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    Predefinito Inquinamento, killer di bambini

    Studio dell'Oms In Europa un bambino su tre muore a causa dell'inquinamento ambientale. Sotto accusa polveri sottili, piombo e acqua sporca


    Bambini con pance gonfie e occhi tristi che lottano per sopravvivere o che muoiono per situazioni che nel nostro «ricco» Occidente consideriamo retaggio di un passato sepolto: la nostra memoria visiva non ci tradisce mai quando si parla di giovani vittime di un sistema che fa acqua, e ci ripropone le solite immagini di ragazzini neri o meticci su sfondi sabbiosi e caldi degni di paesi lontani. Ma stavolta così non è. Senza nulla togliere al dramma di realtà africane o sudamericane, questa volta i bambini che muoiono o rischiano ogni giorno di morire a causa di scelte sbagliate fatte dai loro genitori vivono a casa nostra, o quasi. A metterci in allerta è uno studio commissionato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in uscita oggi sulla rivista scientifica Lancet : in Europa un bambino su tre muore a causa dell'inquinamento ambientale. A uccidere ogni anno più di 100mila bambini o ragazzi di età compresa tra gli 0 e i 19 anni, soprattutto nella zona orientale del nostro continente - sono l'inquinamento dell'aria nei luoghi chiusi e aperti, l'acqua contaminata, il piombo, i traumi e gli incidenti. Lo studio, inedito nel suo genere, è stato effettuato dall'Università di Udine e dall'Istituto per l'Infanzia Burlo Garofalo di Trieste e analizza i dati del 2001 in tutti i 52 paesi che fanno parte della regione europea dell'Oms, vale a dire Europa occidentale ma anche ex Unione sovietica, ex Jugoslavia, Israele, Turchia e Cipro. Non solo quantifica i risvolti negativi dell'ambiente sulle giovani generazioni, ma stima il numero di vite che potrebbero essere salvate e le disabilità che potrebbero essere evitate con una riduzione dell'esposizione dei bambini ai cinque «killer». E se i traumi e gli incidenti - come quelli stradali, avvelenamenti, cadute, annegamenti - rimangono la prima causa di morte tra i giovani dagli 0 ai 19 anni - circa 75.000 - il numero di coloro che muore o vive molto male a causa degli altri agenti ambientali non è di tanto inferiore. Ma andiamo con ordine.

    Inquinamento atmosferico
    La tossicità dell'aria in ambienti chiusi e aperti ha ucciso secondo l'Oms ben 63 mila bambini. In particolare ogni anno più di 13 mila bambini da zero a quattro anni muoiono per l'inquinamento atmosferico di luoghi aperti - soprattutto per le polveri sottili - e 50 mila per quello di ambienti chiusi. Le giovani vite spezzate dall'«aria aperta» provenivano per la maggior parte dai paesi del gruppo «B» - Balcani, alcune nazioni di ultima ingresso nell'Unione e Turchia - e il resto dal gruppo «C» - soprattutto paesi dell'ex Unione sovietica. Le polveri sottili sono, secondo la ricerca, causa in particolare di infezioni acute del tratto inferiore dell'apparato respiratorio, asma, basso peso alla nascita e danneggiamento delle funzioni polmonari. Ma una cosa deve fare riflettere: se il livello di inquinamento atmosferico fosse veramente ridotto e arrivasse al valore guida stabilito dall'Unione europea per il 2005, ogni anno si potrebbero salvare 5 mila vite. Mentre 9 mila morti potrebbero essere evitate sostituendo i combustibili solidi con quelli gassosi o liquidi.

    Acqua tossica
    Nonostante si stimi che oltre il 90 per cento della popolazione europea abbia accesso alle risorse idriche in maniera sufficiente, in molte economie in transizione del continente, come ad esempio nei paesi dell'ex Unione sovietica, le infrastrutture per l'approviggionamento idrico e per lo smaltimento dei rifiuti sono vecchie o danneggiate dalla scarsa manutenzione degli ultimi venti anni. Per questo oltre 2 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita, cosa che espone i bambini a un elevato rischio di malattie diarroiche. E ben il 5,3 per cento delle morti totali di bambini con un'età compresa tra 0 e 14 anni è ascrivibile a insufficienti sistemi di smaltimento dei liquami e alla scarsità d'acqua, che vuol dire anche scarsità di igiene.

