Poi dicono che siamo noi a fare i furbi - Corriere Roma
SULL'AUTOBUS
Poi dicono che siamo noi a fare i furbi
Inglesi, spagnoli, africani. Tutti salgono senza biglietto:
«Ci hanno detto che è inutile, tanto nessuno controlla»
Poi dicono che siamo noi italiani a fare i furbi. Sentite questa. Zona Prati. Strade deserte. Arriva l'autobus 70 completamente vuoto. Con me, sale una coppia inglese, marito e moglie. Chiedono se è l’autobus giusto per piazza Venezia. Sì, è quello giusto. Timbro il biglietto e, in segno di cortesia faccio vedere anche a loro come si fa, con la freccia in giù. «Ah, il biglietto - fa lui -. Non ce l’abbiamo. Alcuni amici che sono stati in vacanza a Roma ci hanno detto che è inutile. Tanto nessuno controlla».
Eh già, controllori non se ne vedono. Alla fermata successiva salgono sei ragazzi spagnoli e due ragazze africane coi capelli a treccine. Gli spagnoli, molto chiassosi, leggono ad alta voce le targhe delle vie. Le due africane sembrano inquiete. Una di loro va a chiedere all’autista se le porterà alla stazione Termini. L’autista le rassicura e loro si mettono sedute. A quel punto il signore inglese mi guarda e ridacchia, quasi beffardo: «Visto? Anche loro sono senza biglietto». Gli spagnoli hanno capito e ridono. Una delle ragazze africane ha sentito benissimo perché sta proprio davanti all’inglese, si stringe nelle spalle e fa: «Biglietto? Non sapevo». Non sapeva che bisogna pagare per viaggiare.
Una volta sugli autobus c'era il bigliettaio. L'hanno tolto per risparmiare. Ma forse bisognerebbe rimetterlo: un posto di lavoro in più e niente più viaggi «aggratis», come dicono a Roma. L'autista del 70 ha captato le discussioni. Sa che porta a spasso dieci tipi senza vergogna. Quando arrivo alla mia fermata, dice: «Non è mica la prima volta. Quasi mai ho visto stranieri timbrare il biglietto». E poi dicono che siamo noi italiani a fare i furbi.
Marco Nese
19 agosto 2009