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    Ghibellino
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    Predefinito L'Unione economica eurasiatica e la sua rilevanza internazionale



    Il 18 novembre 2011, i presidenti di Russia, Bielorussia e Kazakhstan firmavano la Dichiarazione d’integrazione economica eurasiatica, e il 29 maggio 2012 a Astana, al vertice dei capi degli Stati membri dell’Unione doganale, veniva approvato il programma per l’elaborazione del progetto del Trattato dell’Unione economica eurasiatica. Nell’aprile 2014, il progetto di trattato sarà presentato per l’approvazione alla sessione della Commissione Economica Eurasiatica (CEE) del Consiglio. La fase finale della creazione della nuova unione economica sarà la firma del Trattato, nel maggio 2014, dei presidenti degli Stati membri della nuova Unione. Nella seconda metà del 2014, il trattato sulla creazione dell’Unione economica eurasiatica deve essere ratificato dai parlamenti degli Stati aderenti al trattato, e il 1° gennaio 2015 entrerà in vigore…
    Attualmente, esperti dei tre Paesi lavorano duramente per eliminare tutti gli ostacoli alla libera circolazione di beni, servizi, capitali e manodopera tra i Paesi membri dell’Unione e trasformare completamente lo spazio doganale unico in uno spazio economico unico. Il concetto di politica agro-industriale coordinata e di spazio economico unico degli Stati membri dell’Unione doganale, è già stata approvata. Sono state determinate le misure per la creazione e lo sviluppo di un sistema informativo integrato per il commercio interno ed estero dell’Unione doganale. Un accordo di cooperazione informativa nella Statistica è stato firmato. Il massimo organo di governo della Unione economica eurasiatica sarà il Consiglio Supremo, composto dai capi di Stato dei Paesi membri dell’Unione. Il Consiglio Supremo si riunirà almeno due volte l’anno. Un altro organo di governo della nuova unione economica sarà il Consiglio dell’Unione, composto dai primi ministri di Bielorussia, Kazakhstan e Russia. Le riunioni del Consiglio, che tratteranno una vasta gamma di questioni socio-economiche, si terranno quattro volte l’anno. Le questioni relative alla revoca o modifica degli atti della CEE, potranno essere considerate anche in occasione delle riunioni del consiglio, ma la Commissione stessa sarà il corpo unico regolamentare costantemente attivo, le cui funzioni comprendono l’attuazione degli atti in forma di delibere, decreti e raccomandazioni riguardanti le attività dell’Unione.
    L’organo parlamentare dell’Unione economica eurasiatica sarà l’Assemblea interparlamentare eurasiatica. Sarà un organo unicamerale che gestirà il fondamento giuridico dell’opratività dell’Unione. L’Assemblea sarà composta da membri scelti tra le camere dei parlamenti di Bielorussia, Kazakistan e Russia. Ogni membro dell’Assemblea avrà un voto. Le sessioni dell’Assemblea si terranno una volta l’anno a San Pietroburgo. L’ideologia della futura Unione economica eurasiatica prevede la parità di voti in caso di decisioni, distinguendo la nuova Unione dall’Unione europea, in cui le decisioni vengono prese in conformità alle quote, e il blocco delle azioni è detenuto da alcuni Paesi leader della ‘vecchia Europa’ che, di regola, tengono lontani dal processo decisionale gli elementi ‘recenti’ o ‘inattendibili’ della struttura dell’Unione europea, come Grecia o Portogallo.
    La trasformazione dell’unione doganale in Unione economica eurasiatica, così come i piani di Kirghizistan ed Armenia di far parte della ‘trojka’ doganale, rende il futuro dell’integrazione particolarmente significativo dal punto di vista internazionale. La nuova Unione, che occupa il territorio al centro del Vecchio Mondo, in futuro diventerà il principale collegamento tra il sud-est industriale del continente eurasiatico e la penisola occidentale dell’Eurasia, l’Europa. I tiranti d’acciaio dell’Eurasia, sotto forma delle due linee ferroviarie che dalla Cina attraversano i territori della Russia e della Turchia verso l’Europa, saranno completati da una serie di oleodotti tra Russia, Cina e Corea del Sud e di gasdotti tra i Paesi dell’Asia centrale e Cina, Pakistan e India, e tra Iran, Afghanistan e Pakistan. Tutti questi progetti richiederanno investimenti di miliardi di dollari e, naturalmente, una situazione politica stabile. È per questo che gli Stati maggiori dell’Eurasia sono fondamentalmente contrari ai tentativi delle potenze extracontinentali di vedere il continente come una sorta di ‘Grande Scacchiera’. Una testimonianza del fatto che il progetto di Unione economica eurasiatica diventa attraente per molti Paesi eurasiatici è la dichiarazione della presidentessa sudcoreana Park Geun-Hye, in cui ha suggerito di attuare l’idea della Grande Via della Seta in modo nuovo, unendo strade e ferrovie di Corea del Sud, Corea del Nord e Cina, continuandole in Russia e negli Stati dell’Asia centrale per infine, raggiungere l’Europa. “La creazione della una nuova Eurasia non è semplicemente un sogno. Si tratta di un obiettivo che può essere raggiunto. Una nuova Eurasia fornirà un nuovo afflusso di investimenti e posti di lavoro. E’ essenziale trasformare ancora una volta l’Eurasia in un continente veramente unito, aprendo così una nuova era”, ha dichiarato Park Geun-Hye. Agli occhi della presidentessa della Repubblica di Corea, una rete di trasporto unita deve essere creata nel continente, una “La Via della seta express” che collegherà Corea del Sud e del Nord, Cina, Russia e Asia centrale. E’ anche possibile, secondo il parere della presidentessa della Corea del Sud, poi unire le reti energetiche di questi Paesi. E soprattutto vale la pena notare che oggi, a Seul e in altre capitali eurasiatiche, l’Eurasia è vista come il continente del mondo.La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


