User Tag List

Pagina 1 di 7 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 61
  1. #1
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Scorie radioattive in Italia

    Il comitato contro le scorie di Scanzano narra come si è arrivati al successo nella lotta contro le scorie. Senz'armi, senza violenza, ma nel puro spirito della nonviolenza
    Alessio Di Florio
    Fonte: Comitati “ ScanZiamo le scorie”, Campo Base-Terzo Cavone, Forum
    Ambientalista-Basilicata,
    LIPU-Basilicata, Comitato di difesa della Costa Jonica.
    7 febbraio 2004

    Abbiamo voluto narrare quelle due straordinarie settimane che abbiamo
    vissuto nel Metapontino per chiamarvi ad un confronto sulle
    piu’significative esperienze di lotta che stiamo vivendo nel Meridione
    d’Italia per l’affermazione di uno sviluppo eco-compatibile, contro la
    devastazione sociale e culturale imposta da logiche neoliberiste e per
    un’altra idea della democrazia, della partecipazione, della dignità e
    protagonismo popolare. Appuntamento il 15 febbraio a Scanzano


    Nella mattinata di giovedi 13 novembre l’intera comunità lucana piombava
    in un incubo spaventoso, il governo Berlusconi emananava un decreto
    legge, con il quale individuava il sito unico nazionale per le scorie
    nucleari a Scanzano Jonico, nel cuore del Metapontino.
    Follia delle follie, con questo provvedimento sciagurato, si prevedeva la
    possibilità di realizzare, anche, immediatamente, il deposito “temporaneo”
    delle scorie nazionali, che da un momento all’altro potevano essere raccolte
    tutte, provvisoriamente ed a cielo aperto, a Scanzano.
    Appena informate della questione, le popolazioni locali pressochè
    stordite, accusavano un generale senso di frustazione e disorientamento, che
    veniva colmato in maniera straordinaria dalle forze sociali organizzate,
    sindacati dei lavoratori ed organizzazioni agricole in primis, e dalle
    istituzioni locali, Provincia (che sarà il primo ente a convocare il proprio
    consiglio a Scanzano J.co ) e Regione Basilicata in testa.
    Dal 13 novembre in poi tutto il resto ci sembrò, così come avvenne sempre
    più nelle ore successive, secondario.
    Cominciarono subito a delinearsi i contorni di una vicenda a tutt’oggi
    inquietante, torbida e tutt’altro che trasparente.
    Due passaggi fondamentali caratterizzerano le giornate successive:
    1) l’intervento del Parroco di Scanzano, don Filippo Lombardi, che userà
    letteralmente questa espressione: “la rassegnazione è un demone,
    rassegnarsi è un peccato”, che diventerà il vero filo rosso di tutta la
    vicenda;
    2) il delinearsi di una intellighenzia, pressochè composta da militanti
    della sinistra, comitati ambientalisti e cattolici impegnati nel sociale,
    che rappresenterà il punto più avanzato e più consapevole di tutta la lotta,
    e che, nel momento in cui scriviamo, ancora sta continuando un lavoro che
    naturalmente va oltre la vicenda contingente.
    Tra il Sabato 15 e la Domenica 16, inizia a delinearsi un quadro più
    chiaro dal punto di visto politico e degli obiettivi, condito ad un
    generale moto di insurrezione popolare, che sin dai primi minuti si
    caraterizzerà per la assoluta non violenza, unità e radicalità.
    Sabato 15 il Consiglio Provinciale riunito a Scanzano delibererà
    l’istituzione di un comitato di coordinamento istituzionale, che avrà il
    compito di sostenere la lotta spontanea ed auto-organizzata dei cittadini. A
    questa seduta consiliare parteciperanno tutti i sindaci della Provincia di
    Matera, diversi consiglieri ed assessori regionali, ed alcuni parlamentari
    eletti in Basilicata.
    Tra il Sabato 15 e Domenica 16, iniziano i blocchi stradali sulla strada
    statale 106, all’altezza di Terzo Cavone in agro di Scanzano, a Nova
    Siri al confine con la Calabria e nei pressi delle Tavole Palatine al
    confine con la Puglia. A proposito dei blocchi stradali, che da martedi 17
    in poi diventeranno ben 10, nove dei quali in provincia di Matera e
    uno sull’autostrada Salerno - Reggio Calabria all’altezza di Lagonegro,
    vorremmo fare qualche riflessione: naturalmente i blocchi stradali
    rappresentano la prima reazione di ribellione, se vogliamo la piu’semplice,
    ma crediamo che consciamente e inconsciamente rispondente a piu’esigenze,
    una delle quali, la meno indagata, è però la piu’angosciante, quella di
    avere delle sentinelle sul territorio, e, se notate, sostanzialmente sui
    bordi del confine provinciale, contro il rischio di un transito ed un arrivo
    anticipato delle scorie con mezzi militari per alimentare il sito
    temporaneo in superficie previsto dal famigerato decreto legge.
    Il solo pensiero di questo capitolo ci fa venire la pelle d’oca per le
    implicazioni che tutti voi potete facilmente immaginare, una per
    tutte è quella che le centinaia, migliaia di cittadini che presidiavano
    questi blocchi sarebbero potuti arrivare, e vi diciamo che c’era questa
    consapevolezza, ad un confronto con l’esercito .
    Il lunedi 17 un manipolo di 20 – 30 persone, nel primo pomeriggio,
    occuperanno i binari presso la stazione di Metaponto, che da lì a pochi minuti diventerà uno dei punti più simbolici di questa straordinaria e civile protesta. Chi in quelle due lunghe settimane, quasi come in pellegrinaggio, non è passato a fare visita ai binari di Mataponto o al Campo Base di Scanzano Jonico ? Il Campo Base di Scanzano è sicuramente il punto più alto ed
    esaltante di questa esperienza. Il cuore pulsante, il cervello pensante
    della lotta di un popolo dignitoso che ha voluto dare, con tanta umiltà, la
    voce al Sud, ai Sud del Mondo. Decine di tende, cucine da campo , bagni,
    tendoni per riunioni, assemblee, messe e lezioni didattiche, internet-
    point, una radio libera, un falò immenso che riscalderà e illuminerà i
    volti in penombra di tanti giovani, mamme con i loro bambini dormienti tra
    le braccia, e anziani fieri ed orgogliosi di appartenere a questo popolo
    in lotta.
    Se provavi a chiudere gli occhi, ti ritrovavi per un attimo nella
    Selva Lacandona, accanto ad un popolo che difende e rivendica il proprio
    diritto all’autodeterminazione contro una operazione neocolonialista e
    militare, che disprezza chiaramente il meridione e le sue genti.
    Dal lunedi 17 in poi in tutta la provincia di Matera e nella vicina
    Puglia sarà un crescendo di mobilitazioni ed iniziative di cittadini,
    studenti, agricoltori e lavoratori, al punto che noi stessi non riusciremo
    più a censire le azioni organizzate.
    L’unità del popolo lucano, con l’abbraccio fraterno delle
    popolazioni pugliesi e calabresi, avrà culmine nella manifestazione delle
    oltre centocinquantamila presenze del 23 Novembre, che rappresenterà uno dei momenti più alti della recente storia italiana di difesa degli interessi di
    una comunità e della stessa collettività nazionale. Sicuramente la più
    grande manifestazione ambientalista e antinucleare mai fatta in Italia
    Fra le immagini distorte che la grande stampa antimeridionale
    offrirà di questa civile battaglia di popolo contro il decreto governativo,
    ci ha particolarmente colpito il tono irrisorio riservato alla Madonna di
    Loreto, portata in processione da oltre ventimila persone. Un errore
    madornale. Al fianco del popolo lucano vi è stata sempre l’intera Chiesa
    lucana, dai vescovi alle più umili suore, senza se e senza ma.
    La stessa unità è stata rappresentata dall’encomiabile azione dei
    sindacati dei lavoratori e dalla presenza di bandiere e simboli dal valore
    antico ed universale, come l’arcobaleno della pace di Aldo Capitini e il
    volto del “Che”, cullati e dondolati in un abbraccio tanto emblematico
    quanto significativo con canti della tradizione popolare e della resistenza
    partigiana.
    Il resto è tutta storia che conoscete: una sconfitta del governo
    Berlusconi per mano di un popolo che si riappropria del proprio futuro,
    costringendo il governo a far scomparire dal famigerato decreto il nome di
    Scanzano Jonico, il sito unico nazionale, il cimitero geologico e i poteri
    speciali al commissario di governo; come l’ha definita l’ On. Nichi
    Vendola, una vera “Caporetto” per il governo.
    A Scanzano è nato un grande Movimento moderno e del futuro,
    pacifico e non violento, radicale ed unitario che ha visto la
    partecipazione, in ragione della sua scelta non violenta, di tutti i
    cittadini compresi i bambini e i disabili.
    Il popolo del Mezzogiorno e del Sud ha ripreso la parola in un
    abbraccio straordinario tra una nuova cultura ambientalista e una storia
    antica e dalle radici ancora vive, quelle della civiltà contadina .
    Ha vinto la domanda di partecipazione e di protagonismo popolare
    contro un provvedimento autoritario e militarista. Ha vinto la comunità e
    l’idea che la terra è qualcosa che va oltre la proprietà per diventare un
    bene comune, pubblico e indivisibile di chi la lavora e la vive.


