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  1. #11
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    Citazione Originariamente Scritto da Romanvs Visualizza Messaggio
    Condivido il pensiero di Etrvsco! Personalmente non ho mai provato simpatia per il FN che sembra la fotocopia del vecchio msi in "salsa" francese, dubito che un elettorato "socialista" possa trovare giovamento dalle politiche di una destroide ultraconservatrice come la pen, i le pen (padre compreso) non sono mai stati Socialisti Nazionali poi possono pure essere contro l'ue e le sue politiche scellerate però non ne farei mai un punto di riferimento.
    In ogni caso serve un pò a propagandare idee vicino alle nostre, poi si vedrà.
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  2. #12
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    L?ascesa del Front National | Esteri | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale
    Lorenzo Moore
    info@rinascita.net

    Come noto, il Front National ha vinto, il 13 ottobre scorso, il ballottaggio elettorale aBrignoles, nel sud della Francia. Il partito di Marine Le Pen si è assicurata una fondamentale vittoria alle amministrative.
    Il fatto sintomatico è che il candidato frontista Laurent Lopez sia riuscito a battere la candidata della destra UMP Catherine Delzers, raccogliendo il 53% dei voti contro il 47% della candidata gollista.
    Queste amministrative sono considerate in Francia una sorta di “termometro” in vista delleelezioni europee del prossimo anno.
    Una decina di giorni prima della tornata di voto, il 2 di questo mese, il quotidiano francese Le Figaro aveva pubblicato un reportage rivelatosi profetico riguardo alla crescita dei favori dei cittadini francesi verso il Front National. Nei sondaggi diffusi dal giornale, infatti, il FN veniva dichiarato con un consenso quasi pari a un terzo dell’elettorato francese, appena alle spalle dei socialisti e dei gollisti. In particolare la stessa Marine Le Pen veniva ritenuta dal 33% degli intervistati “in grado di rivestire un ruolo politico importante” nel futuro della nazione (il presidente Francois Hollande ha raccolto soltanto il 23% dei favori nel sondaggio).
    Più generalmente, le preferenze degli intervistati sui nomi più noti della politica francese avevano indicato al primo posto il ministro socialista dell’Interno Manuel Valls, al secondo l’ex presidente della Repubblica Francese Nicolas Sarkozy e quindi appunto la frontista Marine Le Pen.
    La crescente popolarità della le Pen e del movimento nazionalista è significativa. Già assicuratasi ella stessa il 17,9 per cento dei voti nelle elezioni presidenziali del maggio 2012, era stata di per sé notevole la penetrazione del FN nel nord est e nel sud est della Francia, regioni con tassi di disoccupazione record. La crisi economica e i tagli sociali imposti dall’Ue, dalla Bce e dal Fmi (la Troika) hanno nei fatti favorito ovunque nell’Europa dell’eurocrazia le opposizioni nazionaliste, radicate tra le fasce di popolazione più vulnerabili alla terapia del rigore monetarista imposto dai Signori del denaro.
    Sebbene il leit-motiv degli avversari dei movimenti nazionalisti concentri le proprie critiche sulle politiche anti-immigratorie dei partiti dichiarati “di estrema destra”, è evidente che questa demagogica reductio ad unum delle piattaforme sociali ed economiche del crescente “inter” nazionalismo europeo faccia acqua da tutte le parti perché rimuove soprattutto la radicale critica nazionalista all’Europa delle banche e dell’euro.
    E’ un fatto che ovunque in Europa i movimenti nazionalisti siano in crescita esponenziale. Tanto che le loro parole d’ordine – come accaduto anche in Italia – vengano surrettiziamente fatte proprie da larga parte degli stessi partiti lib-lab di regime e dalle loro opposizioni “del re”, tutte intrinsecamente liberaldemocratiche. Con l’intento evidente di renderle luoghi comuni e usa-e-getta. Manovre gattopardesche fin qui utilizzate con successo, ma ormai ben riconoscibili e criticate dai cittadini elettori.
