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Discussione: Ettore Majorana

  1. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Nel viaggio fatto all'estero fu colpito dall'organizzazione tedesca: … La persecuzione ebraica riempie di allegrezza (sic!) la maggioranza ariana. Il numero di coloro che troveranno posto nell'amministrazione pubblica ed in molte private, in seguito all'espulsione degli ebrei, è rilevantissimo; e questo spiega la popolarità della lotta antisemita. A Berlino oltre il cinquanta per cento dei procuratori erano israeliti, di essi un terzo sono stati eliminati (sic!) … Negli ambienti universitari l'epurazione sarà completa entro il mese di Ottobre. Il nazionalismo tedesco consiste in gran parte nell'orgoglio di razza. In realtà non solo gli ebrei, ma anche i comunisti e in genere gli avversari del regime vengono in gran parte eliminati dalla vita sociale. Nel complesso l'opera del governo risponde ad una necessità storica: far posto alla nuova generazione che rischia di essere soffocata dalla stasi economica. (E. Maiorana. Lettera alla madre)
    Non è dato sapere se i suoi collaboratori conoscessero le sue impressioni e le sue idee sulla Germania nazista: è certo comunque che a Fermi e Segrè (ebreo) tali idee e concezioni non dovessero fare grande piacere. Sulle sue presunte simpatie per il fascismo o sul suo antifascismo si discusse molto dopo la scomparsa con opinioni e testimonianze decisamente discordanti.
    E infatti le simpatie politiche di Majorana rimangono a tutt'oggi una questione controversa. Alcune sue lettere - pubblicate da Erasmo Recami ("Il Caso Majorana", Mondadori, 1987) - sembrano rivelare una certa ammirazione per ciò che avveniva in Germania.

    Per esempio... nel 1933, da Lipsia, scriveva all’amico Segré: "Qualcuno afferma che la questione ebraica non esisterebbe se gli ebrei conoscessero l'arte di tener chiusa la bocca, ma la posizione attuale degli ebrei in Germania non è così grave come potrebbe apparire di lontano. […] Nel complesso è lecito guardare all'avvenire degli ebrei tedeschi con un certo grado di ottimismo..."

    E al padre (evidentemente sbagliando): "Non credo che la Germania possa costituire in avvenire un pericolo per la pace".

    Qualche anno dopo, da Napoli, scriveva (sempre alla madre): "Sono all'Albergo Bologna, via Depretis, che è abbastanza buono... Ho una stanza discreta; oggi me ne daranno una migliore, da cui potrò vedere, fra tre mesi, il passaggio di Hitler…"

    In altre lettere parlava invece con disprezzo di "quella sciocca ideologia della razza". E' quindi probabile che Majorana non condividesse affatto l'ideologia nazista, ma si limitasse ad ammirare l'organizzazione e l'ordine della Germania.

  2. #12
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    Predefinito Rif: Ettore Majorana

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    E infatti le simpatie politiche di Majorana rimangono a tutt'oggi una questione controversa. Alcune sue lettere - pubblicate da Erasmo Recami ("Il Caso Majorana", Mondadori, 1987) - sembrano rivelare una certa ammirazione per ciò che avveniva in Germania.

    Per esempio... nel 1933, da Lipsia, scriveva all’amico Segré: "Qualcuno afferma che la questione ebraica non esisterebbe se gli ebrei conoscessero l'arte di tener chiusa la bocca, ma la posizione attuale degli ebrei in Germania non è così grave come potrebbe apparire di lontano. […] Nel complesso è lecito guardare all'avvenire degli ebrei tedeschi con un certo grado di ottimismo..."

    E al padre (evidentemente sbagliando): "Non credo che la Germania possa costituire in avvenire un pericolo per la pace".

