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  1. #2921
    Blut und Boden
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #2922
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Non è più accettabile essere forzatamente costretto a far parte di un paese che deve subire una pallista Giosefa qualunque.
    Ma vada affanculo Giosefa con tutto il paese di merda!
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  3. #2923
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Presidenza Rai: parte la macchina del fango dell’Espresso nei confronti di Foa
    Di Anna Pedri
    Nemmeno il tempo di essere eletto che già la macchina del fango è partita. Del resto, uno come Marcello Foa è un personaggio scomodo all’establishment sinistrorso dei grandi palazzi. Perché è un giornalista che ha sempre cercato di indagare la verità, non fermandosi a quanto di preconfezionato viene proposto dal mainstream.
    “Sono orgoglioso ed emozionato per la nomina a presidente della Rai, che è giunta inaspettata nell’arco di pochissime ore. Ringrazio di cuore il primo ministro Giuseppe Conte, i vice premier Matteo Salvini e Luigi di Maio, il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’economia Giovanni Tria per la fiducia accordatami. Mi impegno sin d’ora per riformare la Rai nel segno della meritocrazia e di un servizio pubblico davvero vicino agli interessi e ai bisogni dei cittadini italiani. Sin dai tempi del mio maestro Indro Montanelli, mi sono impegnato per un giornalismo intellettualmente onesto e indipendente e da oggi rinnovo questo impegno morale nei confronti dei giornalisti e di tutti i collaboratori della Rai. Grazie di cuore al Gruppo Corriere del Ticino per questi splendidi anni trascorsi assieme. E' stato un onore, lascio con commozione una squadra meravigliosa”.
    Queste le prime parole del neopresidente del servizio pubblico, scritte su facebook poco dopo la notizia della sua nomina. Ma quasi in contemporanea sul solito L’Espresso è apparso un articolo per sviscerare chi è Foa. Già il titolo è tutto un programma: “Chi è Marcello Foa, il nuovo presidente della Rai tra Salvini, Bannon e Putin”. Semrbava ce l’avessero pronto questo pezzo, che arriva giusto dieci giorni dopo che il giornalista aveva annunciato una querela nei confronti del settimanale di De Benedetti, che aveva ipotizzato un collegamento tra Lega e Cinque Stelle, per arrivare fino a Putin, con il gruppo del Corriere del Ticino, di cui Marcello Foa fino a questa mattina ricopriva il ruolo di amministratore delegato.
    Oggi il sito dell’Espresso rilancia l’inchiesta che ha gettato fango su Foa e sul Corriere del Ticino, indicando cosi' il nuovo presidente della Rai: “Doppia cittadinanza, italiana e svizzera, giornalista, blogger e saggista, il nuovo presidente della Rai ha 55 anni ed è impegnato in prima linea nella battaglia sovranista”. Embè?
    https://www.ilprimatonazionale.it/po...-di-foa-90351/

    Faraone (Pd): appello a opposizioni, dicano no a Foa in Vigilanza
    "L'amico sovranista di Salvini non puo' guidare la Rai"
    "Il nome di Marcello Foa, l'amico sovranista di Salvini, quello che con lui partecipo' all'incontro con Steve Bannon, il guru di Trump e che troppo spesso ha partecipato come opinionista alle trasmissioni di Russia Today, la tv controllata dal governo Putin, non è certamente adeguato a presiedere la più grande industria culturale del Paese. Quella Rai che si occupa di informazione, società, storia, politica e sport, e che molto spesso forma le coscienze degli italiani". Ad affermarlo è il capogruppo Pd in commissione di Vigilanza Rai Davide Faraone.
    https://www.diariodelweb.it/ultimora...20180727-52733

    Rai, Morani: da Foa dichiarazioni da vilipendio su Mattarella
    Questa maggioranza ormai non ha più il senso della vergogna
    Roma, 27 lug. - "Questo è il presidente della Rai? Ma stiamo scherzando? Uno che potrebbe essere imputato per vilipendio? Questa maggioranza ormai non ha più il senso della vergogna". Lo scrive su Twitter Alessia Morani, della presidenza del gruppo Pd alla Camera, per commentare un post in cui Marcello Foa su facebook che il 27 maggio scorso ha definito 'disgustoso' un discorso del presidente della Repubblica Mattarella.
    https://www.diariodelweb.it/ultimora...20180727-52775



