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Risultati da 511 a 520 di 829

Discussione: Terries

  1. #511
    Blut und Boden
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    Predefinito Re: Terryes

    Tengono tando cuuore!
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #512
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    Predefinito Re: Terryes

    (ANSA) - POTENZA, 31 MAR - Cinque funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano (Potenza) dell'Eni - dove viene trattato il petrolio estratto in Val d'Agri - sono stati posti agli arresti domiciliari dai Carabinieri per la tutela dell'ambiente perché ritenuti responsabili, a vario titolo, di "attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti". I Carabinieri hanno eseguito anche un'ordinanza di divieto di dimora nei confronti di un dirigente della Regione Basilicata. I provvedimenti cautelari - emessi dal gip del Tribunale di Potenza nell'ambito di un'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia - sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e Caltanissetta.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  3. #513
    Non dire gatto se...
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    Predefinito Re: Terryes

    Sempre secondo l'Inps, le pensioni agli invalidi civili a inizio 2016 erano 2.980.799, erogate per il 44% nel Sud. Al Nord è erogato il 34,7% delle prestazioni agli invalidi civili (37,2 ogni 1.000 residenti), al Centro il 20,6% delle prestazioni (50,8 ogni 1.000 residenti) e al Sud il 44,8% (64,1 ogni 1.000 residenti). Se si guarda nel complesso alle pensioni assistenziali (compresi quindi gli assegni sociali) a fronte di 63 prestazioni ogni 1.000 residenti in Italia, in Trentino sono 26 ogni 1.000, in Emilia Romagna 45 ogni 1.000 e in Calabria 97 ogni 1.000 residenti.

    Inps, il 63% delle pensioni è inferiore ai 750 euro. Metà degli assegni di invalidità concentrati al Sud
    «che giova ne la fata dar di cozzo?»

    “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è ottima”

  4. #514
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    Predefinito Re: Terryes

    Soliti, vecchi discorsi.
    E questo è il minimo.
    Il Sud vive totalmente e costantemente sulle nostre spalle.
    E a tutti sta bene così.
    Compresi i nostri fratelli idioti, magari militonti legajoli.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  5. #515
    email non funzionante
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    Predefinito Re: Terryes

    Fidanzatini si lasciano, le famiglie se le danno di santa ragione: quattro condanne per la maxi-rissa
    di Nicola Sorrentino
    Salerno - Fidanzatini si lasciano e le famiglie se le suonano di santa ragione. Il tribunale ne condanna quattro. Si è chiusa in primo grado la vicenda che coinvolse i componenti di due nuclei familiari, il 22 gennaio del 2014. Tutto ebbe inizio con un incontro-appuntamento tra le parti per chiarire i motivi della rottura tra una giovane e un ragazzo, che si presentò in compagnia del fratello. Ad attenderli c’era anche il padre della ragazza. Neanche il tempo di un paio di battute, che i due gruppi vennero a contatto, tra schiaffoni, pugni e persino l’uso di armi, come dimostrò il ritrovamento di una spranga e una catena di ferro. Ci vollero più pattuglie dei carabinieri, allertati da alcuni vicini, per mettere fine a quel vortice di violenza.
    Quando i militari ascoltarono i protagonisti della rissa, ognuno cercò di passare come parte offesa, specificando di aver subito un’aggressione senza muovere un dito. Tutte le versioni infatti risultarono contrastanti. I fatti avvennero nel quartiere popolare “delle palazzine”, con le ambulanze a far compagnia a quelle dei carabinieri. Alcuni dei feriti furono persino scortati in ospedale per timore di nuove ritorsioni lungo il tragitto.
    La catena di ferro utilizzata durante la maxi rissa fu trovata in un’auto, mentre l’asta di ferro poggiata su di una colonna all’ingresso di un’abitazione. Vicino, anche un giubbotto con macchie di sangue. Il giudice ha condannato in primo grado M.T. e G.S. a due mesi di reclusione, mentre quattro sono i mesi dati a V.S.. Per la ragazza, invece, duecento euro di multa.
    Fidanzatini si lasciano, le famiglie se le danno di santa ragione: quattro condanne per la maxi-rissa | Il Mattino

    Ulivi secolari tagliati per farne legna da ardere
    Amara sorpresa, unita a rabbia per un agricoltore che ha fatto questa scoperta nel suo podere
    di FULVIO COLUCCI
    MONTEPARANO - Quattro alberi di ulivo secolari “tagliati”. E’ l’amara sorpresa, unita a rabbia per un agricoltore di Monteparano che ha fatto questa scoperta nel suo podere ubicato in contrada “Li Marini”.
    Dei rigogliosi alberi secolari che c’erano una volta, nessuna traccia poiché sono rimasti quattro “monconi”. Un’ulteriore dimostrazione dell’inciviltà e del menefreghismo dei nostri tempi, di alcune persone che risulta difficile definire tali, visto dove sono capaci di arrivare. Della vicenda si è interessato anche l’ecologista Mimmo Carrieri, responsabile settore Ambiente ed ecologia Associazione Cpa sezione provinciale di Sava, prontamente avvertito di questo nuovo caso di danno ambientale.
    «Anche se dalle indagini si dovesse risalire agli autori, qualsiasi condanna nei confronti di questi ignoti individui non sarebbe mai sufficiente a compensare il danno subito, per l’agricoltore non è solo una questione di carattere finanziario ma soprattutto affettiva. Certe azioni - ha precisato l’ecologista Mimmo Carrieri - non trovano alcuna giustificazione. Non si può tagliare un albero di ulivo secolare per poi venderlo come “legna da ardere” soltanto perché questa è una legna che sul mercato ha un costo abbastanza alto. Non è il primo caso che si verifica, altri “ulivi cultori” in altri terreni e in altri luoghi della provincia hanno subito gli stessi attentati e ciò lascia supporre che possa esserci una richiesta di mercato di questa tipologia di legna. Qualcuno ha detto che gli alberi sono l’estremo sforzo della terra per parlare al cielo, e gli alberi di ulivo in particolare non solo “parlano al cielo”, ma per noi e il nostro territorio rappresentano un patrimonio ambientale, storico, culturale e paesaggistico di inestimabile valore che va tutelato e posto sotto una più attenta osservazione. Come se non bastasse la Xylella, ora bisogna guardarsi anche dai tagliatori di alberi di ulivo».
    I sacrifici di alcune persone e il lavoro che svolgono nei propri poderi vengono vanificati da questi atti ignobili e meschini di segare gli alberi di ulivo.
    Ulivi secolari tagliati per farne legna da ardere - home - La Gazzetta del Mezzogiorno



    Napoli. Minaccia sciopero e prende 2500 euro di «pizzo»: arrestato sindacalista
    Le Fiamme Gialle del comando provinciale di Napoli hanno tratto in arresto Antonio Esposito, un responsabile territoriale della sigla sindacale «Uil trasporti» di Pomigliano D'Arco per aver estorto 2.500 euro ad un imprenditore di San Giorgio a Cremano, aggiudicatario, nel 2014, della gara di appalto relativa all'affidamento del servizio di gestione della sosta a pagamento su strada (strisce blu) per il comune di Pomigliano D'Arco. Le indagini, condotte dalla compagnia della Guardia di Finanza di Portici, scaturite da una denuncia, hanno evidenziato come il sindacalista, nel corso di un incontro avvenuto agli inizi di marzo, avrebbe richiesto all'imprenditore di omettere il versamento dei contributi volontari al sindacato dei 14 dipendenti «ausiliari del traffico» iscritti al sindacato che rappresentava, già trattenuti in busta paga per il periodo 2013-2016, e di «spartirisi» in contanti, in parti eque, l'intero importo, ammontante a circa 6.000 euro, garantendo di provvedere alla distruzione delle deleghe in suo possesso.
    Per accorciare i tempi dell'operazione e dare una mano alla Guardia di Finanza, l'imprenditore vittima della richiesta di pizzo ha installato a sue spese le telecamere che hanno ripreso lo scambio di soldi con il quale gli inquirenti hanno inchiodato il sindacalista estorsore. L'uomo ha chiesto all'imprenditore di non versare le quote di iscrizione al sindacato dei suoi 14 dipendenti ausiliari del traffico relative agli anni 2013, 2014 e 2015, e di dividersi la somma, circa 6mila euro. Per non lasciare traccia dell'operazione, il sindacalista avrebbe distrutto le deleghe relative a quegli anni e consegnato all'imprenditore dichiarazione che lo metteva a riparo da eventuali richieste da parte della UilTrasporti.
    Minaccia sciopero e prende 2500 euro di «pizzo»: arrestato sindacalista | Video | Il Mattino

    Foggia, esplode il caso del «paziente fai-da-te»
    Non c'era il reparto per operarlo e neppure l'ambulanza...
    di Massimo Levantaci
    FOGGIA - I medici dell'ospedale «Casa Sollievo della Sofferenza» di San Giovanni Rotondo non sono ancora nelle condizioni di stabilire se il giovane chitarrista di Cerignola riuscirà a riprendere la funzionalità del braccio appena operato. Ma il suo caso fa già discutere. Non per l'incidente stradale in cui è stato coinvolto il 29enne, quanto per le peripezie che ha dovuto superare prima che una équipe medica riuscisse a operarlo.
    Il giovane era stato infatti portato al Pronto soccorso degli Ospedali Riuniti di Foggia, dove è stato sottoposto ai primi accertamenti diagnostici. Il problema è che il secondo policlinico di Puglia non è ancora attrezzato con un'unità di Chirurgia vascolare, per cui i medici, una volta completati gli esami ed effettuata la medicazione sull'arto da operare, non hanno potuto far altro che invitare il giovane a rivolgersi a un altro ospedale. E qui comincia la disavventura per il chitarrista che avrebbe atteso «quattro ore» - riferiscono fonti di «Casa Sollievo» - prima di farsi finalmente accompagnare nell'ospedale di San Giovanni Rotondo.
    È riuscito nell'impresa facendo ricorso al proprio portafogli, noleggiando a sue spese quella stessa ambulanza che il Servizio sanitario nazionale nel secondo policlinico pugliese non poteva mettergli a disposizione.
    Il primario del Pronto soccorso degli Ospedali riuniti, Vito Procacci, ammette il disservizio, ma si difende così: «L'unica ambulanza di cui disponiamo ci serve prevalentemente per trasportare i pazienti dal Pronto soccorso in altre strutture sanitarie all'interno del policlinico, spesso la utilizziamo anche per portare i pazienti a fare la Tac che si trova in un plesso di fronte al nostro. Il giovane di Cerignola è stato refertato, ma non poteva essere trasportato subito perché non avevamo il mezzo già pronto. A volte disponiamo anche di una seconda ambulanza in casi di emergenza, ma era occupata. Tengo a precisare - aggiunge il dottor Procacci - che il giovane non è stato abbandonato al suo destino e che ha firmato le dimissioni prima di essere lasciato andare».
    Sta di fatto che il giovane è arrivato a San Giovanni Rotondo senza cartella clinica, i medici dell'ospedale di San Pio hanno dovuto rifargli tutti gli esami e solo dopo quasi dieci ore hanno potuto finalmente operarlo per ripristinargli il flusso sanguigno ostruito da un'ischemia al braccio. Un tempo lunghissimo: i medici hanno così optato per la soluzione più veloce, «una ricanalizzazione dell'arteria occlusa - informa «Casa Sollievo» - al passaggio tra ascella e omero, utilizzando un'endoprotesi per ripristinare il flusso sanguigno. Si è resa necessaria anche una fasciotomia al braccio per ridurre il voluminoso edema successivo al ripristino della circolazione». Intervento riuscito, ma prognosi riservata.
    Foggia, esplode il caso del «paziente fai-da-te» - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Frode nel commercio della carne, sequestrati beni per 650 mila euro
    di Luigi Ansaloni1
    PALERMO. Nei giorni scorsi, i finanzieri del Gruppo di Palermo hanno eseguito sequestri di 9 immobili e di 15 autoveicoli e motoveicoli, del valore complessivo di circa 650.000 euro, nei confronti dei responsabili di una consistente frode fiscale e di altri reati commessi nel settore del commercio della carne.
    Si è trattato del momento finale di una indagine che ha permesso alle Fiamme Gialle palermitane di individuare 11 imprese e 14 persone che hanno dato vita ad un insidioso meccanismo ai danni delle casse dello Stato, scoperto e denunciato nell’ambito di una operazione denominata “Entrecote”.
    Seguendo lo schema noto con il nome di “frode carosello”, due persone, M.L. e D.B.M., hanno costruito una vera e propria “rete” di imprese che si sono fittiziamente interposte nella vendita di carne proveniente da Francia e Spagna e diretta a Palermo.
    Infatti, mentre il prodotto ha direttamente raggiunto la sua destinazione, un deposito in Via Altofonte, i documenti commerciali hanno mostrato che la carne era stata venduta dalle imprese francesi e spagnole ad altre aziende italiane che a loro volta l’hanno rivenduta a quelle palermitane. Così, queste ultime hanno potuto procurarsi un considerevole vantaggio fiscale, perché comprando nel nostro Paese hanno scaricato l’IVA, cosa che non sarebbe stata possibile nel caso di acquisto diretto da un altro Stato dell’Unione Europea. Il vantaggio ottenuto ha permesso di vendere a prezzi più bassi e quindi di conquistare mercato, ma in maniera sleale.
    Il sodalizio ha in questo modo gestito 5 punti vendita e un supermercato, nel cui ambito sono stati rinvenuti anche 4623 bottiglie di vino e 957 kilogrammi di prodotti alimentari provenienti da furti e che pertanto sono stati sequestrati.
    Le aziende interposte sono state man mano sostituite da altre e sono pian piano “scomparse”, senza versare alcuna imposta. Una di queste è fallita, ma gli accertamenti condotti dai finanzieri hanno permesso di scoprire che ben 500.000 euro erano stati distratti dall’attività economica.
    Nel corso dell’operazione le Fiamme Gialle hanno anche sequestrato oltre 2500 chili di carne macellata clandestinamente e 36 animali vivi, allevati in violazione della normativa sanitaria.
    Frode nel commercio della carne, sequestrati beni per 650 mila euro - Giornale di Sicilia

    Casoria. Chiamata urgente, ma è una trappola: due medici rapinati, coltello alla gola
    di Domenico Maglione
    Casoria. Minacciati con un coltello alla gola e rapinati di duecento euro mentre lavoravano per prestare soccorso e cure a persone malate e sofferenti. È accaduto l’altra notte a due medici di continuità assistenziale, ex guardia medica, del distretto sanitario di via De Gasperi dell’Asl Napoli 2 Nord. «Avevamo appena ultimato, io e il mio collega Gerardo Faiella, una visita domiciliare quando dalla nostra sede siamo stati avvertiti, per telefono, di una nuova richiesta d’intervento – spiega la dottoressa Daniela Marchesini –. Ci trovavamo nei paraggi per cui non è stato difficile raggiungere nel giro di qualche minuto l’abitazione».
    Una richiesta come tantissime altre ricevute nel cuore della notte dal locale avamposto sanitario del servizio di continuità assistenziale. L’operatore che aveva risposto al telefono, sempre un medico, non aveva percepito alcun indizio sospetto per ritenere che quella chiamata non fosse altro che una trappola e nulla più. «Ci siamo recati tranquilli in via Caserta al civico 31 (una strada di periferia a ridosso della linea ferroviaria che confina con Afragola, ndr) dove c’era un uomo ad aspettarci giù al palazzo che si è qualificato come un parente dell’ammalata. Era una persona dai modi apparentemente gentili e garbati – continua la dottoressa – che ci ha invitati a seguirlo, salendo le scale. Abbiamo appena varcato l’uscio dello stabile però che dietro di noi si è intrufolata un’altra persona che pensavamo fosse un normale condomino. In realtà, si trattava di un complice del bandito. Non abbiamo fatto in tempo nemmeno a mettere piede, infatti, sul primo gradino della scala che, rinchiuso il portone, siamo stati strattonati in un angolo e terrorizzati dai due con un coltello alla gola. Abbiamo dovuto consegnare le borse con i ricettari, i timbri e i medicinali ma pure i soldi e i cellulari».
    A Gerardo Faiella hanno chiesto chiavi dell’auto, una Opel Meriva. Non hanno avuto tempo o forse non erano interessati a portare via le fedi o qualche altro monile prezioso indossato dai due. Il bottino è stato appena di 200 euro. «Ci hanno intimoriti e minacciati di morte qualora fossimo usciti subito dal palazzo o avessimo gridato aiuto: siamo rimasti per alcuni minuti così pietrificati per evitare il peggio», afferma Faiella. Minuti che sono sembrati interminabili e durante i quali dalle scale è sceso un uomo munito di torcia al quale i due malcapitati hanno chiesto aiuto.
    «Ma ha fatto spallucce ed è andato via: probabilmente era un complice, il palo che ha vigilato per accertarsi che nessuno inquilino del palazzo avesse potuto creare in qualche modo intralcio alla rapina», affermano i due medici, entrambi specialisti in chirurgia dell’apparto digerente ed endoscopia digestiva, molto stimati e conosciuti in città dove svolgono anche attività di medicina di base con studio in pieno centro. Preso coraggio e usciti dal palazzo, i medici sono riusciti poi a dare l’allarme ai carabinieri della locale compagnia, ai quali hanno sporto ieri mattina dettagliata denuncia, e avvertire i colleghi della centrale operativa della continuità assistenziale di via De Gasperi che hanno provveduto a riaccompagnarli, dopo le formalità di rito richieste dalle forze dell’ordine, nuovamente nella sede di lavoro.
    Chiamata urgente, ma è una trappola: due medici rapinati, coltello alla gola | Il Mattino