    Qualche anno dopo, da Napoli, scriveva (sempre alla madre): "Sono all'Albergo Bologna, via Depretis, che è abbastanza buono... Ho una stanza discreta; oggi me ne daranno una migliore, da cui potrò vedere, fra tre mesi, il passaggio di Hitler…"

    In altre lettere parlava invece con disprezzo di "quella sciocca ideologia della razza". E' quindi probabile che Majorana non condividesse affatto l'ideologia nazista, ma si limitasse ad ammirare l'organizzazione e l'ordine della Germania.
    Ciò che penso del "mistero" Majorana non lo dirò mai, anche se ho una chiara idea sulla faccenda.
    Majorana riusciva sempre, essendo un genio, a non compromettersi troppo; per questo in alcune lettere scrive una cosa e in altre un'altra.
    Posso solo affermare che la sua era molto di più di una semplice simpatia per il Nazional Socialismo.
    Majorana comprese, capì qualcosa che gli altri non capirono.
    Il suo genio si spinse e va, ancora oggi, oltre l'umano essere.
    La morte non avrebbe mai accettato di privare Gaia di una delle sue creature migliori, le sue gelide e tetre grinfie non sarebbero mai riuscite a posarsi sul suo corpo.
    Majorana vive!!!
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 22:57
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  3. #13
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    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Ciò che penso del "mistero" Majorana non lo dirò mai, anche se ho una chiara idea sulla faccenda.
    Majorana riusciva sempre, essendo un genio, a non compromettersi troppo; per questo in alcune lettere scrive una cosa e in altre un'altra.
    Posso solo affermare che la sua era molto di più di una semplice simpatia per il Nazional Socialismo.
    Majorana comprese, capì qualcosa che gli altri non capirono.
    Il suo genio si spinse e va, ancora oggi, oltre l'umano essere.
    La morte non avrebbe mai accettato di privare Gaia di una delle sue creature migliori, le sue gelide e tetre grinfie non sarebbero mai riuscite a posarsi sul suo corpo.
    Majorana vive!!!
    Sul fatto che fosse un genio non c'è il minimo dubbio.

    Ed era un uomo dalla personalità complessa e affascinante: per il suo essere geniale e – forse – anche per la difficoltà ad esserlo, per le contraddizioni, i silenzi, lo spirito critico, l'ironia. E per quel suo sentirsi in trappola e a disagio nel ruolo che la vita gli aveva riservato (e se dentro di sé avesse aspirato a una tranquilla mediocrità?). Ecco… secondo me, un uomo così, perennemente in crisi e senza troppa fiducia nel genere umano, potrebbe benissimo aver rinnegato lo scienziato che era in lui. I ragazzi di via Panisperna avevano ottenuto – senza rendersene conto - la scissione dell'atomo. Forse la consapevolezza (o semplicemente l'intuizione) delle potenziali, distruttive conseguenze di tale scoperta tormentava Majorana, gettandolo in un conflitto che non trovava soluzione, se non quella di sottrarsi al mondo. In un modo o nell'altro. Ma ripeto: FORSE.

    «La fisica è su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata.» (Da una lettera di Majorana alla sorella)

    E' vero, pare guardasse con simpatia alla Germania di Hitler, ma questo non significa necessariamente che sia fuggito là, anche se è possibile. Per come la vedo io, Majorana era un essere distaccato, solitario, introverso, forse più portato ad astrarsi dal mondo che a interessarsi seriamente di politica. Per questo mi è più facile pensare che la sua scomparsa sia dovuta a una sorta di suicidio: un suicidio della mente, che non implica necessariamente la morte.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 22:57

  4. #14
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    Predefinito Rif: Ettore Majorana

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Sul fatto che fosse un genio non c'è il minimo dubbio.

