4. Vladimir Vernadskij“La noosfera è un nuovo fenomeno geologico nel nostro pianeta. In essa l’uomo è divenuto per la prima volta la più importante forza geologica. Egli può e deve ricostruire con il proprio lavoro e il proprio pensiero l’ambiente in cui vive, ristrutturarlo e riedificarlo in modo radicalmente diverso rispetto a ciò che era prima. Di fronte a lui si aprono possibilità creative sempre più estese. E può darsi che la generazione di mio nipote riesca ad avvicinarsi alla piena fioritura di queste possibilità”.
Vernadskij: una vita d’amore per la scienza e per il sapere
Vladimir Ivanovich Vernadskij è nato nel 1863 a San Pietroburgo ed è morto a Mosca il 6 gennaio del 1945. E’ stato geochimico e mineralogista, ed è considerato tra i fondatori della geochimica e della biogeochimica. Come scienziato si è occupato attivamente di radiogeologia di cui riconobbe, tra i primi, la grande importanza e di cristallografia. Si occupò anche di storia del pensiero scientifico e d’epistemologia. E i suoi interessi – conosceva quindici lingue – spaziavano dalla chimica alla medicina, dalla filosofia alla letteratura. Vernadskij è però oggi noto soprattutto per essere stato il primo ad avere scientificamente sviluppato il concetto di biosfera. Quest’idea, negli scorsi decenni, è stata ampiamente diffusa – ma anche fortemente distorta e strumentalizzata – dai movimenti verdi, mentre veniva nel contempo accantonata non solo l’impostazione rigorosamente scientifica con la quale Vernadskij l’aveva concettualizzata, ma soprattutto veniva dimenticato di citare l’altro fondamentale pensiero di Vernadskij – strettamente connesso alla biosfera – quello della noosfera. Il concetto di noosfera pone Vernadskij e la sua opera scientifica all’interno della corrente cosmista; come vedremo, infatti, in quest’idea si condensa la sua interpretazione sul ruolo storico dell’uomo, destinato a diventare, attraverso l’uso del pensiero scientifico e degli strumenti tecnologici, l’artefice del destino del pianeta, proiettato verso l’esplorazione e la conquista degli spazi cosmici.
Vernadskij cominciò a frequentare l’università di San Pietroburgo alla fine del 1870. In quest’università subì soprattutto il fascino e l’influenza di due docenti che operavano all’interno della facoltà di fisica-matematica, Vasilij Vasil’eivc Dokucaev e Dmitrij Ivanovic Mendeleev, dei quale Vernadskij ricorderà così gli insegnamenti: “Le lezioni di molti professori – in primo luogo quelle di Mendeleev, Beketov, Dokucaev – aprirono davanti ai nostri occhi un mondo del tutto nuovo, e ci indussero a gettarci a capofitto, con grande passione e con tutte le nostre energie, nel lavoro scientifico, al quale negli anni precedenti eravamo stati preparati in modo così incompleto e poco sistematico. (…) Mendeleev aveva la straordinaria capacità di tratteggiare in modo chiaro e particolarmente attraente, appropriato e forte le sterminate e praticamente infinite frontiere della conoscenza esatta, il loro significato e la loro incidenza nella storia e nello sviluppo dell’umanità e di far risaltare in rapporto a esse la totale mancanza di consistenza e inutilità della formazione ginnasiale, che ci aveva oppresso e soffocato nei lunghi anni della nostra infanzia ed adolescenza. Le sue lezioni avevano su di noi l’effetto della liberazione da una morsa e ci introducevano in un nuovo, straordinario mondo: il clima che si respirava in quell’aula 7, sempre gremitissima, dove Mendeleev teneva i suoi corsi, era tale da stimolare le più profonde e riposte aspirazioni della personalità umana verso la conoscenza e la sua applicazione attiva e pratica e da indurre molti di noi a giungere a conclusioni logiche e ad assumere posizioni del tutto inattese anche per noi stessi e lontane dai nostri rispettivi punti di partenza”.
Una foto di Vernadsky con la figlia Nina, negli anni intorno al 1910
Nel giovane studente Vernadskij si faceva sentire fortissima la sete di conoscenza e sapere. In una lettera scritta negli anni universitari scriveva: “Non c’è nulla di più forte e intenso del desiderio di sapere, della forza del dubbio: sai, quando nella conoscenza dei fatti ti spingi sino a chiederti ‘perché, per quale ragione?’, a queste domande devi a tutti i costi trovare una risposta e una spiegazione; in un modo o nell’altro, ai problemi che stanno alla base di esse devi riuscire a dare una soluzione, qualunque sia. E questa ricerca e questa brama sono il fondamento di ogni attività scientifica”.
Spinto da questa sete di conoscenza Vernadskij prenderà la laurea in scienze naturali nel 1886. Poco dopo divenne curatore della collezione mineralogica dell’università, dato che inizialmente concentrò i suoi lavori nel settore mineralogico, dove svolse studi molto dettagliati sugli alluminosilicati e fu il primo a descriverne correttamente la loro chimica e la loro struttura, che costituisce la base di molti altri minerali. Negli anni seguenti fu pioniere nella geochimica, la misurazione e lo studio della distribuzione e della migrazione degli elementi chimici e degli isotopi nella crosta terrestre; a questo scopo raccolse dati dettagliati sugli strati della crosta, descrivendone la migrazione degli atomi, cercando di spiegare la presenza di certi elementi chimici in queste croste, e in generale studiando la formazione dei composti chimici sotto l’influenza dei processi geologici.
