User Tag List

Pagina 1 di 4 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 36
  1. #1
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Partito di alternativa Comunista

    sezione dedicata al PDAC, news, iniziative,interviste
    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  2. #2
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - PRIMO PIANO

    E ORA RIPRENDIAMOCI LE PIAZZE!
    Costruiamo un'opposizione di classe e di massa contro il governo



    di Fabiana Stefanoni
    "Quando le masse proletarie sono animate da speranza rivoluzionaria, è inevitabile che vengano trascinati sulla strada della rivoluzione ampi e sempre crescenti settori della piccola borghesia". Così scriveva Trotsky nel 1930, ma aggiungeva, commentando i risultati delle elezioni in Germania che avevano visto una forte ascesa elettorale del partito nazista (da 800.000 voti nel 1928 a 6.400.000 voti nel 1930), che si dà anche il caso opposto: "la disperazione controrivoluzionaria ha contaminato le masse piccolo borghesi con tale forza da fare in modo che trascinassero con sé molti settori del proletariato".
    Sono parole che si riferiscono a un contesto molto differente da quello attuale, caratterizzato allora da forza organizzativa e anche elettorale dei comunisti (stalinisti) e della socialdemocrazia. Oggi le cose, qui da noi, sono molto diverse: i partiti che, a torto o ragione, si definiscono comunisti non hanno rappresentanza in parlamento, la socialdemocrazia appare più un simulacro di partito che una reale forza politica (ci riferiamo a Sel di Vendola che, nonostante un rapporto stretto con la direzione della Fiom, è un partito per lo più mediatico, privo di reale radicamento nei territori). La crisi economica e politica, non trovando partiti operai con influenza di massa in grado di attrarre le masse proletarie, si è tradotta, sul versante elettorale, nell'affermazione di una forza populista come il M5S, all'occorrenza disposta ad assecondare le peggiori pulsioni razziste e xenofobe per un tornaconto in termini di voti. Un'affermazione, quella dei grillini, favorita anche dalla disillusione nei confronti di quei partiti della sinistra che hanno tradito la fiducia in essi riposta da parte di settori importanti del movimento operaio (si pensi alla parabola di Rifondazione comunista, che ha conosciuto un drastico crollo di militanza e di consenso dopo il sostegno alle politiche antioperaie, razziste e guerrafondaie del governo Prodi, fino alla pressoché totale paralisi di oggi, consacrata da un congresso appena concluso che non è stato in grado neanche di eleggere il gruppo dirigente).
    E' proprio dall'analisi della condizione dei partiti della classe operaia che vogliamo partire per cercare di spiegare il movimento dei "forconi" e la capacità - ancora limitata, ma non trascurabile - che esso ha avuto di attrarre anche alcuni settori di proletariato e studenteschi nell'alveo di un'opposizione basata su parole d'ordine reazionarie ("fuori dall'euro per difendere l'italianità", "il lavoro agli italiani", ecc.), con la regia in piazza di organizzazioni politiche neofasciste (da Casapound a Forza Nuova). I leader del M5S, in conseguenza del loro interclassismo, si sono affrettati a benedire la protesta dei forconi. Gli apparati di polizia si sono mostrati compiacenti e hanno tolto i caschi, per dare un segnale: ci sono proteste che non vanno bene (quelle dei lavoratori, dei no tav, dei movimenti per la casa) e proteste invece che si possono tollerare, come quelle dei forconi, soprattutto se si sventolano bandiere patriottiche. Persino il presidente di Confindustria, Squinzi, temendo ben altri scenari di lotta operaia, ha assicurato che la protesta dei forconi "è ampiamente giustificata".


    Piccola borghesia e movimento operaio: lo stato dell'arte
    Nonostante il flop della manifestazione del 18 dicembre a Roma, è un dato di fatto che la piazza dell'opposizione alla famigerata Legge di Stabilità è stata lasciata ai forconi e ai gruppi fascisti. Le mobilitazioni iniziate il 9 dicembre hanno dato visibilità - anche per la non casuale compiacenza dei mass-media berlusconiani - alle rivendicazioni della piccola e media borghesia, fortemente impoverita a causa della crisi. Commercianti, artigiani, piccoli imprenditori, professionisti, contadini ecc: sono soggetti che, nelle fasi di acuta crisi economica come quella che stiamo vivendo, subiscono fenomeni di proletarizzazione. Le loro condizioni, oggettivamente, tendono ad avvicinarsi a quelle della classe operaia. E' per questo che, laddove esiste un forte movimento operaio, questo riesce, se adotta un programma transitorio in grado di attrarre anche la piccola borghesia, a trascinare con sé anche larghi settori della stessa. Ciò succede perché la piccola borghesia, per sua natura, è, parafrasando Trotsky, "polvere di umanità", non ha un proprio programma e oscilla tra opposti estremi. Così, se non esiste una proposta rivoluzionaria del movimento operaio organizzato, la piccola borghesia volge il suo sguardo altrove, si schiera con la reazione.
    Guardiamo alla situazione sociale dell'Italia di oggi. Le ragioni del "successo" (per ora prevalentemente mediatico) delle mobilitazioni dei forconi vanno cercate nella condizione del movimento operaio. Oggi, la classe lavoratrice è priva di una direzione politica in grado di unire e sviluppare le sue lotte. Certo, il proletariato, anche negli ultimi mesi, ha dato vita a lotte importanti e coraggiose. Basti citare, da ultimo, le lotte dei ferrotranvieri di Genova e Firenze, dei lavoratori (in gran parte immigrati) della logistica, delle lavoratrici delle pulizie, dei movimenti per il diritto alla casa. Molti altri settori della classe hanno organizzato, negli scorsi anni, durissime battaglie. Dagli operai del gruppo Fiat ai precari della scuola, dagli operai Fincantieri alle lavoratrici dell'industria tessile, dai metalmeccanici ai chimici fino ai dipendenti del pubblico impiego: la classe lavoratrice in Italia ha dimostrato grandi capacità di mobilitazione. Lo stesso dicasi sul versante studentesco, con centinaia di occupazioni, manifestazioni, proteste.
    Tuttavia, si è trattato di lotte che sono state, nella maggioranza dei casi, egemonizzate dalle direzioni burocratiche dei sindacati concertativi (Cgil in primis) e che da quelle burocrazie sono state tradite: accordi al ribasso, cassa integrazione e poi mobilità per centinaia di migliaia di lavoratori, licenziamenti, tagli salariali. Tutto questo è andato di pari passo con lo smantellamento dei servizi pubblici, dalla sanità alla scuola: anzi, possiamo dire che l'opera di deviazione verso un vicolo cieco dei lavoratori da parte delle burocrazie sindacali è stata la condizione perché avvenisse questo smantellamento.