    Ed era un uomo dalla personalità complessa e affascinante: per il suo essere geniale e – forse – anche per la difficoltà ad esserlo, per le contraddizioni, i silenzi, lo spirito critico, l'ironia. E per quel suo sentirsi in trappola e a disagio nel ruolo che la vita gli aveva riservato (e se dentro di sé avesse aspirato a una tranquilla mediocrità?). Ecco… secondo me, un uomo così, perennemente in crisi e senza troppa fiducia nel genere umano, potrebbe benissimo aver rinnegato lo scienziato che era in lui. I ragazzi di via Panisperna avevano ottenuto – senza rendersene conto - la scissione dell'atomo. Forse la consapevolezza (o semplicemente l'intuizione) delle potenziali, distruttive conseguenze di tale scoperta tormentava Majorana, gettandolo in un conflitto che non trovava soluzione, se non quella di sottrarsi al mondo. In un modo o nell'altro. Ma ripeto: FORSE.
    Assolutamente no, sono contrario a quanto affermi in questo post. In particolar modo sul suo desiderio di una vita "mediocre".
    Il turbamento vissuto dal giovane Majorana era qualcosa di fortissimo e sentito, egli era solo perché nessuno poteva essergli pari e così non riusciva a relazionarsi con gli altri, tranne che con qualche grande scienziato del tempo.
    Io ritengo che sapesse benissimo chi fossero, sul serio, quei ragazzi di via Panisperna e quali fossero i loro intenti e il loro pensiero.
    Majorana capì tante cose, forse troppe per rimanere fermo ed immobile a "guardare" gli eventi scorrere. Doveva scomparire, fuggire, principalmente da se stesso.

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    E' vero, pare guardasse con simpatia alla Germania di Hitler, ma questo non significa necessariamente che sia fuggito là, anche se è possibile. Per come la vedo io, Majorana era un essere distaccato, solitario, introverso, forse più portato ad astrarsi dal mondo che a interessarsi seriamente di politica. Per questo mi è più facile pensare che la sua scomparsa sia dovuta a una sorta di suicidio: un suicidio della mente, che non implica necessariamente la morte.
    No, non fu la Germania la sua meta, sempre che egli abbia avuto mete dopo quei giorni (non scriverò il mio pensiero in merito, come ho espresso in un altro post).
    Majorana era interessato a tutto, anche alla politica, solo che il suo universo "interno" era troppo vasto per poter donare tanto tempo e considerazione a cose "umane troppo umane".
    Fu proprio per non "assassinare" la sua mente che egli decise di "fuggire".
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 23:00
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  5. #15
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    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Assolutamente no, sono contrario a quanto affermi in questo post. In particolar modo sul suo desiderio di una vita "mediocre".
    Il turbamento vissuto dal giovane Majorana era qualcosa di fortissimo e sentito, egli era solo perché nessuno poteva essergli pari e così non riusciva a relazionarsi con gli altri, tranne che con qualche grande scienziato del tempo.
    Heisenberg, per esempio?

    Io ritengo che sapesse benissimo chi fossero, sul serio, quei ragazzi di via Panisperna e quali fossero i loro intenti e il loro pensiero.
    Majorana capì tante cose, forse troppe per rimanere fermo ed immobile a "guardare" gli eventi scorrere. Doveva scomparire, fuggire, principalmente da se stesso.
    Da qualunque cosa volesse o dovesse fuggire, il suo malessere esistenziale doveva essere devastante per decidere di mettere fine alla sua vita sociale (o, secondo alcuni, alla sua vita tout court) e sparire così, nel nulla.

    No, non fu la Germania la sua meta, sempre che egli abbia avuto mete dopo quei giorni (non scriverò il mio pensiero in merito, come ho espresso in un altro post).
    Majorana era interessato a tutto, anche alla politica, solo che il suo universo "interno" era troppo vasto per poter donare tanto tempo e considerazione a cose "umane troppo umane".
    Fu proprio per non "assassinare" la sua mente che egli decise di "fuggire".
    Confesso che mi hai incuriosita e che vorrei saperne di più, ma rispetto il tuo desiderio di non parlarne e non insisterò.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 23:01

  6. #16
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    Predefinito Rif: Ettore Majorana

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Heisenberg, per esempio?
    Si, fu uno dei pochi.

