Oddono, il veronese con il gelato ha fatto colpo sugli inglesi
Premiato da Apindustria. «Lì c’è meno burocrazia...»
VERONA I negozianti di South Kensington quando, nel 2004, aprì la sua prima gelateria scossero la testa e gli diedero al massimo 6 mesi di vita. «Me l’hanno rivelato dopo anni – sorride Christian Oddono – e adesso tengono aperti i loro negozi anche di domenica perché in gelateria da me c’è la coda e a loro conviene». Nel frattempo è nata e si è sviluppata la Oddono’s Gelati, il gruppo che conta 5 gelaterie a Londra, la sesta in arrivo a febbraio, una decina di punti vendita in altrettanti ristoranti, il premio di miglior gelateria del Regno Unito in bacheca dal 2007 e innumerevoli corteggiamenti per esportare il gelato Oddono’s al di fuori dei confini inglesi.
Per queste ragioni, Christian Oddono è l’imprenditore che Apindustria Verona ha scelto come vincitore della 7^ edizione del Premio Verona Giovani. Oddono, infatti, è veronese: per lui diploma al Liceo scientifico Messedaglia, poi laurea alla Bocconi e lavoro alla city londinese in corporate finance e ricerca finanziaria. La vita nella capitale britannica non è male, ma manca una cosa: il gelato. Manca così tanto al Head of Research, ruolo che nel frattempo aveva raggiunto per un’importante gruppo finanziario, che Oddono decide di abbandonare la City, tornare in Italia, iscriversi a un corso di formazione per gelatai e imparare il mestiere.
Da qui parte la nuova avventura imprenditoriale.«Era incredibile per me – racconta – vedere gli inglesi mangiare tanto gelato di catene industriali e non poter provare il vero gelato italiano. Io avevo in mente quello che ci faceva mia nonna: la mattina andava al mercato, comprava le uova e il latte fresco e ci faceva un gelato alla crema buonissimo. E il fatto è che non c’è modo migliore di farlo se non farlo fresco e mangiarlo subito».
Una volta apprese le tecniche, quindi Oddono torna a Londra e lì apre le sue gelaterie: laboratorio a vista, prodotti naturali e di qualità, nessun conservante, gelato fatto al momento con materie prime italiane così come la tecnologia e i macchinari utilizzati. L’anno scorso la Oddono’s ha registrato un fatturato di 2,2 milioni, quest’anno saranno di più, una trentina di dipendenti e la concreta possibilità di aprire franchising a Dubai, in Malesia, in Thailandia e in Medio Oriente.
«Il progetto di Oddono è un esempio per le nostre Pmi. Dovremmo prendere spunto da lui, puntare sulla qualità e valorizzare il nostro Dna», ha detto Alessandro Ferrari, presidente dei giovani di Apindustria consegnandogli il premio. Vero anche se, per adesso, Oddono non ha intenzione di portare le sue gelaterie in Italia. «Non per paura della concorrenza, perché quella fa sempre bene, ma perché il mestiere dell’imprenditore è molto bello, ma è meglio farlo in un Paese con poca burocrazia». Quindi, per assaggiare il gelato Oddono’s al pistacchio o quello alle nocciole del Piemonte, famosi a Londra, non resta che andare a provarli direttamente dove si fanno.
Oddono, il veronese con il gelato ha fatto colpo sugli inglesi - Corriere del Veneto
Mega yacht: il nuovo bacino di Cantiere Amico
La società realizzerà in 12 mesi. Il presidente della società: «Riportiamo in Italia un primato». Merlo: «Segnale importante per Genova»
Alberto Maria Vedova
Genova - Nasce a Genova il bacino di carenaggio coperto per maxi yacht più grande del Mediterraneo. Lo realizzerà, in 12 mesi, il Cantiere Amico & Co: si svilupperà per 100 metri e avrà un’altezza di 30, che permetterà di mettere al coperto, in mezza giornata, barche fino a 100 metri di lunghezza. Attualmente, nel Mediterraneo, non esistono bacini di questo tipo superiori ai 70 metri.
«Riportiamo in Italia un primato che avevamo già conseguito nel 1997 - ha sottolineato Alberto Amico, presidente di Amico&Co - con la copertura del bacino n2». Si tratta di un passo importante perché apre le porte al mercato dei megayacht, dai 55 ai 120 metri di lunghezza, che può offrire grandi possibilità di lavoro per tutta la città.
Mega yacht: il nuovo bacino di Cantiere Amico | Liguria | Genova | Il Secolo XIX
Rifiuti: Amiat, investimenti per piu' di 75 mln in 4 anni
(AGI) - Torino, 11 dic. - Ammontano a piu' di 75 milioni di euro gli investimenti previsti dal piano industriale 2014-2017 di Amiat, l'azienda di gestione della raccolta rifiuti di Torino. "E' un piano ambizioso - ha spiegato Roberto Paterlini, amministratore delegato di Amiat - e ha importanti obiettivi industriali, di crescita e di consolidamento territoriale. E' sostenuto sia da un'evoluzione delle attivita' nel perimetro del Contratto di servizio verso la citta' di Torino, ad esempio con l'ampliamento della raccolta domiciliare, sia da un importante sviluppo esterno, ad esempio con l'intermediazione rifiuti speciali".