    La mancanza di un partito comunista e le pulsioni reazionarie
    Ciò che è mancato, e ancora manca, è un partito comunista rivoluzionario con influenza di massa in grado di contrastare l'influenza nefasta delle burocrazie sindacali concertative sul movimento operaio. Ultimamente, l'esperienza di ripetuti tradimenti ha portato allo sviluppo di nuove esperienze di lotta indipendenti dagli apparati burocratici: basti pensare alle lotte della logistica, che hanno permesso di dare nuova linfa al sindacalismo conflittuale e combattivo, grazie soprattutto alla presenza di operai immigrati, in gran parte provenienti dal Nord Africa (cioè da territori che hanno visto spirare in questi anni il vento delle rivoluzioni arabe). Ma le esperienze di autorganizzazione non bastano. Senza un radicato partito comunista, che organizzi politicamente la classe lavoratrice, che offra una direzione politica ferma e sicura alle lotte, le energie rischiano di venire disperse. Le enormi potenzialità di lotta espresse dalla classe lavoratrice in questi anni hanno necessità di una direzione politica per tradursi in una reale mobilitazione di massa contro le politiche di austerità. Ecco il punto imprescindibile.
    Oggi quella direzione politica non esiste, il Partito di Alternativa Comunista non ha la miopia né la pretesa di essere quella direzione. Ma pensiamo che vada costruita e vogliamo fornire un contributo a questo progetto, indispensabile per le sorti della lotta di classe in Italia: costruire un partito classista e comunista che sia in grado di dare una direzione politica a quell'enorme potenzialità rivoluzionaria rappresentata dalle masse operaie. Parafrasando di nuovo Trotsky, mille operai in lotta valgono più di mille piccolo- borghesi; valgono più, diremmo oggi, di mille forconi. Per questo, ci rivolgiamo anzitutto ai militanti "delusi" dai partiti della sinistra politica, a partire da Rifondazione comunista: li invitiamo a confrontarsi con noi, a discutere di come possiamo costruire insieme una direzione comunista e rivoluzionaria per la classe operaia, per riprenderci le piazze e sottrarle ai fascisti, per dimostrare alla piccola borghesia in via di proletarizzazione, importante possibile alleato del proletariato, che solo unendosi alla classe operaia potrà contare su un programma di reale rovesciamento dell'esistente, su una guida sicura ben più forte delle quattro salme fasciste (spalleggiate da Grillo e Casaleggio) che oggi si buttano nella mischia, approfittando del vuoto di direzione del movimento operaio.


    Un primo passo da compiere subito: unificare le lotte
    Un primo passo da compiere è quello dell'unificazione delle esperienze di lotta. La burocrazia Cgil spalleggia la direzione del Pd (che resta il principale partito di riferimento della grande borghesia italiana) e per questo non ha intenzione di disturbare il manovratore: non a caso la Camusso, alla vigilia dell'approvazione di una nuova finanziaria lacrime e sangue, non solo non ha proclamato lo sciopero generale, ma ha anzi garantito di essere disposta a metterlo persino in discussione quale strumento di lotta ("sbagliato considerare salvifico lo sciopero generale", 14/12/2013).
    Tanto più urgente è creare organismi di fronte unico che favoriscano il superamento della frammentazione, per costruire un ampio fronte di resistenza e di lotta, per creare la solidarietà e l'unità tra le esperienze di lotta dei lavoratori. Che è come dire: non lasciamo ai forconi la piazza. Per questo, il Pdac - pur non essendo disposto, come sa chi ci legge, a rinunciare alla propria autonomia organizzativa e politica rispetto agli altri partiti della sinistra - aderisce con convinzione al coordinamento No Austerity e fa appello alle altre organizzazioni politiche, sindacali, di movimento della sinistra di classe a parteciparvi e a contribuire al suo rafforzamento. La classe lavoratrice ha bisogno immediato e urgente di unità d'azione contro gli attacchi del capitale. Unifichiamo le lotte, riprendiamoci le piazze!

    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  3. #3
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - Parte la campagna di tesseramento 2014
    Parte la campagna di tesseramento 2014
    Mi iscrivo ad Alternativa Comunista perché...

    1. Perché il capitalismo non ha nulla da offrire all'umanità: solo una crisi sempre più profonda, guerre, miseria, politiche razziste, distruzione dell'ambiente, discriminazione sessuale. Cassa integrazione, licenziamenti, disoccupazione, precarietà: sono parte essenziale di questo sistema economico. Eppure già oggi un diverso sistema sociale, basato su un'economia pianificata in base alle esigenze della stragrande maggioranza dell'umanità, consentirebbe di eliminare su scala internazionale la fame e la disoccupazione e di liberare milioni di uomini dalla schiavitù del lavoro salariato. Ma questo significherebbe, per capitalisti e banchieri, per un pugno di famiglie, perdere i profitti miliardari: per questo vogliono scaricare sulle spalle dei lavoratori e dei giovani i costi della loro crisi, per questo continuano a essere terrorizzati dal comunismo.

