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Discussione: Sole e pregiudizio

  1. #1
    Blut und Boden
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    Predefinito Sole e pregiudizio

    Sto cercando dati significativi sul tema dei suicidi, in particolare (della favola) sul tasso alto nei paesi scandinavi.

    Non ho trovato alcunché ma solo pregiudizi.

    ? Lo straordinario (e sconosciuto) potere del sole | Blog di Miglioriamo.it

    Osservate i mardani che affermano che nella grande pianura c'è sempre la nebbia e mai il sole (proprio come lel film "Totò, Peppino e le melafemmina").

    Ho trovato questo contributo interessante:

    31.8.07
    Gli scandinavi si suicidano (?!)
    Palle.

    Quante volte mi é capitato di sentirmi dire "Si si, la Norvegia sará bella quanto vuoi, ma hanno il piú alto tasso di suicidi al mondo, e un motivo ci sará!". Di solito dopo queste considerazioni segue un tentativo di associare il presunto "tasso di suicidi piú alto del mondo" alla mancanza di sole nei mesi invernali.

    Visto che sono uno scettico, mi sono informato. Per la precisione, mi sono informato sul sito della World Health Organization, non a Studio Aperto.

    Devo dire che i dati a disposizione erano fin troppi, e visto che non mi pagano per scrivere su questo blog, non mi sono lasciato andare a slanci giornalistici compilando tabelline e disegnando bei grafici colorati, ma mi sono limitato a raccogliere i dati sui tassi di suicidi in ventuno Stati presi abbastanza uniformemente da tutto il mondo, oltre ovviamente a Norvegia ed Islanda. I dati sono numero di suicidi per 100000 abitanti, e sono quasi tutti riferiti all'anno 2004.



    Norvegia 11,5
    Islanda 12

    Argentina 8,7
    Australia 10,8
    Belize 7,6
    Brasile 4,3
    Sud Corea 23,8
    Croazia 19,6
    Cuba 13,5
    Francia 18
    Germania 13
    Giappone 24
    India 10,5
    Israele 6,2
    Italia 7,1
    Mauritius 8,1
    Portogallo 11
    Russia 34,3
    Seychelles 13,2
    Spagna 8,2
    Stati Uniti 11
    Svizzera 17,4
    Uruguay 15,1


    Beh, che dire. Alcuni dati sono un po' sorprendenti, altri meno. Il Brasile, paese del carnevale, delle ballerine mezze nude e di tanti altri eccessi, ha un tasso di suicidi bassissimo. Ci puó stare. Anche l'Italia sembra essere messa bene. É invece interessante notare come i sudditi di Putin tendano a scegliere la morte volontaria con una frequenza quasi cinque volte superiore alla nostra. Ma dettagli a parte, spero che sia evidente un altro importante dato, quello pertinente all'argomento di questo post: non é neanche lontanamente vero che nei Paesi Scandinavi hanno i tassi di suicidi piú alti. E che dire poi della teoria della depressione indotta dalla mancanza di sole? Forse nella ridente isola dei sigari e dei dittatori barbuti non hanno abbastanza sole? E alle tanto decantate isole Seychelles? E nell'Uruguay?

    Spero di aver contribuito a sfatare questo inutile luogo comune. La Scandinavia ed il Nord in generale non fanno "venire la depressione". Anzi. Ci sará un motivo se Norvegia ed Islanda occupano rispettivamente il primo ed il secondo posto nella lista dei paesi col piú alto Indice di Sviluppo Umano...
    PUBBLICATO DA DOC A 20:28
    ETICHETTE: RIFLESSIONI

    Ice: Gli scandinavi si suicidano (?!)

    altra fonte sui suicidi:
    http://www.asplazio.it/asp_online/tu...02_davanzo.pdf

    Avete dati in merito?
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #2
    Blut und Boden
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    Predefinito Rif: Sole e pregiudizio