    Come già narrato, il lunedi 17 nel primo pomeriggio un manipolo di
    cittadini, 20- 30 persone con il parroco di Scanzano in testa, occuperanno i
    binari presso la stazione di Metaponto . Dopo circa un’ora di trattative
    con la polizia, che chiedeva agli occupanti di liberare i binari (su uno
    snodo importante da sud verso nord per i treni provenienti dalla Calabria,
    dal Salento verso il corridoio tirrenico e adriatico), il Questore, sembra
    su ordini provenienti da Roma, avrebbe minacciato che se non si fossero
    liberati i binari sarebbe stato costretto a dare ordini ai suoi agenti di
    farlo con la coercizione.
    In poche decine di minuti, con un passa parola impressionante, sui binari di
    Metaponto, si raccoglieranno qualche centinaia di amministratori locali,
    sindaci, interi consigli comunali, consiglieri ed assessori provinciali,
    consiglieri ed assessori regionali, quasi tutti i parlamentari lucani del
    centrosinistra. Una tempestività straordinaria, in un abbraccio fraterno dei
    rappresentanti del popolo a “difesa” dei loro cittadini, nel frattempo
    anch’essi giunti a centinaia. Una straordinaria e coraggiosa prova di forza
    che cambierà la protesta delle giornate successive. Da quel momento la
    stazione di Metaponto insieme al Campo Base, diventerà qualcosa di più di un
    semplice presidio. Diventeranno l’agorà delle comunità lucane e della antica
    magna grecia. Un vero è proprio pellegrinaggio, quasi un luogo di culto,
    dove si ritroveranno bambini, anziani, madri incazzate, disabili, studenti
    ed operai, preti e suore, artisti e gruppi musicali. Si allestiranno due
    punti musicali dai quali si alterneranno in quelle due settimane diversi
    artisti e politici nazionali, tra i quali il segretario nazionale del
    P.R.C., Fausto Bertinotti e gli onorevoli Nichi Vendola, Rosy
    Bindi,Pierluigi Castagnetti Pecoraro Scanio ed altri.
    Commovente la visita di Haidi Giuliani, che all’invito di razionalizzare le
    risorse umane impiegate nel presidio notturno (mediamente 200 persone ) si
    sentiva rispondere nel suo stupore ammirato che quella era la consistenza
    volontaria del turno.
    Altro aspetto, qualificante e straordinario della maturità del movimento che
    ha dato vita a quelle epiche giornate, è rappresentato dal fatto che presso
    la stazione di Metaponto, nonostante la presenza stabile di un groppuscolo
    di una dozzina di militanti fascisti di Forza Nuova, nessuno ha raccolto le
    loro provocazioni, poiché assolutamente ignorati ed isolati. I cittadini, e
    gli stessi militanti di sinistra hanno isolato ed ignorato questi
    personaggi, poiché avevano ben presente che qualsiasi loro provocazione
    avrebbe potuto scatenare la reazione indiscriminata delle forze
    dell’ordine, procurando così un nocumento mortale al presidio e quindi alla
    lotta generale contro le scorie nucleari.
    I nostri militanti ed attivisti, attraverso la non violenza attiva e la
    disobbedienza, accanto e con i cittadini, hanno isolato la pericolosità
    sociale ed idiologica dei fascisti ed hanno vinto ed affermato, cosa non
    scontata in altre epoche, con la non violenza la battaglia per l’egemonia
    cultura e sociale.
    I nostri compagni hanno saputo interpretare il sentimento popolare che
    richiedeva a tutti unità e radicalità mettendo dunque ai margini fino ad
    espellerli tutti coloro che non si rivedevano in questo contesto.
    A tale proposito vorrei ricordare che idendico sviluppo hanno avuto le
    stesse forme di lotta e la discussione intorno ad esse. Ad esempio: sono
    state marginalizzate tutte quelle spinte demagogighe ed irresponsabilmente
    estremistiche, per lo più avanzate e sostenute da esponenti della destra che
    vedendosi franare il terreno sotto i piedi, tenteranno di recuperare, con
    fughe qualunquistiche ed irresponsabili, il terreno politico così
    irremidiabilmente perduto. Infatti, nonostante i blocchi durassero da
    quindici giorni (giorno e notte, al freddo e sotto la pioggia) e consapevoli
    anche del rischio di una recrudescenza degli eventi, i cittadini hanno
    respinto proposte demagogiche, tipo quella della chiusura della erogazione
    dell’acqua alle Regioni confinanti, poiché il grosso del movimento, che non
    aveva altri obiettivi se non quello di respingere il decreto, aveva compreso
    da subito due cose, ovvero: che la battaglia non si vinceva solo a Scanzano
    Jonico, bensì estendendo la mobilitazione a tutto il Sud, e che la protesta
    doveva rimanere assolutamente unitaria, radicale e non violenta, in virtù
    di una presumibile durata a lungo, addirittura 2 mesi i blocchi stradali.
    I cittadini impegnati nei blocchi (migliaia al giorno ) e presso la stazione
    di Metaponto, saranno alimentati tutti i giorni da una straordinaria corsa
    di solidarietà operata dal consorzio degli albergatori, dei villaggi
    turistici, forni e panifici, ristoranti e semplici famiglie.
    Ognuno vorrà fare la sua parte, ognuno vorrà dare qualcosa di sè e come già
    detto le manifestazioni estremistriche o più semplicemente autoreferenziali
    verranno percepite come corpi estranei e quindi isolati e respinti .
    In ragione anche di queste considerazioni, il coordinamento dei movimenti e
    dei blocchi dopo la prima settimana di blocchi e nella consapevolezza di
    estendere la mobilitazione, arriva a partorire un vero e proprio decalogo
    per la gestione dei blocchi stradali. L’obiettivo rimane quello di mantenere
    alto il livello di mobilitazione, ma senza danneggiare le popolazioni
    locali, le attività socio-economiche e produttive. A tale proposito è
    significativo l’accordo tra le organizzazioni degli industriali e i
    lavoratori, che prevederà un impegno degli imprenditori a garantire la
    partecipazione dei lavoratori alla mobilitazione a turni e scaglionati per
    paesi (blocchi stradali e scioperi), a condizione che gli stessi non
    avrebbero impedito il transito delle maestranze da e per le aziende e delle
    merci deperibili, oltre naturalmente ad un sostegno economico e logistico ai
    presidi (tende, container, alimenti). La gestione dei blocchi rappresenterà
    un fatto straordinario, di grande coraggio e maturità , che in alcuni
    frangenti ha rischiato per chi li proponeva (la sinistra comunista e il
    coordinamento dei movimenti e dei blocchi) di rivelarsi impopolare, ovvero