    Avvelenamento da piombo
    Rappresenta ancora la sostanza chimica più tossica per i bambini e l'esempio più noto di sostanza neurotossica a cui i bambini sono molto. Gli effetti sono più gravi nella fase iniziale della crescita perché portano disfunzioni celebrali come ritardi nello sviluppo neurologico, disturbi nell'apprendimento, nella coordinazione motoria, dislessia e anemia. E secondo l'Oms l'avvelenamento da piombo fa perdere ai bambini europei complessivamente 150 mila anni di vita, ovvero anni in cui i bambini vivono ma vivono male.

    Tiziana Barucci
    Fonte: www.ilmanifesto.it
    18.06.04

  2. #2
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    Predefinito Aumento delle neoplasie (tumore) nei bambini. Principali sospettati smog e pesticidi.

    Sos bambini [di Emiliano Fittipaldi, L'Espresso]
    Crescono del 2 per cento l'anno le neoplasie (tumore) infantili in Italia. Con picchi spaventosi in prossimità di aree industriali o inquinate. Colpa di smog e pesticidi. E della contaminazione della catena alimentare.
    http://espresso.repubblica.it/dettag...ini/2052441//0
    http://espresso.repubblica.it/dettag...ini/2052441//1
    http://espresso.repubblica.it/dettag...ini/2052441//2





    Rapporto dell'Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM Onlus):
    Incidenza dei tumori infantili nel periodo 1998-2002, e trend di incidenza nel periodo
    1988-2002 in Italia.

    http://www.registri-tumori.it/PDF/AI...2008_incid.pdf
    http://www.registri-tumori.it/cms/?q=Indice2008
    http://www.registri-tumori.it/cms/?q=Rapp2008

  3. #3
    calici amari
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    Predefinito Inquinamento e malattie

    .

    Un recente studio pubblicato sulla rivista medica "Lancet Oncology" individua l'inquinamento tra i fattori di rischio che provocano cancro:


    Cancro ai polmoni, Lancet Oncology: ?Provocato anche dallo smog? - Il Fatto Quotidiano

    .
    Corpo sano in ambiente sano.

    Chi avvelena una persona per vendetta viene condannato per veneficio.
    Chi avvelena milioni di esseri umani per profitto viene onorato come capitano d'industria.

  4. #4
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    Predefinito Re: Inquinamento e malattie

    alla faccia del ministro lorenzin che imputava a stili di vita il problema in campania, specie caserta e napoli, e non alle discariche e alla diossina dei roghi.

    forse interessa anche questo:
    Città più inquinate d'Italia 2013: la classifica di Legambiente - Attualità, Mobilità - GreenStyle

  5. #5
    calici amari
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    Predefinito Re: Inquinamento e malattie

    Corpo sano in ambiente sano.

    Chi avvelena una persona per vendetta viene condannato per veneficio.
    Chi avvelena milioni di esseri umani per profitto viene onorato come capitano d'industria.

  6. #6
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    Sai cosa Regina?
    Tutti parlano di Taranto ma del Salento non si parla mai....

    Puglia al check-up: inquinamento e 'paradosso di Lecce'







    Lo scorso settembre, nel cuore dell'inchiesta sull'ILVA, le parole del ministro dell'ambiente Corrado Clini hanno suscitato molto clamore. Il ministro ha dichiarato che "a Lecce si muore più che a Taranto", riferendosi ai dati di mortalità per cancro pubblicati dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Osservatorio dei tumori della Puglia.
    “Clini ha messo in luce una situazione nota già da tempo”, commenta Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa Puglia. Infatti, l'aumento di decessi per tumori, soprattutto polmonari, nella zona di Lecce "è effettivamente reale e a macchia di leopardo" (vedi Figura 1) e sono anni che si sente parlare di «paradosso di Lecce». "Tuttavia non è ancora possibile identificare i fattori di rischio associati".
    Cosa sta succedendo realmente in Puglia?
    I dati sulla salute della popolazione non sono certo confortanti. Il Rapporto Sentieri, che ha valutato la mortalità dei residenti nelle 44 aree industriali più inquinate del Paese, mostra che in Puglia la situazione è indubbiamente complessa. E che i problemi vanno ben oltre l'acciaieria di Taranto.

