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morfeo
ASCOLI PICENO
Una multinazionale che se ne va è sempre una sconfitta per il territorio che la ospita, ma la chiusura di Haemonetics del sito di Ascoli Piceno ha il suono di una campana a morto per l'area industriale picena e per il modello di sviluppo impostato dalla Cassa per il Mezzogiorno, di cui la provincia era l'avamposto più a nord. "The blood management company", come cita il logo del colosso biomedicale del Massachusetts, il 31 luglio scorso ha infatti chiuso la fabbrica di Campolungo - l'unica in Italia, rilevata appena un anno prima da un altro big Usa dell'healthcare, la Pall Corporation - mettendo in mobilità i 185 addetti. «Qui è una guerra contro i mulini a vento, gli imprenditori scappano, c'è il terrore ad assumere e il clima litigioso allontana gli investitori», denuncia Bruno Bucciarelli, presidente di Confindustria Ascoli Piceno. La provincia, sottolinea, batte tutti i record di contenziosi in tribunale in materia di lavoro, cento vertenze solo in Haemonetics, «una situazione patologica dei rapporti sindacali che si somma alla non competitività locale. Occorre fare tutti un passo indietro, perché di fronte all'emorragia di posti di lavoro l'oltranzismo sindacale genera proseliti ma non occupazione».
I dati Istat e Inps fotografano impietosamente le difficoltà dell'Ascolano: il tasso di disoccupazione ha toccato il 12,2% nel 2012, oltre tre punti sopra la media regionale «e stimiamo abbia già raggiunto il 13% in questi mesi», afferma il segretario provinciale Cgil, Giancarlo Collina, riferendo di 24mila disoccupati iscritti alle liste e di un'impennata degli ammortizzatori sociali. Solo nell'ultimo anno il numero di occupati è calato di due punti e mezzo mentre sono salite del 23%le persone in cerca di lavoro. Il tasso di sviluppo imprenditoriale è negativo e pure l'export, apparentemente positivo, sgonfiato dei flussi di chimica-farmaceutica (la metà degli 1,85 miliardi di vendite estere 2012, ma relativi perlopiùa operazioni infragruppo delle multinazionali) perde posizioni.
«La situazione sindacale di Ascoli è un unicum – conferma il direttore delle Risorse umane di Haemonetics Italia, Luca Pietrantonio – ed è un problema che va risolto», perché è impensabile trovare un investitore interessato a rilevare la fabbrica specializzata nelle sacche per il sangue, di fronte a cento vertenze di lavoro in corso e alla mancata firma del verbale stilato il 31 luglio scorso al ministero dello Sviluppo economico da parte delle Rsu. «Si tratta di contenziosi risalenti a 7-10 anni fa per il congelamento di elementi previsti dalla contrattazione aziendale della precedente proprietà», precisa il manager. La maggioranza sindacale – tre rappresentanti su cinque in azienda aderiscono all'Ugl – ha scelto la strada dello scontro frontale. «Al Mise non si chiedeva di firmare un accordo bensì un verbale di riunione, un mero atto di responsabilità», rimarca il presidente di Confindustria. Nero su bianco, infatti, c'è solo l'impegno a negoziare incentivi al reddito e alla ricollocazione e a trovare una soluzione condivisa sui contenziosi individuali per agevolare «la positiva soluzione dell'auspicato cambio di proprietà nella prospettiva di salvaguardare la maggiore occupazione possibile», cita il documento ministeriale, stabilendo che le parti saranno riconvocate entro il prossimo 15 settembre.
Haemonetics e Confindustria confermano che contatti con possibili acquirenti sono in corso, anche se il mercato europeo dell'healthcare è in affanno, schiacciato al ribasso dai tagli alla spese sanitaria. «Qui in Italia non siamo più competitivi in termini di prezzi», afferma il dirigente di Haemonetics, che se ne va dopo aver perso una gara d'appalto di un grosso cliente inglese che assorbiva oltre la metà della produzione di Ascoli. La corporation americana produce sacche per il sangue anche a Covina, in California, e a Tijuana, in Messico, dove trasferirà tutta l'attività picena. E nello stesso comunicato in cui annunciava la chiusura in Italia, ufficializzava anche la costruzione di una nuova fabbrica in Malaysia per assecondare il veloce sviluppo del mercato asiatico.
Ad Ascoli la fuga delle multinazionali è iniziata nel 2004, con la chiusura della Sgl Carbon, «ma oggi la crisi ha raggiunto un apice che non risparmia alcun settore», precisa Ubaldo Falciani della Cgil, secondo cui il territorio paga «l'inadeguatezza della classe politica locale nel costruire un nuovo modello di sviluppo nonché anni di scelte dissennate delle grandi aziende volte solo ad abbattere i costi attraverso forme di precariato, che spiegano l'affollamento in tribunale». Eppure proprio il contratto integrativo firmato pochi giorni alla Pfizer di Ascoli dimostra che un'alternativa alle relazioni sindacali c'è ed è più fruttuosa per tutti: «Sono previsti premi salariali e importanti investimenti», annuncia la Cgil.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Industria manifatturiera, anno 2012 e variazioni percentuali sul 2011
L'americana Haemonetics lascia l'Italia - Il Sole 24 ORE