    "Faceva pagare ad altri le multe di amici", inchiesta su commissario dei vigili
    Avrebbe fermato motociclisti e automobilisti e poi gli intimava di pagare multe prese da altri per non incorrere in sanzioni più gravi
    PALERMO. Le multe ai suoi amici non le faceva sparire, ma semplicemente le pagavano altri. E’ questa l’accusa per il commissario dei vigili urbani di Palermo, Francesco D’Antoni, che è stata ribadita in Tribunale da una sua collega, anche lei indagata per falso e abuso d’ufficio.
    Manuela Bannò ha vuotato il sacco davanti al gip Giangaspare Camerini. “Mi sono accorta di quello che D’Antoni faceva solo dopo un certo periodo. Quando ho capito, mi sono fatta trasferire”, ha spiegato Bannò, difesa dall’avvocato Tommy De Lisi. Secondo l’indagata, D’Antoni fermava motociclisti e automobilisti e poi gli intimava di pagare multe prese da altri per non incorrere in sanzioni più gravi.
    Sono cinque gli episodi, da agosto a novembre 2011, contestati dalla procura ai quattro vigili urbani. Ad essere presi di mira soprattutto i ragazzini che viaggiavano in scooter senza casco. Pur di non farsi sequestrare il mezzo, preferivano fare come diceva il commissario. “D’Antoni – ha spiegato Manuela Bannò – fermava i ragazzi, ma poi quando c’era da fare la multa mi diceva di allontanarmi. Ho capito che c’era qualcosa di anomalo e poi ho saputo quale era il raggiro”.
    Secondo l’accusa, il sistema era collaudato: se il giovane controllato dagli agenti totalizzava una serie di infrazioni che prevedevano multe salate o addirittura il sequestro del mezzo, gli veniva proposto di pagare “solo 39 euro”, ma quella multa era stata presa da qualcun altro. Il gioco è durato fino a quando uno dei ragazzi ha denunciato l'accaduto agli agenti del commissariato Oreto, facendo scattare l'indagine.
    "Multe dei suoi amici le pagavano altri": commissario dei vigili sotto inchiesta - Giornale di Sicilia

    «Siamo malati, non possiamo lavorare in strada»: 34 vigili chiedono di tornare negli uffici
    di Gianluca Sollazzo
    È fuga dalla strada. Dagli uffici sono in arrivo solo due rinforzi per il contingente della polizia municipale impegnato tutti i giorni tra semafori, auto in doppia fila e incroci. Chi tra gli agenti chiede di cambiare collocazione di lavoro sceglie in gran parte la postazione in scrivania nella caserma di via Dei Carrari. Motivo? Il picco di malattie certificate dal medico del lavoro da gennaio scorso, a cui si aggiunge lo stop imposto per alcuni agenti al distaccamento in strada. Risultato? Molti vigili salernitani non possono più effettuare il proprio turno in viabilità, e si profila il rischio di veder diminuire le presenze in strada.
    Solo due vigili si sentono ad oggi abili e arruolabili, pronti a sobbarcarsi il difficile turno stradale, su direttrici veicolari nevralgiche come via Trento, via Garibaldi, via Roma. È quanto emerge da un primo screening effettuato dal comandante dei vigili, Elvira Cantarella, finalizzato a dare il via alla rotazione del corpo con una alternanza delle caselle degli agenti dalla caserma alla strada. Il dato non è per nulla confortante, e mette decisamente in salita il lavoro di riorganizzazione del comando, dopo un triennio di blocco delle rotazioni.
    Secondo un primo sondaggio effettuato per conoscere il gradimento dei vigili alla rotazione, su 36 domande di avvicendamento, solo due hanno riguardato richieste di vigili disponibili a scendere in strada per abbandonare la scrivania e il turno in ufficio. Solo due unità su 36 vogliono abbandonare computer, scrivania e carte. Mentre fanno da contraltare le restanti 34 domande di avvicendamento che riguardano vigili in viabilità che vogliono fare il percorso inverso e tornare in caserma. Adesso le domande passano al vaglio della Cantarella, che nei giorni scorsi ha provveduto a comunicare alle organizzazioni sindacali il trend delle prime richieste.
    E c’è chi tra le Rsu non esita a parlare di emergenza in organico. Perché se 34 vigili vogliono abbandonare la strada si rischia di vedere assottigliato il numero degli agenti in dotazione ai servizi stradali. Oggi sono infatti 111 gli uomini distaccati in viabilità, e se 34 di loro vogliono tornare in caserma si dovranno rimpiazzare i vuoti al più presto.
    Nuove assunzioni e incentivazione dei trasferimenti ai ruoli amministrativi del Comune per i vigili malati: questa la proposta dei sindacati. Intanto la fuga dalla strada è appena agli inizi.
    «Siamo malati, non possiamo lavorare in strada»: 34 vigili chiedono di tornare negli uffici | Il Mattino

    «Colpo del secolo» al Museo di Castelvecchio: nella banda due fratelli stabiesi
    di Francesco Ferrigno
    CASTELLAMMARE DI STABIA. Sono originarie di Castellammare, anche se residenti da anni a Verona, due delle dodici persone arrestate per la rapina al Museo Civico di Castelvecchio il 19 novembre scorso. Quella sera tre banditi armati trafugarono ben diciassette preziose opere d’arte le cui ricerche sono tuttora in atto. Sette arresti sono stati compiuti in Italia e cinque in Moldavia per quello che è stato definito il “colpo del secolo” per l’enorme valore dei dipinti trafugati (tra gli altri, Tintoretto e Rubens).
    Tra i fermati ci sono gli stabiesi Francesco Silvestri, la guardia giurata che era in servizio al museo la sera della rapina, considerato il basista della banda, e suo fratello gemello Pasquale Ricciardi Silvestri. In manette anche la compagna di quest’ultimo, Svetlana Pkachuck, ritenuta l’anello di congiunzione con la banda moldava.
    Come riportato dal “Corriere del Veneto”, Pasquale, di 41 anni, ha iniziato dopo l’arresto a collaborare con gli investigatori insieme alla moglie. Silvestri dal carcere di Montorio ha scritto anche una lettera alla città nella quale chiede “umilmente perdono a Verona, all’Italia, a tutto il mondo”.
    "Colpo del secolo" al Museo di Castelvecchio: nella banda due fratelli stabiesi | Il Mattino

    Omicidio stradale, primo arresto nel napoletano
    Un uomo di 37 anni, P.A., di Somma Vesuviana, nel napoletano è stato posto agli arresti domiciliari per omicidio stradale. Si tratterebbe della prima misura cautelare adottata per il nuovo reato previsto dalla legge entrata in vigore sabato scorso. L'uomo era alla guida malgrado gli fosse stata revocata la patente.
    E' accaduto sabato sera nell’area industriale di Somma Vesuviana quando una Opel Corsa condotta da P.A., si è scontrata frontalmente con una Toyota Yaris su cui viaggiava un 28enne sempre di Somma Vesuviana deceduto sul colpo a causa dell'impatto violentissimo. Nell'incidente sono rimasti seriamente feriti anche due passeggeri della Opel, di 10 e 12 anni, entrambi trasportati in ospedale dove è stato loro prestato immediatamente soccorso e uno di loro è ancora in prognosi riservata.
    Già dai primi rilievi dei carabinieri e dalle prime indagini si è scoperto che P.A. era alla guida dell’auto sebbene gli fosse stata revocata la patente dal 2011. Inoltre al momento dell’impatto il veicolo che conduceva era sprovvisto di revisione e procedeva a velocità doppia rispetto a quella consentita (marciava a 100 km/h circa, quando il massimo era di 40 km/h), ed aveva oltrepassato completamente la propria mezzeria, invadendo quella opposta, dove regolarmente procedeva la vittima.
    Omicidio stradale, primo arresto nel napoletano

    CORTE DEI CONTI
    Spese non giustificate all'Ars, condanna anche per Titti Bufardeci: dovrà risarcire 65 mila euro
    Nei giorni scorsi erano arrivate le condanne anche per gli ex capigruppo Francesco Musotto, Dino Fiorenza, Rudy Maira e Innocenzo Leontini
    PALERMO. La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti presieduta da Luciana Savagnone (Giuseppa Cernigliaro giudice e Paolo Gargiulo giudice relatore) hanno condannato Titti Bufardeci, l'ex capogruppo di Grande Sud difeso dall'avvocato Massimiliano Mangano, a risarcire la Regione di 65 mila euro per le spese ingiustificate affrontate con i fondi del gruppo parlamentare.
    Il giudizio davanti ai giudici contabili è scattato dopo un'indagine del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo e riguarda la precedente legislatura (2008-2012). Nei giorni scorsi erano arrivate le condanne anche per gli ex capigruppo Francesco Musotto, Dino Fiorenza, Rudy Maira e Innocenzo Leontini.
    La richiesta della Procura della Corte dei Conti nei confronti di Titti Bufardeci era di quasi 72 mila euro. Venivano contestati all'ex capogruppo di Grande Sud, ora consigliere del Consiglio di giustizia amministrativa, spese per missioni, alberghi, ristoranti e taxi sostenute nel 2011 per 11.156 euro e nel 2012 per 9.182 euro e altre somme rimborsate a colleghi come il deputato Michele Cimino: 2.465 euro nel 2011 e 16.112 euro nel 2012, spese per la campagna elettorale, per i compensi dei collaboratori e per alberghi e ristoranti. Somme rimborsate anche ai deputati Carmelo Incardona, per 14.387,63 euro nel 2012 e Franco Mineo per 4.725 euro nel 2011 e per 3.880 euro nel 2012.
    Contestate anche le consumazioni al bar-buvette dell'Ars per 9.781,74, tra il 2011 e il 2012. Per la procura (e per i giudici che hanno confermato la tesi del pm) erano illegittimi i soldi spesi per collaboratori, i tecnici informatici e i portaborse. Con i fondi per i gruppi sarebbero stati rimborsati anche vetture prese a noleggio dai deputati e doppi esborsi.
    Spese non giustificate all'Ars, condanna anche per Titti Bufardeci - Giornale di Sicilia



    Accompagnatori, ciechi e falsi invalidi: cinque miliardi di welfare clientelare
    Gli assegni di invalidità pagati in Calabria sono, in proporzione agli abitanti, almeno il doppio di quelli erogati in Emilia Romagna: l’allarme del commissario alla spending review trova conferma nei dati appena pubblicati dall’Inps
    Sergio Rizzo
    L’inascoltato ex commissario alla revisione della spesa Carlo Cottarelli l’aveva scritto nel suo rapporto. Una «distribuzione territoriale» delle pensioni di invalidità, squilibrata al punto che gli assegni pagati in Calabria sono in proporzione agli abitanti almeno il doppio di quelli erogati in Emilia-Romagna, «suggerisce abusi». Ma forse non ci voleva nemmeno un giudizio così autorevole per rendersene conto. Sarebbe stato sufficiente dare un’occhiata men che superficiale ai numeri noti da anni.
    I dati ufficiali
    L’Inps ci ha detto ieri che in Italia si pagano 2 milioni 980.799 «prestazioni» agli invalidi civili. Dove per «prestazioni» si intendono pensioni e indennità di accompagnamento oltre agli assegni per ciechi e sordomuti. Ebbene, un milione 335.093 di questi trattamenti di invalidità, pari al 44,8 per cento del totale, riguardano il Sud, dove risiede il 34,4 per cento della popolazione. Nelle Regioni meridionali il rapporto è dunque di un assegno ogni 15,6 abitanti, contro uno ogni 23,5 nel resto del Paese. Mentre se le pensioni di invalidità fossero in proporzione identica rispetto al Centro Nord, il loro numero non dovrebbe superare 890 mila. Quindi ce ne sarebbero 445 mila di troppo: un terzo.
    Le differenze abissali
    In Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna ci sono 45 pensioni definite «assistenziali» per ogni mille abitanti. In Campania, invece, sono 84. In Puglia 85, in Sicilia 91, in Sardegna 92 e in Calabria addirittura 97.
    «Un ammortizzatore sociale»
    Il fatto è che al Sud le pensioni di invalidità non hanno mai smesso di rappresentare una forma di sussidio. In una intervista rilasciata alla Stampa nel 2003 lo ammise candidamente uno dei leader meridionali più attrezzati nella raccolta del consenso, Clemente Mastella.
    In 12 anni +81,1%
    A dispetto dei giri di vite più volte annunciati la spesa per le pensioni di invalidità ha continuato a galoppare. Il rapporto annuale 2014 dell’istituto di previdenza ora guidato da Tito Boeri informa che fra il 2004 e il 2016 l’esborso per quei trattamenti è letteralmente esploso, passando da 8,5 a 15,4 miliardi, con un aumento dell’81,1 per cento. Mentre il loro numero è cresciuto di almeno il 50 per cento, da un milione 980 mila ai quasi tre milioni che abbiamo citato. Questo grazie soprattutto alla progressione delle indennità di accompagnamento, le quali contrariamente alle pensioni non vengono erogate in rapporto al reddito. E se il tasso di crescita ha rallentato negli ultimi anni è una ben magra consolazione al confronto della situazione ereditata dagli anni d’oro. Quelli, per capirci, in cui quella forma di «equilibrio» veniva usata dai politici come leva clientelare. Talvolta anche con risvolti di carattere personalistico.
    Parenti «facilitati»
    Tre anni fa Amalia De Simone ha raccontato sul Corriere.it che fra i parenti stretti di 30 consiglieri di uno dei dieci municipi di Napoli si potevano contare 60 pensioni di invalidità. Per non parlare dell’epidemia di cecità che tradizionalmente colpisce la Sicilia: Regione che pur contando un dodicesimo circa della popolazione italiana ha un settimo di tutti i non vedenti italiani.
    Le indagini giudiziarie
    Le indagini giudiziarie hanno portato alla luce tanti di quegli abusi ai quali faceva riferimento Cottarelli. Basta dire che nel 2014 e nella sola Campania, 18.846 controlli hanno fatto scoprire 5.543 irregolarità, con la revoca di altrettante pensioni: quasi il 30 per cento. Sarebbe però poco onesto negare che sopravvivano difficoltà pratiche per combattere e stroncare questo fenomeno. E in cima, inutile negarlo, ci sono anche alcune resistenze della politica. Due anni fa il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, appena insediato, aveva promesso un taglio «drastico» alle false pensioni di invalidità. Secondo i dati dell’Inps, fra il gennaio 2015 e il gennaio 2016 il numero dei trattamenti di quel genere è aumentato di 94.997 unità.
    Accompagnatori, ciechi e falsi invalidi: cinque miliardi di welfare clientelare - Corriere.it

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    Predefinito Re: Terryes

    Gragnano, burla degli alunni e il professore cade dalla finestra della scuola: ricoverato in ospedale
    di Raffaele Cava
    Vittima di uno scherzo degli alunni, professore cade da una finestra dell'istituto "Enzo Ferrari" di via Santa Croce a Gragnano: 60enne finisce all'ospedale San Leonardo.
    Se l'è cavata con una lussazione a una spalle e ad una gamba il professore che stamattina è caduto da un'altezza di circa tre metri dopo essere scivolato. Il docente, dopo essere rimasto chiuso in una delle stanze della segreteria dell'istituto tecnico di Gragnano, nel tentativo di passare da una finestra all'altra attraversando un cornicione della struttura è scivolato rovinosamente al suolo. Alcuni alunni lo hanno chiuso a chiave in una stanza e nel tentativo di uscire ha deciso di passare da una finestra all'altra per sbucare in un'altra aula e liberarsi.
    Una burla di alcuni studenti che avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della locale stazione, agli ordini del maresciallo Giovanni Russo, che dopo essere stati allertati dal personale della scuola hanno ascoltato la testimonianza del 60enne per capire quanto fosse successo. Nel frattempo il prof è stato trasportato all'ospedale San Leonardo dove i camici bianchi gli hanno prestato le cure del caso.
    Gli studenti chiudono il professore in una stanza, lui cerca di uscire dalla finestra e cade | Il Mattino

    Minacce alla madre con mazza chiodata, minorenne denunciato
    Un ragazzo di 16 anni è stato denunciato dai carabinieri in provincia di Avellino perché da tempo teneva sotto minaccia la madre. È accaduto a Castel Baronia.
    A denunciare la vicenda è stata proprio la madre, oppressa dalle minacce e dalle aggressioni subìte per mesi. In casa sono state trovati e sequestrati bastoni e mazze chiodate che il ragazzo utilizzava per intimorire sua madre.
    AVELLINO Il Mattino | Il Mattino

    UN ARRESTO E 8 DENUNCIATI
    Taranto, maxi rissa in famiglia
    73enne accoltella consuocero
    L'epilogo di un litigio per una causa di separazione. Alla zuffa hanno partecipato uomini, donne e minorenni
    Ha accoltellato il consuocero durante una rissa avvenuta a seguito di un litigio tra i familiari di una coppia in fase di separazione. Per questo un 73enne di Taranto - di cui non è stato reso noto il nome - è stato arrestato dalla Polizia e altre otto persone sono state denunciate per rissa aggravata. Il fatto è accaduto nel tardo pomeriggio di ieri in via Leopardi, al quartiere Tamburi di Taranto. Alla zuffa hanno partecipato uomini, donne e minorenni. Il più grave dei feriti, il consuocero, colpito alla schiena, è stato ricoverato in ospedale. I medici si sono riservati la prognosi, ma non dovrebbe correre pericolo di vita. Altre persone, che hanno riportato ferite lacero contuse e ferite d’arma da taglio, sono state medicate in ospedale. Le loro condizioni non sono gravi. I poliziotti hanno accertato che la rissa vedeva opposte due famiglie ed era scaturita a causa dei difficili rapporti tra due coniugi in fase di separazione. Nel corso dei successivi controlli, gli agenti hanno trovato in possesso del padre della donna un coltello ancora sporco di sangue
    Taranto, maxi rissa in famiglia 73enne accoltella consuocero - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Napoli. Ospedale Cardarelli, un cartello zeppo di errori ortografici
    di Melina Chiapparino
    Facce perplesse e qualche sorriso ma anche volti indignati. Sono queste le reazioni dei pazienti e dei loro familiari, per lo meno quelli più attenti alla vista del cartello indicativo allestito nel padiglione Palermo dell'ospedale Cardarelli, una delle aree maggiormente frequentate per la presenza dell'ufficio ticket. Alla lettura delle indicazioni che informano sull'ubicazione dei vari dipartimenti clinici si leggono ben 3 errori di ortografia o se vogliamo distrazione, si tratta di errori lampanti. Le parole 'trapinato' e 'pneoplasie polmonari', infatti non esistono, seppure riportate sul cartello, ed anche se facilmente si riconosce il loro significato è auspicabile che su un pannelli indicativo ospedaliero non si inciampi in questo genere di errori.
    Cardarelli, un cartello zeppo di errori ortografici | Guarda | Il Mattino