    Figura 1 -
    Tassi grezzi di mortalità per i diversi tipi di tumore nella Provincia di Lecce. Il tasso grezzo indica il rapporto tra il numero di morti in un anno per uno specifico tumore su una popolazione di 1.000 abitanti. I dati sono tratti dal Rapporto 2010 del Registro Tumori della provincia di Lecce.
    INQUINAMENTO IN PUGLIA
    L'ultimo Studio sullo Stato dell’Ambiente curato dall’ARPA, infatti, evidenzia che la Puglia è ancora la regione con le maggiori emissioni industriali in Italia, nonostante le norme sulla qualità dell'aria (per esempio sulla diossina) siano più stringenti del resto del Paese.
    Se le condizioni dell’aria sono preoccupanti, quelle delle acque di certo non sono migliori. Solo pochi mesi fa i biologi di Legambiente hanno analizzato venti campioni di acque litoranee pugliesi riportando risultati critici tra le provincie di Taranto, Bari, Brindisi, Barletta-Andria-Trani e Foggia. Sotto accusa le foci di fiumi e canali, che scaricano in mare acque parzialmente depurate.
    A destare preoccupazione in Puglia, dunque, non è solo l'ILVA. Oltre a Taranto, nella regione esistono altri tre Siti di Interesse Nazionale, in cui la situazione ambientale versa in gravi condizioni. Si tratta delle aree contaminate di Manfredonia, Brindisi e Bari.
    Inoltre, nella regione sono presenti impianti industriali che emettono ingenti quantitativi di inquinanti. A soli 12 chilometri di distanza da Brindisi si trova la centrale ENEL Federico II di Cerano, attiva dal 1991 e da tempo al centro delle inchieste per la nocività delle emissioni prodotte.
    Nella classifica delle 662 industrie pesanti che inquinano di più in Europa, redatta dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), la centrale è diciottesima, ben 34 posizioni prima dell’ILVA. Nel rapporto dell’EEA sono state considerate tutte le emissioni di sostanze dannose provenienti dalla centrale, dai metalli pesanti (derivati dal processo di combustione industriale) agli inquinanti biologici (benzene, diossine e idrocarburi policiclici aromatici).
    Confrontando la centrale di Cerano con l’ILVA, le differenze in termini di emissioni di ossido di azoto (NOX), biossido di zolfo (SO2) e anidride carbonica (CO2) sono evidenti (vedi Figura 2). L'ILVA si distingue in negativo solo per le emissioni di particolato (PM), uno degli inquinanti più pericolosi per l'uomo, soprattutto a livello di cuore e polmoni.

