Legge sulla cooperazione internazionale: il governo parte male
di Giulio Marcon (deputato Sel)
E' in circolazione da un paio di settimane una bozza di disegno di legge del governo sulla cooperazione allo sviluppo. La vecchia legge -del 1987- è ormai superata dagli eventi e, purtroppo, ha avuto una gestione fallimentare. Inoltre negli ultimi anni i fondi per la cooperazione sono drammaticamente diminuiti, ridotti al lumicino.
La proposta del governo -accanto ad alcune novità riguardo ai principi e ai soggetti dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo- contiene molte disposizioni sbagliate: fa della cooperazione uno strumento subalterno e residuale della politica estera, apre varchi molto ampi al settore profit e alle imprese, non istituisce il fondo unico della cooperazione (accontentando il Ministero dell'Economia, che così potrà gestire una parte degli stanziamenti) che sarebbe stato fondamentale per dare coerenza e unitarietà alla cooperazione e non riconosce l'importanza dell'apporto del volontariato, come denunciato dalla Focsiv, la federazione delle ONG di ispirazione cristiana.
Il rischio è che la cooperazione allo sviluppo rimanga prigioniera dell'apparato diplomatico del Ministero degli Esteri e apra la strada al mercato e al cosiddetto partenariato pubblico-privato; e cioè alle imprese. È una legge che rischia di scontentare gran parte le mondo della cooperazione non governativa e della società civile e di annegare alcune innovazioni del testo nella palude della casta del corpo diplomatico della Farnesina, nella tecnocrazia del Ministero dell'Economia e nei bassi interessi di una parte del mondo delle imprese.
Non è questa la legge che si aspetta chi in questi anni si è impegnato per la solidarietà e la cooperazione tra i popoli. Di altro ci sarebbe bisogno. Sarebbe necessario liberare la cooperazione dalla subalternità alla politica estera, al commercio con l'estero, all'interventismo militare. Invece, si fa della cooperazione l'ancella dei diplomatici, lo strumento dell'internazionalizzazione delle imprese, l'ambulanza degli interventi militari. Come in Afganistan.
Servirebbe una politica pubblica di cooperazione capace di valorizzare il ruolo della società civile del Sud del mondo, di mettere al centro il tema della giustizia economica e sociale, di puntare alla coerenza delle altre politiche -commerciali, finanziarie, ecc- con la filosofia e gli obiettivi di una autentica cooperazione allo sviluppo. Di tutto questo nella proposta di legge del governo c'è molto poco.
Legge sulla cooperazione internazionale: il governo parte male | Giulio Marcon