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  1. #31
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    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    Grazie per le info, non ricordavo nel dettaglio tutti questi eventi. Quindi Ricci fu il primo scissionista?

    Per quanto concerne i due partiti, PCL e PdAc, mi pare che corra cattivo sangue.

    Un'accusa che venne mossa dal PdAc a Ferrando fu quella di essere stato aiutato da un parlamentare atlantista ,un certo Carta, nella raccolta firme. Ma, sinceramente, quante differenze dottrinarie e tattiche intercorrono tra i due partiti?

    Non farebbero prima a federarsi, magari con l'appoggio degli ex di SC, in un unico progetto trotzkista?
    si, per la presentazione delle liste. non ricordo di preciso in che occasione ferrando usò la sua amicizia con un deputato (mi pare dipietrista) per non raccogliere le firme.

    a livello dottrinale non vi dovrebbero essere differenze, essendo entrambi trotskisti.
    in realtà la differenza è data dal peso della teoria politica. molto importante nel pdac, praticamente nulla in ferrando.
    forse quello di ferrando si contraddistingue per un maggiore terzomondismo e più incline alle contaminazione classiche delle sinistra(femminismo, terzomondismo appunto, ecologismo).
    anche se ultimamente quella gnocca della stefanoni (uno dei dirigenti del pdac) pubblica spesso su fb robe femministoidi.
    non vorrei sbagliare ma forse preve scrisse qualcosa in merito in merito al pcl di ferrando.

    anche a livello di quarte internazionali, seguono due diverse.


    anche secondo me, i marxisti tutti dovrebbero federarsi ma se pensassero all'unità, non sarebbero marxisti
    e in particolare i trotskisti spaccano il capello in quattro.


    comunque .... i ogni tanto penso che per un ventenne è bello essere trotskista.
    hai la verità in tasca, tutti i libri già scritti, non devi sportarci e puoi criticare tutto.
    in pià fai il figo con le pose da rivoluzionario e magari vai pure a qualche convegno.


    ah un ultima cosa sul pdac: vi è una regola interna per cui oltre all'iscrizione si versa anche una parte del reddito. non essenso iscritto non so se vale solo per i dirigenti e in quale percentuale si versa.

  2. #32
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    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Verso il IV congresso del Pdac
    Un partito che cresce,
    mentre la sinistra riformista si frantuma
    Intervista a Francesco Ricci (Esecutivo nazionale Pdac)
    (A sinistra un'assemblea di Alternativa Comunista; a destra Ricci, dell'Esecutivo nazionale Pdac)