    Aurora
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  2. #2
    Ghibellino
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    Predefinito Re: L'Unione economica eurasiatica e la sua rilevanza internazionale

    L'Unione economico-politica eurasiatica sarebbe una grandissima opportunità anche per l'Italia, peccato che nel nostro paese non esista una sola forza politica e manageriale di questa tendenza. Ah se ci fosse ancora Enrico Mattei.
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  3. #3
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    Predefinito Re: L'Unione economica eurasiatica e la sua rilevanza internazionale




    Sono 28 gli accordi commerciali che vengono firmati a Trieste nell'ambito del forum Italia-Russia e del concomitante vertice bilaterale. Tra gli accordi, divisi tra finanza, energia e industria, figurano quelli tra Enel e Rosneft, Eni sempre con Rosneft e con Novatek, e Poste-Selex con le Poste russe. Tra le altre aziende coinvolte anche Mediobanca, Fincantieri e Pirelli.

    «Ventotto accordi nella giornata di oggi: sono il miglior segno e la dimostrazione del successo di questo vertice e di un'ottima cooperazione in campo economico e sociale, migliore dimostrazione del tanto lavoro che abbiamo da svolgere insieme», ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta, che ha aperto la conferenza stampa al termine del vertice.

    Putin e Belrusconi. Tra l'Italia e la Russia «si sono create nuove ed avanzate relazioni in tutti i campi di cooperazione che hanno un carattere che va oltre i partiti»: così il presidente russo Vladimir Putin ha risposto ad una domanda sulla vicenda Berlusconi. Con Berlusconi, ha aggiunto Putin, «ho rapporti buoni e amichevoli, forgiati negli anni che non cambieranno». Il Cavaliere «ha fatto molto per lo sviluppo dei rapporti tra Italia e Russia», ha detto Putin durante la conferenza stampa. «Non è un segreto, tra me e Silvio Berlusconi ci sono buoni rapporti, rapporti amichevoli forgiati in diversi anni che non cambieranno», ha inoltre detto il presidente russo Vladimir Putin che ha incontrato Silvio Berlusconi a Roma ieri sera, dopo i suoi appuntamenti istituzionali.

    Il summit. Il bilaterale tra il premier Enrico Letta e il presidente russo Vladimir Putin che dà il via al vertice italo-russo è iniziato con forte ritardo. L'inizio del summit, inizialmente in agenda per le 11.20, registra circa due ore di ritardo per l'arrivo posticipato da Roma a Trieste di Putin e della delegazione dei ministri russi da Mosca. Già ieri Putin aveva fatto attendere per circa un'ora il Papa che lo attendeva per un incontro in Vaticano. Il vertice ha un'agenda fitta di temi, da quelli politici e internazionali a quelli culturali con l'economia sempre in primo piano. A latere dell'incontro Letta-Putin sono in corso i bilaterali tra le delegazioni dei ministri dei due paesi, in un lavoro che porterà alla firma di 7 accordi governativi, più un protocollo culturale e 20 intese commerciali.