Nel 1898 divenne infine docente di mineralogia e cristallografia all’università di Mosca, dove restò in carica fino al 1911. La sua attenzione intanto si andava concentrando sui minerali radioattivi; dal 1908 cominciò ad intraprendere un grande lavoro di organizzazione di spedizioni di ricerca in giro per la Russia, l’Europa e l’Asia e nel 1909 istituì a Mosca un laboratorio radiologico.
Vernadskij è stato uno dei primi scienziati a riconoscere l’enorme potenziale della radioattività come fonte di energia termica, ed è stato anche uno dei primi ad ipotizzare come l’accumulo, a lungo termine, del calore dovuto alla radioattività fosse una forza trainante di molti processi geochimici. Negli anni successivi darà vita all’Istituto del Radio, modellato su quello dei coniugi Curie di Parigi e al primo ciclotrone dell’URSS, su cui Igor Kurchatov e altre figure di spicco del programma della bomba atomica sovietica avrebbero conseguito la loro formazione iniziale.
La prima guerra mondiale influì in modo decisivo sul personale lavoro di scienziato di Vernadskij, che ricorda come “essa abbia in particolare radicalmente sconvolto la mia concezione geologica del mondo. Fu proprio l’atmosfera di quella guerra, infatti, a spingermi a una visione della natura, nuova per me e anche per i contemporanei, in quanto totalmente dimenticata, a una visione a un tempo geochimica e biogeochimica, che comprendeva sia la materia vivente sia quella inerte e le considera a partire da un unico punto di vista”.
Dal 1915 Vernadskij fu il presidente della ‘Commissione per lo studio delle forze produttive naturali della Russia’, un gruppo di lavoro che diede un enorme contributo all’esplorazione delle risorse minerali della Russia: “Questa Commissione”, ricorda Vernadskij, “ha avuto un ruolo cruciale nel periodo critico della prima guerra mondiale: in piena guerra, infatti l’Accademia delle Scienze dovette prendere atto di un fatto totalmente inatteso, e cioè che nella Russia zarista non si disponeva di dati precisi su ciò che ora si chiama la materia prima strategica, per cui fummo costretti a raccogliere in tutta fretta dati sparsi qua e là e a porre rapidamente e alla bell’è meglio rimedio a queste lacune della nostra conoscenza. Applicando un approccio geochimico e biogeochimico allo studio dei fenomeni geologici procedemmo a far rientrare tutta la natura circostante in un quadro complessivo considerato sotto l’aspetto atomico. Ciò, senza che io allora me ne rendessi conto, coincideva con quello che ora, a posteriori, si è pienamente manifestato come il tratto caratteristico della scienza del XX secolo, ciò che la distingue da quella dei secoli passati. Il nostro è infatti il secolo dell’atomismo scientifico”.
Francobollo sovietico raffigurante Vernadsky
Più tardi, negli anni della guerra civile russa, Vernadskij fuggì nelle proprietà di famiglia in Ucraina. Qui, nel 1918, fu il fondatore e il primo presidente dell’Accademia Ucraina delle Scienze di Kiev (1918) lavorando a stretto contatto con l’Università Tauride in Crimea.
Nel 1921 tornò a San Pietroburgo e cominciò a studiare i meteoriti e la polvere cosmica. Nel periodo 1922-1926 lavorò spesso all’estero, a Praga e a Parigi, tenendo conferenze alla Sorbona, lavorando presso il Museo di Storia Naturale e all’Istituto Curie; fu a Parigi che in quegli anni uscì, in francese, la sua prima opera fondamentale: ‘Geochimica’.
Nel 1926 uscì il suo libro più noto ‘La Biosfera’, nel quale Vernadskij, da un punto di vista planetario e globale – olistico - studiò gli effetti che la massa totale degli organismi viventi avevano sull’ambiente, esaminando i contributi dei processi vitali nell’atmosfera e sulla chimica della crosta terrestre, arrivando alla conclusione che non esisteva, sulla Terra, forza chimica più attiva, forte e costante di quella che era esercitata dalla materia vivente presa nella sua totalità. Così scriveva Vernadskij nella sua prefazione al libro: “In tutta la letteratura geologica manca un saggio organico sulla biosfera, considerata nella sua interezza come manifestazione necessaria di un meccanismo planetario della crosta terrestre. La stessa esistenza della biosfera quale prodotto di leggi ben definite non viene presa di solito in considerazione, la vita sulla Terra viene considerata come un fenomeno casuale e di conseguenza le nostre concezioni scientifiche disconoscono l’influenza della vita sulla continua evoluzione dei fenomeni terrestri; non riconoscono cioè il carattere non casuale dello sviluppo della vita sulla Terra e della formazione sulla superficie del pianeta, ai confini con il suo ambiente cosmico, di un involucro particolare impregnato di vita, la biosfera”.
Dal 1927, fino alla sua morte, Vernadskij fondò e diresse il laboratorio biogeochimico dell’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, dove sarà il maestro di un’intera galassia di geochimici sovietici.
Durante gli anni Venti e Trenta mantenne strette relazioni e scambi con Otto Hahn, Lise Meitner, e Arthur Sommerfield in Germania, Frederick Soddy a Montreal, e con i coniugi Curie di Parigi.