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Da qualunque cosa volesse o dovesse fuggire, il suo malessere esistenziale doveva essere devastante per decidere di mettere fine alla sua vita sociale (o, secondo alcuni, alla sua vita tout court) e sparire così, nel nulla.
    Chi riesce a comprendere la realtà che si cela (in trasparenza) in questo mondo e vuol rimanere "puro", non può far altro che scappare da esso.
    Majorana era una mente "aliena" intrappolata in un corpo umano.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 23:03
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  7. #17
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    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Nei primi anni Settanta, Leonardo Sciascia riprende i documenti relativi alla scomparsa di Majorana e costruisce un appassionante racconto-verità: "La scomparsa di Majorana". Le indagini di Sciascia, che si improvvisa scrittore-detective, sono guidate da un'ipotesi: che Majorana, il quale si occupava della teoria del nucleo e faceva parte di un gruppo che si era imbattuto nella scissione dell'atomo, avesse intuito le possibilità distruttive dell'atomica, fosse entrato in crisi e avesse deciso di scomparire. Sciascia preferiva, all'ipotesi del suicidio, quella secondo cui Majorana si fosse ritirato in un convento siciliano sotto falso nome. Nel saggio di Sciascia, Majorana diventa una figura simbolica dei rapporti tra scienza e storia, un anti-eroe della responsabilità dello scienziato. Ma anche un ennesimo personaggio nella galleria dei siciliani raccontati dalla letteratura, un esempio di quella nera "voluttà di scomparire" comune a certi caratteri pirandelliani e al Principe di Salina, e che qui Sciascia vede come una paradossale, estrema prospettiva critica sul male del proprio tempo.

    Scrive Sciascia: Crediamo che Majorana di questo tenesse conto, pur nell'assoluto e totale desiderio di essere "uomo solo" o di non esserci piú; che insomma nella sua scomparsa prefigurasse, avesse coscienza di prefigurare un mito: il mito del rifiuto della scienza. Il "portare" poi la scienza come parte di sé, come funzione vitale, come misura di vita, doveva essergli di angoscioso peso; e ancor piú nell'intravedere quel peso di morte che sentiva di portare oggettivarsi nella particolare ricerca e scoperta di un segreto della natura: depositarsi, crescere, diffondersi nella vita umana come polvere mortale. "In una manciata di polvere ti mostrerò lo spavento", dice il poeta. E questo spavento crediamo abbia visto Majorana in una manciata di atomi. E ancora: Secondo gli accertamenti della polizia, la sera dello stesso giorno, alle sette, Majorana si imbarcò sul postale per Napoli; e a Napoli sbarcò l'indomani, alle 5.45. Ma noi abbiamo qualche dubbio: e non nell'ipotesi che si sia gettato in mare nel viaggio di ritorno, ma nell'ipotesi che non sia salito sul piroscafo la sera del 26, a Palermo.


    Sciascia sostiene che le indagini furono molto approssimative (se non addirittura inesistenti), ma non so se basi questa affermazione su documenti e prove o se si tratti semplicemente della sua opinione. Riporto le parole dello scrittore:

    "E senz'altro riconosciamo di essere anche noi ingiusti nei riguardi della polizia italiana, del modo - che ci appare svogliato e senza acutezza — in cui la polizia italiana condusse le indagini per la scomparsa di Ettore Majorana. Non le condusse affatto, anzi: lasciò che le conducessero i familiari, limitandosi a « collaborare » (e ad un certo punto, è facile immaginarlo, a fingere di collaborare). E lo siamo anche noi, ingiusti, perché anche noi, dopo trentasette anni, vogliamo « ritrovare » Majorana — e per « ritrovarlo » non abbiamo che poche carte, e pochissime nel fascicolo della Direzione Generale di Pubblica Sicurezza a lui intestato.
    Su questi pochissimi fogli riviviamo l'ansietà, l'impazienza, la delusione, il giudizio sulla inintelligenza e inefficienza della polizia che certamente allora, e più dolorosamente, e più drammaticamente, vissero i familiari di Ettore Majorana.
    Ma ci sono anche le ragioni degli altri, le ragioni della polizia. Il caso era, per come definito burocraticamente «in oggetto», e dunque oggettivamente, quello di una « scomparsa con proposito di suicidio ». C'erano due lettere - una alla famiglia, l'altra ad un amico — che dichiaravano nettamente il proposito; e in quella all'amico anche il modo e l'ora in cui sarebbe stato attuato. Che poi il proposito non fosse stato attuato la sera del 25 marzo, alle undici, nel golfo di Napoli, alla polizia diceva soltanto - per esperienza, per statistica — che era stato attuato dopo e altrove. Impegnarsi a scoprire dove e quando, sarebbe stata una pura perdita di tempo. Non c'era da prevenire né da punire: il problema era solo quello di trovare un cadavere. Ora la soluzione di un tale problema era importante per la famiglia — e veniva pirandellianamente a consistere nella dolorosa e rassegnata (sempre più rassegnata negli anni) certezza, nei funerali, nei necrologi, negli abiti da lutto da indossare, nella tomba da elevare e visitare; non era importante per la polizia né, americanamente parlando, per la totalità dei contribuenti. E anche ad ammettere che Ettore Majorana non si fosse suicidato, che si fosse nascosto: il problema diventava quello di trovare un folle. Insomma: non valeva la pena « distrarre » uomini per cercare un cadavere che solo per caso poteva esser trovato o un folle che presto o tardi sarebbe stato notato e segnalato (ancora l'esperienza, ancora la statistica).
    <…> Peraltro, nessuna polizia in quel momento, e tantomeno quella italiana, poteva essere in grado di sospettare un razionale e lucido movente nella scomparsa di Majorana; e nessuna polizia sarebbe stata in grado di far qualcosa « contro » di lui. Perché di questo si trattava: di una partita da giocare contro un uomo intelligentissimo che aveva deciso di scomparire, che aveva calcolato con esattezza matematica il modo di scomparire. <…>
    Che Mussolini, informato e sollecitato da una « supplica » della madre di Ettore e da una lettera di Fermi, abbia chiesto a Bocchini (il capo della polizia - nota mia) il fascicolo dell'inchiesta e vi abbia sciabolato sulla copertina un « voglio che si trovi » così poi postillato, con grafia più dimessa, da Bocchini: « I morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire»; che sia stato sospettato il rapimento o la fuga all'estero; che del caso si sia interessato il servizio segreto; che le ricerche siano state particolarmente alacri e persino febbrili - di tutto questo altri documenti non restano, presso la famiglia, che copie della « supplica » della signora Majorana e della lettera di Fermi".


    Le parti in corsivo sono tratte da "La scomparsa di Majorana", Leonardo Sciascia - Adelphi (pag. 20 e seguenti)
    Ultima modifica di Silvia; 15-09-09 alle 23:38

  8. #18
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    Predefinito Rif: Ettore Majorana

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Nei primi anni Settanta, Leonardo Sciascia riprende i documenti relativi alla scomparsa di Majorana e costruisce un appassionante racconto-verità: "La scomparsa di Majorana". Le indagini di Sciascia, che si improvvisa scrittore-detective, sono guidate da un'ipotesi: che Majorana, il quale si occupava della teoria del nucleo e faceva parte di un gruppo che si era imbattuto nella scissione dell'atomo, avesse intuito le possibilità distruttive dell'atomica, fosse entrato in crisi e avesse deciso di scomparire. Sciascia preferiva, all'ipotesi del suicidio, quella secondo cui Majorana si fosse ritirato in un convento siciliano sotto falso nome. Nel saggio di Sciascia, Majorana diventa una figura simbolica dei rapporti tra scienza e storia, un anti-eroe della responsabilità dello scienziato. Ma anche un ennesimo personaggio nella galleria dei siciliani raccontati dalla letteratura, un esempio di quella nera "voluttà di scomparire" comune a certi caratteri pirandelliani e al Principe di Salina, e che qui Sciascia vede come una paradossale, estrema prospettiva critica sul male del proprio tempo.

    Scrive Sciascia: Crediamo che Majorana di questo tenesse conto, pur nell'assoluto e totale desiderio di essere "uomo solo" o di non esserci piú; che insomma nella sua scomparsa prefigurasse, avesse coscienza di prefigurare un mito: il mito del rifiuto della scienza. Il "portare" poi la scienza come parte di sé, come funzione vitale, come misura di vita, doveva essergli di angoscioso peso; e ancor piú nell'intravedere quel peso di morte che sentiva di portare oggettivarsi nella particolare ricerca e scoperta di un segreto della natura: depositarsi, crescere, diffondersi nella vita umana come polvere mortale. "In una manciata di polvere ti mostrerò lo spavento", dice il poeta. E questo spavento crediamo abbia visto Majorana in una manciata di atomi. E ancora: Secondo gli accertamenti della polizia, la sera dello stesso giorno, alle sette, Majorana si imbarcò sul postale per Napoli; e a Napoli sbarcò l'indomani, alle 5.45. Ma noi abbiamo qualche dubbio: e non nell'ipotesi che si sia gettato in mare nel viaggio di ritorno, ma nell'ipotesi che non sia salito sul piroscafo la sera del 26, a Palermo.


    Sciascia sostiene che le indagini furono molto approssimative (se non addirittura inesistenti), ma non so se basi questa affermazione su documenti e prove o se si tratti semplicemente della sua opinione. Riporto le parole dello scrittore:

    "E senz'altro riconosciamo di essere anche noi ingiusti nei riguardi della polizia italiana, del modo - che ci appare svogliato e senza acutezza — in cui la polizia italiana condusse le indagini per la scomparsa di Ettore Majorana. Non le condusse affatto, anzi: lasciò che le conducessero i familiari, limitandosi a « collaborare » (e ad un certo punto, è facile immaginarlo, a fingere di collaborare). E lo siamo anche noi, ingiusti, perché anche noi, dopo trentasette anni, vogliamo « ritrovare » Majorana — e per « ritrovarlo » non abbiamo che poche carte, e pochissime nel fascicolo della Direzione Generale di Pubblica Sicurezza a lui intestato.
    Su questi pochissimi fogli riviviamo l'ansietà, l'impazienza, la delusione, il giudizio sulla inintelligenza e inefficienza della polizia che certamente allora, e più dolorosamente, e più drammaticamente, vissero i familiari di Ettore Majorana.
    Ma ci sono anche le ragioni degli altri, le ragioni della polizia. Il caso era, per come definito burocraticamente «in oggetto», e dunque oggettivamente, quello di una « scomparsa con proposito di suicidio ». C'erano due lettere - una alla famiglia, l'altra ad un amico — che dichiaravano nettamente il proposito; e in quella all'amico anche il modo e l'ora in cui sarebbe stato attuato. Che poi il proposito non fosse stato attuato la sera del 25 marzo, alle undici, nel golfo di Napoli, alla polizia diceva soltanto - per esperienza, per statistica — che era stato attuato dopo e altrove. Impegnarsi a scoprire dove e quando, sarebbe stata una pura perdita di tempo. Non c'era da prevenire né da punire: il problema era solo quello di trovare un cadavere. Ora la soluzione di un tale problema era importante per la famiglia — e veniva pirandellianamente a consistere nella dolorosa e rassegnata (sempre più rassegnata negli anni) certezza, nei funerali, nei necrologi, negli abiti da lutto da indossare, nella tomba da elevare e visitare; non era importante per la polizia né, americanamente parlando, per la totalità dei contribuenti. E anche ad ammettere che Ettore Majorana non si fosse suicidato, che si fosse nascosto: il problema diventava quello di trovare un folle. Insomma: non valeva la pena « distrarre » uomini per cercare un cadavere che solo per caso poteva esser trovato o un folle che presto o tardi sarebbe stato notato e segnalato (ancora l'esperienza, ancora la statistica).
    <…> Peraltro, nessuna polizia in quel momento, e tantomeno quella italiana, poteva essere in grado di sospettare un razionale e lucido movente nella scomparsa di Majorana; e nessuna polizia sarebbe stata in grado di far qualcosa « contro » di lui. Perché di questo si trattava: di una partita da giocare contro un uomo intelligentissimo che aveva deciso di scomparire, che aveva calcolato con esattezza matematica il modo di scomparire. <…>
    Che Mussolini, informato e sollecitato da una « supplica » della madre di Ettore e da una lettera di Fermi, abbia chiesto a Bocchini (il capo della polizia - nota mia) il fascicolo dell'inchiesta e vi abbia sciabolato sulla copertina un « voglio che si trovi » così poi postillato, con grafia più dimessa, da Bocchini: « I morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire»; che sia stato sospettato il rapimento o la fuga all'estero; che del caso si sia interessato il servizio segreto; che le ricerche siano state particolarmente alacri e persino febbrili - di tutto questo altri documenti non restano, presso la famiglia, che copie della « supplica » della signora Majorana e della lettera di Fermi".