    Nell'ambito della finanza gli accordi riguardano Poste Italiane-Selex-Poste russe, Unicredit-Simest-Finest con Zao Unicredit Bank, Mediobanca con Veb, CO.MO.I sempre con Veb, Ubi Banca con Transcapital bank, Fondo strategico italiano con il Russian direct investment Fund e Sace con Veb. In ambito energia gli accordi sono tra Enel e Rosneft, due intese tra Eni e la stessa Rosneft, Eni e Novatek, Prysmian-Rosseti-Russian Grids, Cesi e Rosseti-Russian Grids, Tesmec con Rosseti-Russian Grids, Engineering con Trasmashenergo, Eni e Centro per l'innovazione di Skolkovo. Per quanto riguarda l'industria, infine, gli accordi sono tra Fincantieri e Krylov state research center, Pirelli con Rosneft e Rostek, Inalca con l'amministrazione regionale di Orenburg, Istituto italiano di tecnologia e il Centro per l'innovazione di Skolkovo ed Engineering con Cis Tokom.

    Letta. «Il Governo opera da meno di sette mesi e il fatto di aver riannodato subito il filo del lavoro comune tra i nostri governi lo ascrivo ai risultati positivi» raggiunti dall'esecutivo, ha detto il premier Letta nella conferenza stampa a Trieste con il presidente russo Vladimir Putin. Il presidente del Consiglio ha parlato di ottima cooperazione in campo economico e sociale, la «migliore dimostrazione del tanto lavoro da svolgere insieme». La presidenza italiana dell'Ue l'anno prossimo punta a «rafforzare il partenariato politico ed economico con la Russia» e al dialogo sui «diritti fondamentali, particolarmente sentiti dalle nostre società civili», ha aggiunto Letta.

    Vertice Italia-Russia, Putin: «Berlusconi? I nostri rapporti non cambieranno» - Il Messaggero
    Ultima modifica di Gianky; 27-11-13 alle 11:16
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    Predefinito Re: L'Unione economica eurasiatica e la sua rilevanza internazionale

    In Armenia, la mancata firma dell’accordo con l’Unione Europea e la conseguente scelta di intavolare trattative per l’ingresso nell’Unione Eurasiatica ha suscitato un dibattito interno che divide fortemente l’opinione pubblica e gli specialisti di geopolitica e relazioni internazionali. Dopo aver pubblicato il commento dell’analista Stepan Grigoryan, molto polemico nei confronti dell’attuale dirigenza armena e della sua apertura verso l’Unione Eurasiatica, presentiamo ai lettori il parere di segno opposto di Artem Chačaturjan, direttore del portale analitico www.n-idea.am, che legge positivamente la scelta in favore dell’Unione Eurasiatica e critica invece le modalità con cui sono avvenute le trattative con l’UE.