    Contraffazione tra Napoli e la Turchia, sessanta arresti. «Prodotti falsi napoletani venduti anche in Cina»
    di Leandro Del Gaudio
    Anche in Cina venivano venduti e commercializzati prodotti falsi delle organizzazioni napoletane. Sono circa 60 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di appartenenti a due distinti sodalizi criminali ramificati sull'intero territorio nazionale e in Turchia vengono eseguite in queste ore dagli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia. Nel mirino degli investigatori una vasta attività di contraffazione di prodotti recanti i marchi registrati di noti brand nazionali ed internazionali.
    Contraffazione tra Napoli e la Turchia, 60 arresti. «Prodotti falsi napoletani venduti anche in Cina» Video | Il Mattino

    Napoli, l'allarme dei medici del Santobono: «Sempre più bambini positivi all'hashish»
    NAPOLI - Negli ultimi mesi alcuni bambini sono finiti in ospedale e sono poi risultati positivi a test tossicologici. È un allarme scioccante quello lanciato dal pronto soccorso del nosocomio pediatrico Santobono. L'ultimo caso risale a giovedì: il piccolo paziente è un ragazzino di appena 11 anni, arrivato in pronto soccorso in preda alle allucinazioni. Ad allertare la famiglia del piccolo pare siano stati gli insegnanti, convinti che si trattasse di una crisi psicotica. Anche per i medici del Santobono il sospetto diagnostico è stato al principio quello di un episodio neurologico o, appunto, di una crisi psicotica.
    «Poi la brillante intuizione di una nostra pediatra - spiega il responsabile del pronto soccorso Vincenzo Tipo - ci ha indirizzati sulla strada giusta». Di qui il Tox See (lo stesso test tossicologico che viene impiegato dalle forze dell'ordine) e la scioccante scoperta: positivo all'hashish. «Quest'ultimo episodio - aggiunge il dottor Tipo - ci conferma una realtà che purtroppo ci eravamo già preparati ad affrontare. Ormai gli spacciatori guardano con interesse anche alle scuole medie, inoltre molte sostanze pericolose i ragazzini le acquistano anche su internet». È quanto riporta il «Corriere del Mezzogiorno».
    Napoli, l'allarme dei medici del Santobono: «Sempre più bambini positivi all'hashish» | Il Mattino

    Gettoni di presenza ingiustificati, a giudizio sedici consiglieri comunali di Messina
    MESSINA. Il gup Maria Vermiglio ha rinviato a giudizio 16 consiglieri comunali di Messina che avrebbero ingiustificatamente usufruito di gettoni di presenza per i lavori delle commissioni consiliari. L'unica per la quale è stato disposto il proscioglimento è Maria Perrone, eletta nell'Udc.
    Ecco i nomi dei 16 (su 40 componenti il Consiglio) rinviati a giudizio.
    Ciascun consigliere è componente di almeno sei commissioni e potrebbe raggiungere il massimo di 24 presenze mensili negli organismi consiliari. In realtà i politici tendevano a massimizzare i gettoni di presenza utilizzando sotterfugi per comprovare la propria partecipazione alle sedute.
    Nel dicembre 2013 (le elezioni si sono tenute nel giugno di quell'anno) in molti avevano già raggiunto 39 presenze operando anche in sostituzione del capogruppo, "frutto di un preventivo accordo tra delegante e delegato" secondo i magistrati.
    Gettoni di presenza ingiustificati, a giudizio sedici consiglieri comunali di Messina - Giornale di Sicilia

    Agente immobiliare ucciso
    l'assassino perdeva clienti
    BARI – Roberto Perilli, l’agente immobiliare barese accusato di aver ucciso lo scorso 26 ottobre l’ex collega Giuseppe Sciannimanico, aveva perso negli ultimi mesi diversi clienti che erano passati con la vittima. Stando agli accertamenti eseguiti dalla Squadra Mobile, su delega del pm Francesco Bretone, Perilli avrebbe ucciso il 28enne perchè temeva di ridurre gli affari nel quartiere Japigia, dove aveva l'agenzia immobiliare e dove Sciannimanico stava per aprirne una sua.
    Alcuni clienti di Perilli, infatti, interessati a vendere immobili avrebbero deciso di rivolgersi al nuovo agente, l'ultimo proprio il pomeriggio dell’omicidio. In due mesi, hanno accertato gli investigatori, Perilli avrebbe sottoscritto soltanto un contratto di affitto. Quindi la decisione di eliminare il concorrente.
    In concorso con il pregiudicato Luigi De Gioia, anche lui in carcere con l’accusa di omicidio, avrebbe dato appuntamento a Sciannimanico in una stradina di Japigia. Qui, secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, confermata dagli accertamenti delle celle telefoniche e delle telecamere di videosorveglianza, Perilli e Di Gioia si sono recati insieme sull'auto di Perilli: il secondo, sceso dalla macchina, avrebbe raggiunto Sciannimanico uccidendolo con due colpi di pistola.
    Agente immobiliare ucciso l'assassino perdeva clienti - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Dimessa dall'ospedale, muore dopo poche ore: indagati quattro medici
    di Paolo Panaro
    Quattro medici indagati per il decesso di Mafalda Montefusco, 78enne battipagliese. L’anziana è deceduta lo scorso 26 marzo, la vigilia di Pasqua dopo essere stata dimessa dai medici dell’ospedale Agostino Landolfi di Solofra dove era stata ricoverata pochi giorni prima. I figli della signora Montefusco, Franco e Aurelio Acito, dopo il decesso della madre hanno varcato la soglia della caserma dei carabinieri di Battipaglia ed hanno denunciato l’episodio chiedendo che venga fatta piena luce e che vengano appurate le cause del decesso della madre. La salma della donna è stata posta sotto sequestro in attesa che venga effettuata l’autopsia ordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Salerno Elena Cosentino.
    Intanto nel registro degli indagati sono stati iscritti quattro medici dell’ospedale Agostino Landolfi che prestano servizio nel reparto di ortopedia dove l’anziana è stata ricoverata dal 21 al 26 marzo. L’accusa per i quattro medici è di omicidio colposo. Mafalda Montefusco in seguito ad una caduta, avvenuta nella sua abitazione a Battipaglia, ha riportato la rottura dell’omero del braccio sinistro ed è stata subito soccorsa e accompagnata al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Speranza di Battipaglia, ma dopo le prime cure è stata trasferita al nosocomio di Solofra perché l’anziana doveva essere ricoverata, come poi è accaduto, in una struttura sanitaria dove fosse possibile praticare trattamenti di dialisi. La struttura sanitaria idonea è stata individuata tramite il 118 proprio nell’ospedale Agostino Landolfi tenuto conto che la donna era affetta da patologie renali.
    Dimessa dall'ospedale, muore dopo poche ore: indagati quattro medici | Il Mattino

    Palermo, un terzo dei veicoli è senza assicurazione
    PALERMO. Circa un terzo dei veicoli controllati nei primi due mesi dell'anno dalla polizia municipale di Palermo è senza assicurazione. Molti anche quelli privi di revisione. Da gennaio e febbraio sono 1.186 i veicoli non assicurati e 678 quelli privi di revisione. Entrambi i numeri registrano un aumento rispetto allo scorso anno, quando erano stati, nello stesso periodo, rispettivamente 894 e 522.
    «Siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante - dice il sindaco di Palermo Leoluca Orlando - perchè la mancata revisione delle vetture è un elemento di doppio pericolo, per l'aumento delle emissioni inquinanti e per la sicurezza dei veicoli. Fenomeno ulteriormente aggravato dalla mancata stipula dei contratti assicurativi, con i rischi che ne derivano per i conducenti e per tutti i cittadini».
    Palermo, un terzo dei veicoli è senza assicurazione - Giornale di Sicilia

    "Furbetti del camice", altri 12 impiegati del Papardo di Messina indagati
    di Emilio Pintaldi
    MESSINA. Altri dodici impiegati dell'ospedale Papardo finiscono nell'inchiesta sui furbetti del camice. Cioè su coloro che, pur risultando in malattia dal Papardo erano sani per il 118 dove venivano pagati dalla Regione. La commissione d'inchiesta nominata dal manager Michele Vullo ha concluso lo screening effettuato su tutto il 2015. Ed è saltato fuori che altri 12 impiegati, e questa volta oltre agli infermieri ci sono alcuni medici, sono in posizione irregolare.
    Rischiano sospensione e licenziamento. Le indagini interne dell'azienda sui "furbetti del camice" corrono parallele a quelle dei Nas e della procura.
    "Furbetti del camice", altri 12 impiegati del Papardo di Messina indagati - Giornale di Sicilia

    Bancomat Lombardia
    I viaggi della salute ci costano 500 milioni
    In un anno 150mila persone da tutta Italia curate nei nostri centri Le Regioni d'origine dovrebbero pagare. Ma ancora non è successo
    Maria Sorbi
    I numeri restano alti, altissimi. I pazienti exatra-regione, quelli che arrivano dal Sud e dalle altre regioni italiane sono un popolo di oltre 150mila persone ogni anno. Tutti in cerca della cura migliore, spesso della diagnosi o della terapia che possa salvare la vita. Tanti in lista per la seconda operazione, dopo interventi non andati a buon fine nell'ospedale vicino a casa.
    Anche a livello istituzionale, i pazienti che arrivano dalle altre regioni rappresentano un costo considerevole. Soprattutto per la Lombardia, che è la Regione in cui arriva il maggior numero di quanti intraprendono un viaggio per ragioni di salute. La Regione infatti anticipa le spese ospedaliere per ognuno dei pazienti ospitati. Spese che invece dovrebbero essere a carico della Regione di provenienza. Il regolamento dei conti tuttavia va talmente a rilento che la Lombardia si trova a dover incassare (e chissà quando riuscirà a farlo) la bellezza di 495 milioni di euro dalle altre regioni. Cifre enormi che, in qualche modo, potrebbero servire a colmare, quantomeno in parte, i tagli al bilancio effettuati da governo e potrebbero essere investite per migliorare i servizi sanitari. E, ad esempio, per contenere ulteriormente le fasce di popolazione a cui non far pagare il ticket dei farmaci.
    Il turismo sanitario muove circa 800mila persone (di cui il 55 per cento diretti nelle strutture sanitarie del Nord). Una delle regioni più «affezionate» agli ospedali lombardi è la Sicilia, che ricovera al Nord quasi 20mila pazienti. Oltre 10mila quelli che partono da Calabria e Puglia. La maggior parte diretti negli istituti oncologici (Ieo e Int) e nei poli d'eccellenza della regione.
    Bancomat Lombardia I viaggi della salute ci costano 500 milioni - IlGiornale.it

    Rapinavano banche in Lombardia, sequestrati immobili a palermitani
    Si tratta di immobili riconducubili a Salvatore Ferdico (44 anni) e Benito Lo Re (33 anni), componenti della banda che stava terrorizzando dipendenti e direttori di banca. Si trovano in via Gioeni, via Sant’Agata alla Guilla, via Sant’Isidoro alla Guilla, cortile Giorgio il Greco, via Judica, e vicolo Faia
    Redazione
    Sequestrati tredici immobili nel centro storico a due palermitani che facevano parte di una banda che colpiva le banche lombarde. A seguito delle indagini patrimoniali della Direzione distrettuale antimafia i carabinieri hanno eseguito un provvedimento disposto dal Tribunale di Milano per il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di alcuni immobili riconducibili Salvatore Ferdico (44 anni) e Benito Lo Re (33 anni), entrambi incarcerati lo scorso 14 gennaio. Stando alle informazioni degli investigatori tali immobili, che potrebbero essere stati acquisiti grazie ai proventi delle rapine, si trovano in via Gioeni, via Sant’Agata alla Guilla, via Sant’Isidoro alla Guilla, cortile Giorgio il Greco, via Judica, e vicolo Faia.
    I colpi in questione, avvenuti tra giugno e settembre 2013 in tre banche lombarde, hanno fruttato un bottino di oltre 500 mila euro. I carabinieri, raccogliendo i primi dettagli, sono riusciti a individuare un modus operandi che lasciava intendere che dietro queste rapine ci fosse un’unica banda. Fondamentale la testimonianza di un commerciante che, avendo notato dei movimenti sospetti vicino a un istituto di credito, ha annotato la targa di un mezzo permettendo di risalire a Ignazio Randazzo (59 anni), volto noto alle forze dell’ordine per reati di mafia riconosciuto poi come capo della banda che stava terrorizzando dipendenti e direttori di banca.
    Rapinavano banche in Lombardia, sequestrati 13 immobili a due palermitani

    Camorra, il ragazzino che imita sul web il babyboss
    Gomorra, la seconda stagione della serie arriva su Sky
    di ​Nico Falco
    Una antologia della camorra, un tributo zeppo di esaltazioni alla malavita e foto di giovanissimi camorristi. Quasi tutti i post pubblici contraddistinti dal 17 e dalle sigle FS e ES: il numero che faceva parte del tatuaggio di Pasquale Sibillo e gli acronimi per Famiglia Sibillo ed Emanuele Sibillo, il boss diciannovenne ucciso in un agguato il 2 luglio scorso. La Spoon River del clan Sibillo di Forcella è il profilo Facebook di un ragazzino napoletano, imparentato con i boss della paranza dei bambini.
    La sua bacheca virtuale, una vetrina ossessiva dei cugini più grandi e famosi, è lo specchio del contesto familiare e sociale; i numerosi like e apprezzamenti ricevuti, invece, testimoniano che il gruppo camorristico, sebbene decimato da arresti e agguati, sia tutt'altro che scomparso. La percezione che il ragazzino ha di sé, inquadrata nella malavita locale, si ha già dal nome fittizio scelto per il profilo accanto al cognome originale: Fortunato Di Venanzio, come il fratello quindicenne del mafioso latitante Rodolfo nella fiction L'onore e il rispetto. Un alter ego con cui condivide lo stile di vita delle persone che frequenta.
    Sul profilo, la vera presenza ingombrante è quella di Emanuele Sibillo: decine e decine di sue fotografie, sia da solo sia col fratello Pasquale, citato in moltissimi post e quasi innalzato ad angelo custode al quale rivolgersi attraverso il social network. In alcuni scatti compare anche Antonio Napolitano, il diciottenne arrestato ad ottobre e considerato il reggente per conto di Pasquale Sibillo durante la detenzione del boss, ma non mancano i nomi degli altri giovanissimi successivamente arrestati nelle operazioni anticamorra: viene citato anche Vincenzo Costagliola, poi raggiunto da ordinanza cautelare insieme Pasquale (scagionato dal Riesame) ed Emanuele Sibillo per l'omicidio nel febbraio 2015 di un ventiquattrenne di Pozzuoli, Maurizio Lutricuso, al termine di una lite scatenata col pretesto di una sigaretta negata.
    Quella per il gruppo criminale è un ammirazione in cui viene ostentato il desiderio di farne parte. Il ragazzino usa un gergo che ricorda quello della camorra, difende a suo modo la famiglia minacciando di sparare insieme al cugino a chiunque ne parli male, posta le foto dei bambini piccoli di Emanuele e Pasquale vantandosi della bellezza dei suoi nipotini. E non mancano i riferimenti cinematografici, a testimoniare come lo stesso gruppo criminale viene visto dagli occhi di un poco più che bambino che ha quotidianamente a che fare con loro. Una immagine da quella del vecchio boss capace di orchestrare trame di potere e di violenza. Si parla di sventagliate di mitra e di colombiani da uccidere: il personaggio da imitare è Tony Montana, nel remake di Scarface interpretato da Al Pacino, criminale capace di accumulare enormi ricchezze con la droga e, al tempo stesso, col pallino di fare piazza pulita di qualsiasi avversario affrontandolo in prima persona a colpi di M16.
    Il post simbolo, che testimonia quanto il carisma criminale di Emanuele Sibillo abbia trasformato il giovane boss deceduto in fenomeno di costume, da imitare a ogni costo, è del primo febbraio scorso, Carnevale: uno accanto all'altro, ci sono la foto del diciannovenne e quella di un bambino che avrà meno di dieci anni. È la stessa situazione che, ripresa in altri scatti, circola sulle bacheche virtuali di altri personaggi legati al clan di Forcella. I due sono vestiti in modo identico, il bambino ha una barba finta e un paio di occhiali. Una ammirazione che, in certi ambienti di Forcella, si trasforma in idolatria.
    Camorra, il ragazzino che imita sul web il babyboss | Il Mattino



    Vanno rapidi e leggeri
    quando sfilano il drappello,
    quando il vento sul cappello
    fa le piume svolazzar.
    L'Italia in mezzo secolo
    copertasi di gloria,
    fu adotta alla vittoria
    dal prode Bersaglier.