    contro la lotta e per la smobilitazione. Invece noi avevamo capito, ed
    abbiamo lavorato affinchè anche gli altri comprendessero, che la destra
    qualunquista, irresponsabile e criminale, aveva puntato proprio alla entrata
    in crisi di questo sistema articolato, alzando paradossalmente il livello
    dello scontro, per giungere infine ad una situazione di conflittualità
    endogena, ovvero l’uno contro l’altro.
    Abbiamo il fondato sospetto che la destra, da un iniziale momento di
    sbandamento, e se vogliamo di sincera adesione allo sdegno contro il decreto
    legge e quindi alla lotta, ha capito che l’unica via per recuperare il
    terreno che si vedeva franare per responsabilità del loro Governo Nazionale,
    era quella di esasperare il tono dello scontro anche con azioni estremamente
    pericolose e che avrebbero, per effetto delle stesse, messo a rischio le
    sorti generali della lotta.
    Quando si è capito questo, si è reagito nel migliore dei modi che si potesse
    immaginare senza cadere nel loro tranello, infatti non abbiano perso tempo a
    rincorrerli sul terreno da loro proposto, bensi abbiamo lavorato ad
    estendere, generalizzare e qualificare la protesta da prima nel resto del
    territorio provinciale ed in particolare a Matera, con il coinvolgimento
    dell’area murgiana delle Puglie, e poi alle Province di Cosenza e Taranto.
    Quest’ultima darà un contributo straordinario con le iniziative di lotta
    della città capoluogo e dei comuni dell’arco Jonico, con i sui comitati
    ambientalisti, di studenti, agricoltori, amministratori e semplici
    cittadini, quasi a riscoprire le comuni radici di appartenenza a quella che
    fù la antica Terra d’Otranto.
    Invece sul posto, da Scanzano, si iniziava a lavorare su due nuovi fronti:
    la grande manifestazione del 23 Novembre che porterà a Scanzano circa 150
    mila persone e il coinvolgimento, sensibilizzazione e mobilitazione dei
    nostri fratelli conterranei sparsi in Italia e nel Mondo.
    Straordinaria è stata la mobilitazione degli studenti fuorisede lucani a
    Roma ed accorsi dagli altri atenei italiani che organizzeranno a Roma una
    prima manifestazione con diverse migliaia di studenti per il lunedi 24. Da
    quel giorno a Roma gli studenti lucani metteranno su un vero e proprio
    laboratorio di sensibilizzazione e controinformazione, con assemblee
    universitarie, presso centri sociali e presidi davanti agli studi della Rai
    e alla Camera dei Deputati in piazza Montecitorio.
    Intanto continua il lavoro del Campo Base, vero cuore pulsante e mente
    organizzativa della protesta articolata e coordinata (idee – incontri –
    scuola – progetti – radio –informazione e controinformazione etc…).
    In questi quindici giorni decine saranno i cortei organizzati, da quelli
    degli agricoltori, a quelli degli studenti, sempre accompagnati dai
    gonfaloni delle amministrazioni locali e dall’intera chiesa lucana. Due
    saranno i cortei più emblematici: la processione della Madonna di Loreto e
    la manifestazione delle 150 mila persone del 23 Novembre.
    La processione, con oltre ventimila persone, della Madonna di Loreto sarà
    accompagnata da Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo di Potenza e Presidente della Conferenza Episcopale Lucana, che già nei mesi precedenti si era fatto sentire tuonando in maniera forte, inequivoca e con assoluta precisione sui temi spinosi quali quello dello spopolamento delle aree interne con il loro fardello di precarietà, marginalità e povertà, contro la guerra in Iraq, e quello di un uso piu’ equo e compatibile della risorsa petrolio ed acqua . La manifestazione del 23 rappresenterà il momento piu’alto, anche se
    paradossalmente, sia gli osservatori esterni che gli stessi manifestanti
    non avranno la percezione giusta di quello che stava succedendo e di quello
    che c’era in campo, poiché come si sa le manifestazioni sono sempre
    giustamente festose, assolutamente corali e colorate e non drammatiche e
    intense come la vita quotidiana nei blocchi e nei presidi.
    Una strana coincidenza ha voluto che quel giorno, il 23 Novembre, ricorresse
    per la Lucania, in una giornata così gioiosa e colorata una triste
    ricorrenza, ovvero il 23° anniversario del terremoto dell’Irpinia che
    provocò migliaia di morti e feriti. La percezione che si aveva era quella
    secondo cui il popolo lucano che aveva saputo accettare, in ragione della
    sua profonda religiosità, il terremoto del 1980 come un evento naturale e/o
    un segno di Dio, non avrebbe mai accettato un decreto cosi’ infame, e quindi
    peggio del terremoto, figlio di una cultura del disprezzo
    antimeridionalista, che immagina un Sud straccione e fatalista al punto da
    accettare supinamente e magari in cambio di qualche spicciolo o di un
    millantato sviluppo o posto di maledetto lavoro, di diventare la pattumiera
    nucleare d’Italia.
    Questa manifestazione come tutte le altre, riuscitissime e organizzate
    mirabilmente, saranno messe su in pochi minuti, non avendo tanto tempo
    disponibile da dedicarvi e in quanto, come già detto, le manifestazioni ed
    eventi saranno tali e tanti da sfuggire anche alla cronaca dei più attenti.
    I lucani in quei giorni sospenderanno le loro vite quotidiane e le loro
    attività per dedicarsi interamente a questa lotta, che sarà la loro lotta
    per la vita contro la morte. A vicenda conclusa si conteranno i danni per
    l’economia lucana (naturalmente da addebitare a Berlusconi e company, che
    vorrebbero passare anche come i salvatori della patria ) pari a circa 15
    milioni di euri.
    I nostri compagni, impegnati in passato in mille battaglie ambientali e
    sociali, come d’incanto, si troveranno e/o si metteranno alla testa del
    movimento, non per egemonizzare ma per un senso di responsabilità verso il
    loro popolo e la loro terra. I nostri ragazzi, fino a poche ore prima, molte
    volte ostaggi di divisione e lacerazioni politiciste, diventeranno uomini e
    donne che dirigeranno, organizzeranno, parleranno in nome e per conto delle
    popolazioni locali in quanto dalle stesse riconosciute per la loro serietà,
    responsabilità, coerenza ed onestà.
    In quei giorni il nostro sentimento sarà pervaso da un misto di orgoglio ma
    anche di paura per il peso enorme che graverà sulle nostre spalle, fragili
    ma abituate ed allenate da tantissime battaglie combattute in questi anni.