    IL SUICIDIO. ASPETTI EPIDEMIOLOGICI E NOTE GENERALI

    Il suicidio rappresenta la più grave tra le emergenze psichiatriche. La sua prevenzione o predizione rappresenta ancora oggi uno degli aspetti più difficili sia della clinica che della ricerca, non essendosi ancora individuato un "comportamento suicidario" definito e deducibile. Il suicidio puo’ rappresentare l’esito infausto di alcune gravi patologie psichiatriche – prima fra tutte la depressione, e come vedremo anche la schizofrenia – ma puo’ anche presentarsi all’interno di patologie “minori”, cosiddette “nevrotiche”, o costituire un fattore di rischio in alcuni momenti cruciali della vita o durante i passaggi di alcune fasi di eta’, come l’adolescenza e la vecchiaia. L’aspetto inquietante del suicidio, a differenza di altre psicopatologie, consiste proprio nella sua ubiquitarieta’ (puo’ colpire chiunque), trasversalita’ sia socio-geoografica (puo’ capitare in ogni luogo ed in ogni strato sociale) che nosografica (in ogni patologia o complesso sindromico), nonche’ la sua relativa imprevidibilita’. Tutti, di solito, ci sorprendiamo nel leggere che qualcuno che conosciamo si e’ suicidato o ha tentato di farlo, e la comune reazione di amici e conoscenti e’ la perplessita’ e lo stupore (“non lo avrei mai detto”). Alcuni dati. Nei Paesi occidentali, il suicidio rappresenta l’1% di tutti i decessi; secondo le recenti stime dell’OMS, si suicidano ogni anno nel mondo circa 800.000 persone. Per gli adolescenti, il suicidio costituisce la seconda-terza causa di morte; per gli anziani, la nona o la decima. In Europa, il maggior tasso di suicidi si ha nei Paesi Scandinavi e in Austria; mentre nel mondo e’ il Giappone uno dei Paesi piu’ colpiti,con oltre 33mila casi all’anno contro i 20mila di dieci anni fa. Il governo giapponese ha infatti predisposto un piano di intervento triennale per la prevenzione, contro quella che e’ ormai considerata una piaga sociale; dagli ultimissimi reports del Congresso della World Psychiatric Association tenutosi quest’anno proprio in Giappone (Agosto 2002), viene ripotato come la maggior parte dei suicidi siano maschi di mezza eta’ che hanno perso il lavoro, cosa ritenuta insostenibile nella cultura giapponese, mentre i mezzi piu’utilizzati siano il defenestramento e il gettarsi sotto la metropolitana. Tutti gli studi concordano nell’attribuire agli eventi stressanti – i cosiddetti life events – un ruolo scatenante di primo piano nell’indurre suicidio. Primo fra tutti, qualunque evento che comporti una perdita, sia essa di una persona cara, del lavoro, della casa, del proprio precedente status, persino di un ideale o di un progetto. Quello che, in termini piu’ psicologici, chiamiamo lutto. Va da se’, pertanto, che eventi scatenanti di massimo rischio saranno quindi la vedovanza, il pensionamento e il licenziamento, gli abbandoni, i tracolli economici e/o di immagine (si pensi ai suicidi degli adolescenti per un brutto voto a scuola). Qualunque perdita, di un essere umano o situazione, che colpisca una persona soprattutto nelle fasi evolutive o involutive dell’esistenza, quando si e’ fisiologicamente piu’ immaturi e piu’ fragili, e nel complesso piu’ bisognosi di conferme. Altro importante ruolo rivestono i fattori predisponenti. Si intende con questo termine un vasto spettro di situazioni, sia cliniche che non, che possono predisporre una persona a perdere del tutto la speranza e la normale forza vitale. Situazioni psicopatologiche predisponenti riguardano in primo luogo la depressione in tutte le sue varianti cliniche: in primis la Depressione maggiore, o psicotica, ma anche i disturbi depressivi reattivi, le distimie e i cosiddetti equivalenti depressivi (vale a dire quei sintomi, o comportamenti, che non appaiono direttamente depressivi ma che nascondono un disturbo dell’umore latente, come ad es. alcuni sintomi ossessivi o alcuni tratti del carattere). Anche gli altri disturbi dell’umore, come la ciclotimia o il Disturbo bipolare, aumentano il rischio di suicidio; lo stesso vale per la Schizofrenia soprattutto nella sua fase florida (quando il paziente puo’ essere vittima di “voci’ che gli ordinano di uccidersi) o, paradossalmente, in quelle delicate fasi di miglioramento e consapevolezza in cui lo schizofrenico prende coscienza del suo stato, diventando cosi’ piu’ vulnerabile a sentimenti depressivi. Va precisato, in ogni caso, che tutte le patologie psichiatriche aumentano il rischio di suicidio. Non va dimenticato, ancora, che un fattore scatenante puo’ essere rappresentato dalle patologie organiche , in particolare le malattie croniche, debilitanti, degenerative, che privano l’individuo dell’autonomia e della liberta’ di movimento; tali patologie, spesso, si associano all’eta’ avanzata, aumentando cosi’ il margine di rischio. Anche i tratti di personalita’, secondo gli orientamenti piu’ recenti, possono aumentare o predisporre al rischio di suicidio: personalita’ cosiddette borderline, caratterizzate da impulsivita’, incostanza, intolleranza alla frustrazione; personalita’ istrioniche, che tendono alla drammatizzazione ed amplificazione dei propri stati emotivi; in genere, la presenza di un disturbo della personalita’ puo’ costituire fattore di indebolimento dell’autostima, in certe fasi della vita, e pertanto predisporre al suicidio. Dobbiamo inoltre distinguere, all’interno dei comportamenti suicidiari, anche il tentato suicidio, ritenuto piu’ frequente nella popolazione femminile (mentre il suicidio riuscito sarebbe piu’ frequente nei maschi), e il mancato suicidio, che si riferisce invece ad un esito suicidario che non e’ stato portato a termine, ma che avrebbe potuto. Infine, si definiscono comportamenti parasuicidari tutte quelle condotte che comportano un inconsapevole o latente desiderio di morte, in cui viene ricercato un rischio estremo ed una sfida con la vita, quali ad esempio sport pericolosi, taluni incidenti stradali, gli abusi di sostanze, e via dicendo (cio’ non significa, ovviamente, che tutti i comportamenti di questo tipo, cd. “taking risk behaviour”, abbiano questo significato, ma si e’ visto che non e’ affatto raro). Se si considerano, nelle statistiche, anche questi casi, appare evidente che il suicidio e’, in linea di massima, sottostimato. Vista l’estrema ampiezza e variabilita’ del fenomeno suicidio – di cui abbiamo illustrato solo alcuni aspetti – si comprende come siano complesse e sempre parziali tutte le campagne preventive. Possiamo certamente intervenire su tutte quelle variabili che abbiamo visto essere strettamente collegate al rischio di suicidio: situazioni di perdita, eventi stressanti, solitudine, perdita del lavoro e conseguente basso stato sociale, concomitanza di patologie psichiatriche e/o organiche, fasi di passaggio della vita come adolescenza, puerperio, vecchiaia. Ma le cause del suicidio restano cosi’ profonde e numerose, cosi’ intimamente connesse alla vita emotiva di ciascuno di noi, che e’ difficile immaginare un rimedio valido per tutti. Possiamo solo – come psichiatri e anche come cittadini - tentare di avvicinarci ad una maggiore comprensione del fenomeno attraverso la conoscenza approfondita e il rapporto di fiducia con la persona che abbiamo di fronte, non sottovalutando mai la disperazione, il senso di vuoto, e le minacce di ‘farla finita’ che possono cumularsi, nel tempo, nella psiche di ognuno di noi.
    dr.ssa Rossella Valdre’

    suicidio e depressione psicologo psicoterapeuta psicoterapia psicoanalisi psico tirocinio per psicologi gruppi di auto mutuo aiuto
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  3. #3
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    Predefinito Rif: Sole e pregiudizio

    Uccide moglie e figlio e cerca il suicidio - Corriere della Sera

    Altrove prevalgono gli omicidi.

