Zidane, "quando alla Juve mi tagliavano i calzini"...
«Nello spogliatoio della Juve c’era un po’ di nonnismo. All’epoca portavo i calzini marca Achile, corti e appariscenti. Mio malgrado, ho scoperto che in Italia i calzini non devono mai essere corti o colorati. Alla fine di un allenamento li ho trovati tagliati a strisce e incollati sul mio armadietto. Mi hanno detto che i calzini, rigorosamente a tinta unita, si portavano a metà polpaccio. Non ho mai più indossato calzini Achile. Ma io ero anche quello che tagliava la pastasciutta, senza sapere che commettevo un grosso errore. Mi hanno fatto a pezzi! Giusto, è così che si apprende la cultura di un paese». L’ex numero 21 bianconero - il 10 era già proprietà di Del Piero, ma Zidane era un 10 in assoluto - racconta la sua vita monacale in riva al Po: «Tutte le sere, verso le 19, ero in pigiama e mi sembrava normale. Ecco come era la mia vita a Torino».
CERTE PARTITE - «Non è una leggenda la storia che vuole che io mettessi un cappellaccio da pescatore per andare a giocare con gli immigrati, anche se l’ho fatto soltanto un paio di volte. A spingermi era il mio compagno di squadra Edgar Davids. Lui ci andava matto, lo faceva molto spesso: prendeva la macchina e quando vedeva qualcuno giocare in un parcheggio si fermava per aggregarsi. Mi diceva sempre: 'E’ per loro che dobbiamo giocare, sono queste le partite importanti'. E io gli dicevo: 'Ok, ma abbiamo gli allenamenti, apparteniamo a un club di alto livello, non possiamo rischiare di infortunarci'.
(Tuttosport)