    Figura 2 - Confronto tra ILVA spa di Taranto e centrale ENEL Federico II di Cerano. Nel grafico sono riportate in tonnellate le emissioni dei principali agenti inquinanti registrate nel 2009 (dati del Registro Europeo delle Emissioni e dei Trasferimenti di Sostanze Inquinanti).
    E' bene sottolineare che le emissioni eccessive di anidride carbonica non hanno effetti comprovati sulla salute umana ma, essendo direttamente responsabili del riscaldamento climatico globale, influiscono negativamente sulla salute dell’ambiente. Al fine di ridurne drasticamente le emissioni, nel 2011 la centrale ha inaugurato un impianto pilota per la cattura e lo stoccaggio di CO2.
    I problemi nella zona di Cerano non sono tuttavia risolti. Nel corso degli anni gli inquinanti rilasciati hanno contaminato vaste aree intorno alla centrale. Già nel 2007, il sindaco di Brindisi ha dovuto imporre con un’ordinanza il divieto di coltivazione su un’area di 400 ettari adiacente alla centrale, la distruzione dei frutti contaminati e la chiusura delle attività per 60 imprenditori agricoli. Solo dopo vari ricorsi alla magistratura e tentativi di riqualificazione del territorio si è giunti all’annullamento dell’ordinanza. Sono state inoltre richieste numerose perizie per spiegare le elevate percentuali di cancerogeni presenti: arsenico, cadmio, cromo, idrocarburi policiclici aromatici e benzene ricoprono la zona e vengono trasportati dai venti anche a lunga distanza.
    Il 7 gennaio scorso è iniziato il processo a 13 dirigenti ENEL e due responsabili delle aziende appaltatrici dei nastri trasportatori del carbone per fare finalmente chiarezza sulle responsabilità della dispersione delle polveri inquinanti.
    PARADOSSO DI LECCE: LE IPOTESI
    La situazione ambientale pugliese è, dunque, molto complessa, e i livelli di mortalità più elevati a Lecce che a Taranto potrebbero dipendere da una serie di concause.
    Per cercare di spiegare le ragioni del «paradosso di Lecce», qualche anno fa l’Istituto Isac del Cnrdell’Università del Salento ha dimostrato che buona parte degli inquinanti liberati dalle ciminiere di Cerano e dall'ILVA vengono trasportati fino a Lecce. Monitorando il percorso dei venti, infatti, gli studiosi del Cnr sono riusciti a rintracciare le particelle rilasciate dagli impianti a circa 160 km di distanza, proprio nel leccese. Questo potrebbe essere il fattore cruciale in grado di influenzare i livelli di mortalità oncologica, soprattutto polmonare, nel Salento.
    Negli anni sono state prese in considerazione altre concause quali l'inquinamento atmosferico locale, la contaminazione del suolo e le radiazioni ionizzanti (radon) per tentare di spiegare il paradosso ma, in assenza di studi validi, al momento sono tutte semplici congetture.
    "Tra i fattori eziologici da considerare va preso in esame il consumo di sigarette anche in relazione alla diffusione della coltura del tabacco e alla prassi, da parte della Manifattura Tabacchi, di distribuire gratuitamente stecche di sigarette ai lavoratori", commenta Pietro Comba dell'Istituto Superiore di Sanità.
    In merito alla questione radon, invece, l'ARPA Puglia ha dato il via a uno studio puramente esplorativo per capire se i dati oncologici riscontrati a Lecce possano essere correlati alla presenza di radiazioni ionizzanti. "Ci sono scuole nel Salento", afferma Assennato, "in cui si sono misurati valori di radon di 600 Bq/m3 (la normativa italiana fissa un livello soglia di 500 Bq/m3, ndr), ma è necessaria un'analisi rigorosa. Abbiamo perciò selezionato cinque comuni ad alta incidenza di tumori e cinque a bassa in cui realizzare una campagna di lunga durata di misurazione di questo gas naturale radioattivo".
    Il radon è considerato la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo di tabacco: è presente nelle rocce, nel suolo e nei materiali da costruzione (come il tufo e la pietra leccese) e tende ad accumularsi negli ambienti confinati, principalmente abitazioni, uffici, scuole. Dal radon è possibile difendersi attraverso azioni di risanamento degli edifici (che vanno sigillati dalle infiltrazioni del sottosuolo) e con semplici misure di prevenzione come aerare spesso le stanze e soprattutto non fumare, poiché il fumo moltiplica il rischio. "Ma il primo passo è la mappatura del territorio e il monitoraggio ambientale" conclude Assennato.

    Paradosso di Lecce: tasso di mortalità oncologica più elevato in Salento che a Taranto. Intervista a Giuseppe Serravezza (LILT, Lega Italiana Lotta contro i Tumori - Lecce)
    di Milly Barba

    Quali sono le ragioni del paradosso di Lecce?
    L’Ilva, distante 100 chilometri dalla città salentina, è realmente la causa del tasso di mortalità oncologica più elevato rispetto a Taranto? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Serravezza, presidente della LILT di Lecce

    Da quanto tempo siete a conoscenza del paradosso di Lecce?
    Dal 1994, quando nell’ambito di uno studio di fattibilità condotto dal dirigente dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, confrontammo i tassi di mortalità di Lecce, Brindisi e Taranto. Da Lecce attendevamo dati migliori, ma la mortalità per cancro risultò nettamente più elevata.