    Dove il sole abbonda. E anche la mafia.
    Ultima modifica di Eridano; 31-08-09 alle 12:57
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  4. #4
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    Predefinito Rif: Sole e pregiudizio

    Il suicidio


    Da quando ho cominciato la mia attività di psicologa on line su ilMioPsicologo.it, ricevo svariate lettere al giorno da parte di persone che sono depresse e che vorrebbe togliersi la vita, ma non hanno il coraggio di farlo.

    Altre lettere provengono da persone che hanno tentato più volte il suicidio senza riuscirci, e che sono giunte alla terribile conclusione di non essere capaci di far niente, neanche di morire.

    Quello che ogni volta mi stupisce, è che si tratta di persone che, apparentemente, non avrebbero nessun motivo per desiderare la morte: sono giovani, in buona salute, hanno un lavoro, una famiglia, una vita "normale".


    Ma dietro questa facciata di "normalità", si cela un abisso di sofferenza e disperazione, invisibile agli occhi del mondo, e spesso, invisibile persino agli occhi dei familiari e degli amici più cari. Le statistiche sul suicidio dicono che, ogni giorno, in Italia si tolgono la vita almeno dieci persone. E fra questi suicidi, molti hanno meno di trent'anni.
    Il percorso psicologico che porta al suicidio.
    Il suicidio non è quasi mai una decisione improvvisa. Poche persone, se non hanno qualche disturbo psichiatrico grave o si trovano a vivere in circostanze estreme, si suicidano in preda ad un raptus di disperazione. In genere, il suicidio è il punto di arrivo di un itinerario mentale lungo e tortuoso, che comporta decisioni, indecisioni e decisioni contrarie a quelle prese in precedenza. La persona che sta meditando di togliersi la vita, attraversa queste fasi:

    La morte viene vista in chiave positiva.
    Si valutano i pro e i contro del suicidio.
    Decisione di porre fine alla propria esistenza.
    La morte viene vista in chiave positiva.
    In questa fase, la persona che sta male comincia a prendere in considerazione l'idea di porre fine alla sua esistenza. Non c'è una vera intenzione di suicidarsi, ma il suicidio è preso è in considerazione come una possibile soluzione ai propri problemi. Il suicidio viene visto come una specie di ultima opzione da utilizzare nel caso la propria situazione diventasse insopportabile. In questo modo, l'aspirante suicida comincia a familiarizzarsi con l'idea della propria morte, che viene vista in chiave positiva.

    La morte non fa più paura e il pensiero di porre fine alla propria esistenza diventa capace di portare conforto e sollievo. In questa fase, possono comparire delle fantasie romantiche sulla propria morte. Una ragazza, per esempio, aveva immaginato nei dettagli il giorno del suo suicidio. Sarebbe andata a morire in Irlanda, su un prato, e per quell'occasione avrebbe indossato un bellissimo abito da sposa. Dopo aver ingerito una dose eccessiva di barbiturici, si sarebbe addormentata dolcemente, dicendo addio al mondo crudele.

    Si valutano i pro e i contro del suicidio
    Nella seconda fase, l aspirante suicida comincia a prendere seriamente in considerazione l'idea di uccidersi. La persona depressa si trova a combattere contro sentimenti ambivalenti , fra la voglia di vivere e quella di morire, fra disperazione e speranza.

    Decisione di porre fine alla propria esistenza.
    Nella terza fase, l'aspirante suicida ha maturato la decisione di sopprimersi. Spesso, è deciso ad andare fino in fondo, ma, in molti casi, l' istinto di sopravvivenza ha la meglio e all' ultimo minuto, l'aspirante suicida torna sui suoi passi.

    Perché una persona con una vita "normale" può desiderare la morte?
    Alcuni suicidi sono persone che soffrono di gravi disturbi psichiatrici, altri scelgono il suicidio perché sono anziani, soli e/o gravemente malati. Tuttavia, moltissimi suicidi sono commessi da persone giovani e sane, che soffrono di depressione. Per capire, almeno in parte, la visione del mondo e della vita che può spingere una persona "normale" al suicidio, riporterò alcune frasi scritte da aspiranti suicidi sul sito "Tutto per il suicidio". Naturalmente, vista la complessità dell'argomento, tratteremo solo alcune delle motivazioni più comuni.

    Il suicidio per motivi esistenziali
    Un aspirante suicida ha scritto: "Viviamo nella noia , e cerchiamo un altro bisogno, non appena ne appaghiamo uno, questo per noi significa altro dolore. La vita è un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore, regalandoci soltanto attimi illusori di felicità."

    Alcune persone non riescono a trovare un senso alla propria esistenza, niente le appassiona o le emoziona più. Non si sentono depresse, semplicemente si sentono vuote e spente. Apparentemente hanno una vita normale o addirittura soddisfacente, ma dietro la maschera di normalità, si nasconde una profonda insoddisfazione. Queste persone non credono più in niente e in nessuno: si sentono ciniche, disincantate, senza più sogni. La vita non è più un dono prezioso ma è un vano agitarsi prima della morte. La loro esistenza non è che una morte vivente e allora perché non affrettare l'inevitabile, risparmiandosi la fatica di vivere?

