale “Il Concilio Vaticano II. Liturgia Architettura Arte” che si è svolto presso il monastero di Bose in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici Cei ha provato a tracciare un bilancio. Aleteia ne ha parlato con uno dei relatori al convegno, Ralf Van Bühren, docente di “Comunicazione della fede attraverso architettura e arte”, “Storia dell'arte liturgica” e “Storia dell'arte cristiana contemporanea” alla Pontificia Università Santa Croce di Roma.


    Quale novità ha apportato il Concilio Vaticano II rispetto al rapporto tra arte e liturgia?

    Van Bühren: La prima novità è che mai un Concilio aveva parlato in modo così ampio del rapporto tra arte e Chiesa cattolica. Il Concilio di Trento nel 1563 e, ancora prima, il secondo Concilio di Nicea nel 787, avevano affrontato solo il tema dell'uso devozionale e liturgico delle immagini. Per la prima volta il Vaticano II ha affrontato questo tema sotto una decina di aspetti diversi: dalla architettura sacra al rinnovamento dell'arte liturgica, dalla piena partecipazione dei fedeli alla giusta autonomia della creazione artistica, dalla cura dei monumenti al dialogo con gli artisti.


    Cosa si intende per “giusta autonomia” della creazione artistica?

    Van Bühren: Un artista ha bisogno di lavorare in uno spazio di libertà, di scelta, perché l'opera d'arte vive anche di ispirazione, non solo di leggi descrittive importanti per la liturgia. La “giusta autonomia” richiede però anche di riconoscere le esigenze pratiche legate all'uso dell'arte sacra. Il Vaticano II ha posto un focus funzionale sull'arte sacra. Serve per la celebrazione liturgica, la pietà popolare, serve per la riflessione personale, per l'istruzione religiosa in senso catechistico, serve per lodare Dio. L'arte viene dall'uomo ed è fatta per l'uomo: possiede una dignità propria, una bontà naturale. Nel contempo è ragionevole che l'artista riconosca anche la legge morale insita nel suo lavoro di cui è responsabile.


    La libertà artistica si muove quindi nella cornice funzionale dell'arte e architettura sacra...

    Van Bühren: Per aiutare gli artisti ad entrare in una dimensione di rispetto per le richieste dei committenti, il Concilio ha espresso il desiderio del dialogo fra Chiesa e artisti contemporanei. Questa richiesta di attenzione pastorale verso gli artisti costituisce pure una assoluta novità, di cui non si trova traccia nelle affermazioni conciliari del passato. Oltre agli orientamenti per la riforma liturgica, troviamo quindi nella costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, insieme alla costituzione pastorale Gaudium et spes, diverse richieste per una riforma di tipo pastorale. Tuttavia ancora oggi l'attività pastorale con gli artisti non è molto diffusa: in Germania ci sono solo 20 diocesi su 27 che hanno una commissione diocesana per l'arte sacra, invece solo 11 diocesi che hanno un sacerdote dedicato a questa pastorale.


    Quali sono i suoi compiti?

    Van Bühren: Organizzano, tra le altre attività, convegni nei quali si incontrano artisti, teologi, liturgisti, docenti universitari, persone con diverse competenze. In molte città, il Mercoledì santo il vescovo celebra una Messa per tutti gli artisti che si radunano e possono conoscersi tra loro e avere un contatto con il vescovo stesso. La scelta di questo giorno nasce a Parigi nel 1926 quando gli artisti francesi chiesero all'arcivescovo di celebrare una messa per gli artisti defunti. La tradizione annuale è stata ripresa dall'arcivescovo di Colonia nel 1950. Dopo il Concilio, poche diocesi nel mondo hanno istituito la figura del sacerdote che non solo organizza mostre ed eventi, ma offre occasioni di incontro personale e aiuta spiritualmente gli artisti. Si tratta di un'intuizione che potrebbe favorire la “fioritura di una primavera nuova dell'arte religiosa postconciliare” tanto auspicata da Paolo VI.