    Caserta, spaccio all'interno della caserma dei bersaglieri
    Questa mattina, tra Caserta e Roma, i carabinieri della Compagnia di Maddaloni hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di S. M. Capua Vetere, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di quattro persone (delle quali una, Luigi Santonastaso, ristretta in carcere, e tre, Roberta Rossini, Luigi Belvedere e Patrizio Caserta, agli arresti domiciliari), tutti militari dell'Esercito Italiano effettivi dell'VIII Brigata Bersaglieri di Caserta.
    L'ordinanza è stata emssa al termine di lunghe e articolate indagini, coordinate dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che hanno consentito di raccogliere un quadro indiziario grave a carico dei militari, con le accuse di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, corruzione, detenzione, offerta e messa in vendita, nonché cessione a titolo oneroso di sostanze stupefacenti. L'indagine, articolatasi dal febbraio 2014 al marzo 2015, ha consentito, attraverso mirate attività tecniche (intercettazioni telefoniche) e dinamiche (servizi di osservazione, pedinamento e sequestri apparentemente occasionali di sostanze stupefacenti), di accertare come i militari arrestati avessero avuto, all'interno della Caserma dell'VIII Reggimento Bersaglieri Brigata Garibaldi, la disponibilità di ingenti quantitativi di cocaina che venivano ceduti o venduti all'interno della medesima struttura militare ad altri commilitoni, ad opera del caporal maggiore Santonastaso, con la determinante collaborazione della propria compagna Rossini, anch'ella militare in ferma provvisoria per quattro anni.
    Le investigazioni consentivano, dunque, di disvelare, da un lato, la rete di approvvigionamento della cocaina, i cui punti di riferimento sono stati identificati in soggetti di Maddaloni e Caivano. Dall'altro, è emerso un sistema di diffusa corruzione, all'interno della medesima struttura militare, grazie al quale Santonastaso riusciva ad ottenere l'alterazione dei risultati dei drug test disposti dal Comando nei confronti dei militari sospettati di fare uso di sostanze stupefacenti. Infatti sia Santonastaso che la Rossini sono militari dediti anche all'uso personale di sostanze stupefacenti e sono stati trovati in possesso, nel corso delle indagini, di numerose dosi di cocaina/crack. Tale circostanza aveva indotto il Comando dell'VIII Reggimento bersaglieri della Brigata Garibaldi a effettuare dei drug test nei confronti della donna. E le indagini hanno reso possibile accertare l'alterazione degli esiti dell'esame cui periodicamente vengono sottoposti gli appartenenti alle Forze Armate, utilizzando in particolare due modus operandi: procurandosi una provetta di urina «pulita» da sostituire, al momento opportuno, con la propria, approfittando della distrazione o della connivenza del personale sanitario addetto; o anche avvalendosi di alcuni commilitoni che, sfruttando la loro qualifica di Assistente Sanitario o le loro conoscenze tecniche acquisite, provvedevano a modificare i risultati dell'esame direttamente presso il Laboratorio dell'Ospedale militare di Caserta, dietro compenso di denaro oppure in stupefacente per somme fino a 200 euro (per questa vicenda sono indagati altri due militari).
    La falsificazione dei risultati veniva accertata grazie alle intercettazioni telefoniche, alla successiva acquisizione delle conversazioni avvenute tramite messaggistica di "WhatsApp", nonché attraverso una attività di indagine contemporanea all'esecuzione del drug test, con successivo esame del profilo genetico (DNA) sull'urina, risultata negativa. Si dimostrava in modo inconfutabile che in entrambi i casi la provetta di urina, contenente tracce di sostanza stupefacente, era stata sostituita con altra «pulita».
    Caserta, spaccio all'interno della caserma: arrestati quattro bersaglieri


  7. #517
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    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  8. #518
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    Predefinito Re: Terryes

    Ischia. Denuncia abuso edilizio del vicino: lui lo sperona e lo ferisce gravemente con una roncola
    Lo scorso primo febbraio aveva denunciato lavori edili del suo vicino al comando dei vigili urbani di Serrara Fontana: un'ora dopo è stato speronato dal vicino che poi, sceso dalla sua vettura, l'ha pure colpito con una roncola. Protagonista della vicenda è stato Salvatore Iacono finito in ospedale con un «trauma cranico con ferite multiple del cuoio capelluto» e una ferita al braccio. Nel primo pomeriggio di oggi i carabinieri, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip Giuliana Taglialatela, hanno arrestato Domenico Iacono, 47 anni, con l'accusa di tentato omicidio.
    Denuncia abuso edilizio del vicino: lui lo sperona e lo ferisce gravemente con una roncola | Il Mattino

    Caivano. «Non vi lavate»: scoppia maxirissa tra i vicini di casa
    di Marco Di Caterino
    Caivano. Questioni di naso. Nel senso olfattivo. Per dirla meglio, una questione di puzza, vera o presunta tale. E quando si è vicini, nel senso condominiale del termine, il presunto cattivo odore e le accuse di puzzare nelle parti intime come una fogna, inevitabilmente finisce a botte. E sul pianerottolo del quinto piano dell'isolato B4/4 del parco Verde, due nuclei familiari (cinque contro tre) se le sono suonate di santa ragione, senza esclusioni di colpi, proprio come su un ring del wrestling vero, con tanto di costole fratturate, nasi rotti, teste spaccate, e vista la massiccia partecipazione di ben cinque donne tra le opposte fazioni, anche tanti graffi. Più profondi di quelli che lasciano i gatti selvatici.
    La rissa, che all'ora di pranzo, aveva avuto un prologo, ma solo verbale, con un fitto scambio di maleparole da antologia, è poi scoppiata un paio d'ore dopo. Violenta più che mai. Lo scontro è stato sedato dai carabinieri della tenenza di Caivano, che manco a dirlo hanno dovuto sudare le sette e più, proverbiali camicie, dapprima per dividere i due gruppi, poi per arrestare tutti i partecipanti e infine guardarli a vista nel pronto soccorso di Villa dei Fiori ad Acerra, dove tutti i rissaioli hanno dovuto fare ricorso alle cure dei medici. Le manette sono scattate per Alberto Campanile, 59 anni, già noto alle forze dell'ordine, per la moglie Nunzia Caponetto, 56 anni, per i figli Ivano, 29 anni (precedenti penali) e Sara, 22 anni. Con loro è stata ammanettata Irene Respino, 27 anni, moglie di Ivano Campanile. In manette anche il gruppo rivale, così composto: Gennaro Faraco, 63 anni (quello che ha riportato la frattura di qualche costola), sua moglie Concetta Cioci, 53 anni, e la figlia, Angela, 33 anni. Tutti gli arrestati sono stati accusati in concorso di rissa aggravata e lesioni personali. Ora sono in attesa di essere processati per direttissima. Risse di famiglia. Come nella migliore (e peggiore) tradizione dei Capuleti e Montecchi, che nel parco Verde stanno ai Campanile e ai Feraco.
    Già all'ora di pranzo, erano dovuti intervenire i carabinieri, chiamati dai vicini, perché tra i due nuclei familiari erano volate parole grosse e qualche spintone. A scatenare il prologo dello scontro, la sguaiata accusa, gridata a tutto il condominio da parte dei Campanile, contro la figlia dei Faraco, sulla qualità dell'odore delle parti intime della donna, paragonato a quello di una fogna. Un'accusa offensiva, ripetuta come un mantra, e che stava facendo scatenare il finimondo. La presenza dei militari, però aveva fatto riportare una certa calma.
    A volte, il destino ci mette lo zampino. E nelle abitazioni del parco Verde, si manifesta con l'evanescenza delle pareti divisorie, che ti fanno dire salute se il tuo vicino starnutisce. E così i Faraco hanno ascoltato in diretta tutto quello di offensivo, commenti compresi, che i Campanile, magari alzando di proposito il tono di voce, stavano dicendo sulla questione olfattiva delle parti intime della loro figliola che cosi «nemmeno riusciva a tenersi il marito». E allora i Faraco hanno pure loro alzato la voce, gridando cose irripetibili sul conto della famiglia rivale.
    E inevitabile si è arrivati allo scontro. Una battaglia epica per il parco Verde, dove pure sono frequenti le risse da ballatoio. Quando per la seconda volta sono intervenuti i carabinieri si sono trovati davanti uno scenario di inaudita violenza: urla, improperi, minacce, schiaffi, calci e pugni, colpi sferrati con ombrelli e qualsiasi oggetto contundente a portata di mano, donne svenute, nello schiamazzo generale dell'intero isolato. Laconico e sorprendentemente ficcante il commento di un condomino anziano, che venuto a conoscenza dei motivi della rissa ha esclamato: «E allora bastava un deodorante, e non tutto questo casino». Per fortuna il suo commento è passato sotto silenzio.
    «Non vi lavate»: e scoppia una maxirissa tra i vicini di casa. otto arresti | Il Mattino

    All'esame per la patente con telecamera e auricolare, denunciato
    patente controlli
    CASERTA - Telecamera e auricolare per superare l'esame della patente, ma è stato scoperto. La Polizia di Stato di Caserta ha denunciato D.L., 30enne di Maddaloni, per falsità ideologica avendo utilizzato, durante la prova scritta per il conseguimento della patente di guida presso la Motorizzazione Civile di Caserta, congegni elettronici per comunicare all’ esterno. A insospettire gli agenti della Squadra Mobile, le strane posizioni assunte dall'uomo durante l'esame teorico davanti al monitor del pc, con movimenti del busto tali da far sospettare che avesse indosso una telecamera.
    In sede di controllo D.L. posto dinanzi all’ evidenza dei fatti, ha consegnato agli agenti la propria camicia che presentava una microcamera inserita in uno dei bottoni ed un congegno elettronico con antenna e batteria, mentre nell’ orecchio destro occultava un minuscolo auricolare munito di relativa antennina. D.L. aveva tentato, per ben 4 volte, di conseguire la patente di guida senza riuscirvi. Dopo l’ ultimo, vano, tentativo, era stato avvicinato da un uomo che gli aveva proposto di aiutarlo, dietro compenso, a raggiungere il risultato.
    All'esame per la patente con telecamera e auricolare, denunciato | Il Mattino

    Napoli, anche minorenni scoperti nelle fabbriche del falso
    NAPOLI - Due fabbriche del falso sono state scoperte dagli uomini della Guardia di Finanza a Poggiomarino e a Piazzolla di Nola, in provincia di Napoli. Erano assolutamente prive dei requisiti minimi di sicurezza. In una di esse, una sartoria di circa 130 metri quadrati, completamente abusiva e gestita da una cittadina cinese, c'era anche un dormitorio - ricavato in una stanza con cucina - nel quale si trovavano tre minori insieme con gli operai. Obiettivo dei titolari degli opifici e dei titolari delle ditte che vi lavoravano all'interno, complessivamente tre italiani e tre extracomunitari, denunciati per reati dall'abuso edilizio all'illecito smaltimento dei rifiuti alla contraffazione, era quello di immettere nel circuito commerciale prodotti dal prezzo 'accattivantè, taluni identici a quelli di note case di moda.
    Napoli, anche minorenni scoperti nelle fabbriche del falso | Il Mattino

    Case fittate anche a 3 euro nella Reggia di Caserta, un danno da 1 milione e 200mila euro
    CASERTA - Giunge a un primo punto fermo lo scandalo degli affitti alla Reggia di Caserta, dove pagavano canoni di affitto tra 3 e 145 euro al mese i quindici inquilini che abitano nel parco reale. Le indagini e le verifiche eseguite dal Nucleo di polizia tributaria di Caserta, coordinato dal colonnello Gaetano Senatore hanno portato oggialla notifica, da parte della Procura della Corte dei Conti, di quattro inviti a dedurre nei confronti di altrettante persone tra cui destinatari figura anche l'ex soprintendente di Caserta, Paola Raffaella David. Le abitazioni sono ritenute di grandissimo pregio in quanto ubicate in un complesso monumentale inserito nella «World Heritage List» dell'Unesco sin dal 1997. Gli occupanti degli alloggi potevano fruire anche dei parcheggi che si trovano negli spazi interni al complesso monumentale vanvitelliano e potevano accedere e usare le aree del Parco.
    La 'mala gestio' degli alloggi interni alla Reggia, occupati da dipendenti della Soprintendenza o da loro familiari, ammonta in totale a 1,2 milioni di euro.
    Case fittate anche a 3 euro nella Reggia di Caserta, un danno da 1 milione e 200mila euro | Il Mattino

    Nascosti in un garage costosi attrezzi per rubare auto tedesche: denunciato il proprietario
    Napoli. I carabinieri trovano costosissimi attrezzi per rubare auto tedesche. Denunciato il proprietario di un garage. Più di 1.000 euro il valore di una sola chiave passepartout per serrature di auto tedesche. Un computer portatile con installato software utile a decodificare le centraline, chiavi elettroniche, jammer disturbatore di frequenze satellitari, cavi e altro ancora. É il materiale rinvenuto dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Napoli a seguito di perquisizione in un garage nella zona orientale della città.
    I militari hanno fatto irruzione in un anonimo garage di una palazzina popolare rinvenendo un banchetto da lavoro con la “cassetta degli attrezzi” pronta all’uso di espertissimi ladri, specializzati nell’aprire e mettere in moto lussuose auto di produzione tedesca. Materiale prezioso e impossibile da trovare in commercio, probabilmente proveniente da paesi dell’est europeo. É saltata subito agli occhi degli operanti una chiave passepartout con la forma delle chiavi originali ma predisponibile alle migliaia di codifiche e combinazioni utili a trovare la forma delle serrature per aprire le portiere e girare il blocchetto accensione.
    Ma anche cavi e connettori da applicare alle centraline per bypassarle attraverso software costosissimi, infine, un jammer per disturbare le frequenze del segnale gps. Indagini in corso da parte dei militari per risalire alla eventuale rete di malviventi in grado di utilizzare così particolari ‘ferri del mestiere’. per il momento e’ scattata la denuncia a piede libero per possesso di attrezzi atti allo scasso e detenzione di strumento atto a impedire comunicazioni telematiche (per il disturbatore satellitare) nei confronti dell’insospettabile proprietario del garage dove è stato trovato il materiale.
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    Tra errori e ciabatte sugli scogli: l'autogol dello spot della Calabria
    La campagna pubblicitaria è "l'ennesima porcheria". Ora la giunta regionale promette di fare chiarezza
    Lucio Di Marzo
    Lo scivolone, questa volta, riguarda una pubblicità istituzionale, pensata per aiutare il turismo in Calabria ma davvero poco riuscita, tanto che dopo le proteste online è stato il presidente della giunta regionale, Mario Oliverio, a parlare di una "ennesima porcheria frutto di una burocrazia sciatta ed indolente" e a disporre "una indagine conoscitiva".
    Il tutto era partito con un'inserzione sulla rivista di bordo della Ryanair, piagata da scelte grafiche molto discutibili, errori nei testi e una foto che tutto faceva tranne che destare l'interesse dei potenziali turisti. A lamentarsene, online, è stata Selvaggia Lucarelli, a cui Oliverio ha dato apertamente ragione in un post su facebook.
    "Non chi sia il grafico/pubblicitario/copy che s'è occupato di questa pagina ma immagino sia un bambino di otto anni o un alcolista o il nipote del cugino del fratello di un qualche assessore del turismo calabrese", aveva accusato la Lucarelli, facendo notare che la pubblicità parlava di "sistema aeroportualeR" e che altre scelte - dal font alla punteggiatura - erano molto discutibili.
    "Sì, magari anche le ciavatte sullo scoglio le avrei tolte - aveva aggiunto -. Pure il mezzo culo del tipo in mezzo, ecco".
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    Avellino. Ago dimenticato nell’inguine di una paziente: condannati
    di ​Nicola Diluiso
    Ago dimenticato nel corpo di una paziente: condanna per due medici ed un assistente di sala operatoria.
    La sentenza è stata emessa dal giudice Lezzi presso il Tribunale di Avellino. I dipendenti dell’Asl, all’epoca dei fatti in servizio presso l’ospedale «Criscuoli» di Sant’Angelo dei Lombardi, sono stati ritenuti responsabili di un grave errore. Lasciarono nell’inguine di una paziente un ago da sutura. L’episodio risale al 13 ottobre del 2008, giorno in cui la signora Francesca Giacobbe di Flumeri, allora 66enne, fu sottoposta ad intervento chirurgico. L’esito dell’operazione - eseguita nel reparto di ginecologia - fu valutato positivamente, al punto che la donna fu regolarmente dimessa. Ma le prime avvisaglie del caso di malasanità fecero capolino ben presto: dolori lancinanti e difficoltà a deambulare.
    Il tutto aggravato da una emorragia. L’anziana signora – difesa dall’avvocato Angelo Ianniciello - si recò nuovamente presso l’ospedale altirpino. Vi rimase sotto osservazione per un giorno.
    «Nessuno si era accorto di nulla – ricorda –. Mi fu detto che quei disturbi derivavano dal decorso post operatorio».
    Le fu consigliata una cura farmacologia ed una visita specialistica, per cause da attribuite alla cattiva circolazione del sangue degli arti inferiori. Non ci furono miglioramenti e la 66enne andò all’ospedale di Ariano Irpino. Ma a smascherare l’errore fu un esame eseguito nell’unità operativa di radiologia e diagnostica dell’ospedale Maggiore “Pizzardi” di Bologna. Dalle immagini la presenza di un ago di sutura, dimenticato nella zona inguinale. Il referto medico - 16 maggio, ore 17.38 - chiarì tutto: «Si segnala la presenza di un corpo estraneo a densità metallica, filiforme a morfologia arcuata, localizzato in emiscavo pelvico destro». Una prova inconfutabile di un caso di malasanità.
    Ago dimenticato nell?inguine di una paziente: condannati | Il Mattino

    Catanzaro, in coma dopo parto: anestesista aveva "silenziato" i macchinari per non essere disturbata
    Catia Viscomi è in stato vegetativo da due anni e il marito chiede che si faccia luce su questo caso di mala sanità
    Catanzaro, in coma dopo parto: anestesista aveva "silenziato" i macchinari per non essere disturbata
    I fatti risalgono alla notte del 6 maggio 2014 quando Catia Viscomi, giovane oncologa calabrese, entra in sala parto all’ospedale "Pugliese" di Catanzaro. Dopo aver dato alla luce il primogenito Aldo, la donna va in coma perché né l'anestesista né i medici si accorgono che non riceve più ossigeno. I macchinari che di solito monitorano il paziente emettendo un suono quando i valori sono sotto la media, in quel momento erano infatti silenziati su richiesta proprio dell'anestesista Loredana Mazzei che non sopportava quel suono di allarme che avrebbe potuto salvare Catia dal coma.
    Catanzaro, in coma dopo parto: anestesista aveva "silenziato" i macchinari per non essere disturbata - Tgcom24