    In questo caso, anche se non c'è una depressione conclamata, la persona che pensa al suicidio, vive in uno stato di silente disperazione. L'impossibilità di trovare un senso alla propria esistenza, la noia continua , l'incapacità di amare sono problemi gravi che mascherano una profonda depressione. Ma, mentre nella depressione classica rimane un anelito di protesta e di ribellione verso la propria situazione, in questo caso l' aridità della propria esistenza viene accettata come l'emblema della condizione umana. La persona in questo stato non soffre più, perchè non si lascia più coinvolgere in niente, non si sente più delusa, perché non spera più niente.

    Il suicidio come gesto dettato dalla disperazione.
    In questo caso la persona che medita il suicidio, è in uno stato di disperazione. Ha subito un trauma, ha perso una persona cara, ha avuto una delusione in settore su cui aveva puntato tutta la sua esistenza. Viste dall'esterno, queste delusioni possono sembrare, in molti casi, banali: molti giovani si suicidano per una bocciatura a scuola, per una delusione sentimentale o d' amicizia. Ovviamente, quello che conta non è tanto l'evento in sé, ma il significato che questo evento assume per la persona che sta male.

    Perciò, può succedere che quello che agli occhi del mondo può apparire come un piccolo insuccesso, abbia un effetto devastante sull' autostima in costruzione del giovane.

    Un fallimento scolastico diventa allora la prova che si è dei falliti, una delusione d'amore diventa la prova che si ha un carattere poco amabile e che nessuno potrà mai amarci.

    Si può essere depressi, anche senza che ci sia stato un evento esterno scatenante. Alla base di molte depressioni c'è la mancanza d'amore : chi prende in considerazione il suicidio, sente che a nessuno importa se lui vive o muore. La persona depressa fa un bilancio totalmente negativo della sua esistenza che non offre nessun prospettiva di miglioramento : il futuro sarà orribile come il presente o anche peggio. Il suicidio appare, allora, come l'unico mezzo per porre fine alle proprie sofferenze che vengono vissute come intollerabili.

    Alcune volte, il suicidio può avere delle motivazioni "altruistiche": chi si toglie la vita, è sinceramente convinto di essere un fallito e di aver deluso le aspettative degli altri. E' persuaso di essere un peso per i propri cari ed è convinto che gli altri starebbero meglio senza di lui o di lei.

    Il suicidio come vendetta.
    Spesso le persone che pensano al suicidio non si sentono amate e considerate. Il suicidio diventa l'unico modo per essere finalmente visti e apprezzati dalle persone che li circondano. L'aspirante suicida è convinto che solo con un gesto estremo come quello di togliersi la vita, potrà far sì che gli altri si accorgano finalmente di lui. Il suicidio diventa un modo per vendicarsi dell'indifferenza o della cattiveria di amici e parentiostoro saranno costretti a vivere tutta la loro vita, portandosi dietro il peso insostenibile della colpa e del rimorso.

    Spesso, con la propria morte, il suicida vuole colpire la persona che più l'ha fatto soffrire in vita: può trattarsi di un genitore, del partner, del gruppo di amici, di un ex fidanzato/a.

    Ma dietro alla rabbia, c'è sempre una richiesta d'amore: l' aspirante suicida spera di ottenere con la sua morte quell' affetto e quella considerazione che non è riuscito ad ottenere da vivo. A questo proposito, riporto alcune frasi tratte dall'ultima lettera di un suicida omosessuale, che intendeva darsi fuoco sulla piazza del Vaticano, in segno di protesta contro la chiesa cattolica che non aveva mai accettato la sua omosessualità. Egli si era sentito discriminato per tutta la vita, a causa del suo orientamento sessuale, e incolpava la chiesa di questo.

    Ho deciso di trasformare in urlo e in segno indelebile il mio corpo di uomo che ama un altro uomo, di gridare tutto ciò che la Chiesa non vuole vedere. Il mio corpo sarà la penna, si consumerà scrivendo la mia parola che nessuno potrà cancellare. Adesso basta, la società mi ha suicidato, prima che lo facessi io. Almeno mi prendo la libertà, l'unica che mi hanno lasciato, di compiere il gesto finale.

    Il suicidio come mezzo per ricongiungersi con una persona amata.
    Chi soffre tantissimo per la morte di una persona cara, può decidere di porre fine alla propria esistenza per poter ricongiungersi con l'amato/a nell'aldilà.

    Se stai pensando al suicidio..
    Chi si suicida non vuole veramente morire: vuole solo porre fine ad un dolore insopportabile. Ma quando si è disperati, non si vedono le cose in un modo obiettivo: si pensa che perché il passato è stato brutto e il presente è duro, il futuro sarà altrettanto solitario e privo di amore. Ma nella vita tutto può cambiare, non bisogna mai perdere la speranza. Chi pensa al suicidio vede nella morte la soluzione ai propri problemi, ma il suicidio non è la risposta. Riporto a questo proposito il brano di una lettera scritta da una ragazza che ha tentato più volte il suicidio, ma all'ultimo momento ha cambiato idea:

    "Sono contenta di morire, ma allo stesso tempo, mi dispiace di morire", questa frase è banale ma è quello che senti in quei momenti. Una gioia euforica al pensiero di abbandonare questo dolore per andare a cercare il rimedio al di là di questa vita . E poi il dispiacere, profondo, perché sa tanto di crimine, cercare di uccidere se stessi , anche se razionalmente non lo considero un crimine. C'è qualcosa, in quei momenti, che salta da dentro sussurrando : "No, non è giusto! Questa NON è la soluzione giusta!"