    Le parti in corsivo sono tratte da "La scomparsa di Majorana", Leonardo Sciascia - Adelphi (pag. 20 e seguenti)
    La scomparsa di Majorana fu uno dei primi testi che lessi sul caso Majorana. Ovviamente lo consiglio a tutti, assieme ai tanti altri libri scritti sulla vita ed il "mistero" dell'amato professore.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 23:09
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  9. #19
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    Il mistero della scomparsa di Ettore Majorana. "Io lo conoscevo"

    da RagusaNews.com

    Fra le ipotesi più recenti legate al mistero sulla scomparsa di Ettore Majorana, lo scienziato catanese sparito a Napoli, nella notte fra il 25 e il 26 marzo del 1938, c'è la teoria che il famoso fisico etneo trascorse gli ultimi anni della sua vita, girovagando come un clochard in Sicilia. Se questa pista fosse vera, allora, la storia che racconta Ernesto Scibona, residente a Ragusa, ma originario della provincia di Catania, avrebbe un valido fondamento (ricordo che in questa direzione aveva indagato anche l'allora procuratore di Marsala Paolo Borsellino che, però, aveva chiuso il caso escludendo di fatto questa ipotesi – nota mia *).

    Scibona ricorda infatti un uomo singolare, che trascorse alcuni periodi della sua vita in una casina rossa dell'Anas, situata sulla strada fra Caltagirone e Mirabella Imbaccari, non lontano dalla casa di campagna della sua famiglia.

    "A volte sembrava in trance, come un uomo che avesse vissuto un forte shock, ma non era un vero barbone", dice Scibona, "io però oggi sono convinto che quell'uomo sulla sessantina, che vestiva sempre col cappotto, anche quando c'era caldo, che parlava sei lingue e che aveva una cultura straordinaria, che non accettava mai soldi da noi, fosse davvero lo scienziato Majorana".

    Scibona per tanti anni non ha più ripensato a lui. "All'epoca avevo solo 13 anni", dice, "poi, un anno fa circa, ho letto degli articoli e ho visto dei servizi televisivi su Ettore Majorana e sono saltato dalla sedia, perché ho visto la sua fotografia e ho detto: ma io quell'uomo lo conosco, stesso viso, stessi zigomi, era proprio lui".

    La famiglia Scibona, negli anni '60, viveva a Mirabella Imbaccari. "Spesso andavamo nella casa di campagna", ricorda, "e una volta arrivò lui, quel signore dalla voce così particolare, che non chiedeva mai nulla e che quasi si vergognava di accettare il cibo e i vestiti che mio padre gli regalava.