    Un pugliese su due non paga il ticket
    Controlli della Guardia di Finanza: truffe, frodi, danni erariali. Vige un sistema corruttivo
    Emanuela Carucci
    Dal 2014 al mese scorso sono stati effettuati 1.572 interventi da cui viene fuori un dato sconcertante: un pugliese su due non paga il ticket. Ma non è finita, sono state scoperte truffe per 119,2 milioni di euro e danni erariali per 88,5 milioni.
    Solo nei primi mesi del 2015 sono state denunciate 14 persone con frodi per 3,4 milioni e danni erariali per 12,2 milioni e ben 64 degli 89 ticket verificati non erano stati pagati. Cifre da capogiro che condannano a un primato negativo la sanità pugliese. Per questo, infatti, le fiamme gialle, che continueranno il loro lavoro anche nei prossimi due anni, potranno accedere direttamente ai sistemi informativi delle Asl.
    La Regione, ha rinnovato per altri due anni la convenzione con la Guardia di Finanza, stanziando 500mila euro erogati, attraverso l’Ares, per la fornitura di automezzi (rinnovo di altri 24 mesi del contratto di leasing per 38 autovetture) e il rinnovo delle tecnologie informatiche (sei computer, uno per ciascuna provincia, per l’accesso ai sistemi informativi sanitari).
    Finora le operazioni più significative sono state quelle sulla Casa della Divina Provvidenza, sulle proroghe del servizio 118, sui falsi invalidi e sui laboratori di analisi a Lecce e sul servizio trasporto dializzati a Bari. Non si esclude però, come ha sottolineato in un’intervista Giovanni Gorgoni, capo del dipartimento Salute dell'Asl, che i controlli potranno essere allargati anche alle gare d’appalto centralizzate “dove stiamo verificando purtroppo una resistenza, in alcuni casi, a voler cedere sovranità” e già questo la dice lunga sui passi da muovere per battere evasione e malaffare.
    Un pugliese su due non paga il ticket - IlGiornale.it

    Napoli, parla uno dei ragazzi aggrediti nel parco di Capodimonte: «È stato tremendo, calci e pugni tra l'indifferenza»
    Oscar De Simone
    «Ho subito un trauma facciale ed una lesione alla parete destra addominale, oltre ad uno stato d’ansia reattivo. Il mio amico invece, è stato colpito violentemente ad una gamba ed anche lui è ancora sotto choc». Queste le conseguenze di un’aggressione, avvenuta in pieno giorno al bosco di Capodimonte. A raccontarcela – con la voce ancora bassa e tremante – è uno dei ragazzi picchiati da una delle baby gang attive in zona. “Erano in quattro - ci racconta - e noi siamo stati circondanti tra l’omertà e l’indifferenza dei presenti”.
    Non vuole essere ripreso in volto, questo giovane studente, ed il solo ricordo di quella tragica esperienza continua a provocargli un forte stato di agitazione. Ci descrive i momenti precedenti all’aggressione e di come questi ragazzini, hanno cercato di isolarli spingendoli con violenza verso un luogo solitario.
    “Ci continuavano a spingere a calci e pugni cercando di isolarci. Uno di loro ha cacciato il tirapugni e con quello ci ha colpiti diverse volte. Abbiamo cercato di scappare e solo il passaggio di un’auto – che loro pensavano fosse della Polizia – li ha messi in fuga. Adesso abbiamo paura e come noi le ragazze che erano in nostra compagnia. Fortunatamente dopo aver avvisato le forze dell’ordine i nostri aggressori sono stati individuati ed assicurati alla giustizia”.
    I quattro baby rapinatori adesso, sono accusati di tentata rapina aggravata, lesioni personali e porto di oggetti atti ad offendere.
    Napoli, parla un ragazzo aggredito al parco: «È stato tremendo, calci e pugni tra l'indifferenza» | Videointervista | Il Mattino

    Falso olio Made in Italy venduto tra Puglia e Calabria
    Il sistema di frode prevedeva il ruolo di imprese ''cartiere” pugliesi e calabresi che emettevano falsa documentazione attestante l’origine nazionale
    Le frodi ai danni del Made in Italy agroalimentare salgono ancora una volta alla ribalta: un’operazione condotta dall’Ispettorato repressione frodi (Icqrf) del Ministero delle Politiche agricole, coordinata dalla Procura della Repubblica di Trani, in collaborazione con la Guardia di finanza, ha portato al sequestro presso aziende in Puglia, Calabria e Umbria di oltre 2.000 tonnellate di olio extravergine di oliva falsamente italiano, per un valore di oltre 13 milioni di euro. Sono otto gli indagati nell’ambito dell’operazione (nome in codice «Mamma Mia"), accusati di frode agroalimentare e di reati fiscali.
    Gli investigatori dell’Icqrf hanno accertato che - negli anni 2014 e 2015 - oltre 2mila tonnellate di olio extravergine di oliva proveniente da Spagna e Grecia sono state commercializzate come olio 100% italiano. Il complesso sistema di frode prevedeva il ruolo di imprese "cartiere» pugliesi e calabresi che emettevano falsa documentazione attestante l’origine nazionale di olio extravergine di oliva, in realtà spagnolo e/o greco, che - mediante artifizi e triangolazioni documentali - arrivava presso ignari soggetti imbottigliatori già designato come Made in Italy.
    Le persone coinvolte provvedevano poi a smaltire l’olio non italiano attraverso vendite fittizie a operatori compiacenti, anche esteri, al fine di farne perdere le tracce.
    Falso olio Made in Italy venduto tra Puglia e Calabria - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Soldi promessi ai Casalesi per vincere le elezioni: arrestato consigliere ed ex assessore all'ambiente
    di Mary Liguori
    Durante la campagna elettorale del 2011 ha promesso 30mila euro a due referenti dei Casalesi affinché lo aiutassero a vincere le elezioni amministrative. Con queste accuse, i carabinieri del Norm di Caserta hanno arrestato Alfonso Salzillo, consigliere comunale a Santa Maria Capua Vetere dal 2003 fino al dicembre scorso, ed ex assessore all'Ambiente. Salzillo, un passato in Forza Italia prima del recente passaggio al Psi, in passato presidente del Gladiator, avrebbe promesso il denaro ai ras Pasquale Fava e Mario Mastroianni.
    Sette pentiti, tra i quali Vargas, Piccolo e Nicola Panaro, i cui verbali sono allegati nell'ordinanza spiccata dal gip su richiesta della Dda di Napoli, parlano di lui come del "referente del clan Schiavone a Santa Maria Capua Vetere". Le indagini, affidate ai carabinieri diretti dal capitano Giovanni De Risi, si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche. Tra gli episodi contestati all'ex assessore, anche quello di avere cambiato assegni per conto di personaggi legati a Nicola Schiavone.
    Salzillo, imprenditore caseario, gestisce aziende sia nel Casertano sia nell'isola di Ischia. Nel corso dell'operazione ha subito un sequestro di beni per un ammontare di 600mila euro.
    Soldi promessi ai Casalesi per vincere le elezioni: arrestato consigliere ed ex assessore | Il Mattino

    IL BOSS
    Esce il libro del figlio di Riina: "Vi racconto mio padre"
    di Flavia Perricone
    PALERMO. "Totò Riina, mio padre, era il mio eroe". Il figlio del boss dei boss di Cosa Nostra racconta suo padre in un libro. Giuseppe Salvatore Riina, come riportato dal Corriere della Sera, ha spiegato per filo e per segno i giorni in cui Totò Riina, suo padre, pianificava e ordinava l'omicidio di Salvo Lima, politico democristiano ucciso per non aver saputo "aggiustare" il maxiprocesso alla mafia.
    "Tra febbraio e marzo del 1992 passammo notti intere insonni davanti al televisore a seguire il Moro di Venezia gareggiare nell’America’s Cup. Papà preparava la postazione del divano solo per noi due, con un vassoio di biscotti preparato per l’occasione e due sedie piazzate a mo’ di poggiapiedi... Io non avevo ancora compiuto 15 anni e lui era già il mio eroe".
    Si intitola "Riina. Family Life", il libro del figlio del boss che vedremo negli scaffali delle librerie a partire da dopodomani. Una biografia quasi inedita, la vita di uno dei più potenti boss di Cosa Nostra vista dagli occhi del figlio quando era appena un adolescente. L'autore, Giuseppe Salvatore, detto Salvo - 39 anni a maggio - è stato condannato per associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi e ha interamente scontato la sua pena. Nell'aprile 2012, poi, si è trasferito a Padova in regime di sorveglianza, mentre il fratello Giovanni sconta l'ergastolo al 41bis, come il padre.
    Esce il libro del figlio di Riina: "Vi racconto mio padre" - Giornale di Sicilia

    Crocetta e le due nuove auto blu che ci costano 224 mila euro
    La regione ha acquistato due auto blu per il valore di oltre 200 mila euro. Ma intanto le casse e i conti piangono. E i tagli al bilancio non si placano
    Gabriele Bertocchi
    La Regione Sicilia piange: conti in rosso e tagli su tutti i capitoli del bilancio. Ma questo non ha fermato il governatore Crocetta da farsi un regalo. Anzi, meglio, un doppio cadeaux. Due nuove e fiammanti auto blu.
    Una mossa, quella di Crocetta, che costerà alle casse pubbliche la bellezza di 224mila euro. Le costosissime sono, per la precisione, due Volkswagen modello Passat Variant 2.0 BiTdi BluMotion technology 4 motion. Ognuna del valore di 112.189,46 euro. Non elenchiamo gli innumerevoli comfort e optional installate sui veicoli. Ovviamente blindatura inclusa.
    Ma vedendo tutta questa spesa, e soprattutto i costi, la domande sorge spontanea: Che bisogno c'era? Ci rispondiamo da soli, nessuno. Infatti, Crocetta, in virtù della sua posizione di presidente, possiede già una vettura blindata. Ottenuta a costo zero. Si tratta di un'auto sequestrata alla camorra e asseganata al governatore della Sicilia dall'Agenzia per i beni confiscati e che quindi non pesa sulle casse regionali. Sta di fatto che con le due nuove Passat confermano alla Regione Sicilia il primato di regione italiana per numero di vetture di rappresentanza presenti nel proprio parco macchina: circa 660 vetture. Un numero che corrisponde alla somma delle auto in dotazione alla Regione Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Umbria e Toscana.
    Come se non bastasse, l'acquisto delle nuove Passat per Crocetta sarà utilizzate per pochissimo tempo. Infatti, il mandato del governatore scadrà nel 2017. Intanto su Libero i Cobas Codir parlano di "ennesimo spettacolo indecente della politica siciliana".
    Crocetta e le due nuove auto blu che ci costano 224 mila euro - IlGiornale.it

    I giudizi negativi sulla Sicilia in un libro di testo sono legittimi
    La Cassazione rigetta il ricorso della presidenza della Regione siciliana, che aveva convenuto in giudizio l'editore e gli autori di un libro di testo per la scuola media inferiore, chiedendo un risarcimento danni per il "carattere diffamatorio" di alcuni passi contenuti nel libro nei confronti della Sicilia e della sua popolazione
    Luca Romano
    Rientrano nel "legittimo esercizio del diritto di libertà di insegnamento" i "giudizi perentoriamente negativi sulle condizioni e sulla complessiva realtà socio-economica di un'intera regione", contenuti in un libro di testo che può essere adottato da un docente per l'insegnamento, "se articolati nel rispetto della correttezza formale e con sufficiente richiamo ai contesti storici e di cronaca anche recente".
    È quanto ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione rigettando il ricorso della presidenza della Regione siciliana, che aveva convenuto in giudizio l'editore e gli autori di un libro di testo per la scuola media inferiore, chiedendo un risarcimento danni per il "carattere diffamatorio" di alcuni passi contenuti nel libro nei confronti della Sicilia e della sua popolazione.
    In particolare, nel testo destinato agli studenti si sottolineava che "la Sicilia è fra le tre regioni che gli italiani riterrebbero da evitare, nonostante la possibilità, una volta eliminatane la delinquente e miglioratine i servizi, per tutti di apprezzarne la bellezza" e che "il potere dello Stato italiano è visto dai siciliani come una forma di oppressione; questo aiuta a spiegare la sfiducia della popolazione verso l'amministrazione pubblica, considerata capace solo di imporre tasse, ma non di risolvere i problemi dell'isola; i ceti dominanti hanno sempre cercato di sfruttare questa situazione, usando le armi della corruzione e dell'intimidazione, per mantenere il proprio dominio e per sfruttare le risorse dello Stato; i governi insomma potevano cambiare, ma soltanto per offrire una nuova facciata al potere mafioso".
    E ancora: "Oggi la Sicilia è una regione autonoma con ampi poteri, che riceve dallo Stato più di quello che dà e consuma più di quello che produce; il potere mafioso ha stabilito nell'isola un clima di violenza che avvelena i rapporti tra la gente, dissangua ogni attività economica e impedisce di governare per il bene della collettività". Inoltre, nel libro di testo si parlava di "periferie anonime, talvolta prive persino delle fognature, cresciute in condizioni di massimo degrado sociale; abbandonati a se stessi questi quartieri sono diventati inferni urbani, dove la criminalità non ha freno", e si poneva l'accento su "l'economia" che "si basa sull'assistenza dello Stato, sottoforma di sovvenzioni di opere pubbliche e pagamento di pensioni; la spesa pubblica però, più che dare impulso produttivo, ha alimentato un intreccio di corruzione tra forze politiche e criminalità".
    "Corrisponde a legittimo esercizio del diritto di libertà di insegnamento, garantito dall'art. 33 della Costituzione - hanno sancito i giudici della Cassazione - l'impiego, in un libro di testo destinato a studenti di scuola media inferiore e quindi ad essere adottato da un docente e studiato sotto la sua direzione, di espressioni e di giudizi generali nel loro complesso perentoriamente negativi sulle condizioni e sulla complessiva realtà socio-economica di un'intera Regione, se articolati nel rispetto della correttezza formale e con sufficiente richiamo ai contesti storici e di cronaca anche recente, non esigendosi dagli autori di quello, neppure in considerazione dei destinatari dell'opera, alcuna autolimitazione o modalità particolari di formulazione, quali la moderazione o la misurazione delle espressioni o la modificazione dei toni dei giudizi, purchè appunto le une e gli altri oggettivamente corretti e rispondenti a fatti storicamente veri".
    I giudizi negativi sulla Sicilia in un libro di testo sono legittimi - IlGiornale.it


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    Predefinito Re: Terryes

    Cava, litigano due anziani: spara a vicino novantenne
    di Simona Chiariello
    Vecchie ruggini e continue liti di vicinato questo il motivo che ha spinto Giuseppe Milito ad impugnare la pistola e sparare il suo vicino di casa, ferendolo all'addome. È accaduto poco fa a Santa Lucia nei pressi del mobilificio Senatore. L'anziano ferito, un 89enne, è stato trasportato in ospedale. Milito è stato bloccato dalla polizia.
    Litigano due anziani: spara a vicino novantenne | Il Mattino

    Tragedia a Pianura. Padre strangola suo figlio durante una violenta lite in casa
    di Giuseppe Crimaldi
    Tragedia a Pianura. Un uomo di 67 anni Santo Avagliano durante una furibonda lite in famiglia ha strangolato questa sera suo figlio Massiliamo di 42 anni. È successo in uno stabile al numero 45 di via Castaldi e Sequino, a Pianura. Ancora sconosciuti i motivi della lite. Sul posto è intervenuta la Polizia.
    Il padre-omicida è stato fermato dagli agenti della Polizia. Il delitto - sempre secondo si apprende dalla Questura - è avvenuto intorno alle 21.30 all'interno dell'abitazione della famiglia, al quinto piano dello stabile. A dare l'allarme al 112 è stata la moglie di Santo Avagliano che ha detto ai carabinieri: «Correte, c'è stata una disgrazia». La chiamata è stata girata alla Polizia, che si trovava nella zona di Pianura. All'arrivo in casa, gli agenti hanno trovato Massimiliano Avagliano già morto e il padre in stato di choc.
    Sembra, secondo il racconto della donna, in evidente stato di choc, che padre e figlio abbiamo cominciato a discutere animatamente. Poi la lite è divenuta sempre più accesa e i due sono passati alle mani. Ad un tratto in preda all'esasperazione il padre Santo ha afferrato il figlio e gli ha stretto le mani al collo, fino a strangolarlo. Massimiliano è stramazzato al suolo esanime. La madre disperata ha preso il telefono ed ha chiesto aiuto.
    Tragedia in famiglia. Padre strangola suo figlio durante una violenta lite in casa. La madre chiede aiuto: «Correte c'è stata una disgrazia» | Il Mattino

    Marano, è morto Enrico Pezzella: il ragazzo sparato alla tempia la scorsa settimana
    Marano. È morto questa mattina Enrico Pezzella, il 25 enne di Marano che era stato colpito da un proiettile la settimana scorsa in via Falcone. Il giovane era ricoverato da giorni, in condizioni disperate, all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli.
    Pezzella, da tutti conosciuto in città con il soprannome di "Capigliotta", fu colpito alla tempia da un proiettile sparato al culmine di una lite in strada e che aveva visto protagonista il papà della sua ex ragazza, poi arrestato dai carabinieri di Marano e Giugliano. Il giovane è deceduto stamani nel nosocomio flegreo.
    Ferito da un proiettile durante la lite con l'ex suocero: muore poi in ospedale | Il Mattino