    Anche se stai prendendo seriamente in considerazione il suicidio, c'è una parte di te che vuole vivere. C'è una parte di te che vuole lottare e che conserva ancora una tenue speranza che le cose possano cambiare. Ed è a quella parte che mi rivolgo.

    Se stai pensando al suicidio, per favore, fatti aiutare. Quello di cui tu hai bisogno non è toglierti la vita , ma condividere il tuo dolore con una persona che sappia capirti e aiutarti. Rivolgiti ad un terapeuta o, se non te la senti di farlo, ad un telefono amico ( sul sito Telefono Amico Italia troverai il recapito telefonico del telefono amico della tua città). Se in casa tieni del materiale che potrebbe servirti per toglierti la vita ( corde, barbiturici, armi, lamette, ecc..), sbarazzatene subito. Evita il più possibile di stare da solo : solitudine e disperazione si alimentano a vicenda e in un momento così delicato, hai un bisogno particolare di sentire calore e amicizia.

    Scegli la vita, e vedrai che in un futuro non troppo lontano, capirai di aver fatto la scelta giusta.

    Dottoressa Anna Zanon

    http://www.ilmiopsicologo.it/pagine/suicidio.aspx
    Ultima modifica di Eridano; 31-08-09 alle 12:57
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    Predefinito Rif: Sole e pregiudizio

    Il fenomeno suicidio: fattori psicopatologici e sociali

    a cura di Francesco Giubbollini

    Il suicidio è un fenomeno di vasta rilevanza sociale, la cui frequenza varia in epoche e culture diverse. Analogamente a quanto è avvenuto per ogni altra manifestazione psicopatologica, lo studio del suicidio si è avvalso di un duplice paradigma: da una parte il paradigma personologico, di derivazione psicoanalitica e antropofenomenica, che, partendo dalla concezione del suicidio come "atto insano", ha contribuito a svelarne dinamiche e significati, dall'altra il paradigma sociologico, che ha considerato le manifestazioni umane come parte di un più vasto sistema culturale e socio-economico.
    Numerose sono in effetti le variabili psicologiche e sociali che possono essere considerate fattori di rischio suicidario.

    Psicopatologia del suicidio
    Jean Esquirol in "Des maladies Mentales" pubblicato a Parigi nel 1838 sostiene che l'uomo attenta alla propria vita solo quando delira ed i suicidi altro non sono che degli alienati.
    In psicoanalisi ci si è accostati al fenomeno del suicidio, pur potendo questo essere conclusione di numerosi stati psicopatologici, soprattutto considerando la psicopatologia della Depressione.
    Secondo Freud (1) il suicidio è un omicidio mancato: il
    Nel mondo occidentale il suicidio è tra le prime dieci cause di morte e ogni giorno muoiono per questa causa circa mille persone paziente futuro suicida, ha introiettato una figura im*portante, un tempo amata ed ora odiata, che viene uccisa nell'immaginazione attraverso il suicidio, cioè dirigendo verso se stesso l'ostilità provata nei confronti dell'altro, e raggiungendo, inoltre, attraverso il suicidio, l'espiazione dei sensi di colpa provocati dalla coscienza di tale ostilità.
    Secondo lo schema interpretativo freudiano si raggiunge con il suicidio un duplice vantaggio inconscio: il vantaggio primario, relativo all'espiazione delle colpe nonché alla punizione dell'oggetto d'amore interiorizzato, e quello secondario, relativo alla colpevolizzazione delle persone significative contro cui e per le quali, ci si suicida.
    Karl Menninger (2) ritiene che debbano esistere tre componenti psichiche perché possa realizzarsi il suicidio:
    1) il desiderio di uccidere tratti indesiderati del proprio io
    2) il desiderio di essere ucciso come impulso di espiazione;
    3)'il desiderio dr morire per ricongiungersi a Dio o alla persona perduta.
    Ludwig Biswanger (3) pone particolare attenzione alla dimensione del tempo del paziente suicida descrivendone la frammentazione e la incapacità a proiettarsi nel futuro. Silvano Arieti e Jules Bemporad (4). affrontano il problema del suicidio, in particolare nella depressione grave, ponendo in primo piano i sentimenti di impoten*za e fallimento.Herbert Hendin (5) nega che la psicopatologia depressiva, da sola, sia sufficiente a determinare la condotta suicidaria ed ipotizza che varie costellazioni psicodinamiche possano essere implicate nel suicidio:
    morte come ritorsione verso l'altro; riunione con la persona amata; suicidio come fantasia di rinascita; suicidio come espiazione di colpe ed autopunizione.
    Franco Fornari sottolinea l'aspetto metacomunicativo dell'atto autoaggressivo, ritenendo che il suicida, sebbene appaia voler negare il proprio rapporto con il mondo, in realtà lo ricerca disperatamente.
    Il paradosso del suicidio sarebbe quello di voler rap*presentare una "negazione della morte". Gaetano Benedetti (7) analizza il problema del suicidio nella psicopatologia della schizofrenia rilevando anzitutto la frequenza delle fantasie suicidane nei pazienti schizofrenici e riconducendola alla sofferenza del paziente che assiste allo sfacelo del proprio io, specie nelle fasi iniziali della psicosi. Interpreta fantasia suicidaria e suicidio come meccanismo di difesa dell'Io contro le autoaggressioni provenienti dall' Es e come tentativo di liberazione.