Anche se Vernadskij mal sopportava le ingerenze e le limitazioni dello stato sovietico nel campo scientifico e il materialismo dialettico elevato a dogma tanto quanto l’ateismo di stato, non venne mai meno il suo appoggio alle aspirazioni internazionaliste e progressiste dello stato dei Soviet e il suo lavoro nel rafforzamento e nella difesa della nazione. A testimonianza di ciò fu l’impegno profuso nella ricerca dello sviluppo dell’energia atomica. Nell’estate del 1940 su sua iniziativa, cominciò la ricerca dell’uranio per l’energia nucleare anche se, a causa dello scoppio della guerra, fu costretto ad evacuare in Kazaksthan. Dopo che venne a sapere che gli USA avevano avviato un programma di sviluppo della bomba atomica, Vernadskij formò una commissione di lavoro con due dei suoi più stretti collaboratori e contribuì alla formazione del Comitato Uranio, che negli anni seguenti avrebbe tracciato il corso del programma atomico sovietico. La malattia e la vecchiaia – Vernadskij era allora ottantenne – non gli avrebbero permesso di acquisire un ruolo importante nello sviluppo della bomba, anche se era spesso consultato su numerosi aspetti del programma. Il suo ruolo di pioniere nel campo gli avrebbe in seguito conferito il titolo di ‘padre del programma nucleare sovietico’. Vernadskij mise però in guardia da un uso distorto del potere dell’uomo sull’atomo; già nel 1938 poteva lanciare una delle prime messe in guardia circa il cattivo uso dell’energia atomica: “Ben presto l’uomo avrà la potenza atomica nelle sue mani. Questa è una fonte di energia che gli darà la possibilità di costruire la sua vita proprio come lo vuole. Sarà in grado di usare questa forza per scopi buoni e non per auto-distruzione?”.
Nel 1943, in occasione delle celebrazioni per il suo 80° compleanno, ‘per il lavoro intrapreso a lungo termine nel campo della scienza e della tecnologia’ fu insignito del Premio Stalin di primo grado e di una somma di 200.000 rubli; la metà fu da lui destinata al sostentamento degli sforzi bellici nazionali. Nell’occasione scrisse una nota a Stalin: “Caro Joseph Vissarionovich, chiedo che 100.000 rubli del premio che ho ricevuto e a voi intitolato, siano indirizzati alle esigenze della difesa, ovunque lo riteniate necessario. La nostra causa è giusta, e in questo momento coincide spontaneamente con la comparsa della Noosfera – un nuovo stato del settore della vita, la biosfera – l’inizio di un processo storico in cui la mente umana diventa un’enorme forza geologica planetaria”.
L’uomo nella biosfera, piccolo ma determinante
Per Vernadskij gli organismi viventi – la ‘materia vivente’ – sono indissolubilmente legati all’ambiente in cui vivono. Così anche l’uomo, come gli altri corpi naturali viventi, è intimamente legato alla specifica pellicola geologica esterna che riveste la Terra, la biosfera, che si differenzia dagli altri suoi involucri proprio perché è caratterizzata dalla presenza della materia vivente. La biosfera ha pertanto dei limiti – misurabili in chilometri sopra e sotto il livello del geoide – superati i quali non si riscontra più la presenza della materia vivente. Ma questi confini sono dinamici e mutano nel tempo, soprattutto grazie all’azione dell’uomo e ai progressi della tecnologia, “e siccome la vita dell’uomo è inseparabile da quella degli altri organismi – insetti, piante, microbi – insieme all’uomo è l’intera materia vivente che dilata i propri confini”.
Nella biosfera la materia vivente occupa – in peso ed in volume – una piccolissima percentuale rispetto a quella inerte, eppure sotto il profilo geologico essa è la forza di maggiore entità e significato nella biosfera, in quanto determina la maggior parte dei processi che vi si svolgono ed è causa di un’ininterrotta corrente bidirezionale biogenica di atomi – tramite la respirazione, l’alimentazione, la riproduzione, etc – verso la materia inerte. La biosfera è infatti contraddistinta da questo incessante scambio di atomi tra la materia vivente e quella priva di vita ed è l’unico involucro della terra nel quale penetrano anche l’energia e le radiazioni cosmiche che ne condizionano l’organizzazione interna.
Nella biosfera un ruolo centrale spetta pertanto alla materia vivente, che nel corso del tempo geologico cresce di forza e quindi nella capacità di incidere sulla materia inerte e sulla biosfera stessa. Questo è dovuto alla peculiarità della materia vivente di avere una proprietà di evoluzione plastica, di mutare ed adattarsi ai cambiamenti. La sua crescita, l’evoluzione delle specie, ha un enorme riflesso sull’ambiente circostante, sulla materia inerte e su tutta la biosfera. “La materia vivente sprigiona una quantità di energia libera, quale non è dato riscontrare in nessun altro involucro terrestre. Si tratta di energia biogeochimica che interessa l’intera biosfera e costituisce l’elemento determinante della sua storia. Essa provoca e muta di continuo, soprattutto per ciò che concerne la sua intensità, la migrazione degli elementi chimici, che costituiscono la biosfera, e determina la sua funzione geologica”.
Moneta russa raffigurante Vernadsky
All’interno della materia vivente è l’umanità la specie dotata dell’energia di modificazione maggiore, di una vera e propria forza geologica: “Entro la materia vivente, nelle ultime decine di millenni, è comparsa ex novo e si è quindi sviluppata rapidamente, incrementando via via la sua incidenza, una nuova forma di energia, legata all’attività vivente delle società, costituite da individui del genere Homo e di altri a lui vicini (ominidi). Questa nuova forma di energia, che può essere chiamata energia della cultura umana o energia biochimica culturale, non è esclusiva dell’uomo, ma appartiene a tutti gli organismi viventi. In questi ultimi, però, essa è presente in modo pressoché insignificante rispetto all’energia biogeochimica consueta”. L’energia biochimica culturale è legata all’attività psichica degli organismi e allo sviluppo di un apparato nervoso centrale – il cervello – che ha infine dato vita, nell’uomo, alla ragione.