    «Ti devo perquisire»: così bullo taglieggiava minorenni
    Il giovane si faceva consegnare dalle vittime per strada da 2 a 20 euro
    Bullo ed estorsore. Un 16enne barese è stato arrestato dalla Polizia a Trani in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale per i minorenni. Secondo gli investigatori, il giovane si sarebbe reso responsabile di estorsione aggravata e continuata nei confronti di un gruppo di giovani studenti minorenni, che costringeva a versargli, loro malgrado, somme di denaro comprese tra 2 e 20 euro per volta. Tutto ciò sarebbe accaduto nel periodo di tempo compreso tra il settembre 2015 ed il gennaio 2016.
    Il personale della Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di P.S., al termine di una lunga e laboriosa attività di indagine, è riuscito ad acquisire numerosi elementi di prova pur in assenza di formali denunce – querele da parte delle singole vittime. Queste ultime venivano avvicinate per strada dal “bullo” che gli ordinava di sottoporsi ad una “perquisizione”: era questo il termine usato per ottenere dal malcapitato di turno la sottoposizione alle odiose richieste di denaro. E’ tuttora al vaglio degli investigatori la posizione di un secondo indagato 17enne. L’arrestato si trova ora presso l’Istituto per Minori “Fornelli” di Bari.
    «Ti devo perquisire»: così bullo taglieggiava minorenni - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Auto dei vigili urbani senza assicurazione, scatta il sequestro
    il Comune di Orta di Atella
    di Mary Liguori
    CASERTA - Auto dei vigili urbani senza assicurazione: scatta il sequestro amministrativo. È successo ad Orta di Atella, nel Casertano. Due le vetture finite sotto chiave per opera dei carabinieri del Norm della compagnia di Marcianise. A quanto pare, le due auto del comando dei caschi bianchi erano da tempo sprovviste di copertura assicurativa: è emerso durante alcuni controlli al termine dei quali è scattato il clamoroso fermo amministrativo. Auto dei vigili urbani senza assicurazione, scatta il sequestro | Il Mattino

    Cava, cieco solo per la pensione: 63enne denunciato dalla Finanza
    Nell’ambito dell’attività di ricerca informativa in materia di tutela della spesa pubblica nazionale, le Fiamme Gialle della Compagnia di Cava de’ Tirreni hanno individuato un sessantatreenne dichiarato affetto da cecità parziale prima e, dal mese di febbraio 2010, da cecità assoluta.
    La pertinente attività all’uopo posta in essere, anche mediante l’ausilio di riprese video, finalizzata a valutare la compatibilità con l’asserita condizione di cieco totale, ha invece permesso di osservare e riprendere il soggetto intento a svolgere, in totale autonomia, molteplici attività, quali a titolo esemplificativo, ma non esaustivo: deambulare senza alcun ausilio o supporto in luoghi e spazi, anche affollati, aperti al pubblico; leggere, contare soldi; prendere l’autobus e, addirittura, aiutare nella salita, prendendola sotto braccio, una signora anziana; attraversare la strada tranquillamente, schivando auto in marcia; recarsi all’interno di attività commerciali, anche di ristorazione, ove è stato visto pagare e consumare.
    L’osservazione di tale dinamismo non ha evidenziato in capo al soggetto monitorato difficoltà e/o incertezze di sorta, poiché, nella vita quotidiana, ha mantenuto comportamenti e abitudini che hanno denotato inequivocabilmente un’autonomia motoria ed una capacità visiva incompatibili con la condizione di cieco assoluto, come, per converso, risultante dalle certificazioni prodotte.
    M.S. è stato denunciato a piede libero alla competente Autorità Giudiziaria per violazione dell’art. 640 bis del Codice Penale, ovvero per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Sono stati eseguiti opportuni accertamenti documentali tesi a ricostruire l’iter procedurale sanitario, nonché è stato quantificato l’ammontare complessivo indebitamente percepito ricostruito analiticamente in circa €. 51.000,00.
    Cieco solo per la pensione: 63enne denunciato dalla Finanza | Il Mattino

    Napoli, sesto raid in 4 mesi alla scuola Flavio Gioia: rubati gli ultimi due computer, atti di vandalismo
    Napoli. Sesto raid in quattro mesi alla scuola Flavio Gioia di Materdei. Ladri attivi nella notte tra sabato e domenica; dopo aver divelo il cancello hanno rubato gli ultimi due computer rimasti e vandalizzato gli interni con scritte ingiuriose. Poi hanno messo a soqquadro la presidenza e rovesciato mobili.
    Napoli, sesto raid in 4 mesi alla scuola Flavio Gioia: rubati gli ultimi due computer, atti di vandalismo | Foto | Il Mattino

    Choc a Napoli: vive in una «cuccia» come un cane dentro una discarica di rifiuti
    di Eduardo Improta
    Napoli. Assurdo ed incredibile vive da settimane tra le lastre di amianto e immerso tra rifiuti di ogni genere nel pieno centro della città a pochi passi dallo Stadio San Paolo. Un vagabondo senza fissa dimora si è costruito una sorta di riparo tra i rifiuti abbandonati al di sopra del sottopasso che da piazzale D’annunzio porta a piazzale Tecchio, un rifugio di fortuna dove dorme e si trattiene durante la giornata, mangiando quello che riesce a racimolare, come le carote che è riuscito a procurarsi, uno sventurato ridotto a vivere come un cane in una sorta di cuccia costruita con le onduline d’amianto, senza sapere il pericolo che corre.
    Da tempo gli abitanti di Fuorigrotta denunciano il pericolo per la salute costituito dalla discarica abusiva dove sono ammassati quintali di rifiuti provenienti da demolizioni e da ristrutturazioni edilizie, onduline per coperture in fibre di amianto, alcune già sgretolate e diverse già carbonizzate perché vengono incendiate, lastre di asfalto, copertoni d’auto, carcasse di televisioni, cassette di plastica, bottiglie di vetro e di plastica, un casco di motociclista, oltre alle sterpaglie secche pronte a prendere fuoco.
    Tutto questo, a causa di soggetti sicuramente senza scrupoli che abbandonano rifiuti speciali il tutto in barba alla pericolosità sia per la salute umana sia per il rispetto dell’ambiente. Comitati civici, articoli di giornale non sono riusciti ad ottenere la bonifica del luogo, nonostante l’aumento dei numeri di malati di cancro nella zona. Nessun intervento da parte del comune, né tantomeno la X Municipalità o la stessa Asl si è sono attivate per contrastare i comportamenti scorretti ed impedire che rifiuti di ogni tipo continuassero ad essere sversati in barba alla pericolosità sia per la salute umana sia per il rispetto dell’ambiente. Cosa si aspetta ancora a sgombrare i rifiuti pericolosi.
    Choc a Napoli: vive in una «cuccia» come un cane dentro una discarica di rifiuti pericolosi | Foto | Il Mattino

    E cosa dovrebbe dire la povera bambina nera, che si ritrova a vivere a Napuli, in una famiglia napulitana?

    Diventa padre di una bimba nera e sfascia la sala parto
    È successo in provincia di Caserta la scorsa settimana
    Franco Grande
    Lei 34 anni, lui 40. Dopo 11 anni di matrimonio, una coppia di Casagiove, in provincia di Caserta, decide di avere un figlio ma ci scappa l’imprevisto.
    Il pargolo nasce di colore e, come racconta il sito corrierecaserta.it, la gioia del padre diventa ira funesta tanto che sfascia la vetrata della sala parto. Il fatto risale a una settimana fa e ha lasciato interdetti i familiari che, alla vista di una bambina nera, sono andati su tutte le furie tanto è dovuta intervenire persino la polizia. I medici e il personale infermieristico non credeva ai loro occhi, mentre i pazienti dell'ospedale hanno sentito nitidamente tutte le urla della madre.
    Diventa padre di una bimba nera e sfascia la sala parto - IlGiornale.it



    L'INCHIESTA SULL'ESAME DA AVVOCATO A BARI
    Dalle intercettazioni telefoniche e dall’analisi del contenuto dei telefoni cellulari sequestrati, gli investigatori baresi hanno potuto ricostruire le tre giornate d’esame
    «Tranquì, tra mezz'ora avrai»
    Il compito viaggiava su whatsapp
    «Stai tranquì me la vedo io», «tra mezz'ora avrai», «adesso vai a posto ti avviserò io quando sto per arrivare», «stai al posto tuo serena e non ti preoccupare», "come sempre vi preoccupate inutilmente, io do con tutte le indicazioni, ieri quello che si è verificato non è mai successo ma l’ansia fa fare i figli ciechi, oggi andrà meglio». Sono solo alcuni dei messaggi scambiati via whatsapp fra Tina Laquale, ex funzionaria dell’Università arrestata oggi nell’ambito dell’inchiesta sull'esame da avvocato del dicembre 2014, e i candidati con cui ci sarebbe stato l’accordo illecito per ottenere gli elaborati delle prove scritte.
    Dalle intercettazioni telefoniche e dall’analisi del contenuto dei telefoni cellulari sequestrati, gli investigatori baresi hanno potuto ricostruire le tre giornate d’esame e i continui contatti fra il «gruppo di lavoro» a casa di un avvocato barese, il 38enne Giuseppe Colella (anche lui agli arresti domiciliari), incaricato di svolgere le tracce, e i candidati.
    «Tranquì, tra mezz'ora avrai» Il compito viaggiava su whatsapp - bari - La Gazzetta del Mezzogiorno

    TRIESTE
    Soldi in cambio di false recensioni su Tripadvisor: denunciato
    L'uomo, un pugliese di 50 anni, è stato scoperto grazie a un indagine partita da Trieste. Per 10 recensioni chiedeva 100 euro, per 30, 240 euro
    TRIESTE Si chiama Operazione "Fake Food" l'indagine condotta dalla Polizia Postale del Friuli Venezia Giulia e coordinata dal Servizio Centrale della Specialità che, partendo da Trieste, ha permesso di scoprire e denunciare un 50enne pugliese che proponeva false recenzioni (positive) su Tripadvisor ai ristoratori in cambio di denaro.
    L'indagine è partita a ottobre 2015, quando il titolare di un noto ristorante di Trieste ha ricevuto un messaggio da una casella di posta elettronica a lui sconosciuta, indirizzato anche verso altri ristoratori su tutto il territorio nazionale. Nel messaggio un tale, successivamente identificato dalla Polizia, proponeva, in cambio di denaro, di inserire dei “pacchetti” di false recensioni positive sul sito Tripadvisor, famoso portale web che pubblica i giudizi di qualità degli utenti in merito a ristoranti ed hotel.
    Il ristoratore triestino, curioso di avere ulteriori informazioni in merito, è stato successivamente contattato attraverso un’utenza mobile dall’uomo che indicava le modalità di pagamento per l’inserimento delle false recensioni: o ricarica su carta PostePay oppure un bonifico bancario.
    I prezzi variavano a secondo del numero di recensioni: per 10 recensioni il prezzo era di 100 euro, per 20 recensioni 170 euro e per 30 recensioni 240 euro.
    Le recensioni, riportate sul web in modo molto tecnico e approfondito, utilizzavano parole come “Buonissimo” , “Molto Bello”, “Indimenticabile”, “Superbo”.
    L’attività di monitoraggio della Rete, ed i successivi accertamenti bancari, svolti dagli investigatori del Compartimento di Trieste, hanno permesso di identificare l’uomo, un 50enne residente nella provincia di Lecce con a carico numerosi precedenti per truffa. Si tratta di un disoccupato che, a seguito del fallimento della propria ditta di commercio al dettaglio per articoli di uso domestico, si era improvvisato venditore online di “finti orologi Rolex”. Un abile creatore di “Fake Account”, utilizzati non soltanto per le false recensioni su Tripadvisor, ma anche per ulteriori attività illecite online ancora al vaglio degli investigatori.
    La Polizia Postale e delle Comunicazioni è anche risalita allo sportello dell’ufficio automatico dove l’uomo prelevava le somme di denaro che, di volta in volta, venivano accreditate dai vari ristoratori italiani che acquistavano il pacchetto. I prelievi avvenivano a pochissima distanza di tempo dall’accredito proprio per evitare che le carte di credito prepagate venissero bloccate a seguito di segnalazioni per sospetta frode. Nel solo periodo monitorato - da ottobre 2015 a marzo 2016 - l’introito complessivo è stato di circa 8mila euro.
    A conclusione dell’attività investigativa la Procura della Repubblica del Tribunale di Trieste ha emesso il decreto di perquisizione personale e locale che è stato eseguito dal personale della
    Polizia Postale di Trieste e Lecce, nel corso della quale è stato sequestrato numeroso materiale informatico, due carte di credito prepagate utilizzate per ricevere i compensi delle false recensioni e numerosi appunti manoscritti con annessi elenchi dei ristoratori “interessati al servizio”.
    Soldi in cambio di false recensioni su Tripadvisor: denunciato - Cronaca - Il Piccolo

    Estorsioni, pentito di camorra arrestato a Genova
    Tommaso Fregatti
    Genova - L’uomo con il berretto si muove in modo un po’ strano, si guarda intorno, capisce che dentro l’ufficio postale di San Fruttuoso le telecamere riprendono (quasi) tutto. Ma ormai ha deciso. Salvatore Caterino, 51 anni, ex appartenente ai casalesi e collaboratore di giustizia dalla metà del 2011, spedisce un pacco verso Casal di Principe. Il destinatario è uno con cui ha partecipato ad attentati e sparatorie e campagne elettorali per i politici amici dei mafiosi, un personaggio che a sua volta si sta confidando con i magistrati. Ha saputo che l’ex compagno di Camorra potrebbe inguaiarlo, perde la testa e da Genova invia la grande busta, anonima, che nel giro di qualche settimana lo farà tornare in carcere con l’accusa di estorsione e minacce. Inchiodato dai filmati. Succede infatti che il destinatario non ceda all’intimidazione e spieghi agli inquirenti d’essere stato ricattato, non tanto per soldi quanto per correggere il tiro dei suoi resoconti.
    Le indiscrezioni sul caso Caterino filtrano ad alcune settimane da una vicenda per certi aspetti simile, avvenuta a Genova. Alla fine di febbraio i carabinieri avevano intercettato un altro pentito che stava facendo cose inquietanti. Sebastiano Cassia, 52 anni, ex affiliato di Cosa nostra per anni trapiantato a Roma e fra i testi chiave nel processo Mafia Capitale, era insieme a un complice fuori da una gioielleria di via XX Settembre. "Avevano passamontagna e coltelli" il raccontato d’una testimone, che aveva dato l’allarme alla titolare e le telecamere di videosorveglianza hanno confermato la sequenza. La commerciante aveva quindi telefonato al 112 mentre Cassia - intuendo che la situazione si stava mettendo male - era entrato nel negozio qualificandosi da «appartenente all’anticrimine», salvo correggere il tiro davanti all’Arma dichiarandosi «protetto dall’anticrimine». Una telefonata al 113 aveva confermato che si trattava del pentito, prelevato dalla polizia e però denunciato per sostituzione di persona.
    Revocata la protezione - Estorsioni, pentito di camorra arrestato a Genova | Liguria | Genova | Il Secolo XIX

    Vergogna Cardarelli, finite anche le barelle. Tra grida, proteste e imprecazioni, viaggio nei reparti dell'emergenza Foto
    di Marisa La Penna e Francesco Romanetti
    Qualcuno si lamenta: «Mamma mia bella...». Qualcuno strilla: «Nun c'à facc' cchiù...». Qualcuna piagnucola: «Figlio mio, devi avere pazienza...vedi che mò ti passa...». Qualcun altro maledice: guarda l'orologio e maledice. Poi c'è pure chi bestemmia. Come sempre. Tutto sommato, è un giorno come gli altri. Le porte che si aprono, le barelle che vanno avanti e indietro. Medici che si affrettano, infermieri che si spostano da una barella all'altra. Come sempre, appunto: il pronto soccorso del Cardarelli («il più grande ospedale del Mezzogiorno») strapieno, il reparto di osservazione breve intensiva (obi) affollato, i parenti, in fondo al corridoio, che aspettano davanti alla Terapia intensiva. Le barelle che salgono e scendono. Oppure che salgono e non scendono. Entrano nei reparti e lì restano. Perché non ci sono letti disponibili e i malati da qualche parte bisogna pure sistemarli.
    Nuova emergenza al Cardarelli. Nell’ospedale esauriti posti letto e barelle. Caos al pronto soccorso. Ieri mattina non c’era un buco dove adagiare i pazienti. I malati sono rimasti sulle lettighe delle ambulanze in attesa di sistemazione. Ospedale in ginocchio - all’indomani della visita a Napoli del ministro Lorenzin e delle promesse della Regione di rinforzi - con i medici costretti a trattenere le lettighe delle ambulanze. In crisi anche il 118. La movimentazione delle ambulanze inevitabilmente ha risentito della mancanza di tre unità per molte ore. In corsia rivolta dei pazienti.
    Vecchia storia. Ieri mattina, alla Chirurgia d'urgenza del Cardarelli medici e infermieri sono stati costretti a sistemare ben trentacinque barelle nei corridoi. I posti-letto del reparto sarebbero 20. Sulla carta.
    «Ma guardi che oggi è una giornata abbastanza tranquilla - spiega un giovane medico del Pronto soccorso - Dovevate venire qui la settimana scorsa...». Già, magari proprio giovedì scorso. Perché è giovedì sera che è successo il fattaccio. È stato quando un tizio, parente di un paziente in attesa, ha cominciato a gridare e a dare in escandescenze («curnuti, fetienti»).
    Vergogna Cardarelli, finite anche le barelle. Tra grida, proteste e imprecazioni, viaggio nei reparti Foto | Il Mattino