    2. Perché i governi borghesi, di centrosinistra, centrodestra o "di larghe intese", non rappresentano gli interessi dei lavoratori.Oggi il governo Letta sta sferrando uno dei più pesanti attacchi ai diritti dei lavoratori che la storia del dopoguerra ricordi: prosegue nello smantellamento e nella privatizzazione dei servizi pubblici, Scuola e Sanità, Trasporti iniziato dai precedenti governi Monti, Berlusconi e Prodi. Aumento delle tasse dirette e indirette su salari e pensioni, aumento dell'Iva, tasse sui carburanti, blocco degli aumenti salariali per milioni di dipendenti pubblici. Mentre crescono in maniera esponenziale licenziamenti, chiusure di fabbriche, ricorso alla cassa integrazione e si negano i diritti più elementari dei lavoratori anche sui luoghi di lavoro (vedi il "patto di rappresentanza" siglato dalle burocrazie sindacali con Confindustria, per garantire la "pace sociale" di fronte all'attacco padronale).

    3. Perché solo un governo dei lavoratori può costruire un'economia diversa, in grado di garantire a tutti una vita degna. Oggi restano solo due strade: o lasciare che il capitalismo trascini l'umanità in una crisi ancora più brutale, o l'assunzione da parte dei lavoratori della direzione della società, espropriando gli espropriatori. Ai capitalisti - qualche centinaio di famiglie in tutto il mondo - conviene intraprendere la prima strada; per la maggioranza dell'umanità significherebbe il disastro. E' per questo che è necessario e urgente che i lavoratori si organizzino sulla base di un programma di indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi, per attuare un piano operaio contro la crisi: rifiutando di pagare il debito di banchieri e capitalisti; imponendo la scala mobile dei salari e delle ore lavorative e l'assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari; abolendo tutte le leggi razziste e praticando l'unità nelle lotte tra lavoratori nativi e immigrati; occupando le fabbriche che chiudono e licenziano; espropriando sotto controllo dei lavoratori le grandi industrie e le banche; creando un'unica banca di Stato al servizio dei lavoratori. Il primo passo in questa direzione dovrebbe essere la costruzione di un grande sciopero generale prolungato che fermi l'attacco del governo. L'esatto contrario degli scioperi di poche ore, frammentati, voluti dalle burocrazie sindacali, Cgil in testa.
    Un simile programma può essere imposto solo da un governo dei lavoratori, che dia agli sfruttati di oggi il controllo della società, che costruisca un'economia più razionale, volta alla soddisfazione dei bisogni sociali e non più basata sul profitto di pochi. Un'economia socialista.


    4. Perché una prospettiva di autonomia di classe del mondo del lavoro dalla borghesia e dai suoi governi richiede la costruzione di un'altra sinistra, rivoluzionaria, di un partito comunista. Questo è il progetto in cui sono impegnati i militanti di Alternativa Comunista. Disponibili all'unità d'azione nelle lotte con le altre forze di sinistra ma consapevoli della subalternità della Sel di Vendola e dei dirigenti di quanto rimane di Rifondazione Comunista (distrutta appunto da anni di collaborazione di governo con la borghesia) alla governabilità borghese. Una subalternità che si manifesta, oggi, nell'assenza di una reale opposizione, da parte di queste forze, al governo Letta, funzionale a ricucire, domani, un'alleanza di governo con quello stesso Pd e con quella borghesia che oggi sostengono, insieme al centrodestra, il governo "delle larghe intese".

    5. Perché è necessario costruire un partito comunista internazionalista e internazionale: che non si limiti cioè ad avere qualche relazione diplomatica con altri partiti o a simpatizzare per le lotte che si stanno sviluppando in tutto il mondo (dall'Egitto alla Siria, dalla Grecia al Brasile) ma che cerchi di unificare queste lotte, di organizzarle su scala internazionale, costruendo una Internazionale basata su un programma rivoluzionario, la Quarta Internazionale.


    Cosa è il Pdac
    Il Pdac non ha la pretesa di essere, già oggi, quel partito rivoluzionario che serve urgentemente ai lavoratori. E' necessario un lavoro paziente di costruzione, di radicamento, che però va iniziato oggi, cogliendo le potenzialità della nuova fase di ascesa delle lotte che si è aperta nel mondo.
    Serve un partito che si radichi tra le masse, che elevi la coscienza dei lavoratori politicamente attivi fino alla comprensione della necessità di abbattere questo sistema economico e sociale, che stia in ogni lotta e in ogni mobilitazione per svilupparla in una prospettiva rivoluzionaria.
    Il Pdac è un partito in cui si discute democraticamente; in cui sono i militanti a definire la linea, a elaborare collettivamente le pubblicazioni (sito web, giornale, rivista teorica). E' un partito in cui i militanti si formano al marxismo nei seminari, sempre coniugando lo studio con la concreta attività nelle lotte e nelle piazze. E' un partito in cui i giovani (la parte più numerosa) dispongono di un loro ambito di elaborazione e di intervento (i Giovani del Pdac).
    Il Pdac è soprattutto l'unico tra i partiti e le organizzazioni della sinistra a fare parte di una Internazionale viva e realmente presente in decine di Paesi nei diversi continenti: la Lega Internazionale dei Lavoratori-Quarta Internazionale, la più estesa e dinamica tra le organizzazioni che si richiamano al trotskismo, cioè al marxismo odierno. L'Internazionale che sta svolgendo un ruolo di primo piano in tutti i processi di lotta più avanzati nel mondo: dalla Spagna alla Turchia, dal Portogallo all'intervento attivo nelle rivoluzioni di Egitto e Siria, al ruolo dirigente della nostra sezione brasiliana (il Pstu) nell'ascesa delle lotte in Brasile.



