Il nemico è a sinistra. Tra i liberali
Morto il socialismo, il liberalismo si è riposizionato a sinistra. Dov'è sempre stato
Socialisti e comunisti non sono più tra noi, spazzati via dalla storia con le loro utopiche certezze. La caduta dell'Unione Sovietica ha infatti certificato la fine della sinistra rivoluzionaria ed il trionfo in Occidente dell’ideologia liberale. La quale, però, nel momento stesso in cui ha affossato la sinistra, l’ha nei fatti surrogata, lasciando di buon grado il lato destro dello spettro politico al suo nemico storico: il conservatorismo.
La politica occidentale, superato il Novecento con i suoi scontri ideologici – tra autoritarismo e democrazia prima, e tra borghesia e proletariato poi – non è riuscita a procedere avanti, dando per qualche tempo ragione ai profeti della "fine della Storia" come Francis Fukuyama. Il paradosso è che, non potendo andare avanti, è addirittura tornata indietro di un secolo: all’Ottocento, quando lo scontro ideologico tra destra e sinistra vedeva opposti da un lato i conservatori e dall’altro i liberali.
In un’ottica internazionale è molto facile distinguere gli uni dagli altri: a guidare il fronte del progresso liberale è l’Occidente democratico, intenzionato a permeare di sè il resto del globo; a difesa invece delle istituzioni e culture nazionali ci sono l’Islam, le restanti dittature del Terzo Mondo, l'estrema destra europea, la Russia ancora in parte autocratica e i paleoconservatori americani. Non è però questa una “reazione” coesa sul piano politico e tantomeno su quello filosofico. Il che rende oggi impensabile il formarsi di un’internazionale conservatrice come potè realizzarsi al tempo della Restaurazione. Siamo dinanzi, piuttosto, ad un’opposizione d’inerzia al processo rivoluzionario in corso: un processo iniziatosi in Europa per mano della sinistra radicale e che oggi una presunta "destra" di matrice liberale porta avanti con particolare solerzia, magari non per ideale ma per interesse. Peccato che gli sconvolgimenti sul piano internazionale siano, però, gli stessi.
Più difficile è individuare oggi i conservatori all'interno dell’Occidente liberaldemocratico. Di sovente, infatti, vengono indicati come tali quel particolare tipo di liberali che sono posizionati appena più a destra dei liberali progressisti, ma che sul piano filosofico non sono in alcun modo passibili di conservatorismo. Tant’è vero che il loro pantheon di riferimento è composto unicamente di intellettuali liberali: Locke, Acton, Mill, Aron, Popper. Al meglio è la vecchia destra orleanista, al peggio un riformismo socialista scacciato a destra dall’arrembante accorrere a sinistra dei postcomunisti.
In realtà, distinguere un conservatore da un liberale di destra dovrebbe essere molto semplice, non fosse altro in ragione del motivo che vede il destro-liberale sempre pronto a riconoscere come propria nemesi la destra "reazionaria", mentre ai progressisti autocollocatisi alla sua sinistra è riservato soltanto qualche amorevole buffetto. La ragione di questo comportamento è che i liberali, di destra come di sinistra, sono parte integrante di quel mondo moderno che si è lasciato alle spalle quello "antico" con la Rivoluzione francese. Data storica che non a caso viene magnificata dalla destra “moderata” non meno che dalla sinistra "rivoluzionaria”, in quanto entrambe sono nate a sinistra.
Conservatorismo contro liberalismo, dunque. E ce ne accorgiamo giorno per giorno, quando ad infiammare le politiche occidentali non sono più le vecchie tematiche economiche legate alla redistribuzione del reddito, ma quelle che interessano i diritti dell’uomo, della Natura, di Dio. Si è tornati a parlare di un’etica “laica”, di stato “aconfessionale”, di “anticlericalismo”, una terminologia che negli anni settanta era appannaggio solo di una minima parte della sinistra, quella di estrazione radicale.