Tra gli obiettivi futuri di Amiat anche nuove assunzioni: saranno circa 30 i lavoratori che saranno assunti nel primo semestre del nuovo anno. Ma non solo, Amiat punta a diventare un nuovo modello di come il settore dei rifiuti possa diventare un'industria. "Quella dei rifiuti e' una filiera che puo' generare un'industria - ha affermato Francesco Profumo, presidente di Iren - e il territorio torinese puo' diventare un modello. Per anni si e' pensato che fosse solo raccolta e poi discarica, invece la catena riguarda anche la trasformazione dei rifiuti in energia e in materia".
https://www.agi.it/torino/notizie/ri...51-cro-rt10169
Il “Cumenda”
di Mauro Della Porta
Lungimirante quanto pochissimi altri e capace di coniugare al meglio la passione per lo sport con gli affari, Giovanni Borghi è ancor oggi studiato nelle Business Schools di tutto il mondo quale ‘inventore’ della sponsorizzazione appunto sportiva.
Già prima della metà degli anni Cinquanta del trascorso Novecento, infatti, aveva intuito che, con l’affermarsi della televisione e con il proliferare delle riprese dirette dei principali e più seguiti avvenimenti agonistici, la battaglia per il dominio del mercato – in assenza di altri tipi di pubblicità tv quali gli spot, all’epoca inimmaginabili – nel suo come negli altri rami dell’industria, sarebbe stata immancabilmente vinta da chi fosse stato maggiormente presente sul piccolo schermo proprio in quelle occasioni.
Amava il calcio e divenne presidente del Varese che portò rapidamente in serie A anche se mai gli riuscì di aggiungere sulle maglie biancorosse la scritta Ignis.
Gli piaceva il basket e creò quasi dal nulla la mitica e invincibile Ignis Varese che spopolò per anni ed anni sui parquet di tutta Europa, e non solo, raggiungendo traguardi impensabili e record sicuramente imbattibili (si pensi solo al fatto che il team di Borghi è arrivato alla finale di Coppa dei Campioni ben dieci volte di fila e che nessuna squadra, in nessun altro sport può vantare simili risultati).
Adorava il pugilato, e quasi tutti i migliori boxeur, in pochissimo tempo, entrarono a far parte della sua ‘scuderia’.
Per decenni, non ci fu praticamente avvenimento sportivo di un qualche rilievo che non lo vedesse protagonista, capace com’era di occupare con la sua larga e simpatica faccia, accompagnata dall’inconfondibile vocione, ogni volta che un ‘suo’ uomo o una ‘sua’ squadra si faceva onore, lo schermo in bianco e nero.
Per decenni, Varese e provincia dovettero a lui, arrivato a Comerio dalla natia Milano con padre e fratelli nel 1943 a guerra mondiale ancora in corso, alla sua intraprendenza, ai grandi successi nell’industria che seppe conseguire (i frigoriferi Ignis erano conosciuti e venduti dovunque), notorietà a livello internazionale e rispetto.
Infiniti gli aneddoti, veri e inventati, che lo vedevano protagonista.
Probabilmente, il più famoso è quello relativo al colloquio che ebbe con i dirigenti de L’Equipe, il celeberrimo quotidiano sportivo parigino che organizza il Tour de France. Intendeva convincerli ad abbandonare il tradizionale assetto della Grande Boucle alla quale, praticamente da sempre, erano ammesse solo le squadre cosiddette ‘nazionali': la Francia, la Spagna, l’Italia, e così via. Vuole, il ‘cumenda’, che allo start si possa schierare anche la Ignis visto che il mercato francese gli interessa. Perché ciò avvenga, la corsa va aperta alla squadre di ‘marca’.
Una vera rivoluzione!
Gli dicono di no e, allora, infastidito, rivolto ai suoi accompagnatori, in dialetto, chiede: “S’el custa L’Equipe?”
Non si tratta di una battuta. È davvero disposto a comprare il giornale e poi a fare come dice lui!
Il tempo, come sempre, gli darà ragione e il Tour, poco dopo, aprirà alle squadre di marca che ancora oggi ne sono protagoniste.
A quest’uomo, rude all’aspetto ma generoso, al quale tanto deve, Varese ha dedicato un monumento posizionato nello spazio antistante lo stadio Franco Ossola di Masnago. Inaugurato l’11 novembre del 2001, è opera del nostro Vittore Frattini. Alla cerimonia ha fatto seguito una, per qualche verso, malinconica commemorazione, giustamente ospitata dal vicino palazzetto dello sport tante volte teatro delle gesta della mitica Pallacanestro Ignis. Centinaia gli intervenuti e moltissimi i campioni dello sport. Tutti, al di là di ogni retorica, ne hanno ricordato l’umanità.
Un anno dopo mi è capitato di ascoltare le parole che volle pronunciare Arnaldo Pambianco – assai significative perché, non me ne voglia l’antica maglia rosa, uscite dalla bocca di un onesto pedalatore e non di un campionissimo – capace di sconfiggere nientemeno che Jacques Anquetil nel Giro d’Italia del 1961 indossando la casacca di una delle squadre ciclistiche del patron: “È stato un padre per me. Mi ha dato fiducia. Dopo i miei genitori, sarà la prima persona che saluterò in Paradiso quando il momento verrà”.
Il ?Cumenda? - LaBissa.com