    Benigni, l'ambulanza lo porta dentro l'aereo. Bufera politica: «Trattamento di favore»
    «Roberto Benigni trattato come un paziente privilegiato» dice Marco Tedde, consigliere regionale di Forza Italia: non si placano le polemiche in Sardegna dopo che l'attore premio Oscar ha lasciato il reparto di Ortopedia delle cliniche universitarie di Sassari, dove era stato ricoverato per le conseguenze di una brutta caduta mentre stava navigando su un gommone colpito da un'alta onda. Un trasferimento in autolettiga fin sotto il jet-ambulanza in attesa sulla pista di Alghero, con tanto di lenzuola alzate dal personale per proteggere la privacy dell'attore.
    Il caso nasce anche dalla «visita di cortesia fatta dal direttore generale Antonio D'Urso e da quello sanitario Orrù che, scortati da un codazzo di medici e funzionari, hanno bloccato il reparto di Ortopedia per rendere omaggio al premio Oscar Roberto Benigni ricoverato per un infortunio dovuto ad una caduta in barca».
    Secondo Tedde, secondo il quale «il manager ha certificato che nell'Aou di Sassari ci sono ammalati di serie A e ammalati di serie B. A meno che non sia uso accogliere nello stesso modo tutti gli ammalati ricoverati presso l'azienda ospedaliera universitaria. Ma ne dubitiamo».
    «Piuttosto che parlare col simpaticissimo Benigni di Johnny Stecchino e della sua interpretazione della Divina Commedia, bene avrebbe fatto il direttore ad impegnare il suo prezioso tempo a lavorare per ridurre le liste d'attesa, che oggi ci raccontano che per una mammografia occorre attendere 255 giorni, per una ecografia all'addome 235 e per una tac 127 attacca Tedde - E per risolvere il problema della carenza di personale e delle stabilizzazioni che stentano a vedere la luce»
    Per il trasferimento l'attore, l'altro ieri, è stato completamente coperto da un lenzuolo verde e protetto dal personale sanitario e paramedico, che hanno creato una sorta di cordone di protezione con delle grandi lenzuola bianche che hanno reso praticamente invisibile l'attore. Un altro elemento che non ha mancato di richiamare l'attenzione sull'attore.
    Preceduto da un'automedica e seguito da una Mercedes Slk a bordo della quale viaggiava la moglie Nicoletta Baschi, l'attore e regista ha raggiunto l'aeroporto di Alghero a bordo di un'ambulanza. Attraverso il varco doganale è stato accompagnato sin dentro l'Air Jet 45 che è decollato alle 21.57 alla volta dell'aeroporto di Milano Linate. Da lì è stato trasferito all'ospedale San Raffaele.
    https://www.ilmessaggero.it/primopia...a-3883032.html