L’energia biogeochimica culturale umana “con l’andare del tempo cresce e aumenta fino ad assumere il ruolo di primo piano. Questo incremento è forse da porre in relazione con lo sviluppo della ragione, processo, ovviamente, molto lento (se effettivamente ha luogo), ma dipende certamente e soprattutto dall’affinamento e dall’approfondimento del suo uso, a sua volta favorito dal mutamento cosciente della situazione sociale e, in particolare, dalla crescita della conoscenza scientifica. (…) La ragione è una struttura sociale complessa, costruita sia per l’uomo di oggi, sia per quello dell’era paleolitica sullo stesso substrato nervoso, ma in una ben diversa situazione sociale, che si è venuta via via evolvendo nello spazio-tempo”.
La ragione dell’uomo è per Vernadskij il prodotto – passeggero e non definitivo – “di uno sviluppo durato presumibilmente centinaia di migliaia di anni, ma ha potuto rivelarsi come forza geologica soltanto a partire dal momento in cui l’Homo Sapiens ha cominciato ad incidere con il suo lavoro culturale sulla biosfera”. Il primo atto, di cui siamo consapevoli, in cui l’Homo Sapiens sprigiona la sua energia culturale è quando prende il controllo diretto di una forza della natura, padroneggiando il fuoco; quello fu il primo atto ‘scientifico’ dell’uomo, perché la scienza per Vernadskij – forse influenzato dal celebre motto “Im Anfang war die Tat” di Wolfgang Goethe, che considerava non un semplice scrittore ma un vero e proprio scienziato – era fondamentalmente caratterizzata dall’azione.E il prodotto peculiare della ragione umana è il pensiero scientifico, che opera nella biosfera, e nel corso del proprio sviluppo la trasforma.
La preistorica lotta dell’uomo per ottenere il fuoco. Immagine tratta dal film “La guerra del fuoco” (1981)
La forza e l’espansione del pensiero scientifico
Vernadskij attribuisce un’enorme importanza alla conoscenza scientifica: “La sua comparsa nella storia del pianeta, che è iniziata in modo massiccio e intensivo (considerata dal punto di vista del tempo storico) alcune decine di migliaia di anni fa, è un avvenimento di enorme importanza nella storia del nostro pianeta e, con tutta evidenza, non appare qualcosa di casuale”.
Il pensiero scientifico dell’umanità ha avuto, negli scorsi millenni, dei centri di sviluppo ed irradiazione importanti in epoche e luoghi diversi, come quello mediterraneo-ellenico, cinese, indiano e – fortemente isolato rispetto agli altri – il centro dell’Oceano Pacifico dal versante americano. Questi centri hanno conosciuto fortune alterne, ma dopo diversi secoli la maggior parte di loro ha finito per spegnersi di fronte alla reazione di forze contrarie, soffocati dai dogmatismi religiosi e filosofici che hanno tolto linfa vitale all’ambiente sociale entro il quale erano nati, indispensabile per la loro fioritura e la loro sopravvivenza.
Nessuno di questi centri, neanche quello esplosivo greco-ellenico, riuscì ad imprimere una forza propulsiva alla conoscenza scientifica in qualche modo paragonabile a quella sviluppatasi a cavallo tra XIX e XX secolo.
Raffigurazione artistica – tratta dal film “Agorà”, 2009 – di Ipazia d’Alessandria, ultima rappresentante dello splendore del centro mediterraneo-ellenico, soffocato dall’avvento del dogmatismo
Per Vernadskij infatti, “ciò che caratterizza il movimento scientifico del XX secolo da quello che ha dato luogo alla scienza ellenica, è la sua organizzazione scientifica, concetto generale che può essere disaggregato, mettendone in luce le seguenti componenti: il ritmo – in primo luogo; l’ampiezza della superficie interessata, che oggi praticamente comprende l’intero pianeta; la profondità dei mutamenti registrati a proposito delle concezioni della realtà che la scienza ha assunto come proprio oggetto di indagine; la potenza del cambiamento che la ricerca scientifica ha prodotto sul pianeta”.
La nuova scienza del XX secolo ha aperto nuovi ambiti di conoscenza, dallo spazio-tempo infinitamente grande (gli spazi cosmici) a quello infinitamente piccolo (le forze atomiche), ponendo il pensiero dell’uomo di fronte a campi radicalmente nuovi ed enigmatici, che potrebbero fungere da linfa vitale e nutrimento per il pensiero filosofico, altrimenti in crisi e fuori dai tempi.
La scienza del XX secolo s’interroga e guarda anche in modo più distaccato e scientifico alla ragione e all’uomo stesso; dice Vernadskij: “L’Homo Sapiens non è il compimento del creato – non è il ‘coronamento della creazione’ – e non è neppure il detentore di un apparato di pensiero compiuto e definito. Egli è invece l’anello intermedio di una lunga catena di sostanze, che hanno un passato e avranno senza dubbio un futuro. I suoi antenati erano dotati di un apparato di pensiero meno perfezionato del suo, così come, presumibilmente, i suoi discendenti potranno invece disporre di un qualcosa di meglio. Le tribolazioni della conoscenza che noi stiamo attualmente attraversando sono la manifestazione visibile non di una crisi della scienza, come ritengono taluni, ma di un lento miglioramento dei metodi fondamentali di cui essa si serve, miglioramento che avviene tra mille difficoltà. E’ in corso un lavoro enorme in questo senso, mai sperimentato prima”.
L’inizio di questa impetuosa ondata scientifica – che investe tutta la vita dell’umanità, dalle sue espressioni filosofiche a quelle religiose – sono rintracciate da Vernadskij nel biennio 1895-1897, quando vengono scoperti i fenomeni legati all’atomo e alla sua instabilità, che consente di spiegare sia i raggi X sia gli elettroni e la loro origine, dando luogo alla fisica del XX secolo. In seguito a quella scoperta – e nel clima scientifico contraddistinto dal progressivo logoramento delle vecchie concezioni e dall’affermarsi di quelle atomistiche da cui sorse anche la teoria della relatività di Albert Einstein – si registra un’accumulazione e un’esplosione scientifica senza precedenti, e ancora più importante, la metodologia e l’etica della scienza si diffondono universalmente a livello planetario, dando forma ad una scienza e ad una cultura scientifica veramente universale.