    Iscriviti al Partito di Alternativa Comunista!
    Le condizioni per diventare militante
    del Partito di Alternativa Comunista sono tre:
    1) condivisione del programma fondamentale;
    2) sostegno militante all'attività
    del partito;
    3) partecipazione all'autofinanziamento del partito.
    Per i primi sei mesi è previsto un periodo di "candidatura", nel quale tanto il nuovo iscritto come il partito
    verificano nella militanza concreta l'effettiva e reciproca convergenza di convinzioni.
    Per candidarti a diventare iscritto militante del Pdac rivolgiti alla sezione più vicina
    oppure scrivi a
    organizzazione@alternativacomunista.org
    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  4. #4
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - BARI: LA LOTTA PER LA CASA

    BARI: LA LOTTA PER LA CASA



    Pdac sezione di Bari

    Non ha avuto seguito, a Bari, un altro sfratto esecutivo per morosità incolpevole nei confronti di una famiglia con quattro minori a carico, i cui genitori hanno perso il lavoro.
    Infatti, nonostante si fosse già arrivati al terzo tentativo di esecuzione forzata, il picchetto antisfratto organizzato da Unione Inquilini Bari e sostenuto dal Movimento di Lotta per la casa e Alternativa Comunista, ha respinto con decisione l'avvocato e l'ufficiale giudiziario mandati per eseguire lo sfratto e far uscire dalla loro casa l'intera famiglia.
    A Bari, come in tante altre parti d'Italia, ormai si vive in piena emergenza abitativa (sono 1.400 gli sfratti esecutivi), situazione drammatica che si unisce alla perdita del lavoro.
    Per questo si continua a portare in campo pratiche di lotta come la resistenza contro gli sfratti che inibisce fisicamente l'accesso di ufficiali giudiziari e forze di polizia che tentano di eseguire le ordinanze di sgombero coatto. La morosità incolpevole colpisce ormai il 90% delle famiglie a causa della perdita del lavoro, dovuto essenzialmente alla crisi economica capitalista.
    Alternativa comunista continuerà a collaborare con l'Unione Inquilini e il Movimento di lotta per la casa affinché gli effetti della crisi siano pagati dai padroni e non dai lavoratori.
    E’ necessario ottenere la sospensione immediata di tutte le procedure di sfratto esecutivo, deve essere fatto un censimento del patrimonio immobiliare degli Iacp (Istituti Autonomi Case Popolari), rendendo pubblico l'elenco degli immobili vuoti, in assegnazione o in cantiere, nonché la disponibilità degli immobili frutto di sequestro alla criminalità organizzata. Deve essere, inoltre, censito urgentemente il patrimonio immobiliare sfitto e lasciato vuoto legato alla rendita immobiliare. Tale patrimonio va requisito e destinato alle famiglie in grave stato di indigenza e colpite da sfratto per morosità incolpevole.
    Questo movimento di lotta contro gli sfratti e per il diritto alla casa si sta sviluppando ormai da mesi e in tutta Italia è legato alle lotte dei movimenti per la casa partito il 19 ottobre 2013 con la grande manifestazione di Roma.
    Riteniamo che la lotta contro il sistema capitalista debba proseguire con sempre maggior forza e che sia necessario costruire un fronte di lotta che colleghi le numerose vertenze, le lotte contro i licenziamenti, i tagli ai salari, alla scuola, alla sanità, la privatizzazione dei servizi, contro tutte le misure di austerity che colpiscono sempre più le famiglie proletarie.
    A Bari Alternativa comunista continuerà a lottare con Unione Inquilini e Movimento di lotta per la casa. La casa è un diritto!
    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  5. #5
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - PRIMO PIANO

    TESTO UNICO SULLA RAPPRESENTANZA

    Diritto di sciopero e d’organizzazione sindacale: adieu?


    Col Testo unico sulla rappresentanza padroni e burocrazie sindacali
    sanciscono la fine della democrazia sindacale

    di Fabiana Stefanoni





    Il 10 gennaio 2014 è stato sottoscritto, senza che ci sia stata un'adeguata risposta dal versante di classe, il famigerato "Testo unico sulla rappresentanza", sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.

    Si tratta di un accordo tra i rappresentanti del padronato e le burocrazie sindacali che sancisce l'estensione del "modello Pomigliano" (già vigente in Fiat) a tutto il mondo del lavoro. Una tagliola sul diritto di sciopero e di associazione sindacale, che si aggiunge alla legge 146 del 1990, che limita fortemente i diritti sindacali nel pubblico impiego e nei cosiddetti "servizi essenziali".



    Il sindacalismo conflittuale perde il diritto di rappresentanza

    Il testo del 10 gennaio riprende, sostanzialmente, quello che padroni e burocrazie sindacali avevano già sottoscritto il 31 maggio 2013 (con il "Protocollo d'intesa") e poi il 28 giugno 2011 (con il cosiddetto "Accordo sulla rappresentanza").
    Si tratta di accordi che hanno visto concordi Confindustria, Cgil, Cisl e Uil.
    La direzione della Fiom, che fino a pochi mesi fa aveva giudicato l'accordo positivamente (!), recentemente si è smarcata dalla Camusso: Landini si è detto contrario al Testo unico sulla rappresentanza e ha minacciato barricate in occasione dell'ultimo congresso (senza tuttavia togliere il proprio sostegno al documento di maggioranza della Camusso).
    Si tratta di un attacco pesantissimo alla classe lavoratrice in Italia: i padroni si riprendono tutte le concessioni che furono costretti a fare in passato, sull'onda delle lotte operaie. E' la dimostrazione, secondo noi, del fatto che qualsiasi conquista strappata ai padroni, nel sistema capitalistico, prima o poi viene annullata: i padroni si riprendono con la mano destra tutto ciò che avevano concesso con la mano sinistra. E' la dimostrazione della necessità che le lotte operaie portino all'abbattimento del sistema capitalistico. Nessuna conquista della classe operaia sarà mantenuta se non si mette in discussione il dominio della borghesia.



    I punti salienti di questo testo infame per i lavoratori

    Ma procediamo con ordine e vediamo quali sono i punti salienti di questo testo infame.
    Prima di tutto, si stabilisce che solo i sindacati che condividono l'accordo stesso avranno diritto di rappresentanza sindacale nelle fabbriche. Il testo è chiaro: la condizione posta ai sindacati per partecipare alle elezioni delle Rsu (Rappresentanze Sindacali Unitarie) è che "accettino espressamente, formalmente e integralmente (sic!) i contenuti del presente accordo, dell'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo 31 maggio 2013". In altre parole, tutti i sindacati conflittuali che si oppongono a questo accordo liberticida perdono qualsiasi diritto di rappresentanza sindacale nelle fabbriche.