  4. #2924
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Da delfino a tonno, la catastrofe di Gianfry che ancora sognava la «rentrée» in politica
    Fini puntava a riciclarsi come «allenatore di una destra anti-sovranista»
    Massimiliano Scafi
    Da delfino a tonno, da leader del futuro a imputato prossimo venturo. Chi ha visto Gianfranco Fini? Pochi, a parte i parenti, gli avvocati e la procura di Roma. Solo qualche anno era il presidente della Camera, la terza carica della Repubblica, il quasi giovane politico pronto al gran balzo verso Palazzo Chigi dopo aver raccolto l'eredità del Cavaliere. Oggi è un signor nessuno. Le sue truppe sono emigrate altrove, l'indice di gradimento è precipitato e i suoi rari interventi pubblici si svolgono in un imbarazzato deserto.
    E adesso pure il riciclaggio, che certo non è un'accusa da poco: povero Gianfry, verrebbe da dire, il destino si accanisce. Non bastavano gli errori politici a ripetizione, la capacità di fare sempre la mossa sbagliata nel momento sbagliato, l'isolamento e il tracollo, ora ci si mette anche il rinvio a giudizio. Perché, come insegna l'infallibile legge di Murphy, «se una cosa puo' andare male, stai sicuro che andrà peggio»
    Ma al di là della casa di Montecarlo e delle connesse vicende giudiziarie, sulle quali bisognerà aspettare le sentenze dei tribunali, è dal punto di vista politico che la vita di Fini ha subito un tracollo verticale. Dalla lite con Berlusconi e la nascita di Fli, non ne più azzeccata una. E cosi' l'uomo che aveva sdoganato la destra post-fascista creando Alleanza Nazionale e portandola al governo, ha avuto la pessima idea nel 2013 di virare al centro e presentarsi con Mario Monti, che dopo aver dissanguato gli italiani non era proprio al massimo della popolarità. Il previsto flop del Professore ha trascinato nel gorgo pure Gianfry, che da allora non si è più ripreso.
    Da quel momento, complici anche i risvolti giudiziari e le attività dei Tulliano's, Fini è diventato via via un personaggio sempre più marginale sulla scena politica del Belpaese, fino a sparire. Lui ogni tanto a risalire ci ha pure provato, con pessimi risultati. Comizi per pochi intimi, sedie vuote, bandiere ammosciate. Qualche mese fa, subito dopo la notizia dell'indagine per riciclaggio e la richiesta di arresto per il cognato Giancarlo Tulliani, Fini trovo' persino il coraggio di farsi vedere in Parlamento per le solenni celebrazioni dei sessant'anni dei Trattati di Roma sull'Europa. «Che faccia di bronzo - commento' feroce il suo ex compagno di partito Maurizio Gasparri - Chissà, forse ha scambiato Montecitorio per Montecarlo».
    Pochi mesi dopo spunto' in un servizio fotografico su Oggi, sorridente al ristorante assieme alla famiglia. Negli ultimi tempi, nonostante l'inchiesta, stava preparando il grande ritorno per fare «l'allenatore di una nuova destra anti-Le Pen e governativa». In questa prospettiva, un mese e mezzo fa si era fatto intervistare dal direttore di Radio Cusano Campus, Gianluca Fabi, e aveva preso di petto il nuovo premier Giuseppe Conte: «Quando si parla di Russia non bisogna scherzare, non bisogna buttarla li' per vedere l'effetto che fa. Bisogna sempre ricordarsi che la Russia è una grande potenza che non ha mai conosciuto una democrazia analoga a quelle occidentali». Insomma, caro Conte, non ti fidare di Mosca e dai retta a uno che di politica se intende.
    Da delfino a tonno, la catastrofe di Gianfry che ancora sognava la "rentrée" in politica

