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Risultati da 1 a 9 di 9
  1. #1
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    Predefinito Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Un'ex impiegata, con marito e figlio, venderà vestiti made in Italy nell'ex salotto buono della città: "È un monopolio cinese. Ma sono cresciuta qui e non mi rassegno"



    Stefano Filippi - Mar, 12/11/2013 - 08:26




    Dolores Modonutti si stupisce: «Paura? Non posso permettermi di avere paura, siamo matti». Via Piave taglia in due la grigia periferia di Venezia, dalla stazione al centro, vecchie case dei ferrovieri, villette déco, portici.






    La linea di via Piave ora è la trincea degli stranieri, cinesi, bengalesi, nordafricani con i loro bazar, i kebab, gli internet point, le parrucchiere, i bar comprati in contanti. Le retate di spacciatori sono all'ordine del giorno. Un anno fa la Guardia della finanza (la caserma è proprio sulla strada) ha arrestato il boss cinese della zona, Keke Pan detto Luca, e altre 15 persone: importavano clandestini, reclutavano prostitute, sfruttavano il lavoro nero. Via Piave era il suo regno, una trentina di negozi, centri massaggi, perfino un albergo. Valore 20 milioni, tutto sequestrato.
    Della via Piave di un tempo, il salotto di Mestre, restano gli edifici liberty, un orefice, un restauratore di stampe antiche e i ricordi degli anziani. Ma da un mese c'è anche una bottega di «moda italiana»: così è scritto sulla vetrina con le lettere adesive. Un segnale di riscossa come ce ne vorrebbero tanti in quest'Italia depressa. Niente lamenti sulle tasse, tanto olio di gomito: «Affrontiamo i cinesi sul loro terreno, impariamo a usare le loro armi». Così, accanto a una vetrina di elettronica gestita da un cinese che non parla italiano, la signora Modonutti con il marito e il figlio Giulio Favaretto ha aperto questo angolo di abbigliamento. Produzione e qualità made in Italy, prezzi orientali. O quasi.
    «Qui c'erano le case più belle di Mestre, sono nata in questo quartiere, bisognerà cominciare a farlo rivivere», dice. Lei parte da questi pochi metri quadrati con un pavimento alla veneziana originale: «Comprati per non avere padroni». Tra qualche settimana, finiti alcuni lavori, una festicciola di inaugurazione. È una sfida a Chinatown ma anche alla crisi e alla disoccupazione: «Mio figlio ha più di 30 anni, è laureato in lingue e trova soltanto lavoro precario e mal pagato; noi siamo in pensione. È soprattutto una possibilità per lui. Segue la linea di abbigliamento maschile, io quella femminile, giriamo i maglifici della zona, combiniamo il prezzo e la qualità che i cinesi non possono avere. Da loro prendiamo la capacità di buttarsi, di investire».
    Dolores Modonutti è una donna colta e coraggiosa. È laureata in storia, è stata impiegata all'Ilva/Italsider di Marghera, ama la pittura, la lirica (Fenice e teatro Verdi di Trieste), l'architettura, i buoni libri. Tra una cliente e l'altra legge Henry James, ma a portata di mano tiene le 900 pagine di Grande seno fianchi larghi di Mo Yan, premio Nobel per la letteratura: «Dobbiamo pur capire chi sono e cosa pensano questi cinesi che hanno un terzo del debito pubblico americano e il 15 per cento del nostro. Sono confuciani, si adattano a tutto, dormono nei negozi, campano con niente: il mio vicino, qui, dice che bastano 100 euro il mese. Ma non si integrano, appena quattro parole in inglese. E sono tantissimi».
    «Smart», così si chiama la rivendita che ancora attende una vera insegna, è arredata con quadri, vasi, specchi e cassettiere di famiglia, gli scaffali sono il regalo di un'amica, i cavalletti appendiabiti vengono da una tintoria chiusa. Una statua in gesso del giardino di casa è diventata un manichino. Si attende seduti su una poltroncina in pelle bianca. Dolores Modonutti la chiama «arte dell'arrangismo». «La gente viene, fa quattro chiacchiere, trova belle cose e un ambiente diverso dai centri commerciali. Possono prendere i capi in prestito per farli provare. Tornano tutti: non c'è uno che si sia tenuto qualcosa senza poi pagare. La gente è sana. Vengono anche i cinesi, danno un'occhiata e se ne vanno senza dire una parola».
    È la bottega della fiducia. «Dobbiamo imparare dai cinesi, lo dico seriamente. Imparare a non aspettare che il lavoro cada dal cielo. La generazione di mio figlio quali prospettive ha? I sindacati tutelano soltanto chi il posto ce l'ha già. Che fa il signor Letta? E il sindaco di Venezia? A Mestre ogni strada storica ha un comitato di protesta. Io ho visto tutta l'evoluzione della metallurgia italiana, compresi quelli che andavano in pensione con appena 25 anni di lavoro. Oggi c'è soltanto cassa integrazione. Per me che ho fatto il 68, questi ragazzi sono ben educati. La mia generazione ha preso le pistole. Noi abbiamo scelto di investire in via Piave, il destino di questi luoghi non è già scritto».

    Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre - IlGiornale.it
    Ultima modifica di Argo; 16-11-13 alle 12:26

  2. #2
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    ...negozio Geox ......a vedere le tanto decantate Amphibiox ........regolare scritta MADE IN CHINA ........per 160 euro ......che vadano a ca**re ....
    Ultima modifica di Ivan; 16-11-13 alle 12:41

  3. #3
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Citazione Originariamente Scritto da Argo Visualizza Messaggio

    Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre





    «Dobbiamo imparare dai cinesi, lo dico seriamente.
    Imparare a non aspettare che il lavoro cada dal cielo.
    La generazione di mio figlio quali prospettive ha?


    credo che il figlio, insieme ad altri milioni
    di giovani, avranno prospettive per niente
    lusinghiere, dovendo risiedere in un paese
    che ha svenduto la propria sovranità, politica
    monetaria e industriale a entità apolidi
    sovranazionali che impongono i loro desiderata.

    se crediamo sia giusto e lecito, produrre
    ogni sorta di beni e servizi, in paesi
    con retribuzioni e diritti del lavoro
    equiparabili al regime di schiavitù,
    importando le stesse produzioni e servizi
    liberamente, è chiaro che dovremo rassegnarsi
    a diventare terzo e quarto mondo
    in materia di diritti e retribuzioni.

  4. #4
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Quella sui cinesi è una piaga sanguinante.

    Fosse per me questa merce non entrerebbe in italia , oppure entrerebbero solo prodotti semifiniti a condizione di completare il 50% della lavorazione in italia con manodopera italiana e contratti dimostrabili....

    Se il 50% della merda che compriamo fosse finito in italia avete idea di che giro di soldi avremmo nel paese?
    Con circolo virtuoso di occupazione e ripresa reale....
    Ultima modifica di Ivan; 17-11-13 alle 22:49
    Imperare sibi maximum imperium est

  5. #5
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Grande ammirazione per il coraggio della signora imprenditrice.
    Un coraggio non tanto riferito allo spirito d'iniziativa che l'ha spinta nell'avventura dell'impresa, in un Paese dove il lavoro autonomo, almeno quello prodotto da italiani, viene visto come bacino di evasione fiscale e quindi aggredibile con ogni forma di repressione messa a disposizione dalle istituzioni, per annientare l'impresa e lo stesso Stato italiano, ma il coraggio della signora è l'aver dichiarato di essere pensionata e di voler dare una mano al proprio figlio. Cose d'altri tempi, come raccontate da Mario Calabresi nel suo libro: Cosa tiene accese le stelle.
    La signora deve solamente sperare che qualche segugio dell'Agenzia delle Entrate, in cerca di arrotondamento di stipendio per aggio riconosciuto d'ufficio contro i ricercati per evasione fiscale, non piombi nella bottega e le dica: - signora, lei da pensionata non può svolgere altri lavori, pena la decadenza del suo stato di pensionata con immediata restituzione della pensione indebitamente percepita -
    In Italia, accade anche questo, e il nostro presidente della repubblica, come alto burocrate di Stato, non lo sa.
    Ultima modifica di Condor; 17-11-13 alle 22:05

  6. #6
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Onore a questa famiglia, che dimostra resilienza, unità e spirito di iniziativa: elementi di cui avremmo sempre più bisogno ed invece scarseggiano sempre di più.
    La tolleranza mostrata nell'accettare questi prodotti d'imitazione e scarsissima qualità da Cina ed Estremo Oriente purtroppo sta uccidendo il mercato: occorrerebbe molta più severità e maggiori controlli.
    .
    L'ultimo uomo ad essere entrato in Parlamento con intenzioni oneste.