    Ma non finisce qui. Per partecipare alla contrattazione collettiva (cioè alla definizione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro) i sindacati devono possedere alcuni requisiti minimi. Quali? anzitutto, "una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tale fine la media tra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il dato elettorale (percentuale dei voti espressi) " nelle Rsu. Ecco confezionata la trappola! Solo i sindacati che condividono l'accordo liberticida possono concorrere alle Rsu... ciò significa che tutti gli altri sono esclusi dalla contrattazione. Non solo: il compito di certificare le iscrizioni al sindacato è affidato in prima istanza alle aziende, il che significa che nessun lavoratore potrà iscriversi a un sindacato senza che l'azienda lo sappia (dopo lo smantellamento dell'articolo 18 l'iscrizione a un sindacato può diventare un buon motivo per licenziare).
    Ecco allora che solo i sindacati concertativi Cgil, Cisl e Uil potranno partecipare alla contrattazione collettiva nazionale. E qui si apre un altro capitolo.



    La contrattazione collettiva diventa un affare tra padroni e burocrati


    Il Nidil Cgil ha pubblicato sul suo sito uno squallido fumetto che ha lo scopo di dimostrare la bontà di questo accordo: cercano di presentarlo come un accordo vantaggioso per i lavoratori, in cui l'ultima parola spetta proprio a loro. "Da oggi a te l'ultima parola", spiega il burocrate Cgil, nel fumetto, alla lavoratrice fessacchiotta (donna e operaia? per questo si fa passare come scema?).

    Ma come stanno veramente le cose? La verità è che solo i sindacati che accettano i diktat di Confindustria potranno accedere alla contrattazione; che se un accordo è sottoscritto dal 50% più uno dei sindacati "rappresentativi" potrà diventare legge; che sarà necessaria la "consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori". Esattamente quello che è successo in Fiat con l'applicazione del modello Pomigliano: si fa passare un accordo tra i sindacati complici con una consultazione referendaria truccata, senza opposizione, senza che ai lavoratori venga presentata alcuna alternativa credibile e possibile.
    Non solo: le organizzazioni sindacali, una volta approvato il Contratto, si devono astenere da "azioni di contrasto di ogni natura, finalizzate a compromettere il regolare svolgimento dei processi negoziali come disciplinati dagli accordi interconfederali vigenti nonché l'esigibilità e l'efficacia dei contratti collettivi stipulati". In altre parole, divieto del diritto di sciopero durante e dopo le trattative, pena la "sospensione dei diritti sindacali" e "pene pecuniarie".
    Ecco dunque che l'accordo di Pomigliano viene esteso a tutte le fabbriche di tutti i settori.
    La differenza, questa volta, è che la Cgil sottoscrive e approva, e persino la Fiom di Landini, in prima istanza, ha cantato vittoria (nella speranza di essere riammessa al tavolo delle trattative con Finmeccanica...).



    Costruiamo una grande mobilitazione per la democrazia sindacale e il diritto di sciopero!


    Di fronte a questo attacco - che si aggiunge alle pesanti limitazioni al diritto di sciopero presente nel pubblico impiego e nei "servizi essenziali" - è necessario avviare da subito una grande campagna unitaria per la difesa della democrazia sindacale.
    E' necessario e urgente che i sindacati "di base" accantonino le propensioni settarie e autoreferenziali e si uniscano nella lotta per respingere questo accordo che sancirebbe la fine di qualsiasi sindacalismo conflittuale.
    E' necessario coinvolgere in questa mobilitazione i settori critici della Cgil, a partire dai sostenitori del documento di minoranza al congresso e alla stessa Fiom, per costruire un fronte unitario di lotta.
    E' necessario unificare e rafforzare, in un fronte unico, tutte le avanguardie di lotta: dai lavoratori della logistica ai lavoratori del pubblico impiego e dei trasporti, dai precari della scuola agli operai del gruppo Fiat a tutti i settori lavorativi che subiscono attacchi, riduzione dei salari, licenziamenti.
    Oggi uno strumento per unificare le lotte esiste già, e crediamo vada rafforzato: è il coordinamento No Austerity.
    Rafforziamo l'unità delle lotte! Uniti possiamo vincere, isolati possiamo solo perdere!


    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  6. #6
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - Da Vicenza un appello: Uniamo le lotte contro i tagli ai salari dei lavoratori !

    Da Vicenza un appello:
    Uniamo le lotte
    contro i tagli ai salari dei lavoratori !
    Grande partecipazione all’assemblea organizzata
    da Cub Vicenza e Coordinamento No Austerity
    report a cura della sezione PdAC Vicenza

    La sala dove si è svolta, sabato 8 febbraio scorso, l’assemblea promossa dal sindacato Cub Vicenza e dal Coordinamento No Austerity era affollata soprattutto da lavoratrici e lavoratori del Comune di Vicenza, ma erano presenti anche alcuni lavoratori della scuola, delle cooperative e operai del settore privato. Lavoratori iscritti al sindacato Cub ma anche tanti iscritti ad altre sigle sindacali.
    Le 100 sedie a disposizione non sono state sufficienti e diversi presenti sono rimasti in piedi, altri sono dovuti rimanere ad ascoltare nell’attiguo corridoio.
    Una situazione non comune per Vicenza e densa di significato in una città che, proprio nello stesso giorno, vedeva annunciata un’iniziativa di Forza Nuova con l’arrivo del segretario nazionale Roberto Fiore, un’iniziativa quest'ultima che ha lanciato contenuti di contrapposizione fra i colpiti dalla crisi economica italiani e i colpiti dalla crisi economica d’altre nazionalità, un’iniziativa densa d’odio per i Rom e con il chiaro intento di scatenare una guerra fra poveri, in un momento in cui il capitalismo in tutto il mondo si trova a dover fare i conti con un’ascesa di massa delle lotte e con il tentativo, da parte dei lavoratori sotto attacco, di difendersi in modo organizzato.
    L’assemblea dei lavoratori, che ha lanciato parole di lotta contro i soprusi dei governi e dei padroni e d’auspicio per l’unità fra i lavoratori è stata, noi crediamo, la più importante risposta antifascista che Vicenza, nella giornata di sabato 8 febbraio, ha offerto: la lotta contro il fascismo, infatti, non parte dalle redazioni dei giornali in mano alle Associazioni degli industriali, non può essere consegnata ad insulti e scritte sui muri, ma per svilupparsi deve iniziare e diffondersi nei luoghi di lavoro, nelle assemblee dei lavoratori che si organizzano, nelle strade.