    Quali altre carenze rileva?

    Van Bühren: Ciò che manca per rinnovare veramente l'arte sacra oggi è la comprensione mistagogica dei sacramenti, cioè il mistero di Dio che si fa presente nel mondo attraverso la presenza di Cristo risorto nei sacramenti e nella Parola. Questa realtà è al centro della liturgia e anche al servizio di questo dovrebbe essere l'arte sacra. Se lo spazio liturgico non fa riferimento al Mistero pasquale anche fuori della Santa Messa, ad esempio per le devozioni extra-liturgiche della pietà popolare, la “partecipazione piena, consapevole e attiva” di tutti i fedeli alla celebrazione liturgica non ottiene il suo necessario appoggio estetico. Gli artisti hanno bisogno di ascoltare e comprendere tali richieste dai committenti. In realtà, la presenza del Mistero, il Verbo incarnato, è una sfida interessante per gli artisti perché ciò che si sforzano di fare con l'arte è proprio tradurre nella materia qualcosa che appartiene al mondo dello spirito. Una seconda carenza riguarda la formazione liturgica che deve essere migliorata per tutti: sacerdoti celebranti, predicatori, laici, religiosi. Il Concilio ha stabilito un'attenzione prioritaria per la formazione permanente liturgica di tutto il popolo di Dio. Non si può migliorare l'arte sacra senza una migliore comprensione mistagogica dei sacramenti e senza una efficiente formazione liturgica.


    Sono sufficienti?

    Van Bühren: Insieme con una migliore formazione estetica: c'è un grande pregiudizio verso l'arte contemporanea da parte della maggioranza delle persone, credenti e non credenti. Gli artisti devono capire questa difficoltà: un artista totalmente astratto, ad esempio, deve riconoscere che questo linguaggio è più o meno accessibile solo a persone di formazione più elevata. Per questo credo che una commissione diocesana per l'arte sacra dovrebbe ascoltare anche – almeno con voto passivo - le impressioni di chi frequenta abitualmente la chiesa riguardo al concorso indetto per un nuovo edificio di culto o per l'adeguamento liturgico. Il Concilio ha voluto una più attiva collaborazione all'interno del popolo di Dio per lavorare insieme.


    C'è qualcosa che invece il mondo dell'arte può insegnare alla Chiesa?

    Van Bühren: Gli artisti hanno una sensibilità di stupore; sono in grado di capire la bellezza, la magnificenza delle piccole e grandi cose del mondo, partendo non solo dalla natura ma anche dalla convivenza umana della quale scorgono i problemi, i conflitti, il dolore ma anche la gioia e la speranza. Gli artisti sanno trasmettere tutto ciò in un modo accattivante attraverso la musica, la pittura, l'architettura. Non tutte le opere realizzate sono eccezionali ma normalmente hanno qualcosa da trasmettere che apre una prospettiva nuova per le persone. I cristiani hanno bisogno di chi sappia scrutare la trascendenza per trasmettere speranza. La bellezza porta a ringraziare per la nostra vita. E se l'arte sacra è capace di suscitare il ringraziamento, è già un grande servizio agli uomini.

    Chiesa e artisti: un dialogo da approfondire - Aleteia
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 22-05-15 alle 00:28
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

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    Predefinito Re: L'arte sacra e il Concilio Vaticano II

    DISCORSO DI PAOLO VI
    AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE
    PER L'ARTE SACRA IN ITALIA


    Mercoledì, 17 dicembre 1969


    Paolo VI, 262º papa della Chiesa cattolica
    Immagine dal sito Wikimedia Upload