    Il rifiuto dell’Armenia di avviare un processo di integrazione con l’Unione Europea ha colto di sorpresa tanto le burocrazie quanto i centri della geopolitica mondiale. Per interpretare questa decisione sono state avanzate innumerevoli ipotesi, opinioni, illazioni e supposizioni d’ogni sorta, soprattutto in Europa. Da Armeno, credo vi sia un problema di fondo che illumina la situazione venutasi a creare. L’impressione è che in Europa non si abbia reale cognizione di cosa sia veramente l’Armenia. Si potrebbero addurre centinaia di esempi a sostegno di questo fatto: ne vorrei enumerare alcuni nel corso di un’analisi sulle cause del rifiuto armeno (che tuttavia a parole viene bilanciato dall’eventualità di una “scelta europea” in futuro, il che è già abbastanza risibile), al fine di comprendere se si tratti di un processo inesorabile dovuto a circostanze oggettive, ma soprattutto a chi si debba attribuire la responsabilità della perdita dell’Armenia da parte dell’Europa. Cominciando proprio da quest’ultimo punto, ritengo che si possa dire che la colpa è dell’Europa stessa: il processo di integrazione dell’Armenia è stato infatti avviato dall’UE nell’ambito della piattaforma del cosiddetto “Partenariato orientale” ed è partito male sin dall’inizio.
    Il primo aspetto da sottolineare è che le trattative, che si sono basate dall’inizio alla fine su un fariseismo ipocrita, erano destinate all’insuccesso già dal principio. Anzi, si potrebbe giudicare “farisaica” l’idea stessa di portare l’Armenia in Europa. Che cosa veniva detto infatti agli Armeni, quando si proponeva loro di siglare il cosiddetto DCFTA (Deep and Comprehensive Free Trade Area), un accordo onnicomprensivo sul libero scambio che imponeva di non partecipare ad altri progetti di integrazione economica? Si diceva agli Armeni che il loro Paese avrebbe ottenuto stimoli per la crescita economica, creazione di nuovi posti di lavoro, liberalizzazione del commercio con l’UE, e che sul piano politico sarebbero arrivati tempi miracolosi, segnati dal miglioramento delle istituzioni pubbliche, dalla vittoria della democrazia e via dicendo. Tuttavia, il modo di attrarre a sé l’Armenia da parte dell’UE è stato talmente confuso, maldestro, aggressivo e incompetente da suscitare presso la popolazione locale un autentico irrigidimento e provocare seri sospetti sulla bontà dell’iniziativa. Innanzitutto, ogni Armeno di media cultura ha capito che il nostro Paese, con una popolazione di poco oltre tre milioni di abitanti che vivono in larga maggioranza ben al di sotto delle condizioni da ceto medio, non poteva certo rappresentare per l’Europa un interesse significativo come mercato di sbocco per le merci (a differenza per esempio dell’Ucraina, che ha una popolazione di 45 milioni di abitanti con un maggior potere d’acquisto). In secondo luogo, è evidente che la produzione locale armena (ad eccezione forse della frutta e dell’acqua) non avrebbe a sua volta mai potuto penetrare nei mercati dei Paesi europei; infine, che i prodotti armeni esportati in Russia e in altri Paesi CSI godono invece di nicchie di mercato anche in assenza di accordi specifici che incentivino il commercio. Sulla base di queste tre inferenze logiche, l’Armeno medio giunge alla conclusione che c’è qualcosa che non torna. Dov’è la verità?
    La verità è che l’iniziativa del Partenariato orientale di stipulare accordi di cooperazione e libero scambio con tutta una serie di Repubbliche ex sovietiche risponde a un progetto geopolitico avente uno scopo ben preciso: ostacolare il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin nel suo lavoro di ricomposizione dello spazio post-sovietico. Ciò significa che l’Armenia come tale, che non rappresenta interesse economico alcuno per l’Unione Europea, viene vista in Occidente come uno strumento di contrapposizione alla nascita di un nuovo polo guidato dalla Russia. Se intesa come strumento geopolitico, l’Armenia ha ovviamente un valore e un significato importantissimi. Questa è la chiave di lettura per spiegare l’impegno della burocrazia europea per l’ingresso dell’Armenia. Ciò significa anche che preesisteva un presupposto oggettivo per il fallimento dell’iniziativa, e la responsabilità del fallimento ricade su coloro che in Europa hanno lavorato in vista di questo fine.
