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adry571
Libero e l'anoressica in carcere che Annamaria Cancellieri non ha aiutato - Giornalettismo
Non tutte le detenute anoressiche sembrano poter godere dello stesso trattamento in carcere. Travolta da polemiche e richieste di dimissioni per essere stata intercettata al telefono mentre rassicurava la compagna di Salvatore Ligresti e annunciava il suo «interessamento» per la scarcerazione e le condizioni di salute della figlia Giulia, Annamaria Cancellieri si era difesa spiegando di essersi «soltanto spesa per una persona anoressica con dei bambini piccoli». Ma non solo: aveva sottolineato di poter vantare un elenco di altri 110 casi simili nei quali sarebbe intervenuta. Peccato che, come svela Libero, nello stesso carcere dove si trovava la figlia dell’imprenditore siciliano ci fosse un’altra detenuta con condizioni simili. Per lei, al contrario di Giulia Ligresti, però «non c’è stato nessun occhio di riguardo», attacca il quotidiano.
Giulia Ligresti
CASO CANCELLIERI: I “PRIVILEGI” DI GIULIA LIGRESTI IN CARCERE – Per circa un mese la figlia di Salvatore Ligresti è rimasta all’interno del carcere di Vercelli, dopo che il gip aveva disposto l’arresto come misura cautelare nell’ambito dell’inchiesta Fonsai, con le accuse di falso in bilancio aggravato e manipolazione del mercato. Come rivela Libero, però, per Giulia Ligresti era concesso all’interno della casa circondariale un trattamento speciale. Prima che a fine agosto le venissero concesso i domiciliari per le precarie condizioni di salute (aveva perso sei chili da quando era stato arrestata, ndr), in galera la figlia di “Don Salvatore” poteva contare su privilegi non concessi agli altri detenuti: dalla possibilità di mangiare alimenti acquistati all’esterno, così come poter circolare liberamente per i corridoi ed incontrare la direttrice. Attraverso i racconti di una secondina, il quotidiano svela anche gli sfoghi della donna: «Con noi si apriva. Piangeva e ci chiedeva di non chiuderle la porta della cella, l’unica cosa che non riusciva proprio a sopportare. Soffriva di crisi d’ansia», spiega una dipendente del carcere. Ma non solo: si spiega come Giulia Ligresti attendesse con trepidazione i colloqui con i familiari: «Chiese di vederli in una saletta riservata, senza venire accontentata. Le stanze per gli incontri nel carcere sono solo due». Giulia Ligresti, durante il mese di detenzione, fu rinchiusa in una cella di transito, ben lontana dalla sezione detentiva. Poteva contare anche su una camera con due letti, mentre «indossava quasi sempre abiti di poco valore, in particolare pantaloni della tuta e una maglietta bianca della sua linea di moda, “Gilli”», si legge.
ANNAMARIA CANCELLIERI, GIULIA LIGRESTI E L’ALTRA DETENUTA ANORESSICA - Per tutti, secondini e detenuti, era chiaro che Giulia Ligresti non fosse una detenuta come le altre. Sotto anonimato, gli stessi dipendenti svelano a Libero come fosse stato loro ordinato dai superiori un trattamento diverso rispetto agli altri detenuti:
«Da lei sarebbe passata un paio di volte anche la direttrice della casa circondariale. Non ho notizia di telefonate da Roma, ma i nostri superiori ci dissero di trattarla con riguardo», si legge.
Se la Guardasigilli Annamaria Cancellieri aveva spiegato di aver soltanto difeso una persona con gravi problemi di salute, altre detenute, all’interno dello stesso carcere, non hanno potuto contare sullo stesso aiuto. Come fossero considerati detenuti di Serie B, rispetto alla figlia di Salvatore Ligresti. Libero riporta un caso molto simile: quello di una cittadina dominicana autolesionista e con gravi disturbi alimentari. Si spiega come la detenuta centroamericana fosse arrivata a pesare poco più di 42 chili, tanto da svenire di continui ed essere portata spesso in ospedale. Ma per la caraibica, ex prostituta, non è arrivato l’intervento di alcuna ministra.
DETENUTI DI SERIE B – La ragazza straniera non sarebbe nemmeno l’unica. A Libero l’agente rimasta anonima svela altri casi di donne in condizioni di salute preoccupanti, ma “dimenticati” dalla giustizia italiana. Tra queste, una donna nomade, condannata a restare in galera fino al 2025 per una serie di furti, in difficoltà per l’assenza dei propri figli. C’è anche un’altra detenuta di origini rom, che ha dovuto partorire in modo prematuro, obbligata a restare in cella nonostante la gravidanza fosse in stato avanzato. Rispetto a Giulia Ligresti, ben altri trattamenti. Non sono mancate nemmeno le proteste all’interno dell’istituto carcerario, come quando ad agosto sia uomini che donne portarono avanti uno sciopero bianco, rifiutandosi di ritirare il cibo distribuito dai responsabili. Resta poi anche il preoccupante dato sulle morti nelle carceri italiane, in aumento nell’ultimo periodo. Nello stesso periodo durante il quale la Guardasigilli travolta dallo scandalo Ligresti si è insediata al dicastero di via Arenula, c’è stato un aumento dei detenuti che hanno perso la vita per malattia, suicidio o altre cause, in base ai dati forniti dall’osservatorio “Morire in carcere”. I numeri mostrano quanto sia grave la situazione: dal primo maggio allo scorso due novembre in cella hanno spirato 56 persone, compresi due ultraottantenni.