    Accogliamo molto volentieri la Pontificia Commissione per l’Arte Sacra in Italia, innanzi tutto per le persone che la compongono : ecco il Signor Cardinale Paolo Marella, Presidente Onorario, ecco Mons. Giovanni Fallani, Presidente effettivo, con il Segretario Mons. Pietro Garlato; e poi gli illustri Consultori della Commissione stessa. Questa visita Ci offre occasione di salutare rispettosamente queste degnissime persone e di manifestare la stima e la fiducia, che Noi professiamo nei loro riguardi, ed inoltre di esprimere a loro la Nostra riconoscenza per l’attività che esse svolgono per l’efficienza ed il credito della Commissione medesima. Sappiamo l’attività della Commissione, seguiamo i suoi lavori, Ci compiacciamo del suo servizio per una causa ben degna del Nostro interesse e ben inserita nel disegno multiforme e unitario della Nostra missione apostolica in onore del nome di Cristo e a vantaggio della sua Chiesa.

    In secondo luogo siamo lieti di questo incontro per lo scopo che lo giustifica, e cioè la presentazione d’un volume, il cui titolo basta da solo per meritare il Nostro plauso; il titolo infatti parla degli «Orientamenti dell’Arte sacra dopo il Vaticano II». Esso sveglia subito la Nostra curiosità, alla quale speriamo concedere qualche soddisfazione difendendo a tal fine qualche sereno momento di intellettuale ristoro dalla sempre invadente pressione delle incessanti occupazioni del Nostro ufficio. Ma esso titolo, già di per sé, Ci è grato documento della fecondità del recente Concilio ecumenico vaticano secondo anche nel campo dell’Arte Sacra, campo questo che, a tutta prima, si potrebbe supporre remoto ed estraneo alle grandi correnti teologiche e canoniche dell’assemblea conciliare, e che invece vediamo percorso da cure laboriose, intenzionali e, come per ogni altro campo coltivato dalle grandi trattazioni del Concilio stesso, da precisi ed amorosi intenti rinnovatori ed animatori. La primavera conciliare è auspicata e promossa anche nell’orto privilegiato dell’Arte Sacra. L’aratro fecondatore del Concilio è passato anche in cotesto giardino. Sta bene, Noi speriamo. Non possiamo desiderare di meglio che anche l’Arte Sacra abbia a rifiorire all’aura vivificatrice dello Spirito, che la Chiesa ha invocato per ogni sua vitale attività in quella storica occasione.


    IL CONCILIO NICENO II

    Piacerà dunque anche a Noi osservare come il Concilio abbia espressamente parlato dell’Arte Sacra. Sarebbe interessante ricordare come non è la prima volta che ciò avviene in sede conciliare. Chi non sa come il Concilio Niceno II, nell’anno 787, abbia dottrinalmente messo fine alla controversia iconoclasta in Oriente e poi in tutta la Chiesa cattolica rivendicando da un lato la liceità delle sacre immagini, dall’altro la funzione cultuale, puramente relativa e rappresentativa delle iconi e di quanto si connette al loro culto: l’onore reso all’immagine si riferisce non tanto ad esse, quanto «al prototipo», cioè a Chi ed a ciò di cui esse offrono la figura, mirando esse a erigere gli animi, oltre la figura stessa, a quanto questa rappresenta (cfr. Denz.-Sch. 600-601); cosa per noi chiarissima, ma in quel momento storico e in quel clima spirituale opportunissima per togliere all’immagine ogni tentazione idolatrica e per conservare all’arte religiosa figurativa la sua tradizionale legittimità, il suo ufficio simbolico e didattico, la sua possibilità di svolgersi e di diffondersi (cfr. S. BASILIO, De Spiritu Sancto, 18; PG 32, 149).