    Esattamente di cosa si muore a Lecce?
    Siamo i primi in Italia per tasso di mortalità dovuto al cancro al polmone. Sono presenti alti livelli di mortalità anche per il tumore della vescica e i tumori del sangue (come le leucemie). Inoltre dal 1990 al 2009 la mortalità per cancro globale è stata dell’11% superiore rispetto a quella attesa dalla media pugliese.

    Se le malattie descritte sono implicate anche nella contaminazione ambientale dell'Ilva, perché a Lecce si muore più che a Taranto?
    Il problema che affligge il Salento non è solo l’Ilva. Prima di guardare ai “topolini”, però, occorre preoccuparsi degli “elefanti”. Un altro grande problema è stato il Petrolchimico di Brindisi e, tutt’oggi, la Centrale termoelettrica di Cerano è la diciottesima peggior centrale d’Europa in termini di emissioni di CO2 e di altri agenti inquinanti. Gli studi condotti sui venti chiamano in causa proprio l’Ilva e Cerano.

    La teoria dei venti quindi è attendibile?
    Sì. Gli studi eseguiti da Cristina Mangia del CNR imputano agli spostamenti d’aria l’inquinamento a sud di Cerano. Inoltre particelle precedentemente marcate, emesse dall’Ilva, sono state rilevate 160 chilometri a sud. Per tre quarti della giornata i venti che interessano le nostre zone spirano da nord verso Lecce.

    Sono state avanzate altre ipotesi per spiegare l’elevato tasso di mortalità in Salento?
    Molte ipotesi. Perché oltre all’Ilva e a Cerano in Salento ci sono tanti “cerini”. Situazioni critiche sono emerse quando si è andato a vedere dove si addensano i casi di tumore ai polmoni. Un esempio è laCoopersalento, il sansificio di Maglie, nella cui area numerose persone sono state colpite da questo tipo di cancro.

    In Salento, fino dieci anni fa, era diffusa la coltivazione e lavorazione del tabacco. Esiste un legame effettivo con l’incremento di neoplasie polmonari?
    Da tempo non ci sono più tabacchificii né coltivazioni ma, circa trent’anni fa, ho riscontrato dei casi in donne anziane. Erano“ex-tabacchine”, avevano lavorato le foglie per anni. Fu insolito per l’epoca. Oggi questi tumori sono imputabili principalmente all’uso di tabacco, in Salento come altrove. Mi sono battuto affinché si capissero gli effetti del fumo, ma non può essere questa la causa del paradosso di Lecce, o almeno non l’unica.

    Si può imputare l’eccesso di morti per tumore polmonare alla presenza di radon in Puglia?
    Il ruolo del radon è codificato. È la prima causa di tumore alpolmone in soggetti non fumatori e la seconda nei fumatori. Il Salento non è stato ritenuto un’area ad alto rischio, tuttavia negli ultimi anni si stanno rivedendo queste posizioni. Attualmente non esistono prove di un particolare stato di emergenza.

    Alla fine quale idea si è fatto sulla causa reale del paradosso di Lecce?
    Questa è una domanda difficile. Il cancro è una malattia multifattoriale per eccellenza. È arduo trovare la “pistola fumante” che chiarisca definitivamente la correlazione fra l'eccesso di tumori e una sola causa ambientale, o di altro genere. Sappiamo che, dove sono cambiati i modelli di sviluppo e gli stili di vita è mutata l’epidemiologia dei tumori. A Londra, per esempio, si registra da dieci anni una riduzione dei casi dell’1,5 % l’anno, in controtendenza con quanto accade nel Sud Italia. Ciò non è determinato da una migliore offerta di cura: la gente si ammala di meno. Non esiste un’unica causa, ma una serie di concause e problemi da risolvere con estrema urgenza.