    II contributo sociologico alla comprensione del suicidio
    Sin dalla prima metà dell'800 è però controverso che il suicidio sia davvero un atto commesso solo da insani ed è proprio in questo periodo che le cause del suicidio iniziano ad essere ricercate fuori dall'individuo e nella società.
    Se la psicoanalisi e le interpretazioni di ordine psicodinamico hanno contribuito dunque a chiarire il significato e le cause intrapsichiche del comportamento suicidario, la ricerca sociologica ha particolarmente cercato i evidenziare le cause sociali del suicidio.
    Lo studio di Emile Durkheim (8) sul suicidio viene tuttora considerato il più completo e valido tentativo di a*nalisi sociologica del fenomeno. Non è nostra intenzione in questa sede analizzare compiutamente la ricerca durkheimiana: ci limiteremo a considerare gli aspetti più rilevanti e quelli che maggiormente si prestano a correlati che potremmo definire di ordine psico-sociale. Durkheim descrive tre "modalità sociali" di suicidio, che sono:
    1) il suicidio egoistico;
    2) il suicidio altruistico;
    3) il suicidio aKomico.
    Il suicidio egoistico è tipico dell'individuo G é .si è estraniato dal gruppo sociale cui a attiene, entrando in uno stato di isolamento e dismisura, dualizzazione. Il suicidio altruistico, al contrario, è determinato da una eccessiva socializzazione, da una eccessiva integrazione, che rende l'individuo depersonalizzato. Nella terza forma di suicidio, quella gnomica, l'influsso degli squilibri sociali è particolarmente evidente.
    Il termine "anomia" indica una condizione di mancanza, o di grave insufficienza, dei sistemi di norme e di valori che regolano la vita collettiva di un gruppo. Durkheim ritiene che la tendenza al suicidio sia inversamente proporzionale al grado di integrazione dei gruppi sociali di cui l'individuo fa parte.
    Il fattore "appartenenza ad un gruppo" teorizzato da Durkheim rimane a1 centro dell'indagine sociologica successiva, che viene comunque arricchita di ulteriori ' apporti. Henry Wechsler (9) riconduce alla disgregazione sociale la causa fondamentale del suicidio e pone come intermedia la condizione depressiva che da tale disgregazione deriva e che al suicidio conduce
    Warren Breed (10) sostiene che il suicidio è favorito da una mobilità economica discendente.
    Peter Sainsbury (11) amplia il concetto di isolamento sociale ed introduce delle variabili di maggiore rilevanza psico-sociale, quali le condizioni di immigrazione, disoccupazione, età anziana. Come è possibile vedere, numerose sono le tematiche affrontate dalla ricerca sociologica che possono avere implicazioni anche da un punto di vista psicologico.
    Tenteremo di fornire una interpretazione complessiva del suicidio, tenendo conto di tutte tali variabili, nel tentativo di individuare i vari fattori e le relazioni tra questi che possono avere importanza nel determinismo della condotta suicidaria.
    Affronteremo brevemente il tema delle cosiddette "Epi*demie suicidane".

    Aspetti clinici del suicidio
    Possiamo innanzitutto distinguere il suicidio (ed il tentativo di suicidio" o T.S.) dagli "equivalenti del suicidio" e dal suicidio focale.
    Si distingue inoltre il suicidio "razionale", conclusione di atto lucido ed intenzionale, spesso a lungo elaborato e preparato, ed il suicidio "automatico", un suicidio im*pulsivo spesso elaborato esclusivamente a livello inconscio e realizzato come acting-out.
    Sia a proposito della patologia depressiva che schizofrenica, o meglio di particolari momenti di queste, si è parlato della cosiddetta. "sindrome pre-Suicidaria", che sarebbe caratterizzata da idee o fantasie di suicidio, restringimento del pensiero, inibizione dell'aggressività etero-diretta e isolamento: tale sindrome sarebbe appunto tipica sia del periodo di remissione di un disturbo schizofrenico, periodo in cui si raggiunge una maggiore consapevolezza de]. proprio stato e della propria esperienza, sia della fase iniziale di una terapia antidepressiva in cui l'azione farmacologica sblocca l'inibizione psicomotoria mentre il nucleo ideico di tipo depressivo permane ancora intatto.
    In realtà riteniamo che si possa concettualizzare la sindrome pre-Suicidaria in modo maggiormente estensivo e considerare come tale qualunque patologia psichiatrica, suscettibile di condurre al suicidio, nel momento in cui si inseriscono, nel decorso di questa, eventi di natura psicologica, relazionale o sociale in grado di aumen*tare sensibilmente tale rischio.

    Per "condotta Suicidaria"si intende:
    1) l'idea o rappresentazione mentale dell'atto;
    2) il tentativo di suicidio, che può essere tale in quanto suicidio mancato (per cause estranee alla volontà del soggetto) oppure in quanto dimostrativo;
    3) il suicidio vero e proprio, atto riuscito di autodistruzione (Tab II).
    lesive per l'individuo, che conducono o possono con*durre a morte attraverso modalità protratte o diluite.

    Si è ritenuto in passato che anche la volontà di inanizione dell'anoressia mentale potesse rispondere ad una interpretazione di tal genere ma sia Mara Palazzoli Selvini (12) che Hilde Bruch (13) sono giunte alla conclusione che l'evento di morte nell'anoressia rappresenta una sorta di incidente di percorso nella carriera anoressica, incidente determinato soprattutto dall'alterazione dell'immagine corporea e della coscienza di sé tipiche della malattia.
    Il suicidio focale è quello proprio delle automutilazioni e della cosiddetta "surgery addiction", o chirurgofilia. Il concetto di suicidio può essere infine ulteriormente
    ampliato includendovi i cosiddetti "suicidi subintenzionali", ovvero quelle morti legate ad attività estremamente rischiose, scelte dal soggetto per motivazioni più o meno conscie (Tab I).
    Come quindi è facilmente comprensibile, condotte suicidarle possono in varie forme ritrovarsi in numerose patologie psichiatriche, anche se comprensibilmente il suicidio è massimamente associato a patologia depressiva, in particolar modo a patologia depressiva endogena.