    Non basta negare le idee degli altri per avere il diritto di dire "Io ho un'idea". (G. Guareschi)

  7. #7
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Citazione Originariamente Scritto da Guy Fawkes Visualizza Messaggio


    La tolleranza mostrata nell'accettare questi prodotti
    d'imitazione e scarsissima qualità da Cina ed Estremo
    Oriente purtroppo sta uccidendo il mercato:
    occorrerebbe molta più severità e maggiori controlli.


    io credo che tutto possa essere importato,
    prodotti di pessima qualità inclusi;
    la sola cosa importante e quella di applicare
    adeguati dazi doganali per ogni tipologia di merce.

    chi vuole produrre in regime di schiavitù
    lo faccia pure, sapendo però che un
    tale tipo di concorrenza, non paga.

  8. #8
    alias Bestia Nera
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Blitz della finanza in 20 laboratori
    cinesi: sgomberi e sequestri


    VENEZIA - I finanzieri delle compagnie di Mirano e Chioggia, con il supporto dei “baschi verdi” del gruppo di Venezia hanno portato a termine un’importante operazione di contrasto ai fenomeni illegali che colpiscono gravemente il comparto tessile e calzaturiero radicato nel Miranese e nei comuni di Fossò, Vigonovo, Camponogara, Fiesso d’Artico, Campagna Lupia, Chioggia e Cavarzere.

    Lavoro nero, evasione fiscale e contributiva, abusi edilizi e totale mancanza di rispetto per le normative in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro sono gli scenari d’illegalità nei quali si muovevano i soggetti che gestivano gli opifici clandestini scoperti dalle Fiamme Gialle.

    I controlli hanno preso le mosse dalla scoperta di un modus operandi illecito ormai consolidato posto in essere da questi spregiudicati “imprenditori”, in gran parte di etnia cinese, che sfruttano i propri connazionali più “deboli” o in stato di bisogno per costringerli a lavorare - in alcuni casi sorvegliati da telecamere - in luoghi malsani e pericolosi o, addirittura, per attribuire loro la titolarità del laboratorio, in modo tale da far ricadere su questi ultimi le responsabilità amministrative e penali.

    Oltre 20 opifici sono stati controllati nelle ultime due settimane, sia di notte che nelle ore giornaliere. In cinque casi, le Fiamme Gialle hanno disposto - avvalendosi della collaborazione del Servizio per la Prevenzione e la Sicurezza negli Ambienti di Lavoro di Dolo - l’immediato sgombero dei locali aziendali, a causa di gravissimi rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

    La constatazione di queste violazioni ha comportato, di fatto, la definitiva chiusura di quegli opifici, che operando in totale spregio di ogni normativa vigente arrecavano grave nocumento alla libera concorrenza e all’imprenditoria legale del settore, già duramente colpita dalle conseguenze della crisi economica in corso.

    In altri due casi, invece, i Finanzieri hanno riscontrato una presenza di lavoratori in nero superiore al 30% del totale, procedendo di conseguenza alla chiusura immediata dei laboratori da parte della Direzione Provinciale del Lavoro, fino a regolarizzazione delle posizioni contributive.

    Nei confronti di tutti i laboratori individuati, infine, sono in corso gli opportuni approfondimenti di natura fiscale.
    Blitz della finanza in 20 laboratori cinesi: sgomberati
    Generale del Regio Esercito e responsabile di crimini di guerra sul fronte jugoslavo al comando della 2a Armata

  9. #9
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    Predefinito Re: Una famiglia italiana sfida la Chinatown di Mestre

    Bene, un po' di pulizia. Onore alla Guardia di Finanza.
    Purtroppo tutti questi laboratori illegali e questi prodotti contraffatti verranno rimpiazzati in breve tempo: occorrerebbero misure più severe ed una maggiore coordinazione tra le associazioni dei commercianti legali, le amministrazioni e le FdO per contrastare e contenere il fenomeno.
    .
    L'ultimo uomo ad essere entrato in Parlamento con intenzioni oneste.

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