    Sono tre gli elementi-chiave del generale successo delle forze nazionaliste europee. 1) l’opposizione radicale al regime dei vecchi partiti destra-sinistra-centro di fatto tra loro intercambiabili; 2) il rifiuto degli aspetti più mostruosi della cosiddetta “integrazione europea” e cioè sia l’imposizione di una moneta unica, l’euro, derubata alle economie nazionali ed emessa “a prestito” da una Banca centrale europea sottoposta ai desiderata delle banche d’affari internazionali e del Fmi, e sia l’apertura-colabrodo delle frontiere attuata con il Trattato di Schengen; 3) l’opposizione alle politiche “buoniste” e “umanitariste” anti-identitarie (le “porte aperte” all’immigrazione, allo “jus soli”, alle “famiglie diverse”, al totalitarismo oppressivo di un pensiero unico nella cultura, nella storia e nella società.
    In ogni angolo d’Europa è in costante aumento la popolarità dei movimenti e partiti nazionalisti. In Gran Bretagna con il U.K. Independence Party; in Olanda il Partito della Libertà; in Austria il Partito liberale di Heinz-Christian Strache; in Belgio il Flaams Belang, in Svezia i Democratici Svedesi, in Ungheria lo Jobbik (e il partito di centrodestra al potere). E naturalmente il Front National francese.
    La denuncia delle politiche dei tagli sociali, del rigore, dell’Ue, dell’euro e delle politiche buoniste e pro-immigrazione sono la loro piattaforma comune. Ed è naturale che il teatro della battaglia sarà specialmente il voto per il Parlamento europeo previsto per il prossimo giugno. Un voto che – sebbene ininfluente sulle scelte delle lobbies che manovrano i governi europei – pare destinato ad inceppare l’elefantiaca e dispendiosa costruzione burocratica chiamata “Unione Europea”.
    C’è da osservare, infine, che l’aumento della popolarità dei movimenti e partiti nazionalisti indica che nonostante la loro continua demonizzazione mediatica e propagandistica da parte dei regimi liberaldemocratici, tali forze siano riuscite a presentarsi come “normali” e quindi accettate dai cittadini.
    Tale “sdoganamento” (parola già cara all’Italia…) è, in fondo, un successo della nuova direzione impressa da Marine Le Pen a un movimento che, fondato dal padre Jean-Marie nei primi anni Settanta e pur a tratti vittorioso anche elettoralmente, veniva descritto come ricettacolo di “razzismo” e, naturalmente, di “antisemitismo”, magari perché dichiaratamente a favore dell’Iraq arabo laico e socialista o minimizzatore della valenza storica della cosiddetta Shoah.
    Ad un lettore omologato o a un cittadino teledipendente, l’attuale FN sarebbe “diverso” rispetto a quello fondato da Jean Marie Le Pen. Perché “meno” o “poco” “razzista”, senza vincoli con l’estrema destra e più attento alle politiche sociali e di protezione economica e di antiglobalizzazione. E inoltre e soprattutto oppositore dell’eurocrazia, dei trattati di Maastricht, di Schengen, di Lisbona, di “Stabilità” e di circolazione dell’euro, nel nome di una “riconquista della sovranità nazionale”.
    Un abbaglio o, meglio, una voluta distrazione.
    In realtà il cosiddetto “nuovo corso” del FN è esattamente quello della fondazione. Naturalmente adeguato nella metodologia privilegiando il programma di battaglia e di alternativa di fronte a quanto emerge oggi nel Paese (crisi economica e sociale). E tanto “interprete” dei desideri del popolo che lo stesso Francois Fillon, già primo ministro francese sotto Sarkozy, (UPM) un mese fa ha dichiarato “accettabile il voto al Front National per sconfiggere il partito socialista di Hollande”.
    Un evidente tentativo di ripetere la tattica già abbondantemente utilizzata dai partiti liberaldemocratici di centrodestra in Europa. “Aprire” a compromessi con i movimenti e partiti d’opposizione nazionalisti, “predando” loro parole d’ordine per raccogliere consensi e lasciare tutto come prima.
    Ma questa volta sembra che i partiti di regime abbiano proprio fatto i conti senza l’oste – il popolo elettore cioè. Che non sembra affatto pronto a farsi prendere in giro ancora una volta dalle stesse – da sempre le stesse – oligarchie di potere dei regimi di destra-centro-sinistra infeudati agli atlantici.