Per Vernadskij una delle caratteristiche principali della scienza, che la distingue nettamente dalla filosofia e dalla religione – all’interno della quale inserisce anche l’ateismo – è quella di costituire “qualcosa di unitario, e di essere la medesima in tutti i tempi, per tutti gli ambienti sociali e le formazioni statali”. A differenza delle religioni e delle filosofie che sono necessariamente molteplici, la scienza ha la caratteristica di essere una ed omogenea per tutta l’umanità. Questo risultato è frutto di millenni di lotte, vittorie e sconfitte: “A questa conclusione l’umanità è giunta attraverso una dura esperienza storica, poiché sia le religioni, sia le strutture sociali e le formazioni statali per interi millenni hanno cercato, e cercano tuttora, di pervenire a una fittizia unità e di costringere con la forza tutti ad accettare un’unica concezione complessiva del senso e della finalità della vita. Ma in tutta la plurimillenaria storia dell’umanità mai si è riusciti a costruire una simile visione unitaria”.
Monumento a Vernadsky a Kiev
La scienza è un fenomeno dinamico in continua evoluzione nelle ipotesi e nelle teorie, ma il suo nocciolo interno, costituito dalla logica, dalla matematica e dall’apparato scientifico dei fatti, presenta un carattere vincolante ed imprescindibile per tutta l’umanità. “Questo carattere universalmente vincolante dei risultati della scienza nel suo campo di pertinenza costituisce il tratto distintivo fondamentale che la differenzia dalla religione e dalla filosofia, le cui conclusioni non hanno invece questa peculiarità”.
La scienza, diffondendosi a livello mondiale, supera i confini e le linee di demarcazione degli stati e delle culture. “Ogni fatto scientifico, ogni osservazione scientifica, indipendentemente da chi li ha prodotti e dal luogo in cui sono stati rilevati o elaborati, vanno a confluire in un unico apparato scientifico, dove vengono classificati e ridotti ad una forma standard, divenendo rapidamente patrimonio comune e oggetto d’attenzione e di valutazione da parte dell’attività critica, della riflessione teorica e del lavoro scientifico nel suo complesso. (…) Gli scienziati dell’area indiana o cinese assumono in generale le medesime premesse in vigore in quella europea: lo stesso riconoscimento della realtà del medesimo cosmo, gli stessi metodi di controllo e di verifica dei concetti, basati non soltanto sull’analisi logica, ma anche e soprattuttto sull’osservazione e sull’esperimento. (…) Per la prima volta una quantità infinita di uomini diversi lavora contemporaneamente e in luoghi diversi, che coincidono praticamente con tutte le aree di insediamento dell’umanità, a un programma comune che ha di mira la creazione di una nuova condizione umana, ed è incentrato sull’attività di ricerca scientifica, sulla riconsiderazione delle concezioni filosofiche e religiose”.
Di fronte a questa espansione senza precedenti del sapere scientifico, ha fatto da contraltare una stagnazione del pensiero religioso e filosofico; i risultati conseguiti da queste branche del pensiero umano non riescono a stare al passo con le conquiste del sapere scientifico; per Vernadskij la religione e la filosofia dovranno necessariamente sforzarsi di adattarsi alla nuova situazione, e le vecchie concezioni essere rielaborate e ricreate; solo allora, assisteremo ad un’esplosione di creatività anche in questi settori.
Vernadskij guarda con grande interesse all’influenza del pensiero filosofico indiano ed orientale sui futuri sviluppi della scienza, e soprattutto quello indiano gli pare particolarmente in sintonia con le scienze della vita e potenzialmente capace di portare un grande contributo creativo al loro sviluppo.
Lo scienziato, per Vernadskij, si deve “appropriare del lavoro di ricognizione e ricerca del filosofo, esserne costantemente al corrente, ma non può per questo dimenticare l’incompletezza dell’indagine filosofica e l’insufficiente precisione con la quale sono definiti i corpi naturali nel dominio di sua pertinenza”. L’unica via maestra per scoprire gli enigmi della natura rimane la dura strada della scienza.
Il pensiero scientifico, con le sue caratteristiche di unità ed omogeneità, ha quindi praticamente esteso la sua sfera d’influenza su tutto il globo. Dovunque nel mondo sorgono centri di ricerca e di elaborazione del sapere scientifico mentre i governi spendono moltissime risorse per favorirne la crescita; questa diffusione planetaria del sapere scientifico è la prima ed indispensabile premessa per il passaggio dalla biosfera alla noosfera.
Il passaggio alla noosfera
Attraverso il trascorrere dei secoli e dei millenni la biosfera è gradualmente passata sotto l’influenza sempre più determinante e decisiva dell’uomo. Il fattore geologico decisivo della biosfera è il pensiero scientifico organizzato dell’uomo e del suo lavoro, che stanno determinando il passaggio della biosfera alla noosfera, il regno della mente dell’uomo.
Secondo Vernadskij questo è un processo inevitabile e necessario, un processo naturale le cui radici affondano in tempi remoti e che è stato lungamente preparato attraverso un processo evolutivo la cui durata assomma a centinaia di milioni di anni, che ha visto la formazione del cervello e dell’ambiente sociale nel quale è potuto sorgere il pensiero scientifico, nuova forza geologica che si è formata spontaneamente, come fenomeno naturale, nel corso di alcune decine di migliaia di anni dell’evoluzione più recente e che ha in sé possibilità di sviluppo senza limiti nel corso del tempo.