    Ispezioni Ministeriali: no ai tagli dei salari dei dipendenti pubblici
    L’assemblea è stata convocata per organizzare la risposta dei lavoratori del Comune di Vicenza dopo che la Giunta, a seguito delle Ispezioni Ministeriali, ha inviato a tutti i lavoratori, anche quelli in pensione e deceduti, una lettera di messa in mora in cui si annuncia che sarà chiesto di restituire una parte del salario accessorio. Secondo gli accertamenti degli ispettori della Corte dei Conti sarebbero stati riscontrati errori nel calcolo del fondo e nel modo di distribuzione delle risorse dall’anno 2004 fino ad oggi nei salari dei mille dipendenti comunali di Vicenza. Com’è stato ripetuto più volte dai rappresentanti sindacali dei lavoratori non si sta parlando di denaro percepito impropriamente, non si tratta “di regalie, di mazzette, tangenti o contributi” ma dei salari dei dipendenti comunali che, per la stragrande maggioranza, si aggira sui 1.000,00-1.200,00 euro mensili, e con contratti bloccati dal 2009. In diversi casi nelle famiglie di questi dipendenti c’è un coniuge licenziato, in cassa integrazione o un figlio precario o disoccupato.
    Dall’assemblea è emerso che quest’attacco ai salari, con lo strumento delle Ispezioni Ministeriali, sta avvenendo in decine di Enti Locali grandi e piccoli del Paese: Siena, Reggio Calabria, Martina Franca, Statte, Vicenza e tanti altri ancora e fa parte di un attacco più generalizzato al lavoro pubblico.

    Il governo Letta, evidentemente, non ritiene sia il momento adatto, dopo il recente blocco dei contratti e lo scippo delle pensioni, per attuare in modo deciso provvedimenti legislativi di taglio sostanzioso dei salari dei dipendenti pubblici come accaduto, ad esempio, in Grecia, pertanto delega il lavoro al Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze) e alla Giustizia Amministrativa, in una cornice di “ripristino della legalità e di corretta interpretazione dei contratti” che è funzionale a confondere le acque e a distogliere l’attenzione da quello che sta accadendo, cioè la guerra di classe contro i lavoratori portata avanti dal governo su indicazione della Troika (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, Commissione Europea).

    Le relazioni
    L’assemblea è stata introdotta e coordinata da Patrizia Cammarata componente Rsu Comune di Vicenza e della segreteria Cub Vicenza. E’ seguita la relazione di Maria Teresa Turetta, componente della Rsu del Comune di Vicenza e della segreteria Cub Vicenza, che ha dato indicazioni in merito alla vertenza legale che sarà intrapresa dalla Cub (che ha acquisito a livello nazionale la vertenza sindacale e legale di Vicenza) e di Giuseppe Jursic, componente Rsu Comune di Varese e Coordinatore provinciale Cub Pubblico Impiego che ha parlato dell’esperienza di Varese e di Busto Arsizio e ha ripercorso gli attacchi subiti dai lavoratori pubblici negli ultimi anni, inserendo quest’ultimo attacco in un contesto più generale.
    Antonio Ferrari e Walter Gelli, entrambi della Cub nazionale, hanno concluso l'assemblea legando la situazione di Vicenza a quella di altri numerosi attacchi (sanità, trasporti, lavoro privato, ecc..) e si sono soffermati sulle lotte del passato e del presente, citando le lotte per la conquista dello Statuto dei lavoratori e altre attuali lotte, come quella dei lavoratori dell’Electrolux e delle lavoratrici che svolgono il servizio di pulizia negli istituti scolastici della provincia di Varese, servizio esternalizzato a cooperative e società private. Un importante passaggio è stato riservato anche al Testo Unico sulla rappresentanza, sottoscritto dalle burocrazie sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria che ha lo scopo di tagliare il diritto di sciopero e di associazione sindacale, uno strumento che vuole mettere a tacere il sindacalismo di base e che sarà usato contro le lotte dei lavoratori.


    L’esperienza di Firenze e di Taranto
    E’ stato, inoltre, letto un contributo pervenuto appositamente all’assemblea da parte di Stefano Cecchi e Silvia Gabbrielli di Usb –Pubblico Impiego e membri del Coordinamento Rsu Comune di Firenze, uno dei primi Comuni in cui sono avvenute le Ispezioni Ministeriali. Il contributo è stato importante e, oltre alle informazioni tecniche, ha evidenziato come quest’attacco ha avviato una serie di forti lotte che non avevano precedenti nella storia recente del Comune di Firenze: assemblee generali con la partecipazione di oltre 3.000 lavoratori per ogni assemblea, decine di presidi sotto Palazzo Vecchio, in Consiglio Comunale, alla sede Rai, contestazioni in campagna elettorale del comizio di Bersani e Renzi, la grande manifestazione del 14 Febbraio 2013 che ha visto quasi 4.000 lavoratori e lavoratrici in corteo da Palazzo Vecchio alla Corte dei Conti, in una grande e partecipata manifestazione, una delle più grandi degli ultimi 20 anni a Firenze. Questa grande prova di forza ha bloccato almeno in parte il taglio delle retribuzioni e ha costretto l’Amministrazione a ritirare l’atto sul blocco delle Progressioni economiche orizzontali (un piccolo esempio di come solo la lotta paga).
    Ma il contributo di Firenze ha anche messo in luce il ruolo nefasto della politica di Pd e Pdl e di Matteo Renzi, sindaco di Firenze e attuale segretario del Partito democratico ma, al contempo, ha sottolineato come questa vertenza stia facendo crescere la coscienza dei lavoratori del Comune di Firenze che per la prima volta, dopo tanti anni, sono andati al di là del senso di appartenenza sia di categoria sia sindacale, costituendo un corpo unico nella risposta all’attacco subito.
    Durante l’assemblea sono state diffuse altre notizie arrivate da lavoratori di Comuni in provincia di Taranto, sempre coinvolti nelle Ispezioni Ministeriali che hanno inoltrato alla Cub di Vicenza alcuni articoli di stampa di giornali locali della provincia di Taranto. Nel Comune di Statte, ad esempio, sono richieste ai lavoratori somme dai 3mila ai 34 mila euro da restituire entro un mese, e i lavoratori denunciano: “nella lettera si parla di somme indebitamente percepite ma sarebbe stato più giusto scrivere erroneamente erogate, visto che non siamo stati noi a versarci da soli le indennità. Insomma, si sorvola sulla responsabilità di chi aveva la firma per la regolarità tecnica e contabile” (cioè i dirigenti pagati anche fino a 170.000 euro l’anno).


    Il dibattito e gli ordini del giorno votati
    Il dibattito è stato vivace e nutrito di interventi. Per il Coordinamento No Austerity, che ha promosso l’assemblea con Cub Vicenza, è intervenuto Davide Primucci il quale ha spiegato come il Coordinamento si pone l’obiettivo della creazione di comitati per coordinare e sostenere le mobilitazioni e gli scioperi dei lavoratori in lotta, nella prospettiva di costruire un coordinamento nazionale di tutte le lotte e dell’unità dei sindacati non concertativi e degli attivisti sindacali combattivi della Fiom e della Cgil e ha evidenziato come per i giovani studenti che, come lui, lottano contro i tagli alla scuola pubblica e contro la precarietà, sia importante partecipare ad una riuscita e determinata iniziativa di lotta come quella che si stava svolgendo, e ha sottolineato la necessità dello sciopero.
    Diversi presenti sono intervenuti con richieste e proposte; da segnalare l’intervento di un lavoratore del settore anagrafe e delegato Cub che ha evidenziato la necessità di procedere nella lotta insieme ai lavoratori degli altri Comuni coinvolti, per organizzare una manifestazione a Roma in una giornata di sciopero unitario. Questa proposta si è trasformata in un ordine del giorno votato all’unanimità dall’assemblea (con una astensione) che impegna, per questa vertenza, il sindacato Cub Vicenza ad appoggiare tutte le azioni di lotta organizzate dai lavoratori anche appartenenti alle diverse sigle sindacali, ad organizzarne altre forme di lotta e di intraprendere un percorso affinché sia creato a livello nazionale un coordinamento con i lavoratori degli altri Comuni coinvolti nelle Ispezioni Ministeriali per arrivare in modo unitario ad una giornata di sciopero con manifestazione a Roma, sotto i Palazzi del potere. Un secondo ordine del giorno ha espresso la solidarietà ai lavoratori dell' Electrolux che da settimane stanno protestando davanti ai cancelli della loro azienda e solidarietà alla dura lotta delle lavoratrici delle pulizie di Varese.
    I partiti politici che sono intervenuti nel dibattito sono stati Rifondazione Comunista (con un intervento di Claudia Rancati, insegnante) e il Partito di Alternativa Comunista (con un intervento del nostro compagno Raffaello Giampiccolo).