    Sarà una battaglia dall’esito assolutamente non scontato, non facilmente
    codificabile, che vedeva contrapposti un Governo (e non la Nazione)
    autoritario e militarista e un popolo mite e pressochè anonimo. Si, il
    popolo e non una sua avanguardia politicizzata ed orientata.
    Saremo impegnati in quelle giornate in una ricerca collettiva e quotidiana,
    di decodificazione ed analisi, tattica e strategia dove nonostante la
    lucidità di alcune analisi ed intuizioni personali, ognuno di noi, sarà
    sempre pronto a mattersi in discussione ed ascoltare. Un insegnamento per
    noi e per gli altri, frutto anche di questa straordinaria vicenda che ha
    cambiato un po’ anche noi altri.
    Con i tanti compagni, tutti straordinariamente e generosamente impegnati in
    quei giorni daremo vita a quell’intellettuale collettivo di gramsciano
    insegnamento, tante volte scomodato caricaturalmente e altrettante volte
    facilmente rimosso.
    Uno straordinario processo di osmosi di assoltuta novità e sostanzialità .
    Per questi, ed altri motivi, non condividiamo la tesi di chi diceva che la
    gente non voleva i c.d. “no global”, primo e banale perché noi apparteniamo
    al movimento c.d. ” no global” e i cittadini lo sapevano. La gente invece
    voleva solo mantenere saldamente in capo a se stessa la regia della
    vertenza, e quindi avrebbe accettato, come ha accettato, tutti coloro che si
    adeguavano al loro linguaggio, alle loro dinamiche, alle loro pratiche, che
    ripeto, non violente, unitarie e radicali poiché la battaglia di cui
    parliamo non era una delle tante battaglie, più o meno classica, era la
    battaglia per la vita e per la morte di un popolo, di una terra antica e
    dignitosa.
    La verità è che questo movimento, moderno e da indagare, ha dato una
    lezione alla nazione intera, ovvero che l’esercizio della disobbedienza
    quando ha un fine giusto, è pratica di massa, fa bene alla democrazia, alla
    partecipazione, al protagonismo popolare. Diversamente se minoritario,
    decontestualizzato ed estremistico fine a se stesso, produce una separazione
    e un rifiuto dei cittadini in quanto percepito come autoreferenziale e
    propagandistico.
    Lo abbiamo detto più volte, la scelta del metodo non violento non era del
    tutto scontata. Tale orientamento ha prevalso anche grazie alla presenza
    massiccia delle donne, e delle madri in particolare, e non nelle mansioni
    più classicamente secondarie e gregarie (pulizia, cucina, accudimento ), ma
    con il loro portato di esperienza , maturità, saggezza e pacatezza,
    lungimiranza, tenacia, fermezza e radicalità, molto spesso alla guida del
    movimento.
    Vorremmo raccontare un episodio emblematico che abbiamo saputo governare con saggezza, consci dei rischi e della delicatezza della situazione che vi esporrò. Come già ricordato, presso la stazione di Metaponto, al blocco sui binari, il più rilevante sotto tutti gli aspetti dei blocchi, insisteva un
    groppuscolo di una dozzina di fascistelli di F.N. resosi protagonista di una
    azione provocatoria, come la tentata aggressione nei confronti del compagno
    Francesco Caruso. Tale azione non riuscirà per la freddezza dei compagni
    napoletani, ed anche perché isolata dai cittadini lucani che in quel momento
    erano a Metaponto e che non hanno seguito, come auspicato dai fascisti, la
    sirena contro i c.d. “ No Global” . Bene avremmo potuto reagire (la
    tentazione è stata forte ) nel piu’classico dei modi, e forse era quello
    che volevano i fascisti per darsi un po’di visibilità, organizzando, cosa
    peraltro facile e nelle nostre possibilità contando su centinaia di
    attivisti e militanti antifascisti, ovvero organizzando una “Squadra “ per
    scacciare i fascisti “carogne”. Non lo abbiamo fatto, senza farci lusingare
    dal sentimento di respingere una codardia che non c’era, poiché avevamo
    capito che i cittadini li avevano già marginalizzati e scacciati, e quindi
    una nostra azione violenta non solo avrebbe potuto mettere a rischio tanta
    gente inerme ma avrebbe prodotto l’effetto, ancor più deleterio, di farci
    assimilare a loro in un unicum di minoritari e violenti. Anche questo è
    stato un passaggio, ritengo importante, per affermare che l’egemonia non la
    si impone, ma la si ottiene quando gli altri ti riconoscono egemone per
    quello che dici e come lo pratichi.
    La nostra condotta potrebbe apparire subalterna, buonista o peggio ancora
    pressapochista. Tutto ciò è infondato poiché non solo la battaglia è stata
    vinta, ma perché abbiamo inciso profondamente nella crescita ed
    orientamento culturale e politico dell’area e di quel movimento. Abbiamo
    portato gli altri sul nostro terreno in un processo di contaminazione
    reciproca con rispetto e alterità, mettendo a frutto la coerenza di vecchie
    battaglie che, se anche non vinte e a volte minoritarie, hanno sedimentato
    la coscienza e quantomeno ci hanno consentito di presentarci come uomini e
    donne coerenti e coraggiosi delle loro idee, della loro storia e delle loro
    battaglie.
    Altro elemento che ci dice che la battaglia per la contaminazione e la
    egemonia è stata vinta, è dato dal fatto che l’esperienza del Campo Base
    prosegue con un processo di elaborazione dal punto di vista dei contenuti
    sul tema del nucleare, ma piu’in generale della democrazia (messa
    pesantamente in discussione con il famigerato decreto legge n.314), della
    partecipazione e del protagonismo popolare, avanzatissimo che pone questa
    esperienza, noi pensiamo come una delle punte più avanzate nello scenario
    antagonista e di lotta antiliberista nel meridione e forse nell’intero
    Paese. Noi pensiamo che non sia un caso se a Roma alla manifestazione del 6
    dicembre contro la legge finanziaria e la riforma delle pensioni, dalla
    Basilicata sono arrivati oltre 10 mila persone, segnando un record per la
    nostra Regione e dando vita, senza timore di essere smentito, allo spezzone
    piu’significativo come qualità delle presenze (tantissimi giovani e donne )
    e dei contenuti.
    Concludiamo questa nostra riflessione-narrazione pensando che sta nascendo un nuovo popolo, che non pensa solo a se stesso, ma pensa a tutti e per tutti, dove la lotta non è solo uno strumento per sconfiggere gli altri, ma
    è il mezzo per cambiare se stessi, gli altri e quindi il mondo intero.


