Questa è la prima follia italiana: in media ogni comune italiano ha meno di 7500 abitanti. Provare ad accorparli significherebbe, tuttavia, esporsi davvero al rischio di sommossa, perchè gli italiani sono disposti a ogni genere di sodomia fiscale e burocratica ma non a vedersi privare del loro "particulare", del municipio sotto casa, del c.d. presidio territoriale. Fate quello che volete ma non abolite il comune di Vattelapesca col suo bravo Sindaco, il suo bravo segretario generale, il suo bravo geometra,il suo bravo ragioniere e la sua brava assistente sociale. Ma quanto costa questo lusso? Quanto costa, in termini di personale e strutture, non fare economie di scala? Quanto costa creare poi distretti, consorzi, unioni di comuni, ATO etc. e giustificare l'esistenza delle province, che si fanno forza di questa parcellizzazione amministrativa che rende pressoché indispensabile un ente di pianificazione e intervento sussidiario?
Ora, ogni regione ha individuato per legge, all'interno delle ASL, distretti socio-sanitario, aree vaste di Comuni chiamati a coordinarsi per alcune materie particolarmente complesse come tutela degli anziani non autosufficienti e dei minori. Queste aree, di almeno 30 mila abitanti, rappresentano davvero il dimensionamento ottimale per un'ampia serie di servizi, non solo a carattere sociale: potrebbero giustificare appieno l'abolizione di province, prefetture e amministrazione periferica dello Stato; potrebbero pianificare il rischio idrogeologico sul territorio; potrebbero avere competenza esclusiva in materia di viabilità e trasporti pubblici, di linea e non; potrebbero ereditare dalla provincia le funzioni relative a caccia e pesca nelle acque interne; potrebbero occuparsi di formazione professionale e politiche del lavoro; potrebbero seguire tutto il comparto scolastico, dalle materne alle superiori; potrebbero essere più efficaci sul piano dell'informazione al cittadino, della costruzione di database e della promozione turistica o territoriale.
Accorpando e ridimensionando i comuni, potremmo semplificare la vita amministrativa italiana con benefici enormi per i cittadini e le imprese, che vedrebbero dimezzati i tempi di ottenimento di licenze e permessi e aumentata significativamente l'efficacia della P.A. ; con benefici enormi, soprattutto nel lungo periodo, per le casse dello Stato e conseguentemente - si auspica - per i contribuenti.
L'accorpamento e la razionalizzazione della P.A. dovrebbe essere il primo obiettivo di un governo: ho fatto l'esempio dei comuni, ma potrei citare anche le regioni (ben 20 quando potrebbero essere 5 più quelle autonome) o le forze di polizia, ben 4 laddove potrebbero essere accorpate in un corpo unico supportato, localmente e in via ausiliaria, dalla polizia municipale.
Questi temi rappresentano lo spartiacque tra un governo che si limita a fare "manovre" e uno che intende fare "riforme": le prime servono di volta in volta a distribuire l'ossigeno residuo tra Stato e cittadini, le seconde ad aprire varchi per nuovi afflussi d'aria respirabile. Ma di riforme non si parla più, solo di piccoli correttivi che lasciano il tempo che trovano e che hanno il solo scopo di dare piccole spinte all'economia, destinate ad esaurirsi in brevissimi lassi di tempo.
Da questo punto di vista il governo Letta non fa eccezione: non ha né la forza né il coraggio per riformare il Paese e dargli un futuro.