    Articolo letto: 1 volte (22 Ottobre 2013)

    - See more at: http://www.rinascita.eu/index.php?ac....0J0Zgod6.dpuf
    Ultima modifica di Avanguardia; 23-10-13 alle 11:49
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  3. #13
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    Giannuli: punita la sinistra, complice dell?euro-dittatura | LIBRE

    Giannuli: punita la sinistra, complice dell’euro-dittatura

    Scritto il 26/3/14 • nella Categoria: idee

    Tweet Il crollo dei socialisti e la parallela affermazione del Fn di Marine Le Pen non hanno sorpreso nessuno, ma l’entità degli spostamento è andata al di là delle previsioni. Il Ps paga l’impopolarità di Hollande, dovuta alle sue scelte di governo, ma, più in generale paga la sua posizione scomodissima di gestore della crisi. La sinistra “riformista” non ha e non può avere spazio nell’ordinamento liberista, perché la sua ragion d’essere sta nella mediazione fra capitale e lavoro, mentre il neoliberismo non cerca alcuna mediazione, perché postula semplicemente il dominio capitalistico e la totale subalternità del lavoro. C’è un errore di fondo: pensare che il liberismo sia la faccia economica del pensiero liberale. Sbagliato: il liberismo è indifferente alla qualità del regime politico e, nella sua variante neoliberista, ha un’anima essenzialmente totalitaria che sopporta la democrazia liberale (debitamente svuotata di senso e con istituzioni rappresentative prive di reale potere decisionale) solo perché teme che un regime autoritario potrebbe ridestare il fantasma del primato della politica.
    Dunque, non ha bisogno di sindacati e Parlamento, che devono sopravvivere solo come feticci, mentre lo stato sociale deve semplicemente sparire e la stessa Costituzione diventa un inutile intralcio. Ma la sinistra riformista senza Parlamento, sindacati e stato sociale, semplicemente non esiste. E tanto più nel tempo della crisi, quando il capitalismo tende a fuoriuscire dalla democrazia in favore dello stato d’eccezione. La sinistra moderata, che si candida a gestire una forma temperata di dittatura neoliberista, può reggere con difficoltà questa posizione sin quando non precipiti la crisi; dopo, se conquista il governo è costretta solo a fare il lavoro sporco. Quello che rende debole la posizione della sinistra “riformista” è la sua incapacità di immaginare un “altro” rispetto all’ordinamento esistente. Costitutivamente, la sinistra moderata accetta la dittatura dell’esistente e ritiene che il suo compito sia quello di temperare le ingiustizie del capitalismo, con una serie di conquiste parziali e creando “nicchie” di giustizia sociale.
    Quando poi, con la crisi, il capitalismo travolge irresistibilmente conquiste parziali e nicchie di equità, la sinistra moderata in un primo momento cerca di resistere, poi si appiattisce, in attesa di tempi migliori. Ma, così facendo, perde il contatto con la sua base e inizia fatalmente a declinare, mentre la protesta sociale contro la repressione capitalistica prende altre strade. A volte assai sbagliate o pericolose. Ora, come in altre circostanze storiche simili, la sinistra moderata diventa la sinistra dell’impotenza, perché non comprende che, lungi dal ridurre il tiro e abbassare i toni, queste situazioni esigono un confronto radicale sul modello di società: se il capitalismo tende a fuoriuscire dalla democrazia, alla sinistra spetta fuoriuscire dall’ordinamento esistente in direzione opposta. Nelle circostanze storicamente presenti – qui ed ora – la questione che si pone è quella dell’ordinamento neoliberista dell’Europa, costruito intorno alla Ue ed all’euro: c’è da decidere se cercare di mantenere in piedi tutta la baracca o buttarla giù a spallate.