    Note:
    Per costruire un mondo "disarmato" c'è bisogno di ribadire tutti i giorni la forza della nonviolenza e della disobbedienza civile. Scanzano ci dimostra che la strada è quella giusta, che "un altro mondo è possibile"

  2. #2
    PADANIA LIBERA!
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piemonte
    Messaggi
    4,496
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Non è per essere polemico...ma solamente al sud permettono certe cose,certe manifestazioni.
    Blocchi così al Nord...li avrebbero subito bloccati e soprattutto la classe politica(intera) e i sindacati avrebbero preso le distanze!
    Saluti Padani

  3. #3
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Una discarica all'uranio

    760 chili di uranio impoverito, 13.500 metri cubi di amianto, Pcb e altre sostanze tossiche smaltiti illegalmente nell'Arsenale militare di La Spezia. Il materiale radioattivo è stato poi trasferito al Cisam di Pisa, ma le analisi confermano l'inquinamento del sottosuolo e delle acque. Inquisiti due ammiragli. E domani l'ispezione della commissione d'inchiesta sui rifiuti

    C'era di tutto, in quella discarica abusiva in piena zona militare e a un passo dal parco naturale delle Cinque terre. Dalle macchinette del caffé alle «tubazioni contenenti coibentazioni d'amianto», dalle lavatrici alle «coibentazioni d'amianto sfuse», dai «beverini» alle «batterie al piombo e al nichel cadmio», ai «condensatori e trasformatori contenenti Pcb e/o Pct», come si legge nella perizia ordinata dal sostituto procuratore spezzino Rodolfo Attinà e firmata dall'ingegner Tito Boeri. Rifiuti legali mescolati a materiali illegalmente smaltito, tutto insieme a formare un micidiale cocktail che ha inquinato anche terreni e acque. In tutto 13.500 metri cubi di «rifiuti pericolosi» in un'area di 16.607 metri quadrati, che sono costati un avviso di garanzia con l'accusa di «deposito/abbandono incontrollato al suolo di ingentissimi quantitativi di rifiuti» per gli ultimi due direttori dell'Arsenale militare di La Spezia, Dino Nascetti ed Ermogene Zannini. Ora si apprende che in quella discarica a cielo aperto, separata dal centro abitato e dal porticciolo di Cadimare da un muro divisorio di un paio di metri, c'erano anche materiali radioattivi. 760 chilogrammi di uranio impoverito, per la precisione, in gran parte contenuti nelle pale di elicotteri, dove il metallo pesante viene usato come stabilizzatore per il suo alto peso specifico, il resto in piccoli dischi di due centimetri di diametro e mezzo centimetro di spessore che vengono inseriti nei segnalatori delle navi. Erano lì da chissà quanto tempo, probabilmente accumulate negli anni, un vero e proprio pugno nell'occhio per chi si affaccia dall'alto della strada che conduce verso Portovenere, in uno dei luoghi naturalisticamente più belli d'Italia. Ma com'è stato possibile che per anni nessuno se ne accorgesse? La risposta è semplice: i militari non hanno mai permesso ad autorità civili di verificare da cosa fosse composto quell'ammasso informe di rottami e cosa contenessero quei bidoni stoccati uno sull'altro in file di quattro. Tanto che è si è saputo solo mesi dopo l'inizio dell'inchiesta e il sequestro dell'area, vale a dire pochi giorni fa, che le pale di elicottero incriminate sono state trasferite alla chetichella al Cisam di San Piero a Grado, Pisa, un'altra struttura militare, per essere «lavate» lì. Per questo i parlamentari della commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti che domattina visiteranno la discarica non le vedranno, anche se lo spettacolo che si troveranno di fronte sarà appena meno inquietante.
    Il sindaco di La Spezia Giorgio Pagano, diessino, specifica che lui non vuole che i militari italiani vadano via da La Spezia, perché gran parte dell'economia cittadina ruota attorno alla loro presenza, «però cosa vogliono? Non dovevo denunciare la presenza di una discarica abusiva?» D'altronde, se è vero che «su dieci chilometri di golfo la città ha a disposizione appena 400 metri», quella della discarica appunto, è altrettanto vero che «la città subirebbe un colpo grave se i militari dovessero andare via tutti d'un botto», spiega il segretario locale del Prc Aldo Lombardi, che dall'esperienza da segretario della Camera del lavoro di Caorso ai tempi della centrale nucleare ha tratto una grande esperienza nel campo e la tendenza a non disgiungere i problemi ambientali da quelli occupazionali. Però, visto che l'abolizione della leva e il ridimensionamento dell'arsenale hanno ridotto di molto la presenza dei militari, «forse è giunto il momento che alcune aree vengano restituite alla città». E soprattutto che ci sia più trasparenza, per evitare scandali come quello della discarica di Campo di ferro o come quello della «collina dei misteri» di Pitelli, la cui vicenda ispirò addirittura una copertina del settimanale inglese Business week.
    I risultati della perizia ordinata dalla procura spezzina sono infatti inquietanti: oltre ai rifiuti visibili, in superficie, ve ne sarebbero altri sepolti, con la «contaminazione diffusa dei terreni del sottosuolo», dove sono finiti «materiali metallici di varia natura, latte e barattoli di vernici e diluenti, fusti metallici vuoti o pieni; batterie e pile, pneumatici, materiali contenenti amianto». E delle acque sotterranee, dove sono state rilevate grandi quantità di ferro, alluminio e manganese. Analisi effettuate tre anni fa dall'Arpal di La Spezia, invece, dimostravano un'anomala presenza di Pcb nelle acque e nelle colture.