    ELITE FINANZIARIA E BANCHIERI
    “Supermassoni: Marcello Foa silurato da Attali e Napolitano”
    “Considero le alternative a Marcello Foa, a prescindere dai nomi, come una sconfitta della democrazia in Italia».
    E’ il preambolo con cui Gianfranco Carpeoro, massone e saggista, dispensa la sue rivelazioni – a dir poco esplosive – sul clamoroso siluramento del candidato salviniano alla presidenza della Rai, scandalosamente affossato da Forza Italia con la complicità del Pd. Dissapori nel centrodestra sul metodo adottato dal leader della Lega, che avrebbe scavalcato il Cavaliere?
    Falso: Berlusconi era stato consultato, da Salvini, sul nome di Foa. Peggio: l’uomo di Arcore aveva garantito a Salvini che lo stesso Foa, allievo di Montanelli e già caporedattore del “Giornale”, sarebbe stato eletto presidente della Rai con i voti forzisti e anche quelli di Fratelli d’Italia. Cos’è successo, allora? E’ arrivato un “niet” dall’estero. Da Parigi: precisamente, dall’uomo che si è presentato come “l’inventore” di Macron, ovvero il supermassone reazionario Jacques Attali, già braccio destro di Mitterrand e poi super-sponsor di Sarkozy.
    E a chi avrebbe telefonato, Attali, per chiedere lumi su come bloccare l’elezione di Foa? Al presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che secondo Gioele Magaldi milita nella stessa Ur-Lodge del francese, la “Three Eyes”. Napolitano avrebbe consigliato ad Attali di contattare Antonio Tajani, ansioso di farsi confermare alla guida del Parlamento Europeo. E Tajani sarebbe riuscito a convincere Berlusconi, facendo valere proprio il peso della “Three Eyes”, in cui figurano alcuni pesi massimi del potere mondiale di ieri e di oggi, da Kissinger a Draghi.
    «E’ una riedizione dello stop imposto, a governo non ancora formato, a Paolo Savona come candidato ministro dell’economia», dichiara Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube, il 2 agosto, con Fabio Frabetti di “Border Gianfranco CarpeoroNights”. Eminente simbologo e già a capo della più antica obbedienza del Rito Scozzese italiano, poi da lui stesso disciolta, Carpeoro (all’anagrafe, Pecoraro) ha alle spalle una lunga carriera come avvocato.
    Nella diretta web-streaming si diverte con il gioco degli indovinelli, evitando di precisare il nome di Attali ma fornendone l’identikit: francese dal cognome italianeggiante, ebreo, supermassone vicino all’Eliseo, esponente del Jewish Institute e forse anche del B’nai B’rith, la potente cellula massonica del Mossad. Attali ha chiamato Napolitano? «Ha chiamato il presidente emerito della Repubblica, che peraltro credo sia ancora, anche, un esponente del Pd, oltre che – secondo Magaldi – un “fratello” della superloggia “Three Eyes”», la stessa di Attali. Seconda telefonata: a Tajani. «Da massone, Tajani si è messo “in piedi all’ordine”».
    E Berlusconi? «Idem: si è messo “in piedi all’ordine” anche lui, che massone non è neppure – quand’era in massoneria, si era fermato al grado di apprendista». Certo, il Cavaliere ha provato a resistere: «Ha fatto presente a Tajani di aver già garantito a Salvini i voti per Foa in Commissione di Vigilanza». Ma poi si è piegato: potenza della “Three Eyes”.
    La fonte di Carpeoro? «Vecchi amici, di una prestigiosa loggia massonica tedesca». Si tratta probabilmente della “Tre Globi”, a cui l’avvocato-saggista fu associato quando, in Europa, fu incaricato di coordinare tutti i massoni del 18° grado del Rito Scozzese, ispirato ai Rosacroce. «Diciamo che queste cose mi sono state rivelate in sogno», scherza Carpeoro: «Colpa della peperonata: ne sono ghiotto, ma non la digerisco».
    Scherzi a parte: «Se la peperonata non è bugiarda, tutto questo la dice lunga su come funzionano, hanno funzionato e probabilmente funzioneranno le cose italiche». La verità, insiste Carpeoro, è che il governo Conte, ad oggi, «non è stato legittimato dal potere: nessuno crede che duri». Lo stesso Carpeoro, esponente del Movimento Roosevelt, ha rimproverato a Di Maio di aver bussato, negli Usa, alle porte delle grandi lobby e a quelle delle Ur-Jacques AttaliLodges neo-aristocratiche, i santuari della supermassoneria più reazionaria. «Ma è stato tenuto fuori dalla porta». Salvini? «Nemmeno ci ha provato: probabilmente non ha la sottigliezza politica per bussare alle lobby. A volte sembra un Renato Pozzetto della politica, sempliciotto e semplicistico».
    Il leader della Lega, per contro, secondo Carpeoro è senz’altro estraneo al grande potere, che infatti è contro il governo gialloverde: «Finora la pressione manipolatoria delle lobby non è stata in termini di inglobamento, ma di ostacolo. Il potere preferisce i vecchi partiti». Ma non è detto che la spunti, l’establishment: «Le cose non vanno sempre come sembrano essere state scritte». Stando sempre al “sogno della peperonata”, dunque, Berlusconi e il Pd prendono ordini dalla “Three Eyes”, superloggia che annovera nelle sue fila – secondo Magaldi – anche altri big del potere italiano, oltre a Napolitano: tra questi Marta Dassù, l’ex ministra renziana Federica Guidi, l’economista Carlo Secchi, il banchiere Enrico Tommaso Cucchiani.
    Perché Marcello Foa farebbe tanta paura al grande potere, di cui la “Three Eyes” rappresenta uno dei massimi vertici a livello mondiale? «Certamente Foa non è un soggetto manipolabile. In Rai potrebbe parlare di quello di cui è convinto, non di quello Napolitanoche gli fanno dire». L’accusa dei media mainstream di essere filo-Putin? «Non amo i metodi di Putin – premette Carpeoro – ma considero le sanzioni nei confronti della Russia un’idiozia. Trump, che fa finta di litigarci, con Putin fa fior di accordi. Non ho capito perché le uniche verginelle dovremmo essere noi».
    Valoroso giornalista e impietoso giudice dell’attuale sistema mediatico, nel saggio “Gli stregoni della notizia” Foa ha denunciato le manipolazioni quotidiane delle redazioni che si piegano al “frame”, la cornice disegnata dagli “spin doctor” dei governi per manipolare l’opinione pubblica a colpi di “fake news”. Possibile pero' che la macchina del fango si mobiliti a reti quasi unificate, non appena spunta un uomo non controllabile dall’establishment?
    «Normalissimo», dice Carpeoro: «Fa parte del gioco. Il potere è una scuola seria, chi lo pratica seriamente – come fine della sua vita – poi si specializza: il potere è una specializzazione, è un master». Cinismo senza limiti: «Stanno facendo qualcosa di indegno contro Foa, attaccandolo per via del fatto che il figlio lavora nello staff di Salvini al Viminale. Ma il ragazzo ha fatto una tesi di laurea proprio su Salvini, in tempi non sospetti, prima ancora che il leader leghista diventasse ministro. Perché mai Salvini non lo doveva assumere?». Fango sui Foa – padre e figlio – e silenzio assoluto su Monica Maggioni, ultima presidente della Rai, nonché a capo della sezione italiana della Commissione Trilaterale.
    La Maggioni? «Completamente omologata al potere, filone Lilli Gruber». Morale: il governo eletto, che gode del consenso di almeno il 65% degli italiani, non riesce a eleggere Marcello Foa presidente della Rai. Per colpa di Napolitano e Attali-Macron, o meglio della “Three Eyes”, a cui Berlusconi e il Pd obbediscono? “Peperonata” e “incubi” a parte, Carpeoro insiste: è l’ennesima umiliazione della democrazia italiana.
    https://www.controinformazione.info/...-e-napolitano/