    Su questo sta montando una fortissima protesta popolare, di cui il risultato francese è uno dei sintomi, ma non l’unico e non il più pesante. Quello che si capisce, senza troppa difficoltà, è che vasti settori di ceti popolari (che ormai sfiorano il 25%-30% del corpo elettorale, senza tener conto degli astenuti) attribuiscono all’euro e alle politiche di mantenimento di esso (come il Fiscal Compact) la responsabilità dell’inasprirsi della crisi e, conseguentemente, chiedono il superamento della moneta unica. E si badi che la protesta viene sia da chi guarda dal punto di vista dei paesi debitori (come Italia e Grecia), ma anche dio paesi creditori (come la Germania, l’Olanda o la Finlandia), che chiedono di tornare alla moneta nazionale o del Nord Europa, perché si ritengono danneggiati dalla condivisione della moneta con i “peccatori del debito”. Le elezioni francesi, in questo senso, sono solo il vento che annuncia la tempesta di fine maggio.
    Di fronte a questo, chi si schiera più risolutamente in difesa dell’attuale ordinamento europeo è proprio la sinistra moderala del Pd, Ps francese e spagnolo, Spd. E persino la “Sinistra Europea”- Gue (accusata di essere euroscettica perché osa mettere in discussione il Fiscal Compact) pur vagheggiano una vaga ed improbabile “altra Europa”, non osa mettere in discussione l’attuale assetto istituzionale europeo. A testimoniare dell’incredibile ottusità dei socialisti francesi, viene l’appello alla “solidaritè repubblicaine” verso la destra gaullista. Geniale: c’è una protesta che monta sulla base del fatto che la gente ritiene uguali sinistra e destra moderate ed i socialisti che fanno? Propongono il blocco elettorale comune fra loro e i gaullisti! Con maggiore intelligenza, la destra ha lasciato subito cadere la proposta e si predispone ad avere le mani libere nel rintuzzare l’assalto lepenista. Adesso, magari capite perché è una fortuna che in Italia ci sia il M5s, senza del quale rischieremmo che il malessere si incanali verso la Lega o magari Forza Nuova.
    Il crollo dei socialisti e la parallela affermazione del Fn di Marine Le Pen non hanno sorpreso nessuno, ma l’entità degli spostamento è andata al di là delle previsioni. Il Ps paga l’impopolarità di Hollande, dovuta alle sue scelte di governo, ma, più in generale paga la sua posizione scomodissima di gestore della crisi. La sinistra “riformista” non ha e non può avere spazio nell’ordinamento liberista, perché la sua ragion d’essere sta nella mediazione fra capitale e lavoro, mentre il neoliberismo non cerca alcuna mediazione, perché postula semplicemente il dominio capitalistico e la totale subalternità del lavoro. C’è un errore di fondo: pensare che il liberismo sia la faccia economica del pensiero liberale. Sbagliato: il liberismo è indifferente alla qualità del regime politico e, nella sua variante neoliberista, ha un’anima essenzialmente totalitaria che sopporta la democrazia liberale (debitamente svuotata di senso e con istituzioni rappresentative prive di reale potere decisionale) solo perché teme che un regime autoritario potrebbe ridestare il fantasma del primato della politica.
    Dunque, non ha bisogno di sindacati e Parlamento, che devono sopravvivere solo come feticci, mentre lo stato sociale deve semplicemente sparire e la stessa Costituzione diventa un inutile intralcio. Ma la sinistra riformista senza Parlamento, sindacati e stato sociale, semplicemente non esiste. E tanto più nel tempo della crisi, quando il capitalismo tende a fuoriuscire dalla democrazia in favore dello stato d’eccezione. La sinistra moderata, che si candida a gestire una forma temperata di dittatura neoliberista, può reggere con difficoltà questa posizione sin quando non precipiti la crisi; dopo, se conquista il governo è costretta solo a fare il lavoro sporco. Quello che rende debole la posizione della sinistra “riformista” è la sua incapacità di immaginare un “altro” rispetto all’ordinamento esistente. Costitutivamente, la sinistra moderata accetta la dittatura dell’esistente e ritiene che il suo compito sia quello di temperare le ingiustizie del capitalismo, con una serie di conquiste parziali e creando “nicchie” di giustizia sociale.
