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Discussione: Ettore Majorana

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    Predefinito Re: Ettore Majorana

    LA SCOMPARSA DI MAJORANA? UN CASO DI “PRIVACY”




    Erasmo Recami (morto il 14 luglio 2021) è la sola persona che, con la collaborazione della famiglia, abbia potuto esaminare tutti i documenti e raccogliere tutte le testimonianze possibili. Ne è uscita la biografia di Majorana più onesta e completa che le informazioni note permettono di scrivere, e non a caso il libro di Recami è tradotto in inglese e gode della miglior reputazione. Tutte le piste vi sono indagate, tutti documenti scritti pubblicati. Con Recami se n’è andato chi più di ogni altro, da fisico e da storico, si è avvicinato al segreto di Majorana mantenendo una totale lealtà verso il biografato e la sua famiglia. L’unica eventuale reticenza può essere ascritta all’impegno di non tradire la fiducia che la madre e la sorella di Majorana gli accordarono. Madre e sorella che mai si rassegnarono ad ammettere la morte di Ettore.

    Versioni a ruota libera
    Le versioni che negli anni si sono accumulate circa la fine di Majorana sono tante. Il fisico Gilberto Bernardini, forzando le parole di una lettera di Ettore scritta quando nel 1933 andò a Lipsia per lavorare con Heisenberg, riteneva che si fosse rifugiato in Germania per simpatia politica verso il regime di Hitler – ho incontrato Bernardini nel 1979 in un convegno sui dissidenti sovietici che la “Gazzetta del Popolo” organizzò a Torino, ma purtroppo non parlammo di Majorana. Sciascia sosteneva la scelta della vita monastica in clausura fatta per motivi etico-scientifici. Si parlò di un barbone di Mazara del Vallo, Tommaso Lipari, che avrebbe ceduto i suoi documenti al grande fisico scomparso: Paolo Borsellino indagò su questa ipotesi senza alcun risultato. Nel periodo 1955-1959 Majorana sarebbe stato in Venezuela, dove si nascondeva sotto il nome Bini, una foto assai dubbia fu ritenuta autentica dalla polizia. Una bufala delirante presentò Majorana come inventore di una macchina per produrre energia pulita illimitata: tale Rolando Pelizza sostenne di aver realizzato la macchina, a inquinare ulteriormente la storia provvidero articoli su “il Giornale” e i servizi segreti. Un’altra bufala sostenuta dalle firme autorevoli di Luca Fraioli e Miriam Mafai comparve nel 2010 su “La Repubblica”: a sostegno, uno scatto chiaramente falso ma ritenuto genuino da periti della magistratura nella quale Majorana sarebbe stato ritratto accanto al nazista Eichmann.

    La tesi medica di Giovanni Forte
    Tornando a cose più serie, una indagine del Vaticano in tutti i monasteri non ha portato ufficialmente a nessun risultato, gran parte di questi documenti sono stati desecretati, ma non tutti. Le spiegazioni più recenti hanno individuato in una sindrome di Asperger – variante dello spettro autistico – il motivo del comportamento dello scienziato. In realtà non ci sono prove in questo senso ma la pista della patologia ha preso quota. Merita attenzione il libro di Giovanni Forte “Ettore Majorana, malato non immaginario. Indagini di un medico” (Edizioni La rondine, Catanzaro, 2017, pagine 111, 10 euro). Settant’anni, laureato in Medicina all’Università Cattolica di Roma, nelle sue pagine Giovanni Forte fa una attenta anamnesi dei disturbi denunciati da Majorana nel corso della sua breve vita. I sintomi erano inizialmente astenia, depressione, esaurimento nervoso, malesseri gastrici, patologie respiratorie di tipo influenzale. Ma poi i disturbi polmonari si sarebbero aggravati. Sulla base di molti indizi, alcuni alquanto espliciti, Giovanni Forte ne conclude che sia stata una malattia tubercolare a portare Majorana alla morte. Malattia che all’epoca si usava tenere nascosta: di qui i depistaggi che precedettero il ricovero nel sanatorio di Chiaravalle, in provincia di Catanzaro, gestito da frati Cappuccini. Il decesso sarebbe databile nell’ottobre 1939, a poco più di un anno e mezzo dalla “scomparsa”, ufficialmente avvenuta il 27 marzo 1938, quando Ettore aveva 33 anni.

    Un muro di riserbo
    La tesi di Giovanni Forte è in parte delineata in un libro recente di Stefano Roncoroni, figlio di una cugina in primo grado di Ettore Majorana. Forte sta dalla sua parte. Peraltro Roncoroni, scrittore e regista, non in sintonia con l’altro ramo della famiglia, parlò di un Ettore omosessuale, mentre altre fonti elencano otto donne che ebbero il privilegio della sua simpatia, ultima l’allieva Gilda Senatore alla quale consegnò dei manoscritti alla vigilia della scomparsa. Oggi un punto di riferimento importante è la ricerca condotta dagli storici Francesco Guerra e Nadia Robotti “Il dossier Majorana” pubblicato nei “Quaderni di Storia della Fisica”. Peso decisivo ha assunto, con il senno di poi, una lettera di Giovannino Gentile a Delio Cantimori dove dà per scontata la morte di Majorana nel 1939 scrivendo a proposito del suicidio del professore universitario Basilio Manià, assassino di una sua allieva di Pavia che lo aveva rifiutato: “Così abbiamo perduto un altro amico. Pare un destino che spinge giovani come Majorana e Manià a queste supreme risoluzioni”.

    Silenzio ostinato
    Giovanni Forte libera il campo, con un colpo di rasoio di Occam, da tutte le ipotesi più o meno fantasiose, ma ancora accettabili fino a quando con il suo libo non ha messo in fila tutti i dati sanitari noti con sicurezza. Il mistero della scomparsa di Majorana si ridurrebbe così a un caso di “privacy” molto ben tutelata, forse grazie al fatto che in quel tempo non c’era come oggi una Authority che si occupa di scartoffie anziché della sostanza (cioè il continuo assalto delle multinazionali del web ai nostri dati personali). Il riserbo dovuto agli aspetti sanitari va inquadrato inoltre nell’imbarazzo di una famiglia siciliana, colta e di classe sociale elevata, per un figlio geniale, in cattedra fuori concorso per chiara fama all’Università di Napoli, che all’improvviso viene meno al suo impegno di docente senza motivi apparenti. Neanche Forte può scrivere la parola fine. Senza un cadavere e con il silenzio di chi sa, la vicenda rimane aperta. Scrive Forte in una lettera immaginaria allo scienziato al termine del libro: “Mi auguro che anche la tua famiglia si decida finalmente a riconoscere la legittimità della tua scelta”.

    Il vero mistero è il “suo” neutrino
    In conclusione, a parte eventuali informazioni ulteriori che potrebbero uscire dal Vaticano, l’unico vero enigma che rimane intatto è scientifico, ed è il “neutrino di Majorana”. La più importante teoria dello scienziato siciliano ne prevede l’esistenza ma finora non è stato osservato. Si tratta un neutrino che sarebbe identico alla sua antiparticella. La sua scoperta aiuterebbe la soluzione di problemi cruciali della fisica, in particolare potrebbe spiegare l’asimmetria tra materia e antimateria. L’esperimento GERDA dell’Infn nel Laboratorio del Gran Sasso dal 2011 cerca di risolvere la questione del neutrino di Majorana osservando il doppio decadimento beta senza neutrini. L’esito per ora non è conclusivo. La sensibilità dell’apparato potrebbe essere insufficiente. E’ in programma una estensione di GERDA nell’esperimento LEGEND.

    Cade anche la “pista argentina”
    Tra le innumerevoli segnalazioni della presenza di Majorana ne cade anche una omessa nell’elenco fatto qui sopra ma a suo tempo presa in esame da Erasmo Recami. Risale a un convegno di fisici teorici del 1974 in Argentina a cui parteciparono Tullio Regge e il suo collaboratore Mario Rasetti. In una pausa dei lavori Rasetti avrebbe sentito Victor Weisskopf dire, rivolto a Isidor Rabi e al premio Nobel Eugene Wigner, “Sapete che è morto Majorana?”, come se nell’ambiente fosse nota la sua presenza in Argentina e il decesso fosse recente. L’episodio è riportato anche nell’autobiografia di Regge scritta con Stefano Sandrelli, edita da Einaudi.


    Stralcio da un articolo di Piero Bianucci pubblicato su La Stampa dell'1.09.21
    L'articolo completo

  2. #152
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    Predefinito Re: Ettore Majorana

    Davide Varì

    FRAGILE, GENIALE E IN FUGA: LE SETTE VITE DI MAJORANA NEL NUOVO LIBRO DI GANGEMI

    E’ un viaggio pirandelliano in una delle storie più affascinanti e misteriose del secolo scorso; il tentativo di cogliere la personalità sfuggente, delicata e fragile di un genio. Stiamo parlando de “L'atomo inquieto” (Solferino Editore), l’ultimo libro che Mimmo Gangemi ha dedicato a Ettore Majorana, il fisico più visionario e talentuoso che l’Italia abbia mai avuto, e sparito nel nulla la notte del 26 marzo del ‘ 38. Intorno a quella scomparsa sono nate storie, leggende, ipotesi di ogni tipo: la fuga nell’impenetrabile convento calabrese di Serra San Bruno, la collaborazione coi nazisti nella corsa verso l’atomica, il suicidio, l’omicidio, la fuga in Sudamerica. Insomma, di tutto. E così, per spiegare le ragioni di quella scomparsa un’ipotesi non basta: per cogliere la personalità inquieta di Majorana, Gangemi mette infatti in campo sette vite. E ognuna di queste vite è plausibile, verosimile, affascinante.

    E anche la sua scrittura sembra mettersi al completo servizio di Majorana. Di solito pregiatissima e arabesca, la penna di Gangemi si nasconde dietro una apparente e ricercatissima semplicità per lasciare tutto lo spazio al protagonista della vicenda.

    Dunque Majorana è l’unico vero attore del suo libro, un testo che regge il confronto con il Majorana di Leonardo Sciascia e il Federico Caffè descritto ne L’ultima lezione di Ermanno Rea. Gangemi guarda ai due maestri ma sceglie altre strade, altre vie per raccontare il mistero della scomparsa del fisico siciliano. E ne fa un racconto schietto, guidato dallo sguardo di un innamorato che si volta indietro e contempla con distacco alla sua storia passata. Lo fa con amore, certo, ma anche con tutta l'onestà possibile. Un’onesta che deve a se stesso e al lettore. C’è anche tanta ricerca nel libro di Gangemi, tanto lavoro anche sulle attività scientifiche di Majorana e di Fermi.

    E qui deve essergli venuta in soccorso la mai sopita passione per la scienza. E vale la pena soffermarsi sulla figura di Enrico Fermi che naturalmente appare a più riprese nel romanzo di Gangemi. Sedotto dal genio di Majorana, il futuro nobel per la fisica fu guida ma nello stesso tempo un padre ingombrante e troppo incline, almeno secondo Majorana, all'autocompiacimento. Il tratto più intimo di Majorana che Gangemi ha colto magnificamente, sta invece nella sua scelta di rinunciare a qualsiasi tipo di riconoscimento per dedicarsi totalmente alla ricerca pura da coltivare in piena solitudine.

    Una scelta radicale - radicale ma inevitabile data la fragilità del suo carattere - e talmente pura da tenere nascoste chissà quante scoperte, o ridurre in brandelli centinaia di formidabili intuizioni scarabocchiate nei pacchetti delle sue immancabili sigarette Macedonia. E’ il genio che non fa compromessi col mondo, quello di Majorana, e che forse ha un brivido di fronte alle nuove possibilità di una scienza che nella sua corsa verso l’atomica sfida il divino e per la prima volta ha la possibilità di annientare l’umanità. E di fronte a questa ipotesi Majorana sceglie la fuga, sceglie di incarnare sette vite che Gangemi gli cuce addosso come le maschere di un tale Pirandello…



  3. #153
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    Predefinito Re: Ettore Majorana

    Il caso Majorana viene avvicinato a quello del grandissimo economista Federico Caffè, il più grande economista italiano di tutti i tempi. Perchè non fate indagini anche su di lui?

 

 
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