Il pensiero scientifico è un fattore geologico perché cambiamenti del “tipo di quelli che si sono verificati nella biosfera nel corso delle poche migliaia di anni in relazione con la sua comparsa e la sua crescita e dell’attività sociale dell’umanità non si sono mai registrati in precedenza nell’ambito di essa”.
Negli ultimi cinque secoli si è poi assistito ad un’accelerazione di questa affermazione – unidirezionale e non reversibile, per quanto si possano verificare brusche interruzioni e rallentamenti – del pensiero scientifico, con la crescita del potere d’influenza dell’uomo sulla natura circostante, la sua comprensione sempre più penetrante e la creazione di macchine che crescono in progressione geometrica. “Nel XX secolo, per la prima volta nella storia della Terra l’uomo si è fatto una conoscenza precisa della biosfera ed è riuscito ad abbracciarla tutta quanta con gli occhi della sua mente, completando la carta geografica del pianeta ed insediandosi in tutta la superficie della Terra. L’umanità con la sua vita è diventata un’unità globale. Non c’è neppure un solo pezzetto della Terra, dove l’uomo non potrebbe vivere almeno per un certo tempo, se questo fosse necessario”. Contemporaneamente, grazie ai progressi tecnologici e del pensiero scientifico, si è assistito ad una rivoluzione nel campo delle comunicazioni interplanetarie e dei trasporti, grazie alla radio e alla televisione è possibile comunicare istantaneamente da una parte all’altra del pianeta e grazie ai trasporti aerei ci si muove a velocità di centinaia di km/h.
Il pianeta Terra, visto dall’alto con il suo satellite, la Luna
L’uomo ha cominciato a creare nuovi elementi artificiali mai prima esistiti sulla faccia della Terra: “Quello che una volta era una rarità mineralogica – il ferro allo stato naturale – viene ora prodotto in miliardi di tonnellate. L’alluminio puro non è mai esistito nel nostro pianeta e ora anch’esso viene prodotto in quantità illimitate. La stessa cosa accade per una quantità praticamente infinita di composti chimici artificiali prodotti ex novo. La quantità di questi ultimi crece di continuo. Tutte le risorse strategiche scaturiscono da questi processi di produzione”. Nuove razze di animali e piante, mai prima esistite, nascono per l’iniziativa dell’uomo.
Con quest’aumento senza precedenti del potere umano e delle sue conseguenze sulla biosfera si apre all’uomo un futuro immenso; l’uomo non dovrà usare questo potere a fini autodistruttivi ma dovrà assolutamente aumentare la sua responsabilità e l’attenzione con cui opera e si muove sulla Terra, per preservarne le sue ricchezze naturali. Scrive Vernadskij: “In seguito alla crescita della cultura umana nel XX secolo hanno cominciato a subire mutamenti sempre più netti – sotto l’aspetto chimico e biologico – i mari marginali e parti dell’oceano. L’uomo deve ora prendere tutte le misure necessarie al fine di conservare per le generazioni future le ricchezze marine che non appartengono a nessuno”.
I confini del pianeta appaiono ormai troppo stretti all’uomo del XX secolo e scenari fantascientifici si aprono sul suo orizzonte: “In futuro si presenteranno come possibili anche quelli che oggi appaiono i sogni più fantastici: l’uomo aspira ad uscire dai confini del proprio pianeta e ad entrare nello spazio cosmico, e con tutta probabilità riuscirà a farlo”.
Come si vede Vernadskij era ottimista sul futuro dell’uomo. Anche durante gli orrori della seconda guerra mondiale, di cui fu amaramente testimone, non perse la fiducia nella vittoria del suo paese e nelle sorti progressive dell’umanità. Non era una fiducia riposta ciecamente, ma derivava dalla sua convinzione sull’inevitabilità del processo naturale in corso – del passaggio dalla biosfera alla noosfera – e del trionfo del pensiero scientifico a livello planetario, con tutto quello che questo comportava: l’affermazione degli ideali democratici e delle volontà delle masse popolari, della libertà di ricerca scientifica sciolta dai condizionamenti dei dogmatismi religiosi e filosofici, dell’unità biologica e dell’uguaglianza di tutti gli uomini, della ricostruzione e della riorganizzazione della biosfera negli interessi dell’umanità che pensa liberamente e si organizza a livello mondiale come un unico soggetto.
Tomba di Vernadsky a Mosca
Così, nel 1943, due anni prima di morire, Vernadskij potè scrivere: “Ora stiamo attraversando un nuovo cambiamento geologico evolutivo della biosfera: stiamo facendo il nostro ingresso nella noosfera. Questo ingresso coincide con un’epoca travagliata e tragica, segnata profondamente dalle distruzioni della guerra mondiale. La cosa importante, però, è che gli ideali della democrazia siano in sintonia con questo processo geologico spontaneo, con le leggi della natura, e corrispondano alla noosfera. Si può allora guardare al nostro futuro con fiducia. Esso è nelle nostre mani. Non dobbiamo lasciarcelo sfuggire”.
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Le previsioni ottimistiche di Vernadskij sull’esito del terrificante secondo conflitto mondiale furono esatte, anche se non visse a sufficienza per assistere alle sfilate dell’Armata Rossa sotto al Reichstag.
E non visse a sufficienza per vedere l’esplosione scientifica del secondo dopoguerra, allo sbarco dell’uomo sulla Luna, all’invenzione dei computer e di internet, ma anche al contemporaneo protrarsi dei fratricidi conflitti umani, con gli stati sulla carta ‘democratici’ impegnati a fare la guerra in giro per il mondo contro stati civilizzati e progressisti, in difesa dei propri interessi meramente economici e geopolitici.