    PALERMO
    Uccisa da dose letale di chemio, il giudice: "Un assassinio"
    Valeria Lembo, 33 anni e madre di una bimba di 7 mesi, morì al Policlinico di Palermo per una dose di chemioterapia dieci volte superiore alla prescrizione: 90 milligrammi invece di 9
    PALERMO. «Un assassinio», «la più grave colpa medica mai commessa al mondo». È quanto scrive il giudice Claudia Rosini nelle motivazioni della sentenza che condanna medici e infermieri del reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo, dove il 7 dicembre 2011 una donna di 33 anni, madre di una figlia di 7 mesi, fu trattata con una dose letale (dieci volte superiore alla prescrizione: 90 milligrammi invece di 9) del chemioterapico vinblastina utilizzato per curare il morbo di Hodgkin, un linfoma guaribile.
    La paziente morì per avvelenamento 22 giorni dopo e non è escluso che potesse salvarsi: «Solo un ricambio completo del sangue, subito, avrebbe potuto - spiega il giudice - dare una speranza alla paziente. Invece, per ben cinque giorni quell'errore venne mascherato come una gastrite post chemio» e il medico specializzando Alberto Bongiovanni, che «scriveva sotto dettatura e non aveva idea di cosa fosse la vinblastina, cancellò lo zero in più» dalla cartella clinica, invece di ammettere l'errore e cercare una soluzione.
    Sulla situazione del reparto l'analisi del giudice è impietosa: l'oncologa Laura di Noto, condannata a 7 anni, è descritta come «una copiatrice di dati, scelta dal primario Sergio Palmeri (condannato a 4 anni e mezzo, ndr) perchè sempre presente. Una dottoressa che aspettava indicazioni del sovradosaggio da un'infermiera». Il primario, secondo il giudice, era circondato da «fidati vassalli» e l'organizzazione del reparto era «affidata al caso».
    Uccisa da dose letale di chemio, il giudice: "Un assassinio" - Giornale di Sicilia

    Festini hard e appalti pilotati, la bella vita dell’ammiraglio pro immigrati
    Davide Di Stefano
    Al Ministero della Difesa probabilmente in molti sapevano, ma finora nessuno aveva mai denunciato nulla. Ora un dossier inviato alle Procure di Potenza e Roma rivela gli eccessi dell’ammiraglio Giuseppe De Giorgi [Napoli, 21 giugno 1953.....] attuale Capo di Stato Maggiore della Marina, indagato nell’inchiesta sull’impianto di Tempa rossa che ha già causato le dimissioni del ministro Guidi. Da quanto emerge sembra che all’ideatore di Mare Nostrum (e suo strenuo difensore) piacesse organizzare festini a bordo della nave Vittorio Veneto, con belle ragazze compiacenti trasferite a bordo in elicottero o con i Falcon 20 manco fossero dei taxi. Per non parlare delle commesse da decine di milioni di euro utilizzate per ristrutturare i salottini riservati agli ufficiali, o dei pranzi luculliani dal “Bolognese” in piazza del Popolo a Roma per brindare allo sblocco dei finanziamenti. Sembra addirittura dai racconti che in più di un’occasione De Giorgi abbia atteso i suoi ospiti a bordo della Vittorio Veneto in groppa ad un cavallo bianco. L’ammiraglio, oltre ad essere indagato, stava già ricevendo pressioni per arrivare alle sue dimissioni dopo la pubblicazione delle intercettazioni in cui attacca il ministro della Difesa Pinotti.
    Ora questo dossier anonimo arrivato sul tavolo delle Procure, che indica nomi, fatti e documenti originali sugli affari da milioni di euro, dovrà essere esaminato. De Giorgi avrà modo di rispondere ai Pm venerdì, quando sarà interrogato in merito all’indagine per associazione per delinquere, abuso d’ufficio e traffico d’influenza con Gianluca Gemelli, il compagno dell’ex ministro per lo Sviluppo economico e altri lobbisti. La persona che ha fornito il dossier non vuole uscire allo scoperto, “perché ho già abbondantemente pagato per non essermi piegato alle richieste del capo di Stato maggiore”, spiega. Nel documento fornito alle procure si dice come “famosi sono stati i festini organizzati dal comandante a bordo della Vittorio Veneto in navigazione, con tanto di trasferimento a mezzo elicottero di signorine allegre e compiacenti. O di quella volta, sempre da Comandante della Vittorio Veneto in sosta a New York, che accolse gli invitati ad un cocktail a bordo, in sella a un cavallo bianco appositamente noleggiato. Tutti sapevano e tutti, per paura delle sue vendette, tacevano circa l’uso improprio che l’ammiraglio, una volta diventato capo delle Forze Aeree della Marina, faceva degli elicotteri e soprattutto del velivolo Falcon 20 che in versione Vip lo trasportava continuamente come in un taxi (a spese dei contribuenti)”.
    Ma oltre alla parte godereccia e gaudente c’è anche quella relativa alla gestione del personale, nemmeno si trattasse di un re con la sua corte. “Bisognerebbe chiedersi come mai a tanti ufficiali dallo specchiato passato nelle commissioni di avanzamento e di vertice è stato precluso improvvisamente e senza spiegazioni ogni futuro sviluppo di carriera”. Chi faceva domande o rompeva le scatole veniva penalizzato, mentre le promozioni erano riservate ai più fedeli. Tra i casi più eclatanti c’è quello relativo agli incursori del Comando di Varginano, “trasferiti dall’altra parte dell’Italia (buttando così milioni spesi nella loro preparazione specifica) solo perché hanno fatto parte del gruppetto che nel corso delle prove del defilamento del 2 giugno, facendo scherzi con palloncini pieni d’acqua (è tradizione di tutti i militari che partecipano a tale evento), schizzarono Sua Maestà De Giorgi”. Insomma dal racconto dell’anonimo emergerebbe un profilo dell’ammiraglio simile a quello di un satrapo pazzo.
    Tornando all’aspetto più gaudente, nel dossier si ricorda “il pranzo luculliano, abbeverato da fiumi di champagne, fatto presso il ristorante “Il Bolognese” di piazza del Popolo a Roma dove condusse un codazzo dei suoi più fidati e compiacenti collaboratori a festeggiare il primo positivo consenso espresso dal Parlamento sulla Legge Navale“. Per eludere la rendicontazione, “le spese per il Capo di Stato Maggiore sono state sottratte alla rendicontazione amministrativa, esiste la raccomandazione di prendere nota delle spese e conservare tali annotazioni soltanto per l’anno solare in corso”. Sono due invece gli appalti di cui si parla nel dossier. Il primo risale al 2013 quando il Capo di Stato Maggiore “in visita a una fregata classe Fremm nei cantieri di Fincantieri per completare le ultime fasi di allestimento, non gradendo la ripartizione delle aree destinate al quadrato ufficiali e dei camerini destinati al comandante, ordinava ai dirigenti di attuare le modifiche da lui indicate”. Una bazzecola da 42 milioni e 986mila euro che De Giorgi fece pagare ai contribuenti. Ma l’ammiraglio si è superato nella “produzione di unità sottili stealth ad altissima velocità, con scafi e strutture di carbonio trattato con l’applicazione delle nanotecnologie”. De Giorgi riuscì a farsi approvare il progetto dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Luigi Mario Binelli Mantelli, che prevedeva una convenzione con la società “As Aeronautical“. Società che a quanto riportato nel dossier “tecnicamente non esiste e non dispone di apparecchiature, né di maestranze all’altezza. Il suo responsabile, ingegner Bordignon, millanta coperture illustri come De Giorgi e Valter Pastena”. Quest’ultimo è il consulente dell’ex ministro Guidi, anche lui indagato a Potenza nell’inchiesta tempa Rossa.
    Festini hard e appalti pilotati, la bella vita dell'ammiraglio pro immigrati



    Uno squalo avvistato nel Tevere
    Lucio Di Marzo
    Si trattava probabilmente di una verdesca. Questo c'è nell'immagine scattata in tarda mattinata da un diportista che si trovava sul Tevere, in prossimità della Foce, all'altezza di Fiumara Grande.
    Un'immagine, quella ripresa dall'uomo, che è arrivata alla Capitanera di porto, che ha subito inviato una motovedetta per perlustrare l'area, senza risultato.
    L'animale avrebbe risalito il fiume fino all'altezza di alcuni cantieri navali.
    Uno squalo avvistato nel Tevere - IlGiornale.it


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    Predefinito Re: Terryes

    Come Montecchi e Capuleti si affrontano a Corato
    Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, si sono affrontati due distinti gruppi familiari, armati di bastoni, per futili motivi e animati da vecchi dissapori
    CORATO - E’ di sette persone denunciate, tra le quali due minorenni e tre donne, il bilancio di una rissa avvenuta a Corato in un complesso di case popolari in via Aurelia. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, si sono affrontati due distinti gruppi familiari, armati di bastoni, per futili motivi e animati da vecchi dissapori.
    Nella concitazione sono state danneggiate quattro automobili che erano in sosta nella zona: una Renault 19 di una ignara cittadina e tre Fiat Uno, queste ultime in uso ad alcune delle persone denunciate. In cinque rispondono di danneggiamento e rissa. Una donna e un minorenne, invece, sono stati accusati di resistenza a pubblico ufficiale. Alcune delle persone coinvolte nella rissa hanno portato lievi escoriazioni.
    Come Montecchi e Capuleti si affrontano a Corato - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Choc a Napoli. Autista di bus non può far salire passeggero alla fermata: inseguito da un'auto e picchiato a bordo
    di Melina Chiapparino
    E' stata un'aggressione ma soprattutto una vera e propria ''punizione'' quella inflitta ad un conducente Anm, picchiato brutalmente mentre era alla guida di un bus. L'episodio si è verificato intorno alle 14.30 di oggi lungo via B. Longo all'altezza del lotto 0, nel quartiere Ponticelli, sulla linea 195. Un cittadino aveva preteso di salire a bordo dell'autobus fuori fermata, tentando di far fermare il mezzo gesticolando e facendo segno al conducente di interrompere la corsa ma, come da protocollo, l'autista non ha potuto bloccare la corsa, proseguendo sulla tratta da percorrere. Alla successiva fermata, il conducente ha notato un'automobilista che superando il mezzo e quasi bloccandone la tratta, ha fiancheggiato il bus e da quell'auto privata è sceso il cittadino che precedentemente voleva salire fuori fermata, aggredendo violentemente l'autista.
    Calci, pugni schiaffi e colpi al volto hanno tramortito l'anziano conducente che è stato successivamente soccorso dal personale sanitario di Villa Betania, mentre l'aggressore si è dato alla fuga.
    Autista di bus non può far salire passeggero alla fermata: inseguito da un'auto e picchiato | Il Mattino

    Tenta di strangolare la moglie con un cavo, la donna salvata in extremis dai carabinieri.
    E' accaduto ad Orta di Atella dove i militari della compagnia di Marcianise (diretti dal capitano Nunzio Carbone) hanno tratto in arresto B.V., trentadue anni responsabile del tentato omicidio della moglie sua coetanea, dalla quale si sta separando.
    Nel pomeriggio di ieri, la donna si era recata presso l’abitazione di quest’ultimo in Orta di Atella, in compagnia del figlioletto per prendere alcuni effetti personali. L'uomo, prima ha lasciato che la consorte prendesse le sue cose, poi le ha impedito di andar via, barricandosi in casa con lei e chiudendo a chiave la porta di ingresso. L’amica, udite le strazianti richieste di aiuto della donna, ha chiamato il 112 .
    In pochi minuti, i carabinieri sono giunti sul posto e, dopo avere abbattuto la porta, hanno trovato la poveretta, cianotica, riversa in terra, in stato confusionale e con evidenti segni di violenza al collo.
    Il marito, freddo e sereno, ha consegnato ai militari il cavetto con il quale ha quasi strangolato la moglie. La donna è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Aversa e dimessa in serata. Il marito è in carcere, a Santa Maria Capua Vetere.
    Tenta di strangolare la moglie con un cavo, bloccato in extremis dai carabinieri | Il Mattino

    Napoli, 35enne incensurato ucciso in strada mentre va al lavoro, si segue la pista passionale
    di Giuseppe Crimaldi
    Alba tragica a Napoli. Ancora un omicidio in pieno giorno, stavolta siamo a due passi dalla Stazione Centrale, in via Casanova. Qui, nel cuore della notte, si è tornato a sparare e ad uccidere. Poco dopo le cinque alla centrale operativa dei carabinieri è giunta una telefonata anonima: "Correte, fate presto, qui sparano e c'è una persona a terra...".
    Nel mezzo della strada, non lontano da un incrocio sempre molto trafficato di giorno come di notte, i militari hanno trovato il corpo senza vita di un uomo di 35 nni incensurato: Giuseppe Matino è stato raggiunto da due colpi di pistola, e a terra c'era una lunga scia di sangue (oltre a due bossoli). È stato colpito a morte mentre si stava recando al lavoro in una pasticceria del lungomare: i sicari si sono affiancati con il loro scooter a quello di su cui viaggiava Matino e hanno sparato 4-5 colpi di pistola calibro 9 alcuni dei quali hanno raggiunto l'uomo al torace.
    Da quanto è emerso, l'uomo svolgeva un'attività di pony express la sera. E c'è una pista precisa seguita in queste ore dai carabinieri: è quella che porta a una vendetta legata a motivi sentimentali.
    Napoli, 35enne incensurato ucciso in strada mentre va al lavoro, si segue la pista passionale | Video | Il Mattino

    Napoletano lasciato dalla ragazza conosciuta in chat aggredisce i carabinieri a colpi di cric
    TOLENTINO - I carabinieri della Compagnia Tolentino hanno arrestato uno studente universitario di 19 anni per violenza a pubblico ufficiale. Aveva conosciuto una ragazza di Tolentino in chat. I due si sono fidanzati per un po' di tempo e poi lei l'ha lasciato. Ieri sera lui si è presentato con la mamma e il nonno sotto casa della ragazza per un chiarimento e la situazione è degenerata. Sono intervenuti i carabinieri del Nucleo radiomobile della Compagnia di Tolentino e il giovane (di origini napoletane) ha aggredito i militari con cric, finendo in manette. Oggi l'udienza di convalida dell'arresto davanti al giudice Danilo Russo e al Pm onorario Raffaela Zuccarini. Il giovane è difeso dall'avvocato Paolo Marchionni.
    Napoletano lasciato dalla ragazza conosciuta in chat aggredisce i carabinieri a colpi di cric | Il Mattino

    Acerra. «Non faccio la fila, sono armato» ed entra con lo scooter nel pronto soccorso: denunciato
    di Enrico Ferrigno
    «Ho fretta, sono armato, fatemi passare». E via a tutto gas nella sala d’aspetto con il suo scooter. É accaduto oggi ad Acerra nel pronto soccorso della Clinica dei Fiori tra una piccola folla di ammalati e familiari in attesa di essere visitati. L’uomo di 32 anni, prima di piombare con il suo “Honda SH” all’interno della struttura sanitaria, aveva minacciato medici ed infermieri.
    «Voglio andare nei reparti per farmi visitare e non voglio fare la fila» ha detto ad un attonito infermiere che ha tentato di bloccarlo mentre era ancora a piedi. «Per passare c’è bisogno di registrarsi, mi fornisca le sue generalità» hanno chiesto gli addetti del presidio. Ma lui non ha voluto sentire ragioni e ha cominciato ad inveire contro il personale della clinica. Poi è uscito nel vicino parcheggio, ha inforcato il suo scooter ed è entrato nella sala d’aspetto del pronto soccorso gridando di essere armato. Sono stati attimi di autentico terrore per coloro che erano in attesa di essere visitati e per il personale della clinica.
    L’uomo era completamente fuori di sé. Non ha mostrato la pistola, ma ha minacciato più volte di volerla utilizzare se non lo avessero fatto passare prima degli altri. Poi, quando si è reso conto che era stato richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, è fuggito via velocemente. Ma è stato rintracciato dai carabinieri della Compagnia di Castelcisterna guidati dal capitano Tommaso Angelone. Nella sua abitazione, poco lontano dalla clinica, i militari hanno trovato lo scooter ed una pistola semiautomatica giocattolo. L’uomo è stato denunciato dai carabinieri per minacce.
    «É diventata ormai una situazione insostenibile; siamo continuamente vessati, minacciati e talvolta anche picchiati. Ogni giorno quando veniamo a lavorare speriamo di tornare a casa quantomeno integri. Non ce la facciamo più a vivere in questo modo», racconta con rabbia uno dei medici che lavora al pronto soccorso.
    Tre anni fa addirittura per futili motivi di precedenza un uomo accoltellò la madre della persona con cui aveva litigato. In un anno la clinica dei Fiori registra mediamente oltre 60 mila accessi al pronto soccorso e 10 mila ricoveri d’emergenza, praticamente raddoppiati da quando è inagibile l’emergenza dell’ospedale di Frattamaggiore. «Siamo in trincea e cerchiamo di fare fronte a tutte le emergenze, ma evidentemente questo non basta per stare tranquilli”, spiega sconsolato il direttore sanitario Antonio Vetrella.
    «Non faccio la fila, sono armato» ed entra con lo scooter nel pronto soccorso: denunciato | Il Mattino

    Incubo crisi, rubano anche gli abiti destinati ai poveri
    di Gianluca Sollazzo
    Rubati gli abiti destinati ai poveri. Raffica di furti registrati negli ultimi giorni ai danni dei raccoglitori di vestiti dismessi dislocati sul territorio comunale. Sottrazioni e atti di saccheggio hanno interessato anche nel fine settimana numerosi punti di raccolta dove sono stati ritrovati abiti scartati, ritenuti probabilmente non riutilizzabili, e segni di effrazione. I danneggiamenti dei contenitori sono ormai sempre più frequenti e non è bastato il rafforzamento con sbarre e lucchetto installati un anno fa su molte attrezzature per contenere il fenomeno che è ritornato nuovamente a galla con l’avvicinarsi della stagione estiva. Atti di vero e proprio vandalismo che si accompagnano a furti di vestiti per fini umanitari si registrano a Torrione alto, nei pressi di una chiesa di Sala Abbagnano, a Mercatello, e in centro nei pressi di piazza Cavour.
    Negli ultimi giorni le denunce sono partite principalmente dai residenti che hanno segnalato strani andirivieni notturni da parte di persone che dopo alcuni sopralluoghi hanno effettuato sottrazioni di abiti. Sono 60 i contenitori installati a Salerno per raccogliere abiti dismessi sempre più nel miniro di bande criminali nell’ultimo periodo. Un fenomeno cresciuto con l’avanzare della crisi economica, mentre c’è chi lucra sul contenuto dei raccoglitori.
    Incubo crisi, rubano anche gli abiti destinati ai poveri | Il Mattino

