Il Times: "Le università italiane sono tra le peggiori del mondo" - Unistudenti.it
Il Times: "Le università italiane sono tra le peggiori del mondo"
Universita' - Il famoso giornale stila una classifica delle migliori università del mondo. Il migliore ateneo italiano si attesta solo alla posizione 226
Secondo un sondaggio del famosissimo quotidiano britannico Times, in cui è stata stilata una graduatoria delle migliori università del mondo, gli atenei italiani sembrano essere tra i peggiori al mondo.
In questa speciale classifica infatti la migliore università italiana in lista – sono 14 in totale – si attesta soltanto al 226° posto, evidenziando una grave mancanza di qualità ed eccellenza a livello mondiale. Almeno stando a questa speciale classifica.
Il risultato di questo sondaggio ci riporta nuovamente ad una riflessione sullo stato delle università italiane, enfatizzando la necessità di dar vita a riforme che aiutino – nell’arco dei prossimi cinque anni – le università italiane a crescere davvero in qualità.
La riforma del lavoro e la consultazione sul valore legale della laurea – di cui abbiamo avuto modo di parlare in diversi articoli sul nostro portale - sono probabilmente le azioni più importanti ed urgenti da attuare.
C’è però un motivo particolare, ed assolutamente tutto nostrano, che può giustificare la nostra arretratezza rispetto agli altri istituti del mondo. Stiamo parlando della spropositata quantità di università che imperversano in Italia.Le sedi universitari italiane sono infatti più di un centinaio. In pratica ce n’è una in ogni città. Con un conseguente spreco di denaro e di efficienza.
La stessa distribuzione dei finanziamenti statali potrebbe essere rivista e migliorata per offrire un’efficienza maggiore degli atenei. In che maniera? Non si può valutare la qualità di un’università – e quindi la possibilità che essa possa ricevere dei finanziamenti pubblici - in base al numero di laureati che la stessa produce ogni anno. In questo modo si incentiva lo stesso ateneo a laureare chiunque e a tutti i costi.
Sarebbe forse più saggio dividere i finanziamenti in base al tempo che i laureati di un determinato ateneo impiegano per trovare un lavoro.
Oppure, ancora meglio, si potrebbero valutare i progetti e le start up che hanno preso vita all’interno dell’ateneo. Insomma, la qualità dell’insegnamento necessita forse di criteri di valutazione differenti che siano in grado di offrire un aiuto concreto alle università che davvero meritano.Sarebbe un primo passo verso quell’eccellenza di cui, potenzialmente, potremmo essere rappresentanti e portatori in tutto il mondo.
Eccellenza che invece continua essere un miraggio.
[ 04/04/2012 - Andrea Valiante ]