  5. #2925
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    In questi giorni si parla continuamente di stupri e si diffondono grafici per mettere in evidenza chi sono gli stupratori e le vittime. La ricerca è basata solamente sulla nazionalità.



    In sostanza gli itagliani sarebbero le vittime e i carnefici

    Se però si andasse più in fondo, cosa che nessuno fa, le cose sarebbero diverse e le realtà che emergerebbero sarebbero non allineate con le direttive del sistema.

  6. #2926
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Citazione Originariamente Scritto da psico Visualizza Messaggio
    In questi giorni si parla continuamente di stupri e si diffondono grafici per mettere in evidenza chi sono gli stupratori e le vittime. La ricerca è basata solamente sulla nazionalità.



    In sostanza gli itagliani sarebbero le vittime e i carnefici

    Se però si andasse più in fondo, cosa che nessuno fa, le cose sarebbero diverse e le realtà che emergerebbero sarebbero non allineate con le direttive del sistema.
    E dovremmo forze iniziare a considerare, non solo noi , ma anche quelli con ancora la testa a posto che LORO ci odiano.
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  7. #2927
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Chissà se quando sarà nominato l'ebreo Foa si potrà ottenere che la RAI metta nei suoi programmi i sottotitoli in itagliano per i poveri polentoni del Nord che ne pagano il ganone?
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  8. #2928
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Le dichiarazioni del medico aggredito in villa con la moglie sono qualcosa di vergognoso.
    Spiace dire questo ad uno conciato in quel modo, ma è così.
    Ed è maggiormente grave proprio perchè fatte da chi si trova in quelle condizioni.
    Terroni e sinistri va bene, ma a tutto ci deve essere un limite.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  9. #2929
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Benetton Maletton
    Marcello Veneziani
    I Benetton non hanno prodotto solo maglioni e gestito autostrade ma sono stati la prima fabbrica nostrana dell’ideologia global. Sono stati non solo sponsor ma anche precursori dell’alfabeto ideologico, simbolico e sentimentale della sinistra. Sono stati il ponte, è il caso di dirlo, tra gli interessi multinazionali del capitalismo global e dell’americanizzazione del pianeta, coi loro profitti e il loro marketing e i messaggi contro il razzismo, contro il sessismo, a favore della società senza frontiere, lgbt, trasgressiva e progressista. Le loro campagne, affidate a Oliviero Toscani, hanno cercato di unire il lato choc, che spesso sconfinava nel cattivo gusto e nel pugno allo stomaco, col messaggio progressista umanitario: società multirazziale, senza confini, senza distinzioni di sessi, di religioni, di etnie e di popoli, con speciale attenzione ai minori. Via le barriere ovunque, eccetto ai caselli, dove si tratta di prendere pedaggi. Di recente la Benetton ha fatto anche campagne umanitarie sui barconi d’immigrati e ha lanciato un video “contro tutti i razzismi risorgenti”. Misterioso il nesso tra le prediche sulla pelle dei disperati e il vendere maglioni o far pagare pedaggi alle auto.
    Dietro la facciata “progressista” di Benetton c’è pero'la realtà di Maletton, il lato B. E' il caso, ad esempio del milione d’ettari della Benetton in Patagonia, sottratto alle popolazioni locali, come le comunità mapuche, vanamente insorte e sanguinosamente represse. O lo sfruttamento senza scrupoli dell’Amazzonia, ammantato dietro campagne in difesa dell’ambiente. O la storia dei maglioni prodotti a costi stracciati presso aziende che sfruttavano lavoratori, donne e minori a salari da fame e condizioni penose, come accadde in Bangladesh a Dacca, dove morirono un migliaio di sfruttati che lavoravano in un’azienda che produceva anche per Benetton. Le loro facce non le abbiamo mai viste negli spot umanitari di Benetton, cosi' come non vedremo nessuna maglietta rossa, nessun cappellino rosso sponsorizzato da Benetton o promosso da Toscani per le vittime di Genova. A questo si aggiunge per la Benetton l’affarone di gestire prima gli autogrill e poi interamente le Autostrade, dopo che lo Stato italiano ha investito per decenni miliardi per far nascere la rete autostradale. Un “regalo” del pubblico al privato, come succede solo in Italia.