La sinistra odierna continua infatti a riverire il comunista Berlinguer, ma parla ormai il linguaggio libertario di Pannella. Il progressista liberale moderno si scopre borghese, non proletario, e ha superato il rozzo ateismo rosso con un più raffinato spiritualismo buddista. Il progressista liberale moderno si rispecchia nell'immagine androgina della femminista impegnata piuttosto che in quella rude e becera del maschio da osteria. Il progressista liberale moderno è pronto a difendere il capitalismo "da se stesso", invece che attaccarne filosoficamente le basi. Per questi ed altri motivi la differenza tra un liberale di sinistra e il suo alter ego di destra si presenta oggi alquanto sfumata. E’ una differenza quantitativa e non qualitativa e ricalca il vecchio discrimine tra riformismo e massimalismo. Anche l'attuale scontro sui valori cattolici produce più scintille che fiamme, in quanto il cattolicesimo contemporaneo, anche quello del “conservatore” Ratzinger, è pienamente inserito nella cornice liberale della nostra modernità. Diversamente dal cattolicesimo preconciliare, infatti, quello di Benedetto XVI è un raffinato cattolicesimo progressista, che ha il solo problema di essere pressato alla sua sinistra da correnti filosofiche e politiche ancor più radicali. Nonostante ciò per il Vaticano i maggiori timori sembrano provenire soprattutto da destra: dal fondamentalismo politico protestante, dall’ebraismo ortodosso “guerrafondaio”, dal risorgente nazionalismo antimondialista, come dal populismo antimmigrazionista.
Bisogna non dimenticare che il cattolicesimo è stato il battistrada del liberalismo filosofico ancor prima di veicolare il suo messaggio “sociale”. Molti cattolici si sono ritrovati loro malgrado “a destra” solo quando il Papa sottostava di fatto all’autorità del Re o dell’Imperatore. Ma appena questa è venuta meno, la natura liberale che albergava nel cattolicesimo si è potuta svelare politicamente. Per il cattolico liberale lo Stato è un potenziale nemico in quanto l’autorità viene solo da Dio e gli umili son da preferirsi ai potenti. C’è da meravigliarsi che Marx non abbia colto al balzo la mano tesa che gli veniva porta. Fu infatti il materialismo dei socialisti a far sì che i cattolici si posizionassero al centro invece che a sinistra.
In quanto “siamo tutti figli di Dio” per la Chiesa non hanno motivo di esistere le nazioni, che la Cristianità ha sempre combattuto, come qualsiasi altro discrimine di natura etnica, culturale ed economica. L’unica barriera riconosciuta tra i cattolici è stata, per secoli, quella determinata dall'accettazione della Parola di Dio, che si riteneva conservata nella sua Verità soltanto nella Chiesa cattolica. Ma anche questa barriera, di per sè piuttosto flebile, è col tempo venuta progressivamente meno, al punto che oggi i cattolici sono diventati addirittura più ecumenici dei protestanti stessi.
E allora, visto che da sinistra a destra sono oggi tutti liberali, la destra autentica, quella di estrazione conservatrice, dove sta? La si può trovare in parte mimetizzata, ma non omologata al fronte "moderato"; dispersa nella vasta area del non voto; oppure attiva suo malgrado nell'estremismo di destra. Propriamente i conservatori sarebbero oggi coloro che intendono difendere dalla globalizzazione "mondialista" le culture autoctone. Sono quelli che accettano il cambiamento quando è prodotto dalla Storia e non dai ragionamenti astratti della filosofia. Coloro per i quali le differenze e le disparità tra gli esseri umani vanno accettate in quanto prodotte dalla Natura, che è giusta pur non essendo morale. Coloro per i quali lo Stato gerarchico risponde ad un ordinamento divino, immutabile ed eterno e la Storia è la stessa da sempre in un fatale ripetersi.
In Europa sono ormai davvero pochi coloro che ragionano ancora in questi termini. I liberali nella loro complementare differenziazione (moderati, riformisti, liberalsocialisti, cattolici liberali, libertari, radicali, anarchici) sono da sempre uniti nel negare l’autorità che si fonda sulla Natura e sulla Storia. Innalzato il vessillo dell’uguaglianza e della fraternità, il liberale ha di fatto costretto il conservatore all’eterno ruolo di minoranza passiva seppur mai doma (la Reazione in agguato). A differenza degli USA, che rimangono ancora in parte una nazione pre-moderna, il che permette alle forze "reazionarie" di essere ancora attive, nel Vecchio Continente il conservatore ha praticamente smesso di essere una persona fisica, diventando soltanto uno spauracchio di cui si serve la sinistra liberale per tenere a bada i competitors (liberali) alla propria destra. Per questo motivo il termine "conservatore" è considerato nel gergo politico europeo alla stregua di un insulto, che mette in soggezione i moderati non meno dei riformisti. "Conservatore" in luogo di "reazionario" e "assolutista". Diciamo pure la destra ottocentesca: il vero orrore di tutti i liberalismi.
Mr. Right