    Ambulanze in ritardo, poi la morte. Tre indagati a Palermo
    di Simona Licando
    PALERMO. Ci sono volute tre ore all’ambulanza per soccorrere Ercole Di Giandomenico, che il 24 gennaio 2013 – giorno del suo decesso – aveva bisogno di una Tac e poi altre due ore abbondanti per trasportarlo alla Chirurgia d’urgenza del Policlinico una volta scoperto che era necessario un intervento.
    I ritardi delle ambulanze sono finiti in un’indagine della Procura avviata dopo il decesso del paziente. La prima inchiesta sui medici che lo curarono è stata archiviata, ma il pm Renza Cescon ha continuato a indagare sui tempi del soccorso. Adesso sono state chiuse le indagini a carico di tre persone che lavoravano per la Italy Emergenza cooperativa sociale, che nel 2012 vinse l’appalto per la gestione del trasporto con ambulanze al Policlinico.
    Si tratta di quelli che all’epoca dei fatti erano: legale rappresentante della società, responsabile del servizio ambulanze e una centralinista. Tutti sono indagati per omissione d’atti che dovevano essere compiuti senza ritardo, per ragioni di igiene e sanità.
    Secondo le indagini, la Italy Emergenza doveva garantire la presenza minima di cinque ambulanze principali, cinque sostitutive e due pulmini, di cui uno sostitutivo. Quel giorno, di mattina, ci sarebbero state invece solo tre ambulanze e un pulmino. Era stata richiesta un’ambulanza per una tac urgente alle 8.59, ma il mezzo arrivò alle 12.15, poi – dopo l’esito degli esami - fu richiesto il trasporto alla Chirurgia d’urgenza alle 14.30, fu disposto alle 16 ed effettivamente avvenuto solo alle 17.15.
    Ambulanze in ritardo, poi la morte. Tre indagati a Palermo - Giornale di Sicilia

    Rapinavano agli anziani, arrestata banda nel Palermitano
    PALERMO. Alle prime luci dell’alba, i Carabinieri della Compagnia di Carini hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo, nei confronti di altrettanti soggetti responsabili a vario titolo di: rapine aggravate in danno di anziani e furti.
    Le risultanze investigative hanno fatto luce su una vera e propria banda criminale, senza scrupolo alcuno, che sorprendeva gli inermi anziani nel cuore della notte. Contestate tre efferate rapine compiute tra novembre del 2015 e marzo del 2016 nel comprensorio carinese.
    Nel corso delle indagini i carabinieri sono riusciti a ricostruire un’altra rapina in abitazione commessa da alcuni degli indagati il 18 marzo 2016, ai danni di un’anziana donna di Villagrazia di Carini.
    In quella circostanza la vittima era stata sorpresa in casa dai malviventi mentre stava guardando la televisione nella sua camera da letto, che l’avevano assalita e bloccata con violenza, derubandola di alcuni oggetti preziosi che la donna aveva nella sua disponibilità e strappandole anche la collana che la stessa indossava. L’efferatezza dei malviventi si sarebbe nuovamente manifestata con la commissione di un altro “colpo”, che gli stessi stavano pianificando ai danni di un commerciante di prodotti ortofrutticoli di Palermo e che gli investigatori sono riusciti fortunatamente ad evitare.
    Rapinavano agli anziani, arrestata banda nel Palermitano - Foto - Giornale di Sicilia

    Similia cum similibus.....

    Vigili bloccano abusivi, la gente difende gli stranieri
    Avellino - I vigili tentano di sequestrare la merce di contrabbando di un ambulante extracomunitario senza permesso, nasce un parapiglia e il giovane riesce ad allontanarsi. Teatro dell’episodio, l’area mercato antistante lo stadio «Partenio». I presenti, anche i clienti italiani delle bancarelle, difendono gli extracomunitari e i vigili urbani devono quasi giustificarsi di aver svolto il proprio dovere.
    Vigili bloccano gli abusivi, la gente difende gli stranieri | Il Mattino



    Giudice indagato a Salerno, perquisizioni avviate dai pm napoletani. Una decina di persone coinvolte
    di Leandro Del Gaudio
    NAPOLI - Blitz della Procura di Napoli nella casa del giudice salernitano, Mario Pagano. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Alfonso d'Avino ha avviato le perquisizioni anche in commissione tributaria di Salerno, in una inchiesta che punta a verificare l'esistenza di un gruppo di potere organizzato per condizionare lo svolgimento di processi in cambio di regali e altre utilità. Coinvolti anche alcuni avvocati.
    Il magistrato indagato è Mario Pagano che era in servizio presso il Tribunale civile di Salerno prima di trasferirsi a Potenza dove riveste la carica di presidente di sezione civile. Tra i reati ipotizzati a suo carico vi è quello di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, abuso d'ufficio, millantato credito, traffico di influenze illecite e accesso abusivo nel sistema informatico.
    Secondo le ipotesi accusatorie il magistrato avrebbe raccolto segnalazioni in riferimento a procedimenti in corso davanti ad uffici giudiziari del Tribunale di Salerno e presso la Commissione tributaria. A quanto si è appreso le indagini condotte dai pm di Napoli Celeste Carrano e Ida Frongillo, e coordinata dal procuratore aggiunto Alfonso D'Avino, è scaturita da intercettazioni telefoniche nel corso delle quali sarebbero emerse segnalazioni e raccomandazioni relative a procedimenti giudiziari.
    Blitz della procura nella casa di un giudice. L'accusa: «Processi in cambio di regali» | Il Mattino

    Commercianti vittime due volte della camorra: sotto usura per pagare il pizzo
    NAPOLI - Erano vittime della camorra due volte, perché per pagare il pizzo erano costretti anche a rivolgersi agli usurai. Dello stesso clan. É quanto ha scoperto la Polizia a Portici dove gli investigatori del commissariato hanno fatto luce sulle attività di estorsione e usura di quattro pregiudicati ritenuti legati al clan Vollaro, uno dei quali cognato del boss, ai danni di due commercianti.
    Tra le vittime dei quattro - due dei quali «specializzati» in tangenti e gli altri due nell'usura - figurano il gestore di un'autorimessa (nella morsa del camorra dal dicembre del 2008) e un commerciante di abbigliamento (pressato dal clan dall'aprile del 2009 al maggio del 2010). In carcere, però, è finito solo Ferdinando Tassone, 52 anni, l'unico ancora in libertà. Gli altri tre, infatti, - Mattia Iannaccone, 28 anni; Giovanni Spina, 46 anni (cognato del capoclan Raffaele Vollaro, detenuto per estorsione) e Marco Claudio Terminiello, 27 anni - sono già in cella. Tassone è stato rintracciato dai poliziotti del commissariato di Portici-Ercolano nella sua abitazione e portato nel carcere napoletano di Poggioreale dove si trovano anche gli altri tre pregiudicati.
    Commercianti vittime due volte della camorra: sotto usura per pagare il pizzo | Il Mattino

    Sud est, Fiorillo indagato per gli sprechi milionari
    di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
    BARI - Ci sono i 272 milioni spesi in esternalizzazioni, consulenze ed incarichi legali. Ma c’è anche un miliardo di euro di investimenti effettuati in un decennio: una montagna di denaro in cui si nascondono alcuni progettisti d’oro. È il nuovo capitolo del disastro delle Ferrovie Sud-Est, quello su cui si sta concentrando in questi giorni il lavoro del commissario Andrea Viero e dei vice Domenico Mariani e Angelo Mautone. Un nuovo approfondimento che sta facendo emergere altre scoperte sorprendenti: incarichi milionari a dipendenti ed ex dipendenti.
    Il recordman assoluto è Vito Antonio Prato, l’ingegnere da 52 milioni di euro tra progetti e direzione lavori, ribattezzato non a caso il Messi del Salento. Ma non deve essersela passata male l’ex dirigente degli investimenti, Francesco Paolo Angiulli, che in un decennio risulta aver percepito compensi come assistente al Rup per 7,8 milioni. Angiulli è l’uomo che affidava consulenze all’ex numero uno di Sud-Est, Luigi Fiorillo, che ha portato a casa 13,7 milioni in un decennio nonostante uno stipendio «ufficiale» da 40mila euro lordi l’anno. Poco più sotto si piazza l’ex direttore generale delle Sud-Est, l’avvocato Nicola Aversano, che ha percepito 5,4 milioni di euro come collaudatore.
    L’approfondimento avviato da Viero mira a verificare se le procedure per l’assegnazione di questi incarichi siano state legittime. Nell’elenco non ci sono certo solo Angiulli e Aversano, ma anche tanti nomi legati alla politica (vedi l’ex senatore salentino Francesco Chirilli) e moltissimi dirigenti o ex dirigenti della Regione che in linea di principio avrebero dovuto vigilare sugli appalti delle Sud-Est.
    La Procura di Bari ha aperto un fascicolo sulla relazione di Viero, iscrivendo nel registro degli indagati sia Fiorillo che l’avvocato romano Angelo Schiano, quello dei 27 milioni di parcelle. Ma al tema degli appalti si sono già interessati i magistrati di Firenze nell’inchiesta Grandi Opere, che ruota intorno all’ex ras del ministero delle Infrastrutture, Ercole Incalza: un fascicolo in cui è coinvolto pure Fiorillo, accusato di turbativa d’asta proprio in relazione ad alcuni incarichi di progettazione.
    Nelle intercettazioni eseguite dal Ros si parla, del resto, proprio di Angiulli (che non è indagato), a testimonianza di quali erano gli appetiti intorno alle Sud-Est. Il tema è il progetto dell’elettrificazione della rete, avviato ma non ancora completato: le indagini fiorentine hanno documentato l’esistenza di una lobby che premeva sul ministero delle Infrastrutture (all’epoca guidato da Maurizio Lupi, poi costretto a lasciare proprio per via di quella indagine) con l’obiettivo di ottenere i finanziamenti per lo stralcio salentino (i soldi arriveranno poi con un emendamento allo Sblocca Italia, un po’ come emerso a Potenza per il caso della Total).
    Il 19 giugno 2014 i carabinieri registrano Angelantonio Pica che parla Salvatore Adorisio, i titolari dela Gsf, la società che secondo l’accusa aveva ottenuto appalti in Sud-Est in cambio di tangenti a Incalza e al suo braccio destro Sandro Pacella: «Ho sentito Francesco (Angiulli, ndr) per quelle cose. Lui ha detto che ieri sono stati al Ministero ma per quell'altra cosa cioè il finanziamento eventuale dell'elettrificazione di tutta quella parte salentina delle Sud-Est. Hanno parlato con il sottosegretario De Caro e poi da De Caro hanno fatto chiamare Ercole Incalza il quale stamattina si è reincazzato con Sandro (Pacella, ndr) e gli ha detto: “Questi sono proprio stronzi, non hanno capito niente, non devono andare da De Caro e fare chiamare me. Devono venire da me e poi eventualmente io li accompagno da De Caro».
    Sud est, Fiorillo indagato per gli sprechi milionari - home - La Gazzetta del Mezzogiorno

    Lady camorra, caffè ai killer prima dell'omicidio. Il boss: «Mi chiamano Allah»
    di ​Giuseppe Crimaldi
    Caffè e brioche nella casa del boss prima di andare ad uccidere un uomo. Alle sette di mattina del 29 marzo il destino di Pasquale Izzi - pregiudicato in permesso premio che dopo alcuni giorni di libertà vigilata si apprestava a rientrare nel carcere di Avellino - era già compiuto. Il suo omicidio era stato pianificato da giorni, e a decretarlo era stato Carlo Lo Russo, il reggente del clan dei Capitoni di Miano. E quella mattina «zio Carlo», come lo chiamano in segno di deferenza e rispetto i giovanissimi killer che si sono offerti di premere il grilletto, assisterà in compagnia della moglie all'esecuzione in diretta, per poi - più tardi - compiacersi con uno dei sicari dicendogli: «Dieci botte (colpi, ndr) in faccia. Ma come hai fatto?».
    Cartoline dall'inferno della camorra nera che a Napoli continua a tenere sotto scacco interi quartieri. A poco più di due settimane da quei fatti polizia e carabinieri hanno chiuso il cerchio delle indagini arrestando quattro persone: il 49enne Carlo Lo Russo, considerato il mandante del delitto, sua moglie Anna Serino, di 46, Luigi Cutarelli, di 21 anni, indicato come esecutore materiale, e Mariano Torre, 28enne, accusato di aver affiancato il sicario e di aver contribuito a localizzare Izzi che usciva di casa per salire a bordo di un'auto.Dalle carte dell'ordinanza firmata dal gip Francesca Ferri emerge uno spaccato inquietante che è poi anche un affresco drammatico del degrado targato camorra. Le indagini coordinate dai pm della Direzione antimafia Enrica Parascandolo e Henry John Woodcock hanno messo in luce ogni particolare dell'omicidio. A cominciare dal movente: il 55enne Izzi fu ucciso perché era «antipatico» a Lo Russo. Antipatico: proprio così dice il boss spiegando che la presenza seppur saltuaria di quel pregiudicato mai visto di buon occhio dai suoi, anche perché legato a soggetti vicini a un gruppo rivale. E così la mattina del 29 marzo da un lato il capoclan impartisce i suoi ultimi ordini ai sicari, mentre sua moglie - come una perfetta «lady camorra» - prepara loro la colazione prima di incitarli a compiere la missione di morte.
    «Anna Serino - scrive il gip - non è una mera spettatrice, non si limita a condividere la decisione dell'omicidio. Fa di più: partecipa alla fase organizzativa e si impegna, quando i killer stanno per entrare in azione, a tenere lontane da casa la madre e la donna delle pulizie per paura che vedano qualcosa e possano spaventarsi.Una sequenza di orrori e follie. L'esecuzione è un «regalo» che il giovanissimo Cutarelli - detto «Kamikaze» - fa a Carlo Lo Russo sottolineando e vantandosi di essere pronto a «fare ogni cosa per lui, pure di farmi esplodere». Non a caso il 21enne si fa chiamare «Kamikaze».
    Dalle registrazioni acquisite emerge un altro inquietante particolare: conversando con la moglie il boss si esalta: «Quello (Cutarelli, ndr) a me mi chiama Allah, e per me lui è l'Isis!». Passaggio, questo, che non sfugge al gip, che sottolinea: «Per gli indagati l'unica cosa che conta è l'obiettivo, da colpire a ogni costo. Come i kamikaze al servizio dell'Isis, si uccide senza preoccuparsi della vita e del dolore».A inchiodare i quattro sono le intercettazioni ambientali che registrano tutto in presa diretta, compresi i momenti immediatamente precedenti e successivi all'uccisione di Izzi. «Gli ho dato dieci botte in faccia - ripeterà poco dopo aver massacrato la vittima il giovanissimo killer - E poi sono tornato indietro per dargliene altri due, la mazzetta (cioè il colpo di grazia, ndr). Dialoghi agghiaccianti avvenuti nell'abitazione di via Janfolla di Lo Russo.
    Lady camorra, caffè ai killer prima dell'omicidio. Il boss: «Mi chiamano Allah» | Il Mattino

    Fabbricava permessi di soggiorno, commercialista in manette
    MASSIMILIANO PEGGIO
    TORINO
    Ha trasformato la sua attività di commercialista in una fabbrica di permessi di soggiorno, ottenute creando sulla carta assunzioni fittizie e falsi datori di lavoro, in cambio di 3 mila euro per ogni pratica.
    Con l’accusa di falso ideologico indotto in atto pubblico e di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Torino, con i colleghi del comando provinciale hanno arrestato Vincenzo Romeo, un 73enne commercialista torinese, finito ai domiciliari su ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip Alfredo Toppino.
    Fabbricava permessi di soggiorno, commercialista in manette - La Stampa

    Diffusione del cognome ROMEO - Mappe dei Cognomi Italiani

    Diffusione del cognome TOPPINO - Mappa dei Cognomi

    Catania, genitori vendono la figlia 12enne ai pedofili
    Gli orchi pedofili sono lo zio e un amico di famiglia
    Anna Rossi
    Facevano prostituire la figlia minorenne con un amico di famiglia e uno zio per ottenere in cambio buste piene di prodotti alimentari.
    Il contesto economico e sociale in cui versa una famiglia della periferia di Catania è di degrado. I genitori della piccola sono senza lavoro e grazie all'aiuto di un amico di famiglia e allo zio riescono ad andare avanti. Ma dietro a questi aiuti, c'è dell'altro. C'è la prostituzione della figlia di dodici anni. L'accusa sostiene che i genitori, non avendo nulla con cui ringraziare i due uomini, davano in pasto la figlia ai due orchi.
    Da oltre un anno, infatti, i due "aiutanti" intrattenevano rapporti sessuali con la dodicenne. La piccola veniva spinta dai genitori che spesso offrivano la stanzetta della figlia come luogo per consumare gli abusi. La ragazzina veniva incoraggiata dai due orchi con ricariche telefoniche.
    I carabinieri hanno scoperto questa assurda storia grazie alla denuncia di un parente della famiglia. La donna avrebbe trovato sul cellulare della dodicenne messaggi a sfondo erotico e dopo una serie di indagini avrebbe scoperto chi erano i mittenti.
    Catania, genitori vendono la figlia 12enne ai pedofili in cambio di cibo - IlGiornale.it

 

 
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