    Il capitalismo italiano ha sempre avuto questo lato parassitario e rapace: non investe, non rischia di suo ma campa a ridosso del settore pubblico o delle sue commesse. A volte socializza le perdite e privatizza i profitti, come spesso faceva per esempio la Fiat, o piazza i suoi prodotti scartati dal mercato allo Stato, come faceva ad esempio De Benedetti accollando materiali un po’ vecchiotti dell’Olivetti alla pubblica ammministrazione. Aziende che si scoprivano nazionaliste quando si trattava di mungere dallo stato italiano e poi si facevano globalità quando si trattava di andarsene all’estero per ragioni di produzione, fisco o costi minori. O si rileva la gestione delle Autostrade come i Benetton e i loro soci, con sontuosi profitti ma poi è tutto da verificare se si siano curati di investire adeguatamente per ammodernare la rete e fare manutenzione efficace. La tragedia di Genova pende come un gigantesco punto interrogativo tra i cavi sospesi sulla città.
    Di tutto questo, naturalmente, si parla poco nei media italiani, soprattutto nei grandi; non dimentichiamo che Benetton, oltre che importante cliente pubblicitario nei media, è azionista nel gruppo de la Repubblica-L’Espesso-La Stampa, dove si sono incrociati – ma guarda un po’ – i sullodati Agnelli e De Benedetti. In miniatura, segue lo stesso modello ideologico e d’affari alla Benetton, anche Oscar Farinetti, il patron di Eataly. Il capitalismo nostrano da un verso sostiene battaglie “progressiste” appoggiando forze politiche pendenti a sinistra e finanziando campagne global e antirazziste; poi dall’altro si trova invischiato in storie coloniali di espropriazione delle terre alle popolazioni indigene, di sfruttamento delle risorse e di uomini per produrre a costi minimi e senza sicurezza, ottenendo il massimo profitto.
    Poi vi chiedete perché in Italia certe opinioni politically correct sono dominanti: si è cementato un blocco tra un ceto ideologico-politico progressista, radical, di sinistra che fornisce il certificato di buona coscienza a un ceto affaristico di capitalisti marpioni. Un ceto che è viceversa adottato, tenuto a libro paga, dal medesimo. In questa saldatura d’interessi si formano i potentati e contro quest’intreccio ha preso piede il populismo.
    Pero'alle volte insorge la realtà. Drammaticamente, come è stato il caso di Genova. Dove ci sono da appurare le responsabilità, i gradi e i livelli. Inutile aggiungere che con ogni probabilità non ci sarà un solo colpevole, ci saranno differenti piani di responsabilità, anche a livello di amministratori locali, di governi centrali e ministeri dei trasporti, che avrebbero dovuto vigilare e imporre alla società autostrade di spendere di più in sicurezza, pena la decadenza della concessione. Col senno di poi è facile dire che se gli azionisti della società autostrade avessero speso la metà dei loro utili (oltre un miliardo di euro l’anno) per ulteriore manutenzione, sicurezza e rifacimento di strutture a rischio, come era notoriamente il ponte Morandi a Genova, oggi probabilmente non staremmo a piangere i morti e una città stravolta, sventrata. Ma richiamare altre responsabilità non vuol dire buttarla sulla solita prassi del tutti colpevoli nessun condannato; no, ci sono gradi e livelli di responsabilità diversi, e qualcuno dovrà pagare per quel che è successo, ciascuno secondo il suo grado di colpa effettivamente accertata. A questo punto rivedere le concessioni è necessario. Ma non puo'essere la sola risposta. C’è da ripensare al modello italiano che non funziona più da anni, vive di rendita sul passato e manda in malora il suo patrimonio. Bisogna ripensare alla nostra scassata modernità, al nostro obsoleto repertorio strutturale, vecchio come i capannoni di archeologia industriale e le cattedrali nel deserto che spesso deturpano il nostro paesaggio e ricordano il nostro passato, quando l’industria era il radioso futuro. Un paese che non sa più pensare in grande, investire, intraprendere, far nascere, pensare al futuro. Resistono i ponti degli antichi romani, resistono i ponti di epoca fascista, opere “aere perennius”, ma scricchiolano o crollano le opere recenti, perché non c’è stata vera manutenzione, perché c’è stato sovraccarico, o perché furono fatte in origine con materiali inadeguati, con permessi ottenuti in modo obliquo, perché qualcuno vi speculo', e non solo le imprese di costruzione.
    https://www.agerecontra.it/2018/08/b...on/#more-33513