    Crisi economica e situazione politica: la necessità di una lotta generale

    Il nostro partito ha voluto esprimere la solidarietà alla lotta dei dipendenti comunali anche con un volantinaggio, sia nei giorni precedenti l’assemblea, sia dopo la sua conclusione, per mettere a conoscenza di tutti i lavoratori di Vicenza della lotta dei dipendenti comunali e per ribadire che questo fatto non è altro che parte di un conflitto che vede schierati da un lato il capitale con le grandi banche, i governi nazionali ed europei, e dall'altro i lavoratori sempre più in difficoltà ad arrivare alla fine del mese e che subiscono continuamente lo smantellamento dei servizi pubblici (dagli ospedali alle scuole, dal trasporto pubblico ai servizi amministrativi). I lavoratori, per vincere questa vertenza, non dovranno fare affidamento ai tribunali (solo quando la piazza è piena si ottengono conquiste importanti, pur se parziali, in tribunale o nei parlamenti) ed è utile ricordare come le vie legali siano servite spesso solo per spegnere la rabbia e deviarne la resistenza.
    In tanti, oggi, sono disposti a mettere in campo iniziative concrete di sciopero per creare disagio alla macchina comunale e statale, questa è la strada da intraprendere per vincere la vertenza. Anche in caso, come auspichiamo e crediamo possibile dopo aver visto la determinazione dell’assemblea, di una vittoria dei lavoratori del Comune di Vicenza, è necessario ricordarsi del fatto che questo tentativo da parte del governo è solo un segnale di un progetto che non si fermerà.
    La sedicente debole ripresa economica, rivendicata dal governo e ampiamente pubblicizzata dagli organi d’informazione, non sta cambiando in meglio la vita dei lavoratori e non sta risolvendo, e non risolverà, nessuno dei problemi della classe lavoratrice, dei pensionati e studenti poveri, dei precari e disoccupati del Paese.
    Il governo Letta non può né intende sottrarsi ai diktat dell’ Europa del capitale e dovrà proseguire nel suo attacco, incalzato, ora, anche dal sindaco di Firenze nonché nuovo segretario del Partito democratico, Matteo Renzi. Un segretario che è stato salutato dagli organi di stampa del capitalismo internazionale con grande entusiasmo, applaudito come “brillante stella”, “riformatore carismatico”, o, come dichiarato dalFinancial Times, “la migliore speranza per l’Italia”. Renzi, infatti, sta spingendo per nuove riforme: la riforma elettorale in combutta con Berlusconi, riforme costituzionali e nuova riforma sul lavoro per renderlo ancora più flessibile, a spese dei lavoratori. Mentre i controlli delle Ispezioni del governo “per la correttezza legale” si preparano a rapinare i salari dei lavoratori del Comune di Vicenza e degli altri Comuni, il condannato Berlusconi continua a vivere nei suoi ricchi palazzi, circondato da “velluti e ori” e continua a dettare le regole, in combutta con il Pd, per avanzare nella guerra di classe contro i salariati di questo Paese.
    Il governo Letta-Alfano ha parlato di “riforme dolorose” ma necessarie e la maggioranza che lo sostiene è formata da uomini che sono i passa-carte di banchieri e industriali, è composto da cattolici integralisti e reazionari che nulla hanno da condividere con chi, come tanti nostri compagni di lotta cattolici, dopo una giornata di lavoro svolge militanza gratuita nelle sedi sindacali o nelle associazioni per unire le lotte dei lavoratori immigrati a quelle dei lavoratori italiani o per organizzare la resistenza delle famiglie contro gli sfratti incolpevoli.
    La sinistra politica e sindacale, dall'ex ministro del Governo Prodi, ora segretario di Rifondazione Comunista, all’attuale segretaria della Cgil Susanna Camusso, hanno consentito e collaborato alla mattanza sociale e hanno rinunciato ad una vera opposizione in cambio delle loro comode poltrone al governo e nei tavoli di Confindustria.
    L'alternativa al governo dei banchieri e padroni, all’ipocrita opposizione di ex ministri o burocrati collaborazionisti, non può essere certo quella di Grillo e Casaleggio, che si battono contro le organizzazioni dei lavoratori (i sindacati) e contro i partiti (senza distinzione). Il Movimento5 Stelle è composto nella sua base certo anche da militanti onesti ma sopra di loro c’è la direzione di Casaleggio (noto frequentatore delle riunioni Confindustriali) e del comico miliardario Grillo (che considera “bravi ragazzi” quelli di Casa Pound), entrambi attivi a diffondere contenuti e forme di opposizione legate alla tradizione della destra e che, con un programma interclassista e profondamente reazionario, propongono di ridurre le tasse ai capitalisti e attaccano i sindacati in solidarietà ai padroni. Esemplare la posizione assunta da Grillo sul caso dell’Electrolux dove si è spinto a dire: “Perché un'azienda straniera dovrebbe venire, o restare, in Italia? Per pagare più tasse a uno Stato che dilapida buona parte dei suoi incassi di 800 miliardi all'anno? Se altrove il costo del lavoro è più basso, l'azienda andrà in Polonia, in Irlanda, in Romania, in Spagna e perfino in Germania”. Grillo parla della multinazionale svedese come se questa fosse costretta dalle circostanze ad operare una tale scelta, quando invece questa azienda si è ingrassata anche a causa del deprezzamento del costo del lavoro. Altri Paesi sono indicati come isole felici, Paesi cui guardare da cui prendere esempio per il minor costo sul lavoro sostenuto dalle imprese, senza dire che in quei Paesi i lavoratori subiscono pesante sfruttamento e godono di pochi e, in certi casi, nessun diritto. Grillo tratta la questione delle tasse che dovrebbe pagare una multinazionale come se si trattasse di un’ingiustizia verso un piccolo artigiano, nei fatti difende il potere forte, la multinazionale, e affossa la lotta sindacale dei lavoratori.
    Tornando all’assemblea di Vicenza, risulta chiaro, a Vicenza come altrove, è necessario mettere in campo ulteriori iniziative di lotta che non si dovranno fermare ma che diano un chiaro segno che i lavoratori non sono più disposti a vedere continuamente erosi i propri diritti.


    Solidarietà alla lotta dei dipendenti del Comune di Vicenza e di tutti gli altri Comuni colpiti dalle Ispezioni Ministeriali!
    Lo sciopero degli straordinari proclamato dalla Cub deve continuare!
    Mobilitazione generale e ad oltranza per il ritiro di tutte le lettere di messa in mora ai dipendenti pubblici!
    Unità dei lavoratori di tutti i Comuni colpiti dai provvedimenti!
    Unità dei lavoratori pubblici e privati!

    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  7. #7
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - Proseguire la battaglia a fianco dei No Muos e dei No Tav!

    Proseguire la battaglia
    a fianco dei No Muos e dei No Tav!
    Costante l'impegno del Pdac dalla Sicilia alla Val di Susa


    di Pdac Sicilia
    Nonostante i lavori di installazione del muos abbiano avuto negli ultimi tempi un'accelerazione, con l'innalzamento delle tre gigantesche parabole, la lotta contro il muos-tro di Niscemi non si arresta. Nell'articolo uscito sull'ultimo numero del nostro giornale, Progetto comunista, abbiamo scritto delle denunce che hanno colpito alcuni attivisti no muos a inizio anno, ennesime misure repressive con cui le “istituzioni” provano a piegare la resistenza del movimento, e abbiamo allo stesso tempo documentato la pronta risposta degli attivisti no muos, concretizzatasi in una serie di iniziative, fra le quali ricordiamo la manifestazione del 12 gennaio a Niscemi in difesa dell'ospedale pubblico. Un'iniziativa volta a denunciare l'ipocrisia delle politiche governative, a livello locale come a quello nazionale, che mentre avallano la devastazione ambientale – come nel caso del muos di Niscemi - sull'altare delle guerre imperialiste e degli interessi del capitale, attaccano selvaggiamente la sanità pubblica.
    In questi mesi di lotta, il Pdac ha sostenuto con le forze a propria disposizione la battaglia no muos, sia attraverso il supporto diretto fornito da singoli nostri militanti al presidio no muos e all'attività svolta