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Discussione: La mafia non esiste!

  1. #521
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Lo Voi: «Scelsi io vestito e cravatta per Falcone nella bara. Quelle stragi? Non fu solo mafia»

    di Giovanni Bianconi

    Il procuratore di Roma Francesco Lo Voi: inevitabile un collegamento con la politica

    «Mi resi conto che Giovanni Falcone era morto quando vidi che i medici e gli infermieri del Pronto soccorso si muovevano intorno a lui senza fare niente. Uno solo gli stava mettendo due punti di sutura sopra l’occhio, ma non certo per salvarlo».

    Francesco Lo Voi, procuratore di Roma, oggi ha 64 anni. Il 23 maggio 1992 ne aveva trenta di meno ed era pubblico ministero a Palermo. Con lui, in quella stanza dell’ospedale Civico, c’era Paolo Borsellino: «Lui capì subito che non c’era più niente da fare. Dell’attentato l’avevo avvertito io, dopo essere stato avvisato dal mio agente di scorta che normalmente stava con Falcone. Paolo era dal barbiere, mi disse di passarlo a prendere e insieme andammo al Civico. Guidavo io, con l’agente affianco e Paolo seduto dietro, preoccupato perché andavo troppo forte. Aveva paura di un incidente, ma io volevo arrivare in fretta».

    I magistrati siciliani che in quegli anni si occupavano di mafia erano abituati a vedere cadaveri, e pure amici ammazzati. Maturando la dote della freddezza. «Bisognava andare immediatamente a casa di Giovanni — racconta Lo Voi — per cercare qualsiasi elemento eventualmente utile a indirizzare le indagini, e per prendere gli abiti necessari a vestire la salma. Anzi le salme, perché nel frattempo era morta pure Francesca».

    Nell’appartamento di via Notarbartolo Francesca Morvillo, la moglie di Falcone, aveva lasciato tutto perfettamente in ordine prima di partire per Roma: «Non c’era uno spillo fuori posto, e non trovammo nulla di interessante. A quel punto mi misi a cercare una giacca e una cravatta per Giovanni, ho scelto provando a immaginare quello che potesse stargli messo addosso».

    Un compito che mai il magistrato avrebbe immaginato di dover assolvere quando conobbe Falcone, undici anni prima, muovendo i primi passi nel palazzo di giustizia di Palermo. Divennero amici, come con Borsellino che con Lo Voi condivideva anche la stessa corrente: Magistratura indipendente. Un legame forte, nel quale l’idea della morte era presente ma quasi esorcizzata. Fino alla strage di Capaci.

    «Da quel momento fu evidente a tutti che Borsellino sarebbe stato il prossimo a cadere. Lui si preoccupava per noi, e noi molto di più per lui. Lo pregavamo di muoversi il meno possibile, non parlare troppo al telefono, ma Paolo pensava a tutt’altro. Era totalmente impegnato a cercare uno spunto d’indagine, individuare nomi, attivare fonti: un qualsiasi indizio nel nulla informativo di quel periodo».

    Falcone s’era trasferito a Roma, al ministero di Grazia e Giustizia, attirandosi critiche e attacchi dalla maggioranza dei colleghi: «A me dispiacque, però gli dissi che era la scelta giusta, perché lì poteva fare molto di più di quando gli fosse consentito in Procura. Ma la magistratura italiana non era pronta nemmeno culturalmente ad accettare un visionario come lui. Che rappresentava l’emblema della ripresa e della resilienza, oggi tanto invocate; da ogni sconfitta riusciva a riprendersi per lavorare più e meglio di prima». Andato via lui tornò Borsellino, come procuratore aggiunto. «Era appena stato ucciso Salvo Lima — ricorda Lo Voi — e bisognava interpretare quel delitto. Non si potevano escludere collegamenti con un contesto nazionale complicato: le indagini di Mani Pulite in pieno svolgimento, un presidente della Repubblica da eleggere e un nuovo governo da formare. Paolo era talmente concentrato nel tentativo di capire quello che stava succedendo che non si riusciva nemmeno a seguirlo nei suoi pensieri. E quando uccisero lui, in molti pensammo ciò che disse sul momento Antonino Caponnetto: “È tutto finito”».

    L’attentato di via D’Amelio, a meno di due mesi di distanza, fu quasi più deflagrante di quello di Capaci: «L’uccisione di Falcone era purtroppo nell’ordine delle cose, e l’effetto emotivo si stava riassorbendo. Fu la morte di Borsellino, con le stesse modalità terroristiche, a far saltare il tavolo e provocare la reazione dello Stato che poi si rivelerà vincente, nonostante la prosecuzione delle stragi del ’93. Al punto da rendere ancor più incalzante la domanda: qual era il disegno? Fu solo mafia?».

    Dopo trent’anni, risposte convincenti non ce ne sono. «Quelle stragi si rivelarono talmente controproducenti per Cosa nostra, da far pensare che qualcos’altro ci fu», riflette Lo Voi. Qualcosa che ha anche fare anche con il mondo politico e imprenditoriale? Il procuratore soppesa ogni parola: «Premesso che non mi sono mai occupato di indagini su questo punto, se si vuole arrivare a una gestione del potere in qualunque sua forma, da un collegamento politico di qualche natura si deve passare per forza. Sennò come lo gestisco il potere? Come faccio cambiare le leggi che mi serve di cambiare? Il Consiglio comunale di Palermo non basta…».

    Tornando agli esecutori materiali, proprio Lo Voi coordinò, da Palermo, l’indagine della Dia sul covo di via Ughetti dove Nino Gioè e Gino La Barbera, intercettati, confessarono la partecipazione all’attentatuni di Capaci. Poi vennero i riscontri sui telefoni cellulari usati dai mafiosi il pomeriggio del 23 maggio: «Quando ricostruimmo il quadro delle presenze con nomi e cognomi in quella zona al momento dell’esplosione ebbi i brividi per l’emozione».

    La trasmissione di quelle carte a Caltanissetta fu la base del processo che, per la morte di Giovanni Falcone, sua moglie e i poliziotti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo ha portato a 39 condanne. Una risposta giudiziaria non scontata che ha segnato un riscatto, sebbene non completo. Ma la partita antimafia non è chiusa.

    «Noi celebriamo il trentesimo anniversario di Capaci — conclude Lo Voi — mentre da pochi giorni è stato ucciso, in Colombia, il procuratore paraguayano Marcelo Pecci, che combatteva i cartelli del narcotraffico e del riciclaggio internazionale probabilmente collegati a organizzazioni criminali italiane. È la conferma che, nonostante i successi ottenuti, come diceva Falcone il problema della mafia non è solo siciliano, italiano o europeo, ma mondiale. E fare memoria può aiutarci anche ad affrontare la cronaca».

    https://www.corriere.it/cronache/22_...5c59373f.shtml
    Ultima modifica di Eridano; 24-05-22 alle 15:10

  2. #522
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Gratteri.
    Forse non lo sapete ma questo governo, tre giorni fa, ha trovato 28,6 milioni di euro per costruire le case dell'amore nelle carceri dove si consentirà ai detenuti ad alta sicurezza (ossia i più socialmente pericolosi, ndr) di incontrare la moglie, la fidanzata o l'amante per 24 ore ogni mese. Immaginate in quelle 24 ore quanti messaggi si possono mandare all'esterno", afferma Gratteri che vede nella novità un regalo alle mafie

  3. #523
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Ansa.it
    Antimafia, sono 18 i candidati impresentabili alle comunali
    Politica.
    Sono 18 i candidati alle elezioni amministrative di domenica ritenuti "impresentabili" dalla Commissione Antimafia, secondo il codice di autoregolamentazione dei partiti e la legge Severino.

  4. #524
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Paparcuri lascia il 'bunkerino' di Falcone, "Basta, è il Palazzo dei veleni"
    22 agosto 2022 | 08.11

    Giovanni Paparcuri, sopravvissuto alla strage Chinnici, lascia, tra le polemiche, il 'bunkerino', il museo realizzato sei anni fa dall'Anm di Palermo nell'ufficio del Tribunale in cui lavorarono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uno dei pochi veri luoghi di memoria, proprio grazie all'impegno di Paparcuri, chiamato da tutti 'Papa'. Ma adesso, a sorpresa, Giovanni Paparcuri, a cui fu affidato fin dall'inizio il 'bunkerino' ha annunciato il suo addio e parla di "Palazzo dei veleni". Il museo si trova al piano ammezzato del Palazzo di giustizia di Palermo dove i due magistrati lavorarono negli anni Ottanta. E' stato inaugurato il 24 maggio del 2016 e ad oggi è stato visitato da oltre 30 mila persone, venute da ogni angolo del mondo. Qui si trovano le scrivanie dei due magistrati, i loro oggetti personali, copie di atti. E, soprattutto, qui venne scritto il Maxiprocesso. L'addio è stato annunciato con un post su Facebook: “Scrivo perché ho il dovere morale di spiegare alle tante persone che in questi giorni sono venute al bunkerino e deluse non mi hanno trovato, il motivo per il quale non ci vado più. Scrivo perché non posso lasciare agli altri di giustificare la mia assenza. Scrivo perché i messaggi che mi arrivano sono dello stesso tenore come quello che condivido. Signori grazie dei messaggi, ma voi non dovete venire per me, ma per loro. Io non ci sarò più, ma ci tengo a precisare che non è una resa, mi costa parecchio abbandonare, ma ribadisco che non è una resa, ma devo farlo, perché sono stanco".


    "Sono stanco di chiedere continuamente scusa, sono stanco di leggere certe cose, stanco della tanta ipocrisia e della falsa solidarietà, stanco di difendermi, stanco delle invidie, stanco dei sospetti, stanco delle lamentele, stanco di raccontare, stanco di tutto, comunque è da parecchio che ci penso”, scrive Paparcuri.

    "In questo luogo ci ho vissuto per 42 anni, ho conosciuto straordinarie persone, ho rischiato di morire, ho ripreso mettendo da parte le tante delusioni che ho dovuto ingoiare - prosegue Giovanni Paparcuri - E mai ho detto non mi sembra l'ora che me ne vado in pensione. Il mio sogno era che da morto o poco prima di morire mi avrebbero portato lì per un ultimo saluto. Ma alla luce delle ultime vicende devo confessare che adesso lo odio e non ne voglio più sentire parlare. Era e rimarrà per sempre il palazzo dei veleni...". Dopo l'a strage Chinnici, in cui Paparcuiri venne gravemente ferito, Giovanni Falcone lo chiamò per informatizzare le carte del maxi processo nel suo bunkerino. Falcone e Borsellino sapevano della sua passione per l’informatica e gli chiesero di aiutarli. Così Paparcuirui prese in mano il lavoro già avviato da una ditta esterna e iniziò a creare la banca dati, internalizzando il sistema”.


    'Aspetto dal 24 maggio una convocazione mai arrivata'
    Qualche tempo fa, Paparcuri rispose così a chi gli chiedeva se il 'bunkerino' fosse la sua seconda casa, dal momento che vi trascorreva giornate intere: “La mia seconda casa? Direi anche la prima casa. Qui ho passato tanti momenti intensi al fianco di Falcone e Borsellino durante il lavoro con il pool antimafia e, oggi, continuo il lavoro con i ragazzi delle scuole. A loro vanno insegnati i veri valori della legalità, cioè essere persone oneste nella vita e rispettare sempre le regole”.

    Poi, rispondendo alle decine e decine si messaggi ricevuti, con le richieste di restare, Paparcuri replica: "Vi ringrazio per la vostra solidarietà e mi scuso se non rispondo ai messaggi e alle telefonate, ma sono di pessimo umore, comunque, ripeto fino alla noia, che non è da oggi che esistono svariati problemi, ma per amore di quei giudici sono tornato sempre sui miei passi, per ultimo l'ho fatto presente il 24 maggio (per una vicenda che racconterò in seguito), ed è da quel giorno che aspetto quanto meno una convocazione, per un chiarimento e per definire una volta per tutte i ruoli, ma anche per sentirmi dire "Giovanni hai rotto il cazzo, invece nulla'. Ho aspettato inutilmente, solo silenzio, e il silenzio dice più di mille parole".


    A prendere posizione è lo scrittore e giornalista Piero Melati, autore del recente libro: 'Paolo Borsellino, per amore della verità'. “Così è morta per sempre l’Antimafia. Giovanni Paparcuri lascia il bunkerino. C’è bisogno che dica chi è? No, lo conoscono migliaia di persone in tutta Italia, quelle che in questi anni sono andate a visitare l’unico “museo” che, a detta di tutti, ricorda senza retorica il sacrificio di Falcone e Borsellino, quelle che lo hanno sentito parlare, sempre semplice e diretto, sincero, se stesso fino in fondo”, scrive Melati.

    (di Elvira Terranova)



    https://www.adnkronos.com/paparcuri-...2wRXfuaH8z8U7w
    Eri, vedi se vuoi riportarlo.
    Ultima modifica di Eridano; 22-08-22 alle 21:50

  5. #525
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Due siciliani le più alte cariche dello sctato.
    Cassibile imperituro.

  6. #526
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Arrestato Messina Denaro.
    È sempre stato a casa sua a Castelvetrano.
    Evidentemente non conta più nulla.

  7. #527
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    È sempre stato tranquillo a casa sua. Se lo hanno beccato evidentemente è perché non era più utile alla causa.
    La finiscano di prenderci in giro con la lotta alla mafia.
    Cassibile è un atto ufficiale depositato negli USA. E non si scherza
    Siamo in uno Stato gestito dalla mafia.
    Noi vorremmo venire fuori.
    Veramente.
    Per noi intendo chi come me ama la sua gente e la sua terra. La Padania.

  8. #528
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    Citazione Originariamente Scritto da ventunsettembre Visualizza Messaggio
    È sempre stato tranquillo a casa sua. Se lo hanno beccato evidentemente è perché non era più utile alla causa.
    La finiscano di prenderci in giro con la lotta alla mafia.
    Cassibile è un atto ufficiale depositato negli USA. E non si scherza
    Siamo in uno Stato gestito dalla mafia.
    Noi vorremmo venire fuori.
    Veramente.
    Per noi intendo chi come me ama la sua gente e la sua terra. La Padania.
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  9. #529
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    https://www.maurizioblondet.it/quand...re-e-lo-stato/ Evidentemente allo stato italiano non serviva più.
    Ultima modifica di Eridano; 17-01-23 alle 08:42

  10. #530
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    Predefinito Re: La mafia non esiste!

    L'emozione di Costanzo:
    'Lo Stato ha vinto'

    Esselodice la massoneria...

 

 
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