    L’Italia delle facce di tolla. Benetton chiede i soldi ai dipendenti Autostrade ed il ricco David Serra rientra per non pagare tasse
    Italia terra di Santi, Eroi, Scienziati, Navigatori……… di facce di tolla. Purtroppo recentemente Eroi e Navigatori sono un po’ scarsi, ma le facce di tolla (o bronzo, ma la tolla è meno nobile) sono in eccesso, abbondantissime.
    Faccia di tolla numero uno: la Società Autostrade , tramite una lettera ufficiale riportata dalla sempre ottima Verità, ha chiesto ai dipendenti se, su base volontaria, volevano devolvere delle ore di lavoro ai morti del Ponte Morandi. La società con un casello al posto del cuore ha quindi chiesto ai dipendenti da fare donazioni, proprio lei che , a poche ore dal disastro, aveva emesso un comunicato solo per negare ogni propria responsabilità, proprio mentre i Benetton, famiglia che controlla la holding Atlantia, si godeva il proprio mega-party a base di pesce a Cortina, vuoi mai che qualcuno ne soffra. Ora nel più puro spirito della Mega – Ditta fantozziana, viene chiesto ai dipendenti di contribuire a risarcire i danni che l’incuria della stessa azienda e del CdA nominato dai suoi azionisti a causato. Gli stessi dipendenti il cui numero è stato ridotto del 40% ne passaggio da pubblico a privato nel 1999. Se ci fosse un premio Nobel delle facce di tolla, questa sarebbe una seria candidatura.
    Un’altra seria candidatura sarebbe quella di David Serra, il manager del fondo Algebris ed amico di Matteo Renzi dalla prima ora. Il nostro munifico capitalista ha deciso di rientrare in Italia per finalità fiscali, ma solo per approfittare della norma, casualmente scritta da Gentiloni, che permette ai super ricchi che si trasferiscano in Italia di pagare solo 100 mila euro di tasse, in unica tranche, indipendentemente dal reddito. Un bel regalo per chi avrebbe dovuto, presumibilmente, versare dici volte tanto al fisco di Sua Maestà britannica. Una altro caso di facciatollite acuta per chi è sempre stato pronto a difendere qualsiasi misura del governo Renzi, Jobs Act incluso, per chi appoggia una parte politica che avversa la flat tax, ma che è pronto a cogliere alla prima occasione il vantaggio fiscale creato dai propri amici.
    Il vero male dell’Italia è la faccia di tolla, fin dai suoi vertici.
    https://scenarieconomici.it/litalia-...-pagare-tasse/

