Non mi stancherò mai di ripetere che buona parte dei mali e delle anomalie di questo nostro disgraziato ed a-normale Paese sono da attribuire all'informazione ed alle sue aberrazioni; prima tra tutte quella di NON informare.
A seguito; quella di sostituire, al riferire quello che si viene a conoscere, il trasmettere quello che viene ordinato di comunicare.
Ora si coglie addirittura una nuova tendenza: invece di cercare notizie e FATTI, di approfondire, di mettere insieme numeri e conoscenze, di interrogare per avere risposte, di alzare il velo sugli arcana imperii e riferirne; invece, AL LIMITE, di accontentarsi di quello che il potere vuole svelare, viene data una rappresentazione di quello che sta fuori, si apre la porta degli studi televisivi e dei giornali alla rete, si narra la cosiddetta società civile.
Naturalmente quella che piace loro, con le loro mediazioni, i loro ritocchi e i loro belletti, tramite testimonial e interpreti particolarmente fotogenici e in modo da rovesciare i termini di quello che dovrebbe essere un lavoro, una professione, un incarico tra i più nevralgici per la società e fondamentale nella GARANZIA del diritto costituzionale e di Democrazia del "conoscere per deliberare".
Di contro, questi reggipénna e reggimicrofono, invece di andare dentro alle stanze per dare conto delle scelte, per favorire la trasparenza dei processi decisionali, per pungolare, per dare la sveglia, scelgono (?) di fare una scrematura della cittadinanza; magari quella più dotata di presenza scenica, da far salire sul palco del solito teatrino, a ripetere stanche sceneggiature.
In una frùsta rappresentazione della liturgia democratica (?), un rituale avvicendamento delle facce patibolari di eletti grazie a un sistema che esclude gli elettori e ad elezioni contraffatte proprio dall'occupazione e manipolazione dei media.
Facce immote e indifferenti; quelle di un ceto separato e ostile che partecipa di necessità alle cerimonie mediatiche, perché sono i puntelli che li sostengono e legittimano.