    IL CONCILIO TRIDENTINO

    La questione fu ripresa, come è noto, dal Concilio Tridentino, a rettifica di certe espressioni verbali scolastiche (cfr. S. TH., III, 25, 3), e a difesa di certe posizioni negative protestanti, con l’affermazione rinnovata della convenienza del culto delle immagini (cfr. Benz.-Sch., 1823), seguita dall’apologia consueta della dignità e dell’utilità dell’arte sacra (cfr. BOSSUET, nel frammento su Le culte dû aux images. Œ uvres compl. VIII, 21-29; VII, 429-443, ed. 1846). Tutta una letteratura storica, teologica, apologetica, artistica su questo tema ci dice il merito e la saggezza della Chiesa a riguardo di questa squisita e sublime espressione dello spirito nel campo sensibile, affidando all’arte una funzione mediatrice, analoga potremmo quasi dire a quella sacerdotale, o, forse meglio, simile a quella della scala di Giacobbe, che discende e sale, la funzione cioè di portare il mondo divino all’uomo, a livello sensibile, della sua intuizione cognoscitiva mediante l’uso dei sensi e mediante le sue vibrazioni sentimentali, per innalzare poi il mondo umano a Dio, al suo regno ineffabile di mistero, di bellezza, di vita. La liturgia, nell’impiego dei molti suoi segni sensibili, dimostra la sua vocazione artistica; e quando essa è bene compresa e bene compiuta, risponde a questa vocazione in modo incomparabile, nella bellezza della forma e nella profondità del contenuto.


    IL CONCILIO VATICANO II

    Il Concilio Vaticano II parla dell’arte sacra in relazione alla Liturgia in un capitolo intero, il VII, della Costituzione «Sacrosanctum Concilium» infondendo così all’arte sacra un impulso nuovo, che segnerà, Noi speriamo, i suoi nuovi e fioriti sentieri, anche perché essi hanno, nelle linee direttive loro segnate, davanti a sé la libertà, secondo l’autorevole riconoscimento che l’Enciclica Mediator Dei di Papa Pio XII afferma essere dovuta ancor più all’arte che all’artista: «Non si devono disprezzare, dice la celebre Enciclica, e ripudiare genericamente e per partito preso le forme e le immagini recenti . . . . evitando con saggio equilibrio l’eccessivo realismo da una parte e l’esagerato simbolismo dall’altra; e tenendo conto della comunità cristiana, piuttosto che del giudizio e del gusto personale degli artisti, è certamente necessario dare libero campo anche all’arte dei tempi nostri» (A.A.S., 1947, p. 590; Sacr Conc., n. 123).

    Questo Ci fa concludere con un fiducioso incoraggiamento a fare in modo che fra l’arte moderna e la vita religiosa, auspice specialmente la Liturgia, cioè il culto divino, si ristabilisca una amicizia, un’alleanza, la quale contribuisca a restituire all’opera d’arte i due suoi massimi e caratteristici valori: quello della bellezza, della bellezza sensibile (id quod visum placet; percepita nell’integrità, nella proporzione, nella purezza dell’opera; cfr. S. TH. 1, 39, 8), e quello indefinibile, ma vivente dello spirito, della commozione lirica dell’artista riflessa nell’opera sua; e riesca a ridare voce innamorata e innamorante alla Chiesa, alla Sposa di Cristo.

    Con un’altra conclusione, a cui il Vaticano II attribuisce particolare importanza: bisogna, ancor prima di pretendere una epifania nuova d’arte sacra, quasi ch’essa abbia virtù di generare da sé il suo rinnovamento e la sua fecondità, bisogna darsi cura di formare gli artisti: bisogna, come sempre, cominciare dall’educazione dell’uomo (cfr. Sacr. Conc., n. 127). Ed è ciò che voi fate e farete: la pubblicazione di questo volume Ce ne vuol essere documento e pegno. E perciò di cuore vi ringraziamo e vi benediciamo.

    © Copyright - Libreria Editrice Vaticana

    Alla Pontificia Commissione Centrale per l'Arte Sacra in Italia, 17 dicembre 1969 - http://w2.vatican.va/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 02-10-16 alle 17:05
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

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    Predefinito Re: L'arte sacra e il Concilio Vaticano II



    Ralf van Bühren

    Architettura e arte al Concilio Vaticano II



    F. Bodini, Papa Giovanni e cardinali (1962)
    scultura in bronzo
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

 

 

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