    Paolo Borgognone
    Stasera, a "Otto e Mezzo", nel solito monologo a 4 tra altrettanti giornalisti che la pensano allo stesso modo su tutto (ossia, W la Ue!, Abbasso Salvini!, Abbasso Orban!, Abbasso i populisti!, le coordinate della trasmissione sono, più o meno, sempre queste), un allucinato Giampaolo Pansa ha evocato l'ipotesi del "golpe militare" di Esercito, Carabinieri e Polizia per "liberare" il Paese dal governo Salvini-Di Maio. Modello cileno per Pansa? A Giampà, ma che nun lo sai che ar giorno d'oggi non c'è più bisogno di mandare i militari a fare il lavoro sporco per i banchieri, i magnati della finanza internazionale e gli industriali super-ricchi? Oggi, queste classi sociali i colpi di Stato li fanno in prima persona, con l'arma "borsistica" dello Spread, i finanziamenti alle "rivoluzioni colorate" e quant'altro... Resta il fatto che, ormai, il fondo è stato ampiamente toccato da parte di un mainstream ideologico liberale la cui isteria pro-Ue è divenuta tale da evocare, apertamente, il golpe militare per "abbattere il governo" (espressione utilizzata, letteralmente, da Pansa).
    PS come avrebbe reagito, in studio, la conduttrice del programma se il golpe militare fosse stato evocato a parti invertite, ovvero propinato da un giornalista "populista" per rovesciare un governo "libberale" e filo-Ue? Inoltre, Pansa lo sa che il governo "giallo-verde", piaccia o meno, ha il consenso del 60% circa dell'elettorato? E poi, questi, si permettono di definire "antidemocratico" Orban. Beh, caro Pansa, non mi sembra una soluzione molto "democratica" quella che comporta il rovesciamento, per via militare, di un governo che gode di un consenso popolare pari al 60% degli elettori... Mi chiedo quando questa cricca di liberal che detiene le leve del mainstream si degnerà di tener presente il principio, piuttosto elementare tra l'altro, secondo cui il "plebiscito" dei popoli conta di più, a costituzione vigente, del plebiscito dei mercati...

  10. #2930
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    Predefinito re: Il Paese do sole che non può essere chiamato di menta

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

 

 
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