    Un secondo presupposto oggettivo di tale fallimento riguarda la sfera culturale. Gli Armeni appartengono alla civiltà cristiano-orientale: il processo di inserimento di un popolo dell’Oriente cristiano in Occidente appare innanzitutto irrealistico, in quanto creerebbe una nazione divisa che l’Occidente stesso non vorrebbe più accogliere, ed è quindi gravido di conflitti che mettono a rischio le strutture stesse dello Stato armeno. L’unico vantaggio sarebbe in termini geopolitici, ma si tratterebbe d’un vantaggio chiaramente a favore dell’Occidente. Un esempio eloquente è il caso della Georgia. Il risultato tangibile dell’integrazione in Europa, o per essere più precisi dei tentativi di integrazione in Europa, è stato di fatto la decurtazione del territorio georgiano. Mi è difficile capire quale utilità abbiano ricavato gli Stati Uniti imprimendo una netta impronta antirussa al corso della politica estera georgiana, mentre sono al contrario evidenti le perdite territoriali della Georgia. La domanda che le élite georgiane dovevano porsi è se davvero valeva la pena assumere un atteggiamento antirusso per 20 anni e staccarsi dall’orbita di civiltà di cui fa parte la loro stessa patria per tentare di inserirsi senza successo in un’altra. Il caso della Georgia costituisce in questo senso un precedente che tutte le nazioni dell’Oriente cristiano – in primo luogo l’Armenia, l’Ucraina e la Moldavia – dovrebbero tenere bene a mente per il futuro. Sulla base dei due elementi qui presi in esame, sembra si possa già pronunciare un giudizio molto netto: l’Unione Europea e gli USA hanno avviato un progetto geopolitico allo scopo di contrastare l’ascesa del rivale russo, ignorando completamente i fattori culturali e tutte le conseguenze che potevano derivarne. In questo quadro generale, è possibile individuare altri elementi che costituiscono ostacoli insormontabili per l’integrazione europea dell’Armenia.
    L’atteggiamento miope dell’Occidente dal momento in cui sono iniziate le infruttuose trattative per l’accordo di associazione con l’UE si è palesato in una totale ignoranza della coscienza civile dell’Armenia. Parlo non di “opinione pubblica”, ma proprio di coscienza civile, cioè di quella componente morale e spirituale che accompagna il processo storico di una nazione. Uno studio serio sulla coscienza civile degli Armeni avrebbe infatti palesato che questo popolo è in grado di sopportare di tutto: l’occupazione, la deportazione e ogni genere di sofferenza, ma certamente non l’imposizione di quei “nuovi” valori europei che suscitano invece una netta disapprovazione, come ad esempio la promozione pubblica dell’omosessualità, i matrimoni e le adozioni di bambini per coppie dello stesso sesso, i gay pride e via dicendo. Se si conducesse un’analisi sondaggistica senza pregiudizi, ci si convincerebbe facilmente che in qualsiasi referendum gli Armeni avrebbero votato contro l’ingresso nell’UE se una delle condizioni fosse stata la promozione pubblica dell’omosessualità. Quando affermo che gli Europei hanno lavorato in modo maldestro, mi riferisco anche a questi aspetti: la popolazione armena, ricevendo informazioni sui tentativi di promuovere il culto della sodomia in Moldavia, in Ucraina e in Georgia, ha provato repulsione pensando che simili politiche potessero un giorno essere imposte in Armenia.
    Un’altra miopia politica dell’Unione Europea si è palesata nella scarsa consapevolezza del livello reale di sovranità dello Stato armeno e dell’assenza di politica estera. La politica estera dell’Armenia somiglia a una barca a vela nell’oceano, che va dove la porta il vento. Gli Statunitensi e gli Europei hanno creduto che riuscendo a insediare una base militare nel centro di Ereven sotto forma di un’Ambasciata, dove magari far stazionare 800 Marines, sarebbero stati in grado di fare tutto, ivi compresa la totale indipendenza dalla Russia. Ma oltre alla sfera del potere, che certamente soffre di un deficit di legittimità interna ed estera, in Armenia esiste anche una società, il cui punto di vista non può essere del tutto ignorato in determinate circostanze. La terza miopia politica, collegata a quanto esposto finora, è stata la sottovalutazione del fattore russo. Già una volta gli Stati Uniti si sono infiammati su questo punto, dando mandato a Saakašvili di invadere la capitale osseta Cxinvali e presumendo che la Russia non avrebbe reagito. Quale sia stata invece la reazione russa è noto a tutti. Credo quindi che sarebbe stato opportuno coinvolgere anche la Russia nelle trattative sull’Accordo di associazione con l’Armenia, perché in ogni caso vi sarebbe stata assai più chiarezza di quanto vediamo oggi.
    In definitiva, dopo tre anni e mezzo di duro lavoro, una grande quantità di viaggi, dispendio di risorse e festeggiamenti anticipati, alla fine tutto si è concluso nel nulla (per l’Europa, sia chiaro; perché l’Armenia ha iniziato il processo di integrazione eurasiatica con il conseguente ingresso in un polo geopolitico guidato dalla Russia). In questo breve articolo ho cercato di illustrare le cause di tale fallimento. Per il futuro, credo che le relazioni tra Armenia e Unione Europea debbano fondarsi su tutt’altri presupposti, escludendo finalità geopolitiche e usando altri strumenti di dialogo. In caso contrario, c’è il rischio che nel giro di pochi anni la sola parola “Europa” ingeneri in Armenia non soltanto ostilità, ma un senso di nausea e disgusto.


    Perché l?Armenia preferisce l?Unione Eurasiatica all?Unione Europea | geopolitica-rivista.org
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    Predefinito Re: L'Unione economica eurasiatica e la sua rilevanza internazionale

    L’Unione Economica Euroasiatica (EEU) – Un anno dopo – risultati e prospettive

    Articoli 10 marzo 2016 0

    L’EEU è un’organizzazione internazionale per l’integrazione economica regionale nata ufficialmente il 1 Gennaio 2015 tra Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia (2 Gennaio) ed infine Kirghistan (Agosto), cinque nazioni, circa 180 milioni di persone, un settimo delle terre emerse e un PIL quasi un decimo di quello dell’UE e un quinto di quello della Cina. Ha quindi un’importanza a livello regionale (con notevoli potenzialità di sviluppo ad esempio nei settori dell’energia, agricoltura e infrastrutture), prevede la libera circolazione di beni, servizi, capitali e lavoro e mira a una politica singola armonizzata e coordinata nei settori previsti dal Trattato ed accordi internazionali tra i Paesi dell’Unione. Precedentemente c’erano state nell’area delle zone di libero scambio ed esisteva la Comunità Economica dell’Eurasia che aveva come membri la Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghistan e Tajikistan, mentre l’Armenia, Moldavia e Ucraina erano osservatori. Le prospettive avrebbero potuto essere buone: ancora prima della creazione dell’Unione, il processo di integrazione regionale registrava effetti positivi, ad esempio una crescita del commercio della Russia con l’Armenia del 64% durante gli ultimi 3 anni esercizi, 15% con la Bielorussia, 39% con il Kazakistan e 31% con il Kirghistan. L’Unione stessa ha registrato degli effetti positivi: il volume di investimenti dalla Comunità di Stati Indipendenti e dalla Russia in Kirghistan è cresciuto rispettivamente di 2,8 e 7,4 volte da Gennaio a Giugno 2015.
    A poco più di un anno dal suo varo l’EEU ha subito dei contraccolpi dovuti alla recessione russa (circa i tre quarti del peso economico dell’Unione) e la conseguente diminuzione delle rimesse dei lavoratori dei paesi limitrofi ai loro paesi (ad esempio per l’Armenia un calo del 52% nel Gennaio-Aprile 2015 su base annuale), alla crisi del rublo che ha determinato un aumento relativo della competitività dei prodotti russi rispetto a quelli degli altri paesi, già a partire dal 2014, e al crollo del prezzo del petrolio (la Russia ricava i tre quarti delle sue esportazioni dalle materie prime, in primo luogo petrolio e gas, i proventi dai quali vanno a comporre metà del bilancio dello Stato). Il rallentamento della Cina non è stato di aiuto.
    Durante il primo anno della sua esistenza, il giro di affari del commercio dell’EEU con paesi terzi è calato del 34% mentre il volume di commercio bilaterale all’interno dell’Unione è calato del 25%. Questo viene anche attribuito ad una liberalizzazione del commercio interno troppo lenta in termini di tariffe. Nel Novembre 2015 il Kazakistan ha completato la ratifica dei documenti per l’accesso all’Organizzazione Mondiale del Commercio e una parte significativa delle tariffe concordate apparivano più basse di quelle adottate nell’EEU. Lo sviluppo di un mercato comune è comunque graduale per settori a seguito di una sincronizzazione e regolamentazione concordata dei quadri legislativi, la standardizzazione dei requisiti tecnici e l’eliminazione delle barriere al commercio tra Stati Membri (ad esempio indicativamente mercato comune carni e derivati, latte e prodotti lattiero-caseari 2015, per la medicina 2016, mercato comune dei cambi 2017, per l’energia 2019, per il petrolio e gas 2025). Nell’Agosto del 2014, Viktor Spassky, direttore dell’Eurasian Economic Commission Department (creato nel 2012 come organismo regolatore permanente dell’EEU che si assicura del funzionamento e sviluppo dell’EEU ideando proposte per una crescente integrazione) commentava che infine ci sarebbe stato un mercato finanziario comune e una moneta comune, la “altyn” o simile. Affrontare la questione delle sinergie nelle politiche monetarie e macroeconomiche è cruciale per diminuire la volatilità finanziaria e nei cambi ed arginare disparità competitive tra i paesi membri. I benefici dovrebbero quindi prendere ritmo nel tempo con sforzi per la creazione di un’area comune per l’educazione, nanotecnologie ed innovazione (ad esempio con il Centro di Ingegneria Euroasiatico e un Fondo Russo-Kazako per le Nanotecnologie e un Centro per l’Innovazione in Asia centrale Kirghizo-Russo).
    La questione del peso politico della Russia all’interno è anche rilevante come pure la percezione dell’EEU come entità prevalentemente a fini geopolitici con strumenti economici. Questa è una questione delicata, memori di quello che è accaduto in Ucraina. La EEU è nata sullo sfondo di un conflitto con la Bielorussia: a seguito della decisione unilaterale della Russia di imporre sanzioni ai prodotti alimentari occidentali nell’Agosto del 2014, la Russia ha accusato la Bielorussia di riesportare prodotti occidentali verso la Russia ed ha reagito a sua volta reintroducendo i controlli alle frontiere e la restrizioni sulle importazioni alimentari dalla Bielorussia. Sul nascere dell’Unione il Presidente Kazako Nazarbaev aveva visitato l’Ucraina auspicando che terminassero le sanzioni e promettendo forniture di carbone e Lukašenko, il Presidente Bielorusso ha minacciato di riallacciare i rapporti con l’occidente e dichiarato tra gli obiettivi del paese per il 2015 la riduzione della dipendenza economica da Mosca. Queste reazioni in campo economico non fanno di certo pensare ad una facile convergenza in campo politico. Parallelamente c’è stata una virata nell’interesse russo dall’Europa verso la Cina, che, insieme alla non inclusione dell’Ucraina ha portato allo spostamento dell’asse dall’Europa verso l’Asia. Questo spostamento si muove nelle acque favorevoli del corridoio economico cinese della Via della Seta. Alla Asian Infrastructure Investment Bank di recente costituzione fanno parte il Kazakistan, Kirghistan e la Russia, e per inciso l’Uzbekistan, il Tajikistan e l’Azerbaigian. La Russia è anche membro dell’ Apec (Asia Pacific Economic Cooperation) e dovrebbe essere interessata dalla possibile costituzione del Ftaap – (Free Trade Area of the Asia Pacific), spinto anche recentemente dalla Cina. Ciò non evita ai più ottimisti di vedere prospettive di collaborazione con l’UE. Junker stesso, Presidente della Commissione Europea, ha auspicato una maggiore collaborazione tra l’UE e l’EEU in una lettera a Putin del Novembre 2015.
    Ci sono discussioni in corso col Tajikistan per un’adesione. E’ stata riscontrata anche una certa vitalità anche da un punto di vista geografico con la firma di un accordo di area di libero scambio con il Vietnam e la decisione di intraprendere negoziazioni con Israele, Iran, India ed Egitto, c’è anche in previsione la Tailandia per il 2016 ed un’espressione di interesse da parte della Siria, come pure un percorso di intersezione con i progetti del corridoio economico cinese della Via della Seta. La Russia ha anche proposto delle consultazioni con l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghistan, Tajikistan e Uzbekistan) e ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) per la formazione di partenariati economici. Un fattore negativo, forse prevedibile, è che si sono anche riscontrati dei limiti politici all’ ulteriore espansione dell’EEU nella regione dati gli interessi contrastanti su alcuni territori, nello specifico dell’Azerbaijan nei confronti del paese membro Armenia per il Nagorno Karabakh e del Tajikistan e Uzbekistan verso il Kirghistan per quanto riguarda la valle del Fergana.
    Barbara Migone
    centro studi eurasia e mediterraneo, CeSEM, UEE, unione economica eurasiatica

    L?Unione Economica Euroasiatica (EEU) ? Un anno dopo ? risultati e prospettive | Centro Studi Eurasia Mediterraneo
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