    Angelo Mastrandrea
    Il Manifesto 10 02 04

  4. #4
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito La Spezia, presentato piano di emergenza nucleare

    Il 9 febbraio del 2000, il manifesto, rivelando il piano militare d'emergenza in caso di incidente nucleare di La Spezia, lo desecretava di fatto. Il piano si riferiva al caso di incidente provocato dall'arrivo di navi o sommergibili a propulsione nucleare. Un'eventualità possibile in dodici porti italiani, dalla Maddalena a Brindisi, Taranto, Napoli, Gaeta, Augusta. La successiva inchiesta giudiziaria per la fuga di notizie e la rivelazione di documenti top secret si concludeva con un'archiviazione, ma nel frattempo in prefettura veniva istituita una commissione tecnica incaricata di aggiornare il piano per i civili, datato `93. Che ieri è stato reso pubblico. Il nuovo piano presenta un solo omissis, riguardo al luogo in cui attraccano i sommergibili nucleari. Per il resto, la prima sezione riguarda i livelli di emergenza: il livello A prevede che in caso di incidente vengano istituiti i divieti di traffico marittimo, pesca e balneazione, con posti di blocco per impedire l'accesso alla zona interessata e controllo della radioattività. In caso di rilevamento di radioattività al di fuori dell'area navale, sarà ordinato alla popolazione di rimanere al chiuso, interdette le attività lavorative, con posti di controllo e possibile blocco degli alimenti. Nel caso più grave è previsto l'allontanamento della popolazione e la relativa sistemazione in alloggi a chilometri di distanza, con la raccolta di materiali contaminati e la distribuzione di vestiario. Il limite massimo di navi o sommergibili a propulsione nucleare previsto è di tre. «Avere questo piano di emergenza e renderlo pubblico è un grande risultato. Ma adesso va posto un altro obiettivo: navi e sottomarini nucleari non devono più venire nel golfo della Spezia», ha commentato l'assessore alla protezione civile Olivieri, per il quale «unità militari di questo tipo sosterebbero a poca distanza da una costa densamente abitata, alle porte del parco delle Cinque terre, considerato patrimonio dell'umanità».

    (a.mas.)
    Il Manifesto 10 02 04
    _

  5. #5
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    In Origine postato da Wyatt Earp
    Non è per essere polemico...ma solamente al sud permettono certe cose,certe manifestazioni.
    Blocchi così al Nord...li avrebbero subito bloccati e soprattutto la classe politica(intera) e i sindacati avrebbero preso le distanze!
    Saluti Padani
    Beh, non proprio. Basti pensare ai cobas latte che da anni imperversano appunto al Nord. Ricordo qualche anno fa il blocco, durato mesi, della strada che portava all'aeroporto di Linate .

    Ciao

  6. #6
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito La centrale atomica fantasma di Pisa


    La vera storia dei proiettili all'uranio impoverito e 5 centesimi che tutti noi paghiamo (senza saperlo) per pagare, al di fuori di ogni controllo, la politica e la strategia militare italiana subalterna agli interessi della Casa Bianca.

    Dalla Somalia all'Afghanistan all'Iraq. Le coraggiose inchieste di Marco Mostallino, giornalista dell' "Unione Sarda" svelano retroscena clamorosi ed inquietanti intorno alle nostre forze armate ed all'uso disinvolto della tecnologia nucleare impiegata dai contingenti durrante le missioni di "pace". Fino alla scoperta che lascia senza fiato: una centrale atomica segreta a disposizione dei militari chiamata "Cisam". Alle porte della città di Pisa. L'eccellente lavoro di Marco Mostallino supportato da una documentazione ineccepibile e pubblicato negli ultimi giorni sul suo giornale avrebbe provocato un terremoto negli ambienti politici e militari di ogni paese del mondo dove fosse venuta a galla una realtà tanto esplosiva portata alla luce da un giornalista. Cosa sta accadendo in queste ore in Italia? Nulla. Almeno finora.

    (Roberto Di Nunzio)

    Lo smaltimento segreto dei rifiuti radioattivi militari


    A Pisa, vicino alla base che nasconde i proiettili all'uranio, c'è una centrale nucleare sotto il controllo delle forze armate

    È una centrale atomica fantasma e nessuno sa dove siano finite o finiranno le scorie che ha prodotto prima dello spegnimento. Il suo nome compare en passant in alcuni documenti del Governo e dell'Enea, ma non è compresa tra gli impianti per i cui rifiuti Silvio Berlusconi ha incaricato il generale Carlo Jean ditrovare una sistemazione. Si trova a Pisa, non lontana dunque da quel deposito toscano di munizioni nel quale - lo dimostra un documento militare in possesso dell'Unione Sarda - vengono stoccati e lavorati i proiettili radioattivi all'uranio sparati dalla Nato durante le guerre definite "umanitarie". Il suo nome è Cisam (Centro interforze sviluppo applicazioni militari) e contiene un reattore nucleare di ricerca (il "Galilei") di cui ben poco si sa. Il rapporto sullo "Stato della radioprotezione in Italia", compilato da tecnici dell'ente statale Enea prima che la gestione del nucleare passasse in mano alla Sogin (del ministero del Tesoro), considera l 'impianto del Cisam tra quelli da mettere in sicurezza, considerata la pericolosità del combustibile (plutonio) usato prima dello spegnimento e dei rifiuti radioattivi prodotti. Ma sul "Galilei" è da tempo stata distesa una cappa di segretezza.

    I militari e il nucleare. Un documento del ministero dell'Industria datato 15 novembre 1999 (il dicastero era retto dal diessino Pierluigi Bersani) prevede, per la scelta del deposito nazionale delle scorie nucleari, un - testuale - «percorso partecipativo, trasparente e consensuale per arrivare ad individuare e selezionare un sito per la realizzazione di un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi». E molto chiaro a questo punto che questo cammino non è così trasparente come affermato dai Governi: lo dimostra, tra le altre cose, la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale di una ordinanza del generale Jean con l'omissione di alcune parti relative alla sicurezza degli impianti atomici. Ne è conferma il fatto che ministri di ogni colore abbiano sempre negato la presenza di munizioni radioattive nelle basi italiane, mentre invece esistono documenti che ne provano la conservazione e il trattamento. Di scarsa trasparenza è prova anche il fatto che alla commissione di inchiesta sull'uranio impoverito (la Commissione Mandelli) negli anni passati siano stati chiamati a partecipare, sempre dal Governo, esperti militari che appartengono proprio al Cisam, centrale della quale si ignora la sorte delle scorie. Proprio il Cisam ha tra gli altri compiti quello delle analisi della radioattività sui campioni d'acqua del porto di La Spezia, una delle dodici basi - c'è anche Santo Stefano, in Sardegna - che secondo le fonti ufficiali offrono ricovero ai sottomarini nucleari degli Stati Uniti. Ma nella città ligure i risultati degli esami dei tecnici militari non sempre vengono resi noti.