    Le epidemie di suicidi
    Un cenno particolare merita il problema delle cosiddette "epidemie di suicidi": epidemie circoscritte nel tem*po, spesso caratterizzate da identiche modalità suicidarie.
    Epidemie di tal genere vengono descritte in America, nel 1894 e nel 1910, in Inghilterra nel 1948. Epidemie suicidarie si sono verificate negli ultimi anni anche in Italia.
    Il peso dell'imitazione dal possibile ruolo svolto dalla stampa ed il peso svolto dall'imitazione nella decisione del suicidio ed è giunto alla conclusione che tale influenza appare essere trascurabile.
    Il peso dell'imitazione era stato precedentemente considerato anche da Durkheim che era giunto ad analoghe conclusioni.
    Se ciò è indubbiamente vero da un punto di vista statistico, tuttavia riteniamo si debba attentamente conside*rare il fenomeno. Innanzitutto potremmo distinguere, pur essendo spesso tali aspetti intimamente collegati, il
    In questo senso potremmo parlare di epidemie 'Normali' di Suicidio, "epidemie" cioè nelle quali ciò che viene imitata è la modalità attraverso cui si compie il suicidio, e fare una distinzione da quelli che potremmo definire invece "suicidi indotti".
    Nel primo caso possiamo ipotizzare che il ruolo della stampa, che pure certamente esiste, sia secondario riguardando esclusivamente, o quasi, l'aspetto formale dell'atto suicidario.
    Nei suicidi indotti si potrebbe al contrario considerare un ruolo di maggiore importanza, svolto dagli organi di informazione: in questo caso, i suicidi possono essere: considerati conseguenza indiretta di un particolare clima sociale, ad alto contenuto emotivo, in grado di influire sensibilmente nel determinismo della condotta suicidaria amplificando angosce e timori patologici in personalità predisposte (si pensi a titolo di esempio alla vera e propria epidemia di suicidi di alcuni anni fa, in Italia, di individui che si suicidavano ritenendo erroneamente di essere affetti da Aids nel periodo in cui la stampa dava eccezionale rilievo alla malattia )
    In ogni caso, possiamo ritenere i periodi epidemici suicidare fattori aggiuntivi di rischio.
    In ambedue i casi, infine, la dimensione collettiva della morte per suicidio può assumere valore particolare, come cercheremo di evidenziare più avanti.

    La valutazione dei rischio di suicidio
    Affrontando la problematica del suicidio, uno degli aspetti più importanti è rappresentato dalla possibilità di poterne correttamente valutare, caso per caso, il rischio: tale valutazione implica la necessità di un'analisi multidimensionale e multifattoriale da effettuarsi a tre diversi livelli: un primo livello, che possiamo definire sovrastrutturale, riguarda aspetti. ideologici o religiosi del gruppo di appartenenza del soggetto potenziale suicida; un secondo livello, che definiremo strutturale, concerne gli aspetti economici e sociali; infine un terzo livello, che possiamo definire sottostrutturale (o individuale o intrapsichico) che riguarda più da vicino le dinamiche relazionali e le tensioni psichiche del. soggetto in esame.
    E' ovvio come tali tre diversi livelli possano essere singolarmente identificati solo a fini didattici, essendo variabili in grado di interagire strettamente.

    Sebbene non sia possibile identificare con assoluta certezza la possibilità e l'entità del rischio di suicidio, sarà opportuno considerare con paricolare attenzione la presenza dei seguenti dati:

    1) Fattori Anamnestici: suicidi in ascendenti e collaterali, o, generalmente, nell'ambiente relazionale prossimo al paziente; pregressi tentativi di suicidio.
    2) Fattori Generali: età (in particolare, presenio ed adolescenza),eventuale presenza di malattie croniche invalidanti di tipo cerebrale o extracerebrale.
    3) Fattori psicopatologici propriamente detti: disturbi depressivi (maggiori e distimia), disturbi schizofrenici, disturbi di personalità, disturbi bipolari. Inoltre, presenza di alcoolismo o tossicomanie.
    4) Fattori socio-economici e relazionali: eventi stressanti di vita, perdita del "ruolo" sociale in senso lato, rottu*re di equilibri affettivi, economici e sociali in generale.
    5) Fattori soggettivi: espressione di sentimenti di "taedium vitae", colpa, autoaccusa, incapacità o inguaribilità, infine di solitudine e/c, di isolamento sociale.
    6) Fattori aspecifici (sovrastrutturali): epoche di transizione sociale, perdita di valori e periodi di crisi ideologiche o di rischio "epidemico".