    23 febbraio, 2013

    Puglia al check-up: inquinamento e 'paradosso di Lecce' | Scienza in Rete



  7. #7
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    Predefinito Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali legate all’inquinamento”

    Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali legate all’inquinamento”

    Ha assunto validità scientifica l’indagine che, nel capoluogo pugliese, correla le troppe anomalie congenite dei bimbi nati in città con i veleni delle fabbriche.Viaggio nel polo produttivo salentino, dove i controlli sono ridotti all’osso e dove nella giornata di oggi si torna in aula per un processo“al ribasso” ai vertici Enel


    di Tiziana Colluto | 7 gennaio 2013Commenti (141)



    [COLOR=#035226 !important]Più informazioni su: Brindisi, Enel, Ilva, Inquinamento, Taranto.







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    Enzo Di Totaro faceva parte del Comitato vittime del petrolchimico. Chiedeva che si facesse luce sulle conseguenze di quell’industria in città. Non immaginava che sarebbe stato proprio lui il primo lavoratore su cui avremmo riscontrato l’angiosarcoma al fegato, che in sei mesi lo ha portato alla morte. Un tumore rarissimo, finora l’unico diagnosticato a Brindisi con certezza. Se fosse stato scoperto prima, avremmo avuto anche qui un processo come quello celebrato per Porto Marghera”. Mentre ne parla, Maurizio Portaluri abbassa gli occhi. E’ il direttore di Radioterapia all’ospedale Perrino e di nuovi casi di neoplasie ne accerta almeno uno al mese. Ma nella sua testa a rimanere stampata è l’immagine di quell’uomo dal respiro sfiancato, il respiro che è diventato l’affanno di tutta Brindisi, la Taranto dimenticata di Puglia.
    C’è una novità, ora, a togliere il sonno anche a chi crede di aver visto abbastanza. Dal 27 dicembre, ha assunto validità scientifica l’indagine sul rapporto tra inquinamento industriale e malformazioni neonatali. Lo studio, condotto dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Lecce, ha ottenuto la pubblicazione sulla rivista BMC Pregnancy and Childbirth ed è entrato a far parte delle banche dati della letteratura mondiale. Dimostra che, su 8.503 nuovi nati da madri residenti a Brindisi,194 hanno avuto anomalie congenite. Una media di 228,2 ogni 10mila bambini a fronte di quella europea di 165,5. Sono le malattie coronariche le più preoccupanti. In 83 casi, infatti, sono stati riscontrati disturbi congeniti al cuore. Un tasso di 97,6 ogni 10mila neonati, un terzo al di sopra di quello europeo. E con un 10,8% di probabilità media di morte perinatale.
    C’entrano i veleni industriali? “I fattori di rischio ambientali – è scritto nella ricerca – possono giocare un ruolo importante nella nascita dei disturbi cardiaci congeniti. Inquinanti di interesse per l’impatto sulla salute comprendono il biossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio, l’ozono, il particolato, metalli pesanti e composti organici, in particolare diossine e furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa)”. C’è tutto questo nell’aria, nel suolo e nel sottosuolo di Brindisi, città che dal 1986 è inclusa tra quelle ad elevato rischio di crisi ambientale, dal 1997 è tra i 57 Siti di interesse nazionale, dal 1998 è nel Piano nazionale di disinquinamento, nel 2007 ha visto vietare la coltivazione dei terreni vicini alla centrale di Cerano, nel 2011 ha subito l’interdizione totale della zona di Micorosa, cinquanta ettari di “area regionale protetta” in cui sono stati sotterrati rifiuti.
    Città in cui, stando al rapporto dell’Agenzia Europea sull’Ambiente, ogni anno si producono danni sanitari per 700milioni di euro, ma che, per sapere cosa sputano fuori le ciminiere, deve affidarsi alle autocertificazioni delle industrie, non ha sistemi di monitoraggio in continuo dei camini, non ha enti terzi che ispezionino il combustibile bruciato,dispone di una sola centralina per rilevare gli Ipa. Falle che fanno il paio con quelle che dovrebbero fotografare lo stato di salute. Mancano gli accertamenti sulla popolazione lavorativa dei grandi impianti. Per le incidenze tumorali, l’indagine è stata diluita su tutta la provincia e ridotta a un solo anno.“Continuare a presentare così i dati – spiega il dottor Portaluri – favorisce il formarsi di una idea per cui si può abitare intorno o sopra aree inquinate, senza che la popolazione subisca alcuna conseguenza. Possono crederci solo gli ingenui. Abbiamo interi quartieri a ridosso delle fabbriche, divisi dall’area del Sito nazionale da una stradina. Non sono mai stati fatti rilievi mirati, come quelli disposti dalla magistratura per i Tamburidi Taranto”. 60km separano Brindisi dalla città dell’Ilva. Un abisso in termini di presa di coscienza, perché “lì le polveri rosse danno un colore al problema, costringono tutti a guardarlo. Qui i segni visibili sono ridotti. E ciò rende più vischiosa l’insidia”.
    Nella zona industriale, 114kmq lungo 30km di costa, il crepuscolo stempera le sagome degli ex colossi di Stato. Hanno altri nomi, ma si continua a chiamarli con i vecchi. Il petrolchimico è sempre la “Montecatini”, anche se oggi è in mano a Versalis e Syndial, società figlie dell’Eni, che qui controlla anche la centrale a gas di Enipower. Il polo elettrico è ancora l’“Eurogen”, sebbene ora sia diviso tra Edipower ed Enel Nord, centrali a carbone sorelle minori di quella a sud, intitolata paradossalmente a Federico II. Un mastino da 60Gw al giorno, costruito vent’anni fa sulle spiagge dorate di Lido Cerano, 270 ettari di cui 11 di carbonili scoperti. In mezzo, i nuovi arrivati. Lo zuccherificio a biomasse; la farmaceutica Sanofi Aventis; la Basell, il più grande produttore mondiale di polipropilene; la Chemgas e i depositi di propano; la discarica di rifiuti pericolosi con annesso inceneritore.
    Dopo il terremoto giudiziario di Taranto, anche Brindisi ha sperato in una svolta, quantomeno in uno scossone. L’apertura, lo scorso 12 dicembre, del primo processo penale sull’ambiente violato ha visto assenti tutti i quindici dirigenti dell’Enel. Oggi la seconda udienza, ma intanto rimane l’amaro in bocca. “E’ un procedimento al ribasso. Il capo d’imputazione – rimarca Portaluri – è per getto pericoloso di cose e danneggiamento aggravato, insudiciamenti ed imbrattamenti ai terreni e alle colture. Non c’è posto per i danni alla salute”.
    (foto di Emiliano Buffo)

    Brindisi come Taranto: ?Malformazioni neonatali legate all?inquinamento? - Il Fatto Quotidiano



  8. #8
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    Predefinito Re: Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali legate all’inquinamento”

    maledetta cassa del mezzogiorno

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    Predefinito Re: Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali legate all’inquinamento”

    Citazione Originariamente Scritto da mirkevicius Visualizza Messaggio
    maledetta cassa del mezzogiorno
    Strumento di colonizzazione e sfruttamento......dove le mettiamo le industrie pericolose? ovvio al Sud , e poi paga il contribuente. Sapete dove volevano stipare le scorie nucleari? in Lucania...e dove si trova? ovvio al sud

  10. #10
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    Predefinito Re: Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali legate all’inquinamento”

    Citazione Originariamente Scritto da largodipalazzo Visualizza Messaggio
    Strumento di colonizzazione e sfruttamento......dove le mettiamo le industrie pericolose? ovvio al Sud , e poi paga il contribuente. Sapete dove volevano stipare le scorie nucleari? in Lucania...e dove si trova? ovvio al sud
    La stessa cosa si faceva in Veneto. Non dimentichiamoci l'ecomostro di Porto Marghera. Comunque sarebbe stato meglio non averla la cassa. Ma sta di fatto che i cittadini di quei posti non si indignano x niente.

 

 
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