    L'ordinanza Berlusconi Nell'ordinanza di nomina del generale Jean a commissario con poteri speciali per il nucleare ((7 marzo 2003 numero 3267) il premier Silvio Berlusconi elenca gli impianti atomici che devono essere smantellati, con il successivo stoccaggio delle scorie in un deposito unico: ma nell'atto non si parla del reattore Galilei, né del Cisam e nemmeno viene elencata la Toscana tra le regioni in emergenza a causa della presenza di plutonio e altre sostanze radioattive. Il significato è chiaro: le scorie del Centro delle forze armate sono sottoposte a segreto militare oppure sono già state condotte altrove. Senza informare le popolazioni dei territori interessati dal passaggio dei convoglio radioattivi e dei luoghi nei quali i rifiuti dell'era atomica sono conservati.

    Articolo di Marco Mostallino

    Fonte: L'Unione Sarda - 16 giugno 2003



  7. #7
    PADANIA LIBERA!
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piemonte
    Messaggi
    4,496
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    In Origine postato da Davide
    Beh, non proprio. Basti pensare ai cobas latte che da anni imperversano appunto al Nord. Ricordo qualche anno fa il blocco, durato mesi, della strada che portava all'aeroporto di Linate .

    Ciao
    Se ben ricordi al Nord la polizia ha usato diverse volte il manganello...non ricordi l'irruzione della polizia nel "campo base" dei Cobas,dove nell'eccitazione la polizia ha anche manganellato un giornalista della Padania...oltre che a qualche donna?
    Non ricordi i danni che la polizia ha fatto ai trattori?Quando striscia la notizia e i tg mostravano i poliziotti che con i manganelli spaccavano i vetri e i fari dei trattori?
    E i molti cobas finiti sotto processo per danneggiamento al mando stradale e interruzione di servizio pubblico per aver bloccato i binari oppure per aver dato fuoco a della legna e copertoni su un'autostrada?

    Eppure ricordo che al sud è successa la stessa cosa durante una protesta degli agricoltori(forse x le olive)...anche lì,falò accesi sulle strade...blocchi dei treni...e si vedevano chiaramente nelle immagini tv gli agricoltori con al loro fianco rappresnetanti sindacali con tanto di gonfaloni!!!!

    Al sud tutto è permesso...non solo nelle frodi,ma anche nelle proteste!
    Saluti Padani

  8. #8
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Ripartiamo da Scanzano

    "Un anno di vittorie": con questo titolo la città di Acerra si prepara ad affrontare l'ennesima iniziativa contro l'inceneritore. Un anno di vittorie, perché è ormai un intero anno che ci si è opposti alla realizzazione di uno dei più grandi inceneritori d'Europa; un anno di presidio sul terreno dove il Commissariato di governo all'emergenza rifiuti in Campania aveva deciso di far realizzare l'impianto dalla multinazionale Fibe. Un anno: 27 gennaio 2003 - 27 Gennaio 2004. Un anno in cui Acerra ha ritrovato una propria dignità e unità ed è diventata "caso nazionale", paese simbolo della lotta contro gli impianti industriali inquinanti, contro la logica del profitto a discapito della salute dei cittadini e a favore di una migliore qualità della vita, di uno sviluppo ecosostenibile.
    Raccolta differenziata, riciclaggio, riuso, riduzione a monte dei rifiuti, diverso modo di produrre e consumare, ridistribuzione delle ricchezze e risparmio energetico e di materie prime: queste, le alternative ad un Piano rifiuti che, invece, prevede gli inceneritori come sola soluzione, permettendo profitti a società oggetto di indagini su illeciti che, già da ora, compie con gli impianti di quello che, da sola, si ostina a chiamare Cdr quando invece altro non è che "tal quale". Un lungo anno, quindi, fatto di occupazione giorno e notte, di manifestazioni dalle ventimila persone e di scioperi generali cittadini, di convegni scientifici e dibattiti.


    Una lotta per la sopravvivenza
    Quando si parla di movimento reale non si può non parlare di Acerra: tutti insieme, comitato, partiti, associazioni, istituzioni, comuni cittadini, commercianti, movimenti, chiesa con il Vescovo in prima linea, tutti, come un unico grande corpo sociale che lotta per la propria sopravvivenza e per i propri diritti. Quando si parla di laboratorio politico non si può non parlare di Acerra, anche in contrapposizione con quello cosiddetto Campano che, però, più di una volta, ha mostrato il suo volto repressivo: i compagni, gli ambientalisti, insieme, con le proprie differenze ad arricchire e a tenere materialmente un difficile presidio fatto di presenza, elaborazione, proposte, lotta. Non si può non parlare di Acerra e di questo lungo anno.

    Tutto incominciò una mattina con un centinaio di cittadini a sfidare prima il freddo intenso e poi le forze dell'ordine che si contrapponevano fra noi e le maestranze della Fibe, giunte ad incominciare i lavori. E poi, dopo aver rotto il cordone di polizia e divelto la recinzione, il presidio solo di giorno. Ma, dopo esser stati cacciati dopo pochi giorni, ancora una volta l'occupazione e il presidio 24 ore su 24. Tutto è partito da lì, da un gennaio che la gente ricordava come uno dei più freddi degli ultimi anni. Come riparo un piccolo casolare agricolo reso col tempo sempre più vivibile con il contributo di tutti, i commercianti, i bar che dispensavano cornetti caldi e caffè ogni mattina, con chi ne capiva di impianti elettrici e chi ne capiva di copertura di tetti gocciolanti e chi semplicemente non ne capiva di niente ma voleva lo stesso dare una mano.


    Riprendere la terra
    È incominciato tutto così, leggendo ogni giorno collettivamente i giornali e commentandoli, facendo previsioni, elaborando strategie. Ogni giorno, per settimane, poi per mesi e ora per un intero lungo anno che solo a pensarci viene la pelle d'oca. «La città si è riappropriata della sua terra», si urlava, e via a costruire su quel luogo, la tettoia, il vialetto per sporcarsi un po' meno di fango, la cittadella dei bambini con giostrine e campetto pieno ogni domenica, l'orto con i prodotti delle nostre zone, lo stagno per le papere e la cuccia per "Pantanella" e "Maria bignè", il campo di calcio intitolato a Carlo Giuliani, e con l'arrivo della bella stagione, quella che poi è diventata sala da ballo dove, non uno, in questo lungo anno, vi ha festeggiato il proprio compleanno. E tutto si svolgeva così, un pezzo alla volta ma sempre in crescendo. E la musica sempre a sottolineare ogni passaggio importante. "Briganti se more" assunto ad inno ufficiale. "A' terra è a nostra e non s'a ddà tuccà"; "Anche se il nostro maggio"; "E sembra dire ai contadini curvi". De Andrè e Guccini fra i nostri preferiti ma c'è anche chi rompe i timpani con l'hause, ma silenzio quando il vescovo celebra la messa, tutti attenti, cattolici ed atei.