    a cura della redazione di Progetto Comunista
    Incontriamo Francesco Ricci, membro dell'Esecutivo nazionale del Pdac.Redazione: il Pdac si avvia al suo quarto congresso, qual è il percorso?
    Ricci: Abbiamo avviato la fase congressuale e stiamo elaborando le bozze dei documenti. A metà marzo il Consiglio Nazionale varerà i testi e inizieranno i congressi locali, in preparazione del congresso nazionale del 16-17 maggio.
    Quali sono i temi di questo congresso?
    Stiamo elaborando quattro documenti. Un documento politico, d’analisi della fase e dei nostri compiti; un documento sui temi di costruzione del partito; un documento sui Gcr (Giovani comunisti rivoluzionari) e uno sul lavoro tra le donne.
    Partiamo da questi due ultimi testi.
    Da qualche mese abbiamo avviato la costruzione di una struttura giovanile del partito: i Giovani Comunisti Rivoluzionari. Accoglie tutti i compagni con meno di 24 anni che s’iscrivono al partito. Non è ancora una vera e propria organizzazione giovanile autonoma ma un embrione che si sta radicando abbastanza velocemente, con un punto di forza in Puglia, dove i Gcr costituiscono la principale forza comunista tra gli studenti medi; ma anche a Milano, dove la nostra sezione sta crescendo anche tra i liceali. Vediamo un grande spazio per la costruzione di una forza rivoluzionaria animata dai giovani, perché, di là dal luogo comune che vorrebbe i giovani ostili ai partiti, notiamo che c'è una nuova ondata d’attivisti che si avvicina alla politica col vantaggio di non aver vissuto le delusioni prodotte dai disastri della sinistra riformista.
    E poi i Gcr a sinistra non trovano molti concorrenti…
    Infatti, con la crisi verticale che ha ridotto a quasi nulla Rifondazione, sono, di fatto, scomparsi anche i Giovani Comunisti del Prc che per anni hanno occupato la scena.
    Veniamo al documento sul lavoro femminile.
    Sappiamo che, nella società capitalistica, la donna proletaria soffre una doppia oppressione: come lavoratrice e come donna. Tra gli effetti di quest’oppressione doppia c'è lo scarso numero di donne che fanno militanza. Anche il nostro partito, per tutta una fase, ha subito questa situazione. Questo dato è oggettivo e, in assenza di un’ascesa complessiva delle lotte, non possiamo cancellarlo. Però ci siamo accorti, partecipando al dibattito su questi temi nella nostra Internazionale, che c'è un aspetto soggettivo, d’organizzazione del nostro intervento, che può essere migliorato. Abbiamo allora rafforzato quella commissione femminile che prima già esisteva e c'è stato un lavoro d’elaborazione teorica delle compagne che è stato utile per individuare scelte politiche. Siamo ancora all'inizio in questo campo, ma i primi passi stanno facilitando un'adesione maggiore di donne al partito.
    La scelta di questi due temi (giovani e donne) come temi su cui concentrare l'attenzione del congresso non è casuale.
    No, infatti. Come in ogni congresso si discute la fase politica e lo stadio di costruzione del partito, ma poi abbiamo scelto di concentrare la riflessione congressuale su due ambiti d’intervento che riteniamo vitali per la costruzione del partito: le donne, che costituiscono la maggioranza del proletariato, e i giovani, che possono fare la differenza nello sviluppo di un partito rivoluzionario, grazie alla loro energia, al loro entusiasmo.
    Passiamo a parlare del quadro politico in cui si svolge questo IV congresso, che segue, ricordiamolo, il congresso di fondazione nel 2007, il II congresso del 2010 e il III congresso svoltosi nel gennaio 2013.
    Sì, e passando in rassegna mentalmente i tre congressi che hai citato, vediamo delle grandi differenze nella situazione politica e nel livello del partito. Nel 2007, quando ci siamo fondati dopo un periodo preparatorio d’alcuni mesi seguiti alla nostra uscita da Rifondazione che entrava trionfale nel secondo governo Prodi, con Ferrero ministro e Bertinotti presidente della Camera, eravamo dipinti da tutti come dei matti. Ricordo molto bene l'assemblea che sancì la nostra uscita da Rifondazione, in una sala a Roma. Nelle stesse ore i gruppi dirigenti di Rifondazione si spartivano posti e incarichi, nel governo, e nel partito che entrava al governo. I nostri compagni nel Comitato Nazionale di Rifondazione rinunciavano, uscendo, ad incarichi e a posti di funzionario che ricoprivano.
    Tu eri presidente vicario del Collegio disciplinare di Rifondazione e membro dell'Esecutivo, lavoravi a Roma presso la Direzione.
    Sì, ricordo che dopo l'ufficializzazione della nostra scissione mi chiamarono vari dirigenti di Rifondazione per darmi simpaticamente del matto. Nella loro mente di burocrati, piccoli o grandi, non potevano concepire una cosa simile. Per loro la militanza è uno strumento di carriera e noi, ai loro occhi, uscivamo dalla festa nel momento in cui arrivava la torta, cioè il governo, il sogno che avevano coltivato per anni. Se posso raccontare un piccolo aneddoto personale, mi divertii molto quando, dopo un mese dalla nostra uscita da Rifondazione, mi arrivò la raccomandata del tesoriere nazionale di Rifondazione che mi annunciava il licenziamento "per giusta causa" dal mio ruolo di dirigente del Prc. La causa era appunto l'aver avviato la costruzione di un altro partito. E commentammo, ridendo con gli altri compagni, che effettivamente mai causa era stata più giusta per un licenziamento: la costruzione di un partito rivoluzionario.
    Ma il momento d’avvio del Pdac non era semplice…
    No, infatti. Una parte consistente di militanti della sinistra, che non aveva fatto propria l'esperienza della partecipazione di Rifondazione al primo governo Prodi, s’illuse nuovamente che fosse possibile "pungolare" il governo, ottenere delle riforme. Chiaramente non era così: in tutta la storia, fin dal ministero di Luis Blanc nel '48 francese, per un secolo e mezzo, ogni collaborazione col governo della classe avversaria ha avuto come unico effetto quello di frenare le lotte in cambio di riforme illusorie; tanto più ciò era vero nel momento in cui questa collaborazione di classe si sviluppava nel quadro da cui è nata la crisi internazionale del capitalismo, alla fine del 2007, con la borghesia che non aveva (e non ha) nemmeno briciole da distribuire, essendo impegnata in una dura guerra sociale contro gli operai per recuperare quel tasso di profitto che la crisi ha eroso.
    I due congressi successivi del Pdac furono, però, diversi dal primo.
    Sì, furono molto diversi. Il primo era un congresso fondativo. Fu necessario un periodo per definire le coordinate programmatiche del partito, un profilo differente da quello che avevamo di frazione interna ad un partito riformista. In questo processo abbiamo subito un forte "turn-over": diversi compagni se n’andarono, logorati dal lavoro di costruzione contro-corrente, altri entrarono. Tra questi ultimi una parte consistente non proveniva da Rifondazione e dalle delusioni prodotte in quell'esperienza, c'erano compagni nuovi, che si avvicinavano direttamente alla militanza rivoluzionaria. Il volto del partito è cambiato e questi otto anni ci hanno cambiato profondamente.
    Quali sono le differenze principali che vedi tra il Pdac odierno e quello degli anni scorsi?
    Una prima è la diversa composizione di cui dicevo. Una seconda è lo sviluppo di un radicamento del partito tra i settori più avanzati delle, purtroppo ancora scarse, lotte di questo periodo. Tra gli ingressi più importanti nel partito penso a quello di compagni come Luis Seclen a Milano: una delle avanguardie della lotta delle cooperative della logistica. Un terzo elemento è la formazione di un nuovo gruppo dirigente, con compagni giovani di grandi capacità. Il nostro è un gruppo dirigente giovane, in cui i più vecchi, cioè quelli sui quaranta-cinquanta, sono una minoranza. Il nostro giornale è diretto da un ventenne, Adriano Lotito, che abbiamo anche due anni fa candidato a premier; la rivista teorica è coordinata da un compagno che non ha nemmeno trent'anni, Matteo Bavassano; il nostro lavoro sindacale è diretto da una compagna che non ha quarant'anni, Fabiana Stefanoni, che è conosciuta nazionalmente negli ambienti del sindacalismo combattivo, dirigente di riferimento per tanti lavoratori in lotta, figura di spicco del coordinamento No Austerity cui nostri militanti hanno contribuito fin dalla sua nascita. Ma potrei continuare a lungo questa lista.
    Insomma, un partito che cresce.
    E' una crescita lenta: noi, a differenza di quanto fanno altri, non vantiamo numeri inesistenti. Ma è significativo il fatto che “teniamo” e, lentamente, cresciamo in una situazione che continua ad essere non rivoluzionaria in Italia (seppure è rivoluzionaria sul piano internazionale). In un quadro in cui tutta la sinistra riformista e centrista va in pezzi, e le lotte ancora non sono arrivate, noi riusciamo a consolidare la nostra posizione. Un vero sviluppo del partito, chiaramente, non potrà che avvenire in una diversa situazione, con quell'ascesa delle lotte che probabilmente non è lontana nemmeno per l'Italia.
    Quindi il partito “tiene”, controcorrente. Ma perché, alcuni ci chiedono, non provare a crescere più rapidamente partecipando ad unificazioni con altri cantieri comunisti in corso?
    La corrente in cui nuotiamo è ancora avversa, ma la nostra barchetta ha vele buone e lo scafo è robusto. La robustezza, per uscire da metafora, c’è data dal programma rivoluzionario, che ci distingue da tutti i mille cantieri riformisti che citavi, tutti accomunati dal progetto di costruire partiti che, in un modo o nell'altro, da dentro o da fuori, più o meno criticamente, collaborino con la borghesia e i suoi governi. Non a caso Tsipras e Syriza sono il riferimento per gran parte di quella sinistra. E' per questo che non siamo interessati a progetti di "unione dei comunisti" su due, tre, quattro punti, eccetera. L'unione cui aspiriamo è quella dell'avanguardia della classe e può avvenire solo sulla base di un programma rivoluzionario, di netta opposizione alla borghesia, ai suoi governi, alle sue giunte. E già solo questo ci distingue e c’impedisce di costruire un partito con Sel, o Rifondazione, o Rossa di Cremaschi (che però forse si è già estinta, da un po' non ne sento parlare), dal Pci in via di presunta ricostruzione sotto la guida di Sorini e Steri, ricostruzione che avviene sulla base fallimentare dello stalinismo.
    Il nostro punto di forza, che ci distingue da tutti gli altri è che siamo parte integrante di un partito internazionale in via di costruzione, siamo sezione della Lit-Quarta Internazionale, che è oggi la principale e più dinamica forza che si richiami al programma rivoluzionario, al trotskismo. L'unica dotata di un centro, d’organismi dirigenti internazionali che si riuniscono costantemente, di congressi ogni due anni, di un'elaborazione politica e teorica comune. Altri vantano di far parte d’organizzazioni internazionali, ma in genere (salvo qualche piccola eccezione) si tratta solo di coordinamenti tra partiti d’alcuni Paesi: una cosa ben diversa.
    Per concludere questa chiacchierata: puoi spiegare quali sono gli obiettivi che il partito si pone con quest’imminente IV Congresso?
    Ogni congresso ha in primo luogo il compito di elaborare la linea sulla base di un’ampia discussione tra tutti i militanti, nel confronto di posizioni, o di punti di vista, differenti. Ma tutti i congressi, e questo in particolare, hanno anche lo scopo di aprire il partito e la sua discussione a nuovi compagni che si avvicinano.
    Perché questo congresso in particolare?
    Perché sono centinaia i compagni con cui stiamo collaborando sul terreno delle lotte, dell'attività sindacale, e, tra loro, molti comprendono che il solo piano sindacale o della singola lotta non basta. Che bisogna coniugare le lotte tra loro e col socialismo, cioè portare nelle lotte un programma rivoluzionario, per costruire una prospettiva diversa, che non sia più quella già sperimentata, e infinite volte fallita, della collaborazione col nemico di classe, ma che sia quella del suo rovesciamento per affermare il potere dei lavoratori.
    Questo non è un progetto su cui vantiamo dei "diritti d'autore" o primogeniture: riguarda tutti i lavoratori e i giovani proletari. E' un progetto che vogliamo costruire insieme con altri compagni che oggi ancora sono incerti, in attesa, che si guardano attorno. A tutti loro, a tutti coloro che concepiscono la militanza come lotta e non adattamento all'esistente, noi apriamo le porte di questo piccolo ma prezioso, e unico, partito che con tanti sforzi, ma anche con tante soddisfazioni, abbiamo costruito in questi anni. A questi compagni e a queste compagne diciamo: iscrivetevi in queste settimane al Pdac, partecipate alla discussione congressuale, costruiamo insieme, in Italia e nel mondo, il partito rivoluzionario che ci serve per tornare a vincere.



  3. #33
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    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - A 98 anni dalla Rivoluzione russa

    A 98 anni dalla Rivoluzione russa
    La Rivoluzione che cambiò
    la storia
    (Trotsky, comandante dell'Armata Rossa e principale dirigente con Lenin della rivoluzione)



    La rivoluzione d'Ottobre compie 98 anni. Per l'occasione, pubblichiamo di seguito, tradotti in italiano, due articoli di Bernardo Cerdeira, dal sito della Lit-Quarta Internazionale www.litci.org.
    La rivoluzione russa dell'ottobre del 1917, l'avvenimento storico che più di ogni altro ha segnato il mondo contemporaneo, compie 98 anni. Ma i reazionari provano ancora ad occultare la verità storica sotto una cappa di deformazioni.
    Affermano che la rivoluzione fu utopica, inutile e che dimostrò soltanto il fallimento del comunismo. Cercano in tutti i modi di mostrare che la ripugnante dittatura stalinista che sostituì il governo di Lenin nell'Unione Sovietica (Urss) fu la continuità della rivoluzione, quando in realtà ne fu la sconfitta.
    Questa campagna mira ad infangare l'azione più importante della classe operaia mondiale affinché le nuove generazioni non ne seguano l'esempio.
    Milioni di giovani che lottano tutti i giorni contro i mali del capitalismo imperialista non conoscono le lezioni dell'Ottobre. E' più che mai necessario ricordare e diffondere gli insegnamenti di quella che fu la più importante esperienza della classe operaia. A queste nuove generazioni dedichiamo questo supplemento speciale.


    Epoca rivoluzionaria: un secolo di guerre, crisi e rivoluzioni
    La Prima guerra mondiale che esplose nel 1914, e la Rivoluzione russa furono due avvenimenti intimamente legati. La guerra fu il culmine delle contraddizioni tra i diversi Paesi imperialisti europei che si contendevano il possesso e lo sfruttamento delle colonie in tutto il mondo.
    La Prima guerra mondiale aprì definitivamente l'epoca imperialista del capitalismo, segnata da guerre permanenti, crisi economiche brutali e distruzione dell'ecosistema, ossia dalla decadenza del sistema capitalista.
    Ma, contemporaneamente, la Rivoluzione russa aprì un'epoca rivoluzionaria. Lo scontro col brutale sfruttamento e la controrivoluzione imperialista, da un lato, e la lotta rivoluzionaria dei lavoratori e dei popoli oppressi di tutto il mondo, dall'altro, caratterizzarono il XX secolo.

    Avanguardia mondiale: la prima rivoluzione socialista vittoriosa del mondo
    Quando i Soviet (Consigli) dei deputati operai e dei soldati diretti dal Partito bolscevico presero il potere in Russia, si trattò della prima rivoluzione che riuscì a sconfiggere la borghesia e ad assicurarsi la vittoria.
    Il nascente Stato sovietico affrontò terribili difficoltà. Nel 1918, gli eserciti controrivoluzionari (bianchi) innescarono una guerra civile. Ventuno Paesi stranieri invasero la Russia per appoggiarli. La guerra e la disorganizzazione dell'economia, principalmente dell'agricoltura, provocarono la fame e la morte di milioni di persone.
    Ma, il Partito bolscevico, guidato da Lenin e Trotsky, riuscì ad organizzare l'Armata Rossa e a sconfiggere dopo tre anni di guerra civile la controrivoluzione, consolidando il primo Stato operaio della storia.

    La Rivoluzione Socialista Internazionale
    Dal primo momento, i leader del Partito bolscevico dichiararono che la rivoluzione russa non doveva limitarsi alle frontiere del loro Paese, bensì essere l'innesco ed il punto di appoggio affinché esplodesse la rivoluzione in Europa e nel mondo.
    Lenin e Trotsky davano tanta importanza al carattere internazionale della rivoluzione che, nel 1919, mentre l'Armata Rossa lottava disperatamente, in piena guerra civile, fondarono l'Internazionale comunista, per fare la rivoluzione mondiale.

    L'Ottobre mostrò la strada
    Molte cose sono cambiate in questi quasi cento anni: la sconfitta della rivoluzione in Europa tra il 1919 e il 1923; l'isolamento ed il ritardo della Russia provocarono la degenerazione della rivoluzione. Una burocrazia di funzionari privilegiati guidati da Stalin assunse il potere e trasformò lo Stato sovietico in un regime di terrore. Anche la III Internazionale degenerò e fu poi liquidata da Stalin nel 1943.
    Negli anni Ottanta, sotto la guida di Gorbaciov, la burocrazia restaurò il capitalismo e vari dei suoi funzionari si trasformarono nei milionari di una nuova borghesia.
    Ma né il destino tragico della prima rivoluzione socialista né tutte le bugie della borghesia sono riusciti a spegnere il suo esempio. La rivoluzione d'Ottobre mostrò che i lavoratori possono prendere il potere, sconfiggere la borghesia, assumere la conduzione dell'economia e costruire un Stato democratico per la maggioranza.
    98 anni dopo, il capitalismo spinge il mondo nell'abisso della barbarie ed i lavoratori lottano disperatamente per non essere trascinati nel baratro. L'esempio dell'Ottobre, benché breve, mostrò la strada.
    Con le parole della grande rivoluzionaria Rosa Luxemburg: "il problema più importante del socialismo, la questione incandescente dell'attualità era, ed è, (…) la capacità di azione del proletariato, l'energia rivoluzionaria delle masse, la determinazione del socialismo per arrivare al potere. In questo senso, Lenin, Trotsky ed i loro compagni furono i primi a dare l'esempio al proletariato mondiale, e fino ad ora sono gli unici che possono esclamare: ‘Io osai!' ”.



    Ottobre rosso

    (seduta del Soviet, 1917)



    di Bernardo Cerdeira


    All'inizio del XX secolo la Russia era il più grande e popolato Paese d'Europa, con 150 milioni di abitanti, più di 3 milioni dei quali a Mosca e Pietrogrado. Ciononostante, era un Paese arretrato, in cui l'ottanta percento della popolazione viveva nelle campagne e il novanta percento era analfabeta.
    La Russia era uno Stato assolutista autocratico, governato dalla monarchia degli zar. Il regime si basava sulla repressione degli oppositori. A migliaia furono arrestati, torturati, giustiziati o deportati in Siberia. Le libertà di riunione e manifestazione e la legalità di partiti e sindacati furono occasionali, e conquistati ogni volta con mobilitazioni rivoluzionarie, come la Rivoluzione del 1905.

    Rivoluzione del 1905: la grande prova
    La rivoluzione del 1905 concentrò tutte le contraddizioni dello zarismo: la sconfitta nella guerra tra Russia e Giappone, la repressione, ed una crisi economica scatenata dal conflitto. A gennaio cominciò un sciopero dei 12.000 operai della fabbrica Putilov, a Petrogrado, per la reintegrazione di quattro compagni licenziati. Altre fabbriche aderirono e lo sciopero raggiunse i 150.000 lavoratori.
    L'organizzazione degli operai era diretta da un curato di nome Gapón, che ebbe l'idea di portare allo zar le rivendicazioni di riammissione dei quattro, ed altre, come la giornata di otto ore e l'aumento di salario.
    Più di 200.000 lavoratori si diressero verso il Palazzo di Inverno. Lo zar ordinò che le truppe sparassero sulla folla. Morirono più di 1.500 persone e ci furono 2.000 feriti. Quel giorno rimase conosciuto come la "Domenica di sangue". Era cominciata la rivoluzione.
    La rivoluzione durò un anno e alla fine fu sconfitta. Ma lasciò importanti insegnamenti. Uno di essi fu l'organizzazione del Soviet (Consiglio in russo) dei deputati ed operai di Pietrogrado, il cui presidente fu un socialdemocratico di 25 anni: Lev Trotsky.

    Prima Guerra Mondiale: la Russia e la Guerra
    Nel 1914 la Russia entrò nella Prima guerra mondiale al fianco all'Inghilterra e della Francia. Tuttavia, le sofferenze del popolo russo furono superiori a quelle degli altri Paesi. Male armato ed equipaggiato, l'esercito russo, di più di 10 milioni di soldati, subì pesanti sconfitte e registrava già un milione e settecentomila morti e sei milioni di feriti.
    La Guerra comportò terribili sofferenze per la popolazione in generale, che soffriva gli effetti della crisi di rifornimenti e la fame, specialmente per i contadini, che costituivano la maggioranza dell'esercito.

    La caduta dello zar: la Rivoluzione di Febbraio
    Nel febbraio del 1917, durante le manifestazioni per la Giornata internazionale della donna lavoratrice, migliaia di manifestanti uscirono per le strade, invasero il Palazzo di Tauride, dove si riuniva la Duma (parlamento), esigendo la rinuncia al trono da parte dello zar. Nicola II fu costretto ad abdicare.
    Trotsky descrisse così la rivoluzione di Febbraio:
    "Comincia la rivoluzione più violenta di tutti i tempi. In una settimana, la società si disfa di tutti i suoi mandatari: il monarca ed i suoi uomini di legge, la polizia ed i sacerdoti; i proprietari ed i direttori, gli ufficiali ed i capi. (…) nell'esercito, i soldati smettono di ubbidire ai loro superiori. Nessuno mai aveva sognato una simile rivoluzione. Ora, quel sogno circola nelle vene di tutte le anime disperate ed abbandonate di questo pianeta" (nell'articolo "Il grande sogno").

    Il governo Provvisorio di Kerensky
    I Soviet si riorganizzarono durante le manifestazioni contro il regime ed avrebbero potuto prendere il potere. Ciononostante, i partiti opportunisti, menscevico e socialista-rivoluzionario, che erano in maggioranza, decisero di consegnare il potere ad un governo provvisorio borghese, guidato dal principe Lvov, al quale partecipava Kerensky, un ex trudovico (laburista). Tra febbraio ed ottobre si successero differenti governi provvisori, che contarono su ministri borghesi, menscevichi e socialisti-rivoluzionari.
    I bolscevichi, guidati in quel momento da Stalin e Kamenev, appoggiarono inizialmente (dall'esterno e criticamente) il governo provvisorio. Quando Lenin arriva a Pietrogrado, rientrato dopo l'esilio, presenta le “Tesi di Aprile”, che difendono la necessità di un cambiamento totale di questa politica. Le tesi di Lenin sono approvate dal Partito bolscevico che inizia a fare opposizione al governo provvisorio ed a sostenere che i Soviet dei lavoratori e dei soldati prendano il potere.

    I Soviet ed il doppio potere
    I Soviet erano nella memoria recente della classe operaia della rivoluzione del 1905. A partire da Febbraio si riorganizza il Soviet dei deputati operai e dei soldati di Pietrogrado. I lavoratori votavano i loro rappresentanti per fabbrica o per distretto, eleggendo un delegato ogni mille operai. Anche i soldati della capitale partecipavano con un rappresentante per ogni compagnia.
    A partire da Pietrogrado, l'organizzazione sovietica si andò estendendo in tutto il Paese. I Soviet rappresentavano un potere parallelo, il potere alternativo al governo provvisorio.
    Il governo provvisorio in realtà dipendeva dall'appoggio dei Soviet, egemonizzati dai menscevichi e dai socialisti-rivoluzionari. Nel giugno del 1917 si riunì il Primo congresso panrusso dei Soviet, nel quale quei partiti opportunisti erano ancora in maggioranza.

    Pace, Pane e Terra
    Il governo provvisorio non riusciva a risolvere i principali problemi delle masse. Il primo era la necessità di porre fine alla guerra, che portava enormi sofferenze agli operai e ai contadini. Il governo provvisorio cedeva alle pressioni dell'Inghilterra e della Francia affinché la Russia mantenesse i suoi impegni militari e continuasse la guerra, ma il popolo esigeva pace.
    Tutto ciò comportava il grande problema di mantenere ed alimentare un esercito di dieci milioni di soldati. L'approvvigionamento delle città era pregiudicato e i loro abitanti pativano la fame. D'altra parte, il governo provvisorio era conciliante coi latifondisti e ritardava la distribuzione delle terre reclamata dai contadini.
    Per quel motivo, il Partito bolscevico avanzava come principale rivendicazione quella di Pace, Pane e Terra, oltre all'autodeterminazione per le decine di nazionalità oppresse dall'antico regime zarista.

    Le giornate di Luglio ed il golpe di Kornilov
    In luglio, le masse di lavoratori e soldati di Pietrogrado, esasperate per la sconfitta dell'offensiva militare ordinata dal governo provvisorio e per i sacrifici causati dalla carestia, iniziarono una sollevazione contro il governo.
    I bolscevichi all'inizio non concordavano, perché vedevano che il resto del Paese appoggiava ancora i socialisti-rivoluzionari ed i menscevichi, e temevano che la capitale si isolasse.
    Tuttavia, stettero dalla parte dei manifestanti e cercarono di dirigerli. Per quel motivo, furono repressi dal governo provvisorio, e centinaia di suoi militanti, perfino dirigenti come Kamenev e Trotsky, furono incarcerati. Fu decretato l'ordine di arresto contro Lenin e Zinoviev che furono obbligati a passare alla clandestinità.
    In agosto, il generale Kornilov, comandante dell'esercito, tenta un golpe militare controrivoluzionario, inviando truppe dal fronte di guerra a Pietrogrado per abbattere il governo di Kerensky, che chiede appoggio.
    I bolscevichi fecero appello alla lotta contro Kornilov e si misero alla testa dell'organizzazione militare per sconfiggerlo. Fu creata la Guardia rossa con gli operai di Petrogrado. Delegati dei Soviet e dei soldati della capitale riuscirono a convincere le truppe sul carattere del golpe ed ad abbandonare la marcia sulla capitale. Kornilov fu sconfitto e incarcerato senza che si sparasse un colpo.

    Alla presa del potere: la Rivoluzione d'Ottobre
    La resistenza di massa al golpe di Kornilov inclinò la bilancia verso sinistra. Le masse diedero fiducia ai bolscevichi che guadagnarono la maggioranza nelle elezioni per il Soviet di Petrogrado a settembre. Trotsky, liberato della prigione, fu eletto presidente del Soviet.
    Il governo provvisorio era sempre più debole, ma tentò ancora alcune manovre. Verso la metà di settembre realizzò la cosiddetta "Conferenza democratica". Criteri di rappresentanza distorti davano la maggioranza ai partiti borghesi ed agli opportunisti. I bolscevichi parteciparono per denunciarla. Alla fine, la Conferenza si dichiarò "pre-parlamento", un organo legislativo che aveva l'obiettivo di svuotare il Soviet, subordinandolo a questa istituzione.
    Tra i bolscevichi si aprì una polemica che rifletteva una differenza strategica. Lenin e Trotsky sostenevano che il Partito bolscevico dovesse boicottare il pre-parlamento e preparare l'insurrezione per prendere il potere. Ma la maggioranza del Comitato centrale respinse il boicottaggio, manifestando perplessità sulla presa del potere.
    Dalla Finlandia, dove si trovava in esilio, Lenin aprì una lotta interna e finalmente ottenne che la maggioranza del CC approvasse il boicottaggio. Nell'apertura dei lavori del pre-parlamento, Trotsky lesse una dichiarazione di rottura ed i deputati bolscevichi abbandonarono la sala.
    A inizio di ottobre, Lenin tornò ad insistere affinché i bolscevichi scatenassero senza esitazione l'insurrezione, col timore che si potesse perdere il momento più propizio. Ciononostante, nel Comitato centrale, Zinoviev e Kamenev si opposero. Quando finalmente il CC approvò l'insurrezione, i due dirigenti esposero la loro posizione contraria nella stampa dei Soviet, rompendo la disciplina di partito.
    Il Secondo congresso panrusso dei Soviet era convocato per il giorno 25 di ottobre. Il governo provvisorio, temendo l'insurrezione bolscevica, cercò di inviare le truppe di Pietrogrado sul fronte di battaglia, cosa che avrebbe lasciato la capitale sguarnita di fronte alle truppe tedesche. Il Soviet di Petrogrado formò allora il Comitato militare rivoluzionario, presieduto dallo stesso Trotsky, che iniziò a controllare tutti gli ordini militari del governo provvisorio. In realtà, il potere stava già nelle mani dei Soviet e dei bolscevichi che li dirigevano.
    Il giorno 25, con l'argomento di difendere la capitale dai tedeschi e di garantire la sicurezza del Secondo congresso dei Soviet, le truppe del Comitato militare rRivoluzionario occuparono i punti strategici della città. Nella notte, le truppe rivoluzionarie dirette dal bolscevico Antonov-Ovseenko presero il Palazzo d'Inverno e catturarono gli ultimi ministri del governo provvisorio. Kerensky era già fuggito.
    Nel Secondo congresso dei Soviet, i delegati appoggiarono per acclamazione la destituzione del governo provvisorio ed il passaggio del potere ai Soviet. I menscevichi e i socialisti-rivoluzionari di destra abbandonarono il Congresso. I bolscevichi giunsero ad un accordo per comporre un governo sovietico coi socialisti-rivoluzionari di sinistra.
    Lenin assunse il governo con un discorso che terminò fra gli applausi, con le celebri parole: “Passiamo ora all'edificazione dell'ordine socialista”.
    Il Secondo congresso ratificò allora i primi decreti del governo sovietico sulla pace e sulla distribuzione delle terre ai contadini. La Rivoluzione d'Ottobre aveva trionfato.

    (Traduzione dallo spagnolo di Mauro Buccheri)



    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  4. #34
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    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Il programma del governo Lega- Cinque stelle
    Un attacco sistematico ai lavoratori


    di Alberto Madoglio

    Come abbiamo scritto in vari articoli di questi giorni sul nostro sito, dal nuovo governo giallo verde, M5S e Lega i lavoratori e le masse popolari non devono aspettarsi nulla di buono.
    Una più chiara conferma di questa considerazione la possiamo ricavare leggendo il corposo, 57 pagine, programma di governo scritto dalle forze che hanno dato vita all’esecutivo Conte.
    Dal versante cosiddetto “securitario”, tema molto caro alla Lega, c’era da aspettarsi una accentuazione del carattere reazionario che ha contraddistinto la politica nazionale negli ultimi anni, ma la realtà ha superato ogni più funesta fantasia. Dallo scoppio della crisi economica oltre 10 anni fa, le varie forze politiche, e in particolare la Lega, hanno cercato di sviare l’attenzione delle masse popolari da quelli che erano i veri responsabili del disastro sociale che si è verificato (la grande borghesia e il sistema sociale che essa difende, il capitalismo) verso un “nemico” molto più semplice da individuare, e che per questo non avrebbe messo in discussione i pilastri su cui si fonda la società. Quindi il problema da affrontare è stato di volta in volta l’immigrazione, la “sicurezza” della proprietà privata (intesa come la propria abitazione, il proprio negozio ecc.) inventandosi una emergenza criminalità nella realtà inesistente e così via. Vediamo come vengono affrontate queste tematiche nel programma di governo.

    Un minaccioso mix: lotta all’immigrazione, ordine e disciplina
    Per l’immigrazione, si sostiene che in Italia sono presenti circa 500.000 immigrati irregolari, per i quali si dovrebbero attivare azioni di rimpatrio. Inoltre si ribadisce la volontà di impedire nuovi sbarchi per fermare questa fantomatica invasione.
    Sul tema è necessaria una precisazione. Anche le forze che, all’interno dello schieramento borghese, si considerano “progressiste”, fanno una differenza tra immigrati “economici” e per “cause umanitarie”. Per noi questa è una classificazione arbitraria e da respingere in toto. Sono le politiche dell’imperialismo compreso quello italiano, nei Paesi dipendenti, che creano le condizioni economiche per far sì che milioni di persone cerchino di sopravvivere scappando all’estero. Per questo ci battiamo per il riconoscimento a tutti gli immigrati dei pieni diritti di cittadinanza, contro ogni chiusura, "programmazione", ecc.
    E' necessario unificare le lotte del proletariato nativo e immigrato per distruggere il dominio del capitale, a partire dal “nostro Paese” che, per ricordare una famosa affermazione di Liebknecht, è il nostro nemico principale.
    Nel programma del governo Conte si parla di inasprimento delle pene per quei crimini che vengono definiti “particolarmente odiosi” (pag. 23) come furti nelle abitazioni, rapine, truffe agli anziani ecc. A parte il fatto che non si cercano le cause sociali di questi crimini, si dimentica di dire che come numerose statistiche riportano, molti di questi crimini sono in calo negli ultimi tempi mentre crescono i crimini direttamente legati alla borghesia mafiosa e criminale che agisce in stretta connessione con la borghesia che fa affari legali. Ma al governo questa enfasi sulla piccola delinquenza serve solo per stornare l'attenzione dalla grande delinquenza degli industriali che sfruttano e licenziano e dai banchieri che fanno affari (legali ed illegali) sulla pelle dei piccoli risparmiatori.
    La parte certamente più odiosa del programma è quella che riguarda i cosiddetti nomadi. Non solo si annunciano sgomberi dei campi in cui sono costretti a vivere in situazioni miserevoli, senza tuttavia individuare concrete soluzioni alternative, ma si arriva addirittura a prevedere l’allontanamento dalle famiglie per i minori che non rispettano l’obbligo scolastico.
    Questi difensori del “popolo italiano” fingono di non sapere che la maggioranza dei nomadi sono cittadini italiani a tutti gli effetti, e che sono purtroppo molti i minori italiani di famiglie che questi razzisti considerano “puro sangue” che non terminano la scuola dell’obbligo e per i quali non è previsto il brutale trattamento previsto per i nomadi. Da lungo tempo contro i nomadi, più che con qualunque altra etnia, si scatena un odio barbaro e pienamente razzista. La difesa di questa minoranza etnica diventa un compito irrinunciabile per i lavoratori nativi.
    Per far sì che i propositi del governo diventino realtà è previsto nel programma un aumento di risorse e di personale per il settore della sicurezza (polizia, carabinieri ecc.). Peccato che secondo il sito “trust number” nel 2016 l’Italia era già il terzo Paese al mondo per numero di ”forze di scurezza” rispetto alla cittadinanza, dopo Russia e Turchia. La strada verso una società sempre più repressiva e militarizzata è intrapresa ormai da tempo e l’esecutivo giallo-verde si attribuisce la non meritevole volontà di accentuarla (pag. 43).
    Ma anche sul versante sociale, quello nel quale si dovrebbe vedere, secondo alcuni, l’impronta più progressista rappresentata dai grillini, il bluff viene presto smascherato.

    Cade il mito del carattere "progressista" dei 5 Stelle
    Per quanto riguarda il reddito e la pensione di cittadinanza, le cifre indicate sono totalmente inadeguate a garantire livelli di vita dignitosi per disoccupati e pensionati. Inoltre essendo istituti legati al possesso della cittadinanza, si escludono centinaia di migliaia di immigrati presenti nel Paese, garantendo così una quota importante di manodopera a basso prezzo per i capitalisti, che inevitabilmente creerà una pressione al ribasso dei salari.
    L’abolizione della Fornero, prevista nel contratto, e cavallo di battaglia della campagna elettorale dei due partiti di governo, pare già ridimensionata. Quota 100 (contributi più età anagrafica) dovrebbe valere solo dopo aver compiuto 64 anni. Se si tiene conto solo dei contributi si parla di 41 anni e 5 mesi di lavoro. In entrambi i casi con un limite (2/3 anni) per quanto riguarda i contributi figurativi. Inoltre senza modificare il sistema di calcolo contributivo, ogni riduzione dell’età lavorativa implica necessariamente la diminuzione dell’assegno pensionistico.
    Quindi al momento la montagna della modifica alla “Fornero” pare stia producendo un topolino. E’ molto probabile che più passa il tempo e più anche di queste modifiche si perderà traccia. Per un motivo semplice. Il governo pare intenzionato a introdurre la flat tax. Senza perderci in tecnicismi, la "tassa piatta" in sostanza favorisce i redditi maggiori rispetto a quelli più bassi, e nei Paesi dove è introdotta (repubbliche baltiche, Russia, Stato dell’Illinois) rende insostenibile un sistema di stato sociale minimamente degno di questo nome.
    Se pensiamo a come è ridotto lo stato sociale in Italia, in particolare la sanità (che come ricordato in un recente articolo apparso sul nostro sito nel giro di pochissimi anni a causa dei continui tagli scenderà sotto la soglia, indicata dall’OMS per garantire i servizi minimi essenziali), la situazione non potrà che peggiorare ulteriormente in un tempo più breve di quanto ci si possa immaginare.
    Nel campo del lavoro, si avanza la proposta di reintrodurre i voucher, forma tra le più brutali di precarizzazione del lavoro.
    Sul versante delle grandi opere, si è passati dalla loro cancellazione a quella che è stata definita dal ministro Toninelli una "attenta valutazione costi - benefici". Qualcuna di queste opere di devastazione ambientale molto probabilmente verrà bloccata, ma nel complesso si proseguirà nello sviluppare opere inutili e dannose per l’ambiente e per la qualità della vita, ma essenziali per garantire profitti ai grandi gruppi, industriali e finanziari.

    Un “sovranismo” fedele alla Nato e agli obblighi di bilancio
    Sul piano delle politiche internazionali, vengono confermati i vincoli internazionali per quanto riguarda il rispetto del bilancio, la permanenza nell’euro, la fedeltà al Patto Atlantico e così via.
    Certo vengono conditi con parole più o meno combattive, con una rivendicazione di maggior difesa dell’"interesse nazionale”, cercando di ottenere per il Belpaese uno status di potenza politica, economica e militare pari a quello di altre potenze imperialiste come Germania, Francia, Usa, Gran Bretagna.
    Dubitiamo molto che i partner internazionali di Roma si possano far impressionare più di tanto dalle rivendicazioni tricolori. Il massimo a cui può ambire il nuovo esecutivo è di inserirsi tra le contraddizioni dei maggiori attori dello scacchiere mondiale (da ultima la proposta di Trump di permettere alla Russia di entrare nel G8) e poi di propagandarla come una grande vittoria della diplomazia italiana, magari aggiungendo che la storia torna a farsi sui sacri colli di Roma.
    Certo non possiamo escludere a priori che la situazione sfugga di mano al governo Conte. Una nuova caduta in recessione dell’economia nazionale nel caso i tassi sul debito pubblico dovessero mantenersi sui livelli alti a cui sono arrivati nelle scorse settimane, intrecciata alla fine della politica monetaria espansiva della BCE e, soprattutto diciamo noi, se i primi segnali di rallentamento del maggior partner industriale del Paese dovessero confermarsi (la Germina ha segnato un calo della produzione industriale di oltre due punti quando ci si aspettava una seppur minima crescita) potrebbero creare l’incidente “sistemico”: default del debito e uscita dall’euro.

    Contro l’austerità di Bruxelles e Roma. Per l’alternativa di classe del proletariato
    Quello sopra delineato ci pare lo scenario meno probabile, tuttavia per i lavoratori non ci sarebbe nulla di buono nel caso che questi eventi si verificassero a causa dell’insipienza delle classi dominati, anziché grazie all’azione cosciente delle masse proletarie per rompere con l'Ue e l'euro.
    Per noi è chiaro che il governo col quale avremo a che fare nel prossimo periodo è un governo anti-operaio, e con un carattere reazionario-autoritario molto accentuato.
    Il governo giallo verde non potrà, al di là della propaganda, fare altro che continuare con le politiche di austerità poste in essere da chi lo ha preceduto. L’inganno di una rottura col passato a favore degli strati popolari verrà presto alla luce. Il fallimento di questo sistema sociale, chiunque sieda al governo, sarà ancora più visibile. Ma il compito dei lavoratori non è stare ad aspettare: bisogna da subito mettere in campo azioni di lotta contro il governo e le sue politiche. Costruire i rapporti di forza in direzione di una alternativa vera, di sistema, socialista.
    E' questo il compito in cui è impegnato il nostro partito, un piccolo partito ma attivo in ogni lotta. Un partito che ha bisogno delle energie militanti di tutti i lavoratori e i giovani che vogliono opporsi alla barbarie del capitalismo che oggi avanza dietro i volti sorridenti di Di Maio e Salvini.
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

  5. #35
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    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Continuiamo la lotta contro l'Europa borghese

    Italia: Salvini vince nelle urne ma le piazze sono contro di lui





    Dichiarazione dell’Esecutivo del Pdac

    Pur sapendo che lo strumento elettorale non ha possibilità di apportare alcun cambiamento qualitativo alle politiche imperialiste dell’Unione europea, è tuttavia interessante riflettere sul risultato elettorale in quanto riflesso distorto di movimenti e mutamenti nelle masse dei vari Paesi dell’Unione.
    I risultati ci parlano, a fronte di un’affluenza media del 50% a livello di Ue, di un sostanziale tracollo dei partiti tradizionali del Ppe e del Pse che, se prima si spartivano la maggioranza dei seggi, oggi superano la maggioranza solo se sommati ai seggi ottenuti dai liberali. Al di là delle diversità del processo nei diversi Paesi, questo tracollo dimostra il rifiuto generalizzato delle politiche di austerità imposte da questi partiti su mandato di Bruxelles; con pochissime eccezioni: in Grecia vince il partito conservatore tradizionale Nea dimokratia, per l’evidente motivo che negli ultimi anni ad applicare i piani di tagli della Troika è stata la Syriza di Tsipras, mentre in Spagna i socialisti del Psoe mantengono l’onda della vittoria di Pedro Sanchez alle recenti politiche, dopo gli anni di austerità attuati da Rajoy del Pp spagnolo. A risentire di meno del calo dei partiti tradizionali è la Cdu tedesca di Angela Merkel, anche a fronte del ruolo di imperialismo più forte all’interno dell’Ue, ma anche in Germania calano vistosamente i socialdemocratici mentre avanzano prepotentemente i Verdi (che però in questo Paese sono una presenza politica più radicata che in altri)
    Nel Regno unito, scosso dalla gestione conservatrice della Brexit, la coalizione di Nigel Farage (del partito nazionalista Ukip) stravince diventando il primo partito del parlamento europeo (a pari con la Cdu), senza che i laburisti si avvantaggino del calo sotto il 10% del partito conservatore. In Francia vince di poco Marine Le Pen sul presidente Macron, ma crollano completamente i partiti tradizionali, con il Partito socialista ridotto al 6% e la sinistra riformista di Melenchon che perde più di 10 punti percentuali rispetto alle presidenziali del 2017. In Ungheria stravince invece il partito populista xenofobo di Viktor Orban, che al momento è sospeso dal Ppe.
    Nel complesso quindi assistiamo a un ridimensionamento forte dei partiti tradizionali e a un’avanzata significativa di movimenti percepiti come nuovi o anti-austerità, sintomo di un profondo malessere delle masse popolari nei confronti delle politiche imperialiste e di austerità promosse dall’Unione europea. Purtroppo, a fronte della mancanza di un’alternativa di classe credibile in Europa, questo malcontento viene generalmente raccolto dalle formazioni di destra, xenofobe e nazionaliste, con però una importante eccezione: la crescita, seppur disomogenea, in tutta Europa dei partiti «verdi» testimonia come vi sia un consistente movimento (frutto anche delle mobilitazioni degli ultimi mesi) di giovani che vogliono salvare il pianeta dai mali di questo sistema. Certo oggi questo non si configura come un movimento classista, e men che mai lo sono i partiti che ne sono stati in questo caso espressione elettorale, tuttavia è sintomo che c’è una parte delle masse, soprattutto studenti ma non solo, che vogliono battersi contro il capitalismo e i suoi effetti sull’ambiente. Anche da queste lotte, oltre che da quelle degli operai come da quelle dei gilet gialli, degli immigrati, delle donne e dalle mobilitazioni antifasciste, deve ripartire la sinistra rivoluzionaria europea: dobbiamo dire con forza a tutti questi settori che l’alternativa non è l’Unione europea degli Orban, dei Salvini e delle Le Pen, ma la lotta per distruzione dell’Unione europea borghese e per la creazione degli Stati uniti socialisti d’Europa.

    L’Italia tra il governo giallo-verde e le piazze in lotta

    Per quanto riguarda l’Italia nello specifico, appare evidente l’avanzata della Lega al 34% e il crollo del M5s al 17%, in qualche modo ribaltando le percentuali delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, e con il Pd che ritorna a essere il secondo partito al 22%. Tuttavia, se andiamo a guardare i voti reali, quindi al netto dell’astensione, il Partito democratico non solo non recupera, ma perde 100 mila voti e non guadagna niente dallo scioglimento di Liberi e uguali, né dai delusi del M5s.
    Il vero cambiamento qualitativo, che assume la forma di un tracollo, è quello del Movimento 5 stelle, che perde 6 milioni di voti netti, cioè più della metà dei 10 milioni e 700 mila presi alle scorse politiche. Ora, i reali numeri ci testimoniano che non c’è un consistente passaggio di questi voti alla Lega, anche se le percentuali sembrerebbero dimostrare il contrario: il partito di Salvini avanza, ma più a scapito di altre forze del vecchio centrodestra, mentre la maggioranza dei voti persi dal M5s vanno verso l'astensione.
    Certamente Salvini ha sfruttato l’esperienza governativa a discapito del M5s: entrambi avevano vinto le elezioni politiche capitalizzando il malcontento in particolare della piccola borghesia (ma anche di strati della classe lavoratrice) per le politiche di austerità di tutti i governi italiani dal 2011, tuttavia la Lega ha indirizzato più efficacemente dei 5 stelle questo sentimento verso politiche securitarie e xenofobe (dal Decreto sicurezza alla chiusura dei porti alle navi che salvano gli immigrati in mare), mentre i grillini non sono riusciti a mantenere la parte presuntamente «sociale» del loro programma, che pure aveva portato ampi settori di masse popolari a votarli. La farsa del governo giallo-verde non è ancora finita, e non è escluso che Di Maio e i suoi provino a recuperare terreno, mentre sicuramente Salvini tenterà di passare all’incasso, a partire dall’approvazione del Decreto sicurezza bis e dalla realizzazione del Tav in Val di Susa.
    È in questo momento che è assolutamente necessaria una risposta operaia e delle masse popolari. Il rafforzamento politico della Lega non coincide oggi con una «ondata nera» o reazionaria: lo dimostrano le molte piazze combattive e partecipate di questi mesi, dalle mobilitazioni delle donne a quelle antifasciste, dalle proteste degli insegnanti alle decine di contestazioni a Salvini in tutta Italia. Da queste lotte dobbiamo ripartire per creare un ampio fronte contro Salvini e il governo giallo-verde, a partire dalla battaglia contro l’approvazione del Decreto sicurezza bis, testa d’ariete contro il movimento operaio e le lotte in generale.
    In questo senso non condividiamo l’analisi che sta facendo in queste ore la sinistra riformista (il Prc di Ferrero e Sinistra italiana di Fratoianni) che cerca di far dimenticare che la causa del proprio disastro è figlia della collaborazione di classe con i governi di centrosinistra. Per questo agitano lo spauracchio dell’«ondata reazionaria», per rilegittimare nuove politiche subalterne al Pd. La stessa analisi sbagliata viene fatta da quei gruppi alla sinistra del Prc che parlano di «deriva reazionaria», così come già facevano pochi mesi fa parlando dell'America Latina e in particolare del Brasile di Bolsonaro, per il quale paventavano un lungo periodo di riflusso delle masse: una previsione già smentita dai milioni di manifestanti contro Bolsonaro nelle piazze brasiliane dello scorso 15 maggio.
    Il naturale sviluppo della crisi economica sta già mettendo il governo giallo-verde a confronto con le rivendicazioni delle masse (la lotta dei lavoratori del Mercatone uno, solo per fare l’ultimo esempio in ordine di tempo) e con le sue stesse contraddizioni, e continuerà a farlo nel prossimo futuro: dobbiamo essere pronti a sbarrare il passo a questo governo così come a combattere la sua falsa alternativa di centrosinistra, per preparare un’alternativa di classe a favore dei lavoratori e delle masse popolari oppresse.

    https://www.alternativacomunista.it/...uropa-borghese
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  6. #36
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    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Io tutte ste masse in lotta mica le vedo...
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

 

 
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