    Vedevamo che aveva altri vestiti, puliti e stirati e inizialmente pensammo che fosse accudito da parenti e invece poi scoprimmo che un'altra famiglia, nostri amici, lo aiutavano come facevamo noi". Insomma quello strano "barbone" non aveva un'identità. Per anni quell'uomo frequentò, soltanto nella stagione primaverile, la residenza di campagna degli Scibona.

    "Fra lui e mio padre nacque una certa confidenza", racconta Ernesto Scibona, "perché papà era stato guastatore volontario alla morte durante la seconda guerra mondiale e sono convinto che i racconti che mio padre fece a quel distinto signore, la cui identità era sconosciuta a tutti, in qualche modo riuscirono ad aprire un varco nel suo cuore e nella sua mente: un giorno mio padre gli chiese come si chiamava e lui disse Ettore Major, così almeno poi mi raccontò mio padre".

    Dopo la morte del padre, Scibona vide casualmente le fotografie dello scienziato Majorana.

    "Un anno fa mi collegai su internet per cercare notizie su Majorana, da allora è diventata la mia ossessione", racconta Scibona, "ne parlai anche con mia madre che mi disse che mio padre aveva capito male e che quel signore disse, "mi chiamo Ettore, Ettore Majorana" e che poi chiese a mio padre un quaderno e una matita e si mise a scarabocchiare". Adesso questi ricordi di bambino per Scibona sono diventati un tormentone.

    "Ho perfino cercato il comandante dei Carabinieri di Mirabella Imbaccari, dell'epoca, ma è morto", afferma, "possibile che non si possa sapere l'identità di quell'uomo che viveva in quella casina rossa dell'Anas?". Di quel signore Scibona conserva un unico ricordo materiale: una moneta d'argento, datata 1936 e coniata dal terzo Reich, che un giorno gli regalò, estraendola dalla fodera interna del suo cappotto.





    * Due pensionati di Mazara del Vallo, Edoardo e Armando Romeo, nell' aprile del 1988 spediscono una lunga lettera a Paolo Borsellino, allora procuratore a Marsala. In trentasette pagine confessano di avere conosciuto Majorana. Era quello che a Mazara chiamavano «l' uomo cane»: un barbone che da trentacinque anni si aggirava fra le viuzze della città raccogliendo rifiuti. «Per questo era l' uomo cane», raccontano i due fratelli a Borsellino. Gli spiegano che lo stesso Majorana aveva confidato loro il suo segreto, però con il patto di custodirlo fino «a quindici anni dopo la sua morte». Tommaso Lipari, il nome ufficiale dell' «uomo cane», se n' era andato la mattina del 9 luglio 1973 sugli scalini della statua di San Vito. Aveva la stessa altezza del fisico scomparso. Aveva anche una macchia, come Majorana, sulla mano destra. Il procuratore apre un' inchiesta. E Leonardo Sciascia, tredici anni dopo La scomparsa di Majorana, incontra i fratelli Romeo e manda un messaggio a Borsellino: «Le scrivo confidenzialmente, amichevolmente, a proposito dell' indagine che lei sta conducendo sul cosiddetto "uomo cane" di Mazara~». Sciascia non crede che quel barbone sia stato Majorana. E dopo le investigazioni anagrafiche e sul negativo di una vecchia foto, anche il procuratore chiude il caso. Tommaso Lipari era Tommaso Lipari.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 14-10-09 alle 22:06

  10. #20
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    Predefinito Rif: Ettore Majorana

    Il compianto Ettore Majorana a fare il barbone e rovistare tra i rifiuti... ahahaha

    Il suo segreto è celato da un altro segreto che risiede in un mistero che va ben oltre la piccolezza dell'umana (troppo umana) comprensione.

    Majorana Vive!!!
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 17-04-10 alle 22:35
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    Gli umori corrodono il marmo

 

 
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