    Ma poi incominciano i problemi, le contrapposizioni, i contrasti e qualcuno esagera il paragone dicendo «non facciamo la fine della guerra civile spagnola». Ma si va avanti lo stesso, con il presidio che cambia volto e senso e l'attività che soprattutto riprende in città.


    L'inceneritore non ci sarà
    Così si arriva ad un anno di lotte e di vittorie. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai», incominciamo a crederlo sul serio. «E se così non fosse?» «Allora lotteremo ancora, allora sì che ci sarà una guerra, quella dei cittadini contro tutti, contro le forze dell'ordine, anche contro i politici, benché si chiamino Bassolino, contro le multinazionali»; «con una latta di benzina rioccupammo, con un'altra ci difenderemo» e i più pacifisti mantengono la calma! Un intero e lungo anno, più lungo di un giorno, più intenso di un attimo, ancora breve rispetto al futuro nostro e dei nostri figli. La speranza è rinata in queste terre spesso dimenticate, troppe volte condannate, troppo belle per abbandonarle. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai!».____

    Liberazione 7 02 04

  9. #9
    PADANIA LIBERA!
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piemonte
    Messaggi
    4,496
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Ripartiamo da Scanzano

    In Origine postato da Davide
    [B
    L'inceneritore non ci sarà
    Così si arriva ad un anno di lotte e di vittorie. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai», incominciamo a crederlo sul serio. «E se così non fosse?» «Allora lotteremo ancora, allora sì che ci sarà una guerra, quella dei cittadini contro tutti, contro le forze dell'ordine, anche contro i politici, benché si chiamino Bassolino, contro le multinazionali»; «con una latta di benzina rioccupammo, con un'altra ci difenderemo» e i più pacifisti mantengono la calma! Un intero e lungo anno, più lungo di un giorno, più intenso di un attimo, ancora breve rispetto al futuro nostro e dei nostri figli. La speranza è rinata in queste terre spesso dimenticate, troppe volte condannate, troppo belle per abbandonarle. «L'inceneritore non c'è e non ci sarà mai!».____

    Liberazione 7 02 04 [/B]

    Speriamo che si diino fuoco tra di loro con quella latta di benzina...belle cose che "propongono" quei pacifisti!
    Ma mi chiedo,se sono così contragli agli inceneritori,perchè non fanno la raccolta differenziata,visto che la loro regione è una di quelle con la più bassa % di riciclaggio?
    Saluti Padani

  10. #10
    Moderatore
    Data Registrazione
    15 May 2003
    Messaggi
    1,335
     Likes dati
    0
     Like avuti
    3
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Chiacchere e scorie

    Il decreto legge sullo stoccagio dei rifiuti nucleari appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale rischierà di provocare una nuova Scanzano

    Avete già dimenticato Scanzano ? Fatevi coraggio il decreto legge che contiene le “Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi”, argomento quanto mai controverso. Invito i lettori a consultare il testo della Gazzetta Ufficiale, intanto riassumo brevemente commenti da me raccolti a caldo da colleghi esperti. Il decreto comincia male con l’Art.1 in cui è evidente una contraddizione tra la decisione di realizzare un deposito nazionale per i soli rifiuti ad alta attività e l’interno dichiarato di sistemare anche a quelli a bassa e media attività. Il deposito nazonale dovrebbe entrare in funzione entro la fine del 2008, ma risulta poi che il Commisario ha un anno di tempo per disegnare il sito, un altro anno è necessario per la validazione per cui i lavori di costruzione debbono attendere il 2006, mancano i tempi nevessari per portare a termine i lavori. In un paese come l’Italia il ritardo è dovere morale ed inalienabile di un burocrate che non si consideri un fallito, l’idea che venga rispettata la scala dei tempi à umoristica anzi tragica. La legge stabilisce che il sito deve essere validato entro un anno dalla designazione ma secondo le linee guida IAEA i rifiuti ad alta attività vanno sistemati in un deposito geologico la cui validazione tecnica richiede decine di anni, se poi interviene il principio di precauzione i decenni diventano secoli.
    L’Art 3 ribadisce che il deposito nazionale dovrebbe contenere solo rifiuti ad alata attività. I rifiuiti radioattivi di tutti i tipi possono essere trattati in altre strutture non precisate e trasformati in manufatti destinati al deposito nazionale, ma il decreto nulla dice sul trattamento dei rifiuti a bassa e media attività.
    L’ART 3, comma 1 ter stabilisce tassattivamente che “ A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è vietata l’esportazione definitiva dei materiali nucleari ad alta attività al di fuori dei Paesi dell’Unione europea, fatto salvo quanto previsto dalla normativa comunitaria. La sola esportazione temporanea di materiali nucleari ad alta attività è autorizzata ai fini del loro trattamento e riprocessamento”, una condizione che pone fine alle ipotesi di alienazione definitiva degli 8 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività esistenti in Italia e quindi a qualsiasi accordo UE o comunque internazionale che preveda un deposito ad alta sicurezza in zone del globo particolarmente adatte, rispettando ovviamente i diritti delle popolazioni locali.
    Il decreto, confuso e lacunoso, difficilmente potrà evitare un'altra Scanzano e polemiche infocate il cui unico risultato tangibile è stato finora la permanenza di materiali nucleari in condizioni non ottimali, una situazione di stasi in cui non vedo via d’uscita.
    Un esercito di demagoghi ciarlieri chiede a gran voce la sicurezza nucleare e sparge il terrore nelle Scanzano di tutta Italia.
    Nei fatti costoro osteggiano qualunque iniziativa costruttiva diretta a migliorare le condizioni di sicurezza ma che farebbe poi perdere loro voti. Proposte concrete non ne hanno:quel poco che dicono lo dicono male, frettolosamente e senza un minimo di connessione con le conoscenze scentifiche e tecnologiche.

    Tullio Regge
    Fonte: La Stampa 28.02.04
    http://www.protezionecivile.it/cms/a...opy_202_19.pdf
    1 marzo 2004

    Note:
    Chi fosse interessato consulti:http//www.anvu.it/leggi_recenti/aggiornamento_professionale/ambiente

 

 
Pagina 1 di 7 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Monitoraggio fiducia governatori
    Di Bèrghem nel forum Lega
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 29-07-10, 17:28
  2. Babyphone, monitoraggio audio con N900
    Di Templares nel forum Telefonia e Hi-Tech
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 17-07-10, 11:40
  3. 3d di monitoraggio sulla crisi economica mondiale
    Di Imperium nel forum Destra Radicale
    Risposte: 84
    Ultimo Messaggio: 24-10-08, 20:17
  4. Monitoraggio migratoria
    Di Rif. Borbonica nel forum Natura e viaggi
    Risposte: 5
    Ultimo Messaggio: 04-10-08, 15:20
  5. SENATO: proiezioni e monitoraggio regioni in bilico
    Di Danny nel forum Il Termometro Politico
    Risposte: 148
    Ultimo Messaggio: 03-02-06, 20:21

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito