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PRATO. Via Pellico, via Manin, via Curtatone, via Filzi. C'è tanta storia del Risorgimento e ben poco altro d'italiano nelle vie popolose e caotiche della grande Chinatown made in Prato. Un vasto quadrilatero nel quale
lo strapotere demografico cinese risucchia, trasforma e ingloba tutto: merci, sistemi produttivi, culture, tradizioni culinarie. Qui, perfino la pizza e il kebab hanno le insegne con gli ideogrammi, figurarsi le profumerie, i supermercati, i negozi di alimentari. Via Pistoiese e via Filzi sono due stradoni diritti che dal centro portano verso ovest e qui, perfino in un afoso pomeriggio estivo che svuota di pratesi la città, c'è gente a mucchi.
Tutti con gli occhi a mandorla, o quasi.
In quel quasi, insieme a qualche pratese e a diversi extracomunitari, ci stanno loro, i 39 militari mandati a pattugliare la città con l'operazione «Strade sicure». Ai piedi calzano pesanti anfibi più adatti ad attraversare paludi e acquitrini piuttosto che a percorrere gli infuocati marciapiedi di Prato, alla cintura
un robusto sfollagente e una pistola, una Beretta a canna corta più adatta al servizio degli ingombranti fuciloni che hanno normalmente in dotazione. Ieri alle 13, le prime tre pattuglie miste, composte da due o tre militari del Genio guastatori di Udine e da un carabiniere o da un poliziotto, hanno fatto la loro comparsa in città: alla stazione, nel centro, ma soprattutto a Chinatown. Le tre zone saranno coperte da una pattuglia ciascuna dalle 7 alle una, mentre di notte il servizio sarà assicurato i due zone su tre, a rotazione.
In via Pistoiese, la pattuglia si nota in lontananza e non solo per lo squillante blu polizia e il polveroso color kakhi esercito delle uniformi. La gente li nota e non potrebbe essere diversamente: i cinesi osservano con placida curiosità orientale, gli italiani con occhio scettico (in pochi) o
manifestando aperta soddisfazione (i più).
I militari hanno la consegna di non parlare e il poliziotto racconta le impressioni delle prime ore di pattugliamento. «Per il momento - spiega - loro devono prendere confidenza con il territorio e ci limitiamo a percorrere gli itinerari prefissati, che sono stati individuati sulla base delle segnalazioni dei cittadini e degli interventi fatti dalle volanti». In questa prima fase, dunque, approccio molto soft nella Chinatown: niente richiesta di documenti a extracomunitari, anche perché se dovessero farlo sistematicamente non avanzerebbero di un metro, a meno che non si verifichino comportamenti anomali. Niente controlli a capannoni o ad attività commerciali, sempre che non balzino agli occhi evidenti irregolarità.
I due soldati non sono comunque dei novellini: a forza di parlare del caldo e dei cinesi, uno dei due si lascia andare. E' sardo e alle spalle ha un'esperienza analoga a Milano: «Anche lì - spiega - c'erano tanti immigrati, soprattutto cinesi e rumeni e siamo stati accolti benissimo, proprio come sembra stia accadendo qui. Ci sono tanti cinesi che hanno paura dei loro connazionali e sono felici di vederci le strade».
Chinatown, del resto, è un pezzo di città dagli equilibri molto delicati: a poche decine di metri da dove si trova la pattuglia c'è via Tazzoli, dove l'altra sera si è consumata una feroce vendetta, con
un cinese aggredito a colpi di mannaia, esito di una guerra tra baby gang che in estate ha tragicamente insanguinato Prato.
Al Bar Lo Scalino dicono «l'era l'ora», quasi uno scioglilingua per manifestare
la contentezza per l'intensificarsi dei controlli; pure Ilaria, commessa di una vicina profumeria sorride: «Meno male che sono arrivati, forse avremo un po' meno paura. Spesso siamo costretti a chiamare polizia e carabinieri a causa dei furti». Anche Moni, la sua collega, una cinesina ventenne nata a Shanghai, ma a Prato da tantissimi anni, è molto contenta dell'arrivo dei militari:
la vita non è facile per nessuno in questo melting pot dove i nativi sembrano quelli con gli occhi a mandorla e gli extracomunitari tutti gli altri, cingalesi, italiani, nordafricani.
Clima diverso alla stazione, dove le presenze sono rarefatte dalla canicola e i problemi diversi, legati a emarginazione e piccola criminalità. Qui, la pattuglia composta da un carabiniere e da tre militari può agevolmente filtrare i pochi passanti: «Abbiamo fatto diversi controlli, non particolarmente invasivi, a vari extracomunitari - spiega il carabiniere - ma tutti avevano i documenti in regola».