LO SGARBO DI UN NEGOZIO DI ZURIGO
«Troppo cara per lei», borsa negata a Oprah
Svizzera, la star della tv Usa: «Un caso di razzismo»
BERLINO - «Vado in un negozio, che resti senza nome, e dico alla commessa: scusi, posso avere quella borsa sopra la sua testa? Lei mi risponde: no, è troppo costosa. Insisto: voglio quella nera sullo scaffale. Lei ne prende un'altra, e comincia a mostrarmela. Io insisto ancora. E lei gelida: oh, non voglio ferire i suoi sentimenti... A quel punto dico: grazie, probabilmente ha ragione, non me la posso permettere. Ed esco dal negozio».
La borsa costava 35 mila franchi (38 mila dollari). Quello che Oprah Winfrey guadagna, sonno incluso, in poco più di mezz'ora. Però Oprah, a Zurigo per il matrimonio dell'amica Tina Turner, 360 milioni di dollari di reddito annuo e 2,7 miliardi di patrimonio, il volto più noto e potente della tv Usa, al Trois Pommes non è stata riconosciuta. E allora si è presa la sua rivincita. Un po' come Julia Roberts nella scena cult di Pretty Woman , quando dopo uno shopping spudorato a Beverly Hills ritorna vestita da signora nel negozio che l'aveva cacciata e, cinque borse in mano, fulmina la commessa esterrefatta che si era rifiutata di servirla: «Lei lavora a percentuale vero? Bello sbaglio».
Ebbene, Oprah offesa è andata alla trasmissione tv di Larry Kinge si è vendicata della Svizzera: «Potevo tirar fuori la carta di credito nera e tutto quanto... Invece me ne sono andata. Certo che esiste, il razzismo. Eccome se esiste». Colpito, e affondato, un intero Paese. La proprietaria del negozio di Zurigo, Trudie Götz, ha telefonato alla Bbc, si è scusata in diretta parlando di fraintendimento. La ragazza, ha provato a spiegare, è italiana e non parla bene l'inglese. Anzi di solito non sta neppure a Zurigo ma a Saint-Moritz, frequentata da italiani. È bravissima e (come le commesse di Pretty Woman ) «riveste i clienti da capo ai piedi». Ieri mattina, con Oprah si è scusato il capo dell'Ufficio del turismo svizzero.
Però quel bollino di razzismo è difficile da lavare, l'accusa è entrata in circolo, l'intervista di Oprah è stata diffusa dalle emittenti di mezzo mondo. Tanto più che sulla Svizzera si erano aperti i riflettori ed erano piovute le critiche già nei giorni scorsi. Si è scoperto infatti che Bremgarten, 6.500 abitanti sotto le Alpi, vieta ai 150 rifugiati - che pure ospita - di frequentare i campi sportivi e le piscine. Non solo. Nel paesino che ha poco da offrire oltre alla chiesa e al municipio sono state delineate 30 zone (scuole, piazze, casa di cura per gli anziani) dove l'accesso ai profughi è limitato o concesso solo a determinate condizioni. «È per tutelare l'ordine pubblico, funziona benissimo», spiega il sindaco, stupito dello scandalo. L'idea della segregazione, dopotutto, non è sua, lui l'ha semplicemente copiata. Le zone no-profughi esistono in altri comuni, da Eigenthal e Nottwill a Lucerna a Alpnach nel cantone di Obwalden.
E allora la Svizzera, con 48.000 persone in cerca d'asilo, il doppio della media Ue, un porto sicuro per tanti perseguitati e emigrati celebri del Novecento, il Paese della Convenzione di Ginevra, delle organizzazioni internazionali e delle iniziative di pace, sta veramente diventando insofferente? Meno tollerante, più simile al Paese immaginato nei manifesti elettorali del partito anti-immigrati di Christoph Blocher di qualche anno fa, dove la «pecora nera» veniva espulsa con un calcio nel sedere? Due mesi fa, un referendum approvato con il 78% di sì ha molto inasprito le condizioni per ottenere l'asilo. L'agenzia Onu per i rifugiati, Unhcr, protesta da tempo per il trattamento dei profughi, il Consiglio svizzero per i rifugiati definisce le aree no-profughi «indifendibili in termini umanitari e legali». E però, quanta pubblicità negativa in più, rispetto alle proteste Onu, possono produrre una star nera con voglia di shopping, una commessa italiana sbadata e il suo «bello sbaglio»?
10 agosto 2013 | 13:19