    Considerazioni conclusive
    Se può essere considerato utile ampliare i limiti della sindrome pre-suicidaria, al fine di porre particolare attenzione ai fattori di rischio suicidario e nel tentativo di svolgere un'efficace azione preventiva, per lo stesso motivo considereremo in queste brevi note solo il suicidio vero e proprio, trascurando quelle definizioni che tendono invece ad ampliare il concetto di suicidio e non ci soffermeremo quindi sugli equivalenti suicidare, sui suicidi focali e subintenzionali.
    Analogamente, non affronteremo le tematiche collegate al tentativo suicidario ed ai rapporti di questo con il suicidio. Le considerazioni che seguono, comunque, possono essere considerate almeno in parte comuni ed estendibile ad ogni forma clinica di suicidio.
    Secondo Erwin Stengel (15) in media circa un terzo di coloro che si suicidano soffrono o hanno sofferto di gravi forme di nevrosi, psicosi o disturbi della personalità.
    Si può ritenere approssimativamente che circa il 15% dei pazienti affetti da varie forme di depressione muoia per suicidio. Non riteniamo si possa esaurientemente spiegare il fenomeno suicidario esclusivamente in termini psicopa*tologici e ciò sostanzialmente per due motivi:
    1) Non tutti i pazienti che muoiono o tentano di morire suicidandosi sono riconosciuti soffrire di disturbi mentali: i due terzi almeno non possono essere inclusi in categorie diagnostiche psichiatriche.
    2) Non esiste una costellazione psicopatologica specifica del suicida sebbene infatti si riconosca una particolare frequenza del suicidio nell'ambito della patologia depressiva, questa da sola non è sufficiente a spiegare la condotta suicidarsa né d'altra parte il fenomeno suicidio è peculiare della patologia depressiva.
    Per quanto attiene il primo punto, seppure si possa ammettere la possibilità che alcuni casi sfuggano all'indagine psichiatrica e quindi ad un corretto inquadramento diagnostico, ovviamente tale ipotesi non è generalizzabile a tutti i casi di suicidio.
    Per quanto riguarda invece la psicopatologia depressiva, anche rimanendo esclusivamente nell'ambito della depressione maggiore ed anche quando si consideri la presenza di idee, persino deliranti, di colpa c/o di inguaribilità, queste non sono in grado, da sole, di spiegare e di rendere sufficientemente conto del fenomeno suicida '
    La stessa ricchezza delle ipotesi, sia di tipo psicodinamico che sociologico, rende evidente da una parte la complessità del fenomeno e dall'altra la incertezza nel riconoscere e nell'evidenziare l'essenza stessa del suicidio, essenza che sembra sfuggire alla piu intima comprensione.
    Ciò può rendere conto della difficoltà ad individuare correttamente la "fase pre-suicidarsa", il cui tentativo di definizione ha tuttavia il merito di sottolineare la necessità di un'analisi dettagliata della "meditazione" suicidaria e dei fattori di rischio ad essa collegati.
    Possiamo quindi tentare una definizione: del suicidio considerandolo, con Orazio Siciliani (16), una risposta individuale, non necessariamente o non esclusivamente patologica in sé e per sé, che può essere però considerata traduzione di una condizione patologica esistente se non a livello individuale almeno a livello relazionale, o sociale, o generalmente esistenziale.
    E' in virtù di ciò che lo studio dei correlati "psicopatologici" e "psicosociali" del suicidio può consentire l'individuazione di dinamiche comuni alla maggior parte dei suicidi e, di conseguenza, costituire un valido approccio tendente alla prevenzione del suicidio stesso. Abbiamo già accennato alla psicodinamica del suicidio nella depressione, enumerando le varie componenti di aggressività, colpa, espiazione, rinascita può essere sufficiente a questo punto sottolineare ulteriormente la funzione di appello dell'atto suicida, inteso e fantasticato come ultima disperata modalità di comunicare la propria sofferenza.
    Analogamchte, il paziente schizofrenico più frequentemente può suicidarsi durante la fase iniziale della psicosi, o in quella di remissione della sintomatologia dissociativa, periodi durante i quali è particolarmente avvertita la consapevolezza della propria condizione e l'impossibilità di ricostruire validi legaml con la realta sociale.
    Considerazioni simili possono farsi per i pazienti affetti da disturbi di personalità, per i quali il suicidio è massima espressione di asocialità, per gli adolescenti che vivono la dissoluzione degli investimenti infantili prima che quelli dell'adulto si siano affermati, per gli anziani che vedono il loro ruolo sociale e la loro capacità produttiva ridursi sino a scomparire.
    Ciò che sembra accomunare vissuti psicopatologici e situazioni esistenziali è l'intollerabile sentimento di soli*tudine e l'impossibilità di comunicare, ed è a questo livello che possiamo forse ricercare l'essenza intima del fenomeno suicidario.
    Il suicidio si pone, in questo senso, come tentativo estremo di recupero di una modalità comunicativa che il soggetto avverte aver perduto . Infatti, possiamo considerare come, paradossalmente, la morte per suicidio riconduca il dramma privato dell'individuo, di qualunque genere esso sia, e la sua stessa esistenza in una dimensione sociale collettiva che il soggetto ritiene aver perduto: ed è proprio in tale dimensione che l'uopo fantastica, a livello conscio o inconscio, di poter ritrovare e riaffermare la propria identità umana e sociale.
    Possiamo quindi considerare il suicidio come epilogo di una situazione strutturatasi in momenti diversi: la condizione preliminare, imperniata su uno o più fattori principali, di natura diversa, potendosi trattare di una condizione psicopatologica individuale, o sociale relazione, o, di un evento di vita; o di un lutto, fattori tutti comunque suscettibili di configurare una situazione di stato, improntata su sentimenti di solitudine, incomprensione, incomunicabilità, immersi o merio in un contesto di isolamento sociale, il cui aspetto fenomenico ricalca le peculiarità dei fattori di base, nell'ambito della qual si struttura la "fantasia nucleare suicidaria", ovvero l'incongrua intuizione di poter superare e risol*vere la propria condizione esistenziale di isolamento nella dimensione collettiva della morte per suicidio e nèlla risonanza emotiva che l'atto autosoppressivo produce nella collettività.

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    Il fenomeno suicidio: fattori psicopatologici e sociali by Salus.it Medicina in rete
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

 

 

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