    Quando poi, con la crisi, il capitalismo travolge irresistibilmente conquiste parziali e nicchie di equità, la sinistra moderata in un primo momento cerca di resistere, poi si appiattisce, in attesa di tempi migliori. Ma, così facendo, perde il contatto con la sua base e inizia fatalmente a declinare, mentre la protesta sociale contro la repressione capitalistica prende altre strade. A volte assai sbagliate o pericolose. Ora, come in altre circostanze storiche simili, la sinistra moderata diventa la sinistra dell’impotenza, perché non comprende che, lungi dal ridurre il tiro e abbassare i toni, queste situazioni esigono un confronto radicale sul modello di società: se il capitalismo tende a fuoriuscire dalla democrazia, alla sinistra spetta fuoriuscire dall’ordinamento esistente in direzione opposta. Nelle circostanze storicamente presenti – qui ed ora – la questione che si pone è quella dell’ordinamento neoliberista dell’Europa, costruito intorno alla Ue ed all’euro: c’è da decidere se cercare di mantenere in piedi tutta la baracca o buttarla giù a spallate.
    Su questo sta montando una fortissima protesta popolare, di cui il risultato francese è uno dei sintomi, ma non l’unico e non il più pesante. Quello che si capisce, senza troppa difficoltà, è che vasti settori di ceti popolari (che ormai sfiorano il 25%-30% del corpo elettorale, senza tener conto degli astenuti) attribuiscono all’euro e alle politiche di mantenimento di esso (come il Fiscal Compact) la responsabilità dell’inasprirsi della crisi e, conseguentemente, chiedono il superamento della moneta unica. E si badi che la protesta viene sia da chi guarda dal punto di vista dei paesi debitori (come Italia e Grecia), ma anche dio paesi creditori (come la Germania, l’Olanda o la Finlandia), che chiedono di tornare alla moneta nazionale o del Nord Europa, perché si ritengono danneggiati dalla condivisione della moneta con i “peccatori del debito”. Le elezioni francesi, in questo senso, sono solo il vento che annuncia la tempesta di fine maggio.
    Di fronte a questo, chi si schiera più risolutamente in difesa dell’attuale ordinamento europeo è proprio la sinistra moderala del Pd, Ps francese e spagnolo, Spd. E persino la “Sinistra Europea”- Gue (accusata di essere euroscettica perché osa mettere in discussione il Fiscal Compact) pur vagheggiano una vaga ed improbabile “altra Europa”, non osa mettere in discussione l’attuale assetto istituzionale europeo. A testimoniare dell’incredibile ottusità dei socialisti francesi, viene l’appello alla “solidaritè repubblicaine” verso la destra gaullista. Geniale: c’è una protesta che monta sulla base del fatto che la gente ritiene uguali sinistra e destra moderate ed i socialisti che fanno? Propongono il blocco elettorale comune fra loro e i gaullisti! Con maggiore intelligenza, la destra ha lasciato subito cadere la proposta e si predispone ad avere le mani libere nel rintuzzare l’assalto lepenista. Adesso, magari capite perché è una fortuna che in Italia ci sia il M5s, senza del quale rischieremmo che il malessere si incanali verso la Lega o magari Forza Nuova.
    (Aldo Giannuli, “Elezioni amministrative in Francia: è solo l’antipasto”, dal blog di Giannuli del 25 marzo 2014).
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  4. #14
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    Vomitevole articolo...
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  5. #15
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    ComeDonChisciotte - ELEZIONI IN UNGHERIA - OCCHIO ALLE ETICHETTE !

    DI NEIL CLARK
    rt.com
    Da una parte c'è un governo che ha rinazionalizzato le aziende, si è scontrato con le imprese energetiche straniere, è riuscito a far crescere i salari reali e ad abbassare la disoccupazione. Ma questo governo ha anche imposto una tassa alle banche e ha preso altre misure per aiutare la gente - come un taglio sulle bollette energetiche - per decreto governativo.
    Dall'altra parte, c'è una alleanza di opposizione che vuole altre privatizzazioni, vuole più politiche a favore degli "investitori globali", è spudoratamente a favore dei banchieri e della globalizzazione, dove il partito maggiore dell'alleanza, quando fu l'ultima volta al governo, fece drastici alla spesa pubblica, distrusse le aziende statali, tra cui la compagnia di bandiera Malev, lasciando milioni di persone disperate.

    Ora, qualcuno potrebbe pensare che il governo di cui parliamo fosse un governo "socialista" o "di sinistra" e che l'opposizione fosse "conservatrice". Ma in realtà, è tutto il contrario. Il governo ungherese, che è appena tornato al potere con circa il 45% dei voti, ha indubbiamente fatto più per la gente comune che i “socialisti” dell'opposizione, quando erano al potere nel 2002-10 (e lo dico io che da sempre sono stato socialista, non amo Fidesz). L'Ungheria ci fa capire che dobbiamo stare "attenti alle etichette" quando si arriva alle elezioni in questa era di neoliberalismo e di globalizzazione. Perché qualche volta è un partito “conservatore” quello che può – e vuole – dare alla gente comune molto più di quanto possono e vogliono dare i “socialisti”, o meglio, quelli che dicono di essere “di sinistra” o di “centro-sinistra”.


    UNA FALSA SINISTRA

    In tutta Europa negli ultimi anni abbiamo visto i partiti della cosiddetta "sinistra" o "centro-sinistra" appoggiare le guerre illegali della NATO, privatizzare tutto il privatizzabile, imporre "austerità e riforme", tutto per il bene dell'1%. Quando in Francia la gente ha votato socialista alle elezioni presidenziali del 2012, probabilmente non pensava che stava votando per un presidente, ancor più guerrafondaio di Nicolas Sarkozy, quello che aveva bombardato la Libia, ma è questo esattamente quello che ha eletto.
    Come non potevano immaginare, gli elettori britannici che votarono Laburista nel 1997 che Tony Blair avrebbe portato il paese in una serie di guerre di aggressione illegali, o che, con i laburisti al governo, il divario tra ricchi e poveri potesse continuare a crescere come sotto i conservatori.
    E neppure i tedeschi che votarono per il Partito Socialdemocratico (SPD) nel 1998, avrebbero creduto che il partito avrebbe introdotto riforme neo-liberali che andavano oltre quanto aveva fatto la precedente amministrazione democristiana.
    La sinistra europea certamente non è più quella che era 40 anni fa, quando esistevano partiti autenticamente socialisti guidati da autentici socialisti. Quando oggi andiamo a votare alle elezioni dobbiamo essere pienamente consapevoli che esiste un "falso di sinistra" e che i partiti della sinistra in Europa, negli ultimi anni, sono diventati la "longa manu" dei guerrafondai e dei globalisti, cioè delle forze pro-neoliberiste che hanno la missione di distruggere tutte le ultime vestigia del socialismo e della democrazia sociale - per uniformare la politica estera del paese con quella degli Stati Uniti, mentre dichiarano fedeltà agli accordi UE e danno un forte sostegno alla politica di Israele.


    LE ETICHETTE
    Per non farci ingannare, è importante non giudicare i politici o partiti dal nome che si danno, ma da quello che fanno. Mentre la "destra" ungherese del Primo Ministro Viktor Orban stava riprendendosi le imprese del settore energetico privatizzato, l'ex premier Gordon Bajnai, il suo avversario della "sinistra liberale", protestava perché si tornasse ad una "politica-razionale" (Cioè ad una politica economica estera più aperta ai bisogni del Capitale).
    "Dobbiamo proporre affari per gli investitori: Offrire tagli alle tasse per far tornare gli investimenti", ha detto Bajnai.
    E mentre il Ministro dell'Economia ungherese, Mihaly Varga, avvertiva che le sanzioni alla Russia non avrebbero favorito gli interessi nazionali dell'Ungheria (cosa evidente) Bajnai e altri membri della Alleanza Unita “progressista-liberale-di sinistra”, hanno condannato la latitanza del governo per non aver fatto "sentire la sua voce” a favore dell'Ucraina contro la Russia. L'agenda dell'opposizione ungherese è a disposizione di tutti.
    Gli ungheresi, va detto a loro merito, non sono stati tanto pazzi da credere ai globalisti delle grandi imprese mascherati da “progressisti” alle elezioni: tutto il blocco dell'opposizione ha preso solo il 25%.
    La reazione internazionale per il risultato elettorale ungherese sta rivelando il trucco. Già abbiamo visto una quantità di tweet e di articoli di commentatori occidentali esprimere l'allarme per la crescita di Jobbik, un partito ultra-nazionalista radicale, che ha preso circa il 20% dei voti, mentre era al 4% fino a quattro anni fa.
    Però, curiosamente, la stessa banda di commentatori, che ci mettono in guardia sui pericoli di Jobbik in Ungheria, solo poche settimane fa appoggiava un colpo di stato violento guidato da una estrema-destra/neo-Nazista contro un governo democraticamente eletto nella vicina Ucraina. Sembra come se NOI non ci fossimo resi conto del problema che costituisca avere al governo in Ucraina, dei razzisti, antisemiti e omofobi. Al contrario dovremmo passare notti insonni per non sentirci colpevoli di non opporci a Jobbik in Ungheria, anche se Jobbik non metterà dentro il governo tanti estremisti di destra come hanno fatto quelli di Kiev.


    L'IMPOPOLARE POPOLARE
    Perché questa doppia morale? Beh, Jobbik è anti-EU, ma non è anti-russo, a differenza dei gruppi ultranazionalisti radicali in Ucraina. In altre parole, le élite occidentali basano le loro opinioni sui partiti ultranazionalisti non su una valutazione obiettiva degli stessi gruppi, e su quanto essi siano realmente estremisti e neo-nazisti, ma sulla loro posizione nei confronti della Russia e se questi partiti possono essere utili per raggiungere i loro obbiettivi geo-strategici.
    Dovremmo odiare Jobbik per vendicarci, ma non dobbiamo odiare i gruppi della destra più estrema e più violenta, che mettono le maschere, che lanciando molotov e che rovesciano con la violenza un governo democratico in Ucraina.
    NON dovremmo nemmeno farci caso a questi.
    La copertura mediatica negativa fatta dalle elite occidentali contro il governo ungherese, ha gli stessi motivi.
    Il governo ungherese ha tutta la stampa avversa, perché è diventato sempre più scettico verso l'UE, ha messo da parte il neo-liberismo, ha imposto tasse sulle multinazionali straniere e - forse il suo più grande " crimine " - ha allacciato più stretti legami finanziari ed una maggiore cooperazione con la Russia.
    La politica di Orban vuole rimanere nella UE, ma vuole anche respingere il bullismo della UE e fare quello che è meglio per l'Ungheria. E' un atteggiamento chiaramente popolare con gli elettori, ma non con Bruxelles. Le élite occidentali odiano non solo il socialismo - come il socialismo puro di tipo venezuelano - ma qualsiasi governo che combini un moderato nazionalismo con il populismo economico, come fa Orban. Le multinazionali straniere ebbero vita facile in Ungheria nel periodo 2002-2010 quando i "socialisti" erano al potere, quando svendevano il patrimonio del paese e chiedevano prestiti dal FMI anche se il paese non ne aveva bisogno. Adesso il Capitalismo-globale non è tanto contento che l' Ungheria abbia preso una strada più indipendente.
    Lungi dall'essere contento di vedere un governo "conservatore" in Ungheria, chi si sente veramente "di sinistra" dovrebbe essere felice che LA FALSA SINISTRA sia stata sonoramente sconfitta ancora una volta, come lo fu nel 2010. C'è una speranza, adesso che si crei una vera opposizione anti-imperialista, anti-globalista, anti-neoliberale e anti-elitaria di sinistra, una opposizione che voglia sfidare il governo e Jobbik da una posizione socialista alle prossime elezioni. In ogni caso, dando uno sguardo agli ultimi 12 anni, è possibile che un governo Fidesz possa dare alla gente comune più di quello che avrebbe avuto se avesse vinto l'opposizione.
    Dando uno sguardo al quadro generale, la speranza è che la distruzione di una FALSA SINISTRA, in Ungheria possa portare alla distruzione della falsa sinistra anche in altri paesi; con i partiti socialisti-progressisti-falsi che possano essere sostituiti da quelli originali, da partiti che mettano in primo piano gli interessi della maggioranza. In Germania, questo processo è ben avviato con Die Linke (il partito di sinistra) che costituisce una sfida forte per la SPD collaborazionista.
    Nel frattempo, possiamo aspettarci che l'attacco occidentale contro l'Ungheria continui. Dopo tutto è il solito trattamento previsto per tutte le nazioni, dove alle elezioni non vincono quelli dell'1%.
    Neil Clark

    Fonte: http://rt.com
    Link: Get short
    8.04.2014

    Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte
    comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione Bosque Primario.

    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
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  6. #16
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    Citazione Originariamente Scritto da Freezer Visualizza Messaggio
    In ogni caso serve un pò a propagandare idee vicino alle nostre, poi si vedrà.
    Sarà... ma nonostante tutto essendo il sottoscritto un Socialista Nazionale continuo a preferire altri movimenti dichiaratamente Socialisti e Nazionali come il Parti Solidaire Francais piuttosto che un "msi d'oltralpe" vagamente "sociale" con tendenze comunque conservatrici e "destrorse".

  7. #17
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    per intenderci questo: PSF Solidaire & Français partito dichiaratamente Socialista e Nazionale a partire dal linguaggio, dai contenuti e dai manifesti di propaganda. Partito oltretuttto "gemellato" con l'USN qui in Italia.

  8. #18
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    In effetti direi che è molto più vicino alle nostre istanze, ci vorrà del tempo però per farlo diventare popolare e la presenza del fronte servirà a far maturare la gente.
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  9. #19
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    Citazione Originariamente Scritto da Romanvs Visualizza Messaggio
    per intenderci questo: PSF Solidaire & Français partito dichiaratamente Socialista e Nazionale a partire dal linguaggio, dai contenuti e dai manifesti di propaganda. Partito oltretuttto "gemellato" con l'USN qui in Italia.
    Chiaro che un movimento come il PSF è decisamente più figo.
    Semplicemente il Front National è meglio di niente.

    Ieri sera a "8 e mezzo" Marine Le Pen è stata intervistata da Lilli Gruber. Voi l' avete vista?
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  10. #20
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    Predefinito Re: L'elettorato socialista ha iniziato a votare Fronte Nazionale

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Chiaro che un movimento come il PSF è decisamente più figo.
    Semplicemente il Front National è meglio di niente.

    Ieri sera a "8 e mezzo" Marine Le Pen è stata intervistata da Lilli Gruber. Voi l' avete vista?
    Più che "figo" io direi dottrinariamente nostro visto oltretutto che come forum ci chiamiamo "Socialismo Nazionale" e non "destra radicale" o "destra sociale". Poi possiamo pure dire che rispetto a Le Pen "padre" sia decisamente meglio però l'idea di fondo del FN è quella comunque di un partito conservatore e destrorso e non Socialista. P.S.: l'intervista putroppo non l'ho vista. Che diceva?
    Ultima modifica di Romanvs; 16-04-14 alle 11:01

 

 
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