La conoscenza del suo pensiero sul passaggio dalla biosfera alla noosfera -sulla forza geologica acquisita dall’uomo e sul valore della scienza – potrebbero indurre sempre più consistenti parti della popolazione mondiale a fermarsi a riflettere sulla direzione che intendono dare al destino della Terra, prima che gli ‘sfugga di mano’.
5. EreditàL’eredità cosmista è ancora molto forte in Russia; il paese che ha dato i natali ai maggiori cosmisti vanta tuttora un grandissimo numero di scienziati ed intellettuali che procedono su quel solco, tracciato ormai più di un secolo fa. All’interno dell’élite scientifica nazionale – soprattutto nel nocciolo duro dell’Agenzia Spaziale Russa – e nei giovani studenti e ricercatori è ancora molto forte e vivo il richiamo del cosmismo, che ha direttamente o indirettamente influenzato le menti russe più rilevanti del XX secolo.
Nella religione, nel pensiero e nella pratica ortodossa – in qualche modo rinata dopo il crollo dell’URSS – si ritrovano nuovamente mescolati insieme, in varia misura, le aspirazioni del cosmismo con gli afflati spirituali tipici dell’ortodossia russa.
Recentemente lo stesso presidente Vladimir Putin ha ricordato l’importanza del pensiero di Vladimir Vernadskij per l’umanità intera, ordinando imponenti celebrazioni per il 150° anniversario della sua nascita: “All’inizio del XX secolo, il nostro connazionale Vernadskij ha creato una nuova teoria dello spazio, che unisce l’umanità, la noosfera. Questo concetto combina l’interesse dei paesi e delle nazioni, della natura e della società, delle conoscenze scientifiche e della politica statale. In realtà questa teoria è la base per la costruzione del concetto di sviluppo sostenibile”. Lo stesso Putin, lo scorso 12 Aprile – in occasione dell’anniversario dell’impresa di Jurij Gagarin – ha proposto di intitolare a Tzjolkovskij una città che sorgerà ex novo nei pressi del cosmodromo di Vostochnij.
In generale, nel paese, si riscontra un proliferare di iniziative, pubblicazioni e conferenze sul cosmismo, sentito come un vanto nazionale di cui la Russia può andare fiera con il resto del mondo.
Un interessante documentario è stato realizzato recentemente dal britannico George Carey, che è andato in Russia per rintracciare l’eredità dei cosmisti e del cosmismo; s’intitola ‘’, ed è disponibile su Vimeo anche se, purtroppo, è solo in lingua inglese:
Accanto ai musei e alle attività divulgative dedicate alle principali figure del cosmismo, in Russia esistono numerose correnti culturali che sono diretta gemmazione del cosmismo, dai transumanisti agli immortalisti, solo per citarne alcune.
Purtroppo il fatto che la lingua russa sia poco conosciuta in Europa, non permette di apprezzare e seguire a dovere il fermento culturale che contraddistingue ancora questo paese e che lo pone come un faro del cosmismo.
Il cosmismo è comunque una filosofia universale, e come tale lo è anche la sua eredità. Non sorprende quindi di ritrovare richiami al cosmismo anche in altre parti del mondo. Citiamo solo il suggestivo ‘Manifesto Cosmista’ dello statunitense Ben Goertzel. In esso sono contenute anche 10 tesi cosmiste, scritte in sinergia con l’italiano Giulio Prisco, che aggiornano al 2000 molte delle aspirazioni dei cosmisti russi del ‘900. Eccole qui di seguito:
1) Gli esseri umani si fonderanno con la tecnologia ad un ritmo sempre più crescente. Si tratta di una nuova fase dell’evoluzione della nostra specie, che sta prendendo velocità proprio in questo momento. Il divario tra naturale e artificiale sfocherà per poi, infine, scomparire. Alcuni di noi continueranno ad esistere come esseri umani, ma con una gamma radicalmente ampliata e sempre crescente di opzioni disponibili, aumentando drasticamente la diversità e la complessità. Altri si evolveranno in nuove forme d’intelligenza molto al di là del confine umano.
2) Svilupperemo intelligenze artificiali senzienti e la tecnologia del caricamento della mente umana sui computer. Quest’ultima tecnologia permetterà una durata di vita indeterminata a chi sceglie di lasciare il proprio substrato biologico e di caricarsi sui computer. Alcuni umani ‘caricati’ sceglieranno di fondersi tra di loro e con le intelligenze artificiali. Questo richiederà riformulazioni delle attuali nozioni di ‘io’, ma saremo in grado di farvi fronte.
3) Ci diffonderemo verso le stelle e vagheremo per l’universo. Ci incontreremo e ci fonderemo con altre specie là fuori. Allo stesso modo potremo vagare per altre dimensioni di esistenza, al di là di quelle di cui siamo attualmente consapevoli.
4) Svilupperemo realtà sintetiche interoperabili (mondi virtuali) in grado di supportare esseri senzienti. Alcuni uomini ‘caricati’ sceglieranno di vivere in mondi virtuali. Il divario tra realtà fisica e sintetica offuscherà, poi scomparirà.
5) Svilupperemo un’ingegneria spazio-temporale e una ‘magia futura’ basata sulla scienza, ben oltre la nostra attuale comprensione ed immaginazione.
6) L’ingegneria spazio-temporale e la ‘magia futura’ potranno consentire di ottenere, con mezzi scientifici, la maggior parte delle promesse delle religioni, e molte cose incredibili che nessuna religione umana avesse mai sognato. Alla fine saremo in grado di resuscitare i morti, ‘copiandoli nel futuro’.
7) La vita intelligente diventerà il fattore principale per l’evoluzione del cosmo, e lo guiderà verso un percorso pianificato.
8) I radicali progressi tecnologici ridurranno drasticamente la scarsità materiale, in modo che l’abbondanza di ricchezza, la crescita e l’esperienza saranno a disposizione di tutte le menti che lo desiderino. Nuovi sistemi di autoregolamentazione emergeranno per mitigare la possibilità che la creazione mentale vada fuori controllo esaurendo le ampie risorse del cosmo.
9) Nuovi sistemi etici emergeranno, sulla base di principi come la diffusione della gioia, della crescita e della libertà attraverso l’universo, così come nuovi principi che non possiamo ancora immaginare
10) Tutti questi cambiamenti faranno fondamentalmente migliorare l’esperienza soggettiva e sociale degli esseri umani, delle nostre creazioni e dei nostri successori, portando a stati di consapevolezza individuale e collettiva caratterizzati da profondità, ampiezza e meraviglia molto al di là di quello che è oggi accessibile agli ‘eredi degli uomini’.
In queste 10 convinzioni cosmiste il verbo futuro non è usato nel senso di inevitabilità, ma nel senso di intenzione: che vogliamo farlo, che siamo fiduciosi che possiamo farlo, e che noi faremo del nostro meglio per farlo.
Rappresentazione di un immaginario spazio cosmico; tratta dal film di fantascienza “Contact” (1997)
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Il nuovo millennio si apre davanti a noi; il cosmismo, a più di un secolo dalla morte del suo fondatore Fjodorov, può essere una bussola di riferimento spirituale e d’azione per le nuove generazioni, in un mondo che – tuttora dilaniato da lotte fratricide di carattere militare ed economico – non è ancora riuscito a trovare una ‘causa comune’ sotto le cui bandiere unirsi e poter raggiungere l’unità. Il cosmismo può essere un punto di riferimento ancora più importante per quei giovani che lottano politicamente per un mondo migliore, contro la prepotenza del più forte e la ‘legge’ del profitto capitalista, per la giustizia sociale e per lo sviluppo scientifico dell’umanità, rispettando l’ambiente e le aspirazioni dei popoli, per un socialismo ed un internazionalismo che, facendo tesoro dei propri errori, possano ripresentarsi sulla scena mondiale più forti di prima.
Dal 1945 – anno della morte di Vernadskij – ad oggi, l’uomo è diventato ancora più consapevole – con meraviglia e terrore insieme – del proprio ruolo geologico sul pianeta e dei suoi poteri su di esso. Con il telescopio Hubble è riuscito a fotografare l’origine dell’universo risalente a 15 miliardi anni fa, e le ricerche sui fossili gli testimoniano la straordinarietà della sua storia evolutiva sulla Terra in cui, al termine di un percorso tortuoso, incredibile e lunghissimo, è riuscito a dotarsi di un apparato cerebrale che gli permette - attraverso il pensiero scientifico – di intervenire artificialmente sul proprio corpo ed indirizzarne il percorso di sviluppo. Nuovi campi ed applicazioni del sapere come le biotecnologie, l’ingegneria genetica e l’informatica, le nanotecnologie, l’intelligenza artificiale e la robotica acquisiscono un ruolo sempre più importante aprendogli opportunità inedite e strabilianti. La scienza si diffonde senza sosta a livello planetario e con essa quei valori che il sociologo Robert K. Merton ha efficacemente sintetizzato nell’acronimo Cudos: comunismo delle conoscenze, internazionalismo, disinteresse per il proprio tornaconto, scetticismo organizzato. Cina, India – con le loro filosofie millenarie su cui nutriva tante speranze Vernadskij – Russia, Brasile e le nazioni emergenti, entrano da protagoniste nella storia scientifica del nuovo millennio: il ‘fuoco’ di Tzjolkovskij arde più che mai nei cuori dei taikonauti cinesi.
Ma è anche altrettanto forte la resistenza degli strenui difensori delle formalità dogmatiche di certe religioni e di certe filosofie contro il nuovo stato noosferico della Terra, nel quale l’uomo – grazie agli sviluppi millenari del pensiero scientifico e delle sue capacità tecnologiche – è proiettato in una nuova dimensione, insieme spirituale e materiale, cosmica e creativa.
Hugo de Garis, un ricercatore australiano nel campo delle intelligenze artificali, in un recente libro di science fiction, prospetta un futuro caratterizzato da una forte e sanguinosa contrapposizione tra i ‘Cosmisti’ e i ‘Terrestri’.
Noi siamo più propensi a credere che – in sintonia con l’ottimismo che ha contraddistinto tutti i cosmisti – anche le religioni e le filosofie oggi più immobili e ferocemente ostili, sapranno rielaborare i propri pensieri e le proprie credenze e alla fine conciliarsi con lo spirito noosferico dei tempi, con il cosmismo che potrà fungere da luogo di sintesi tra punti di vista apparentemente divergenti. Questo per una serie di motivi: i dogmatismi, se non accettano di adattarsi e confrontarsi con i cambiamenti in corso, saranno inevitabilmente condannati a scomparire; la visione del mondo del cosmismo accoglie al proprio interno gli afflati spirituali più profondi dell’anima umana mantenendo una mente aperta ai contribui multiformi – religiosi e filosofici – del suo spirito; tutte le credenze – anche quelle che oggi si presentano come più dogmatiche ed inflessibili – sono fatte di uomini in carne ed ossa che non potranno sfuggire al destino cosmico che è iscritto nel proprio DNA, nella propria milionaria storia sulla Terra: evolversi – cadendo e poi rialzandosi – e progredire in eterno, dominare la natura matrigna e diventare creature sempre più perfette, unirsi in armonia e risolvere gli enigmi dell’universo, andare in cielo e ritrovare gli amati parenti e, infine, incontrare il Padre – il Programmatore – ‘faccia a faccia’.
Una delle immagini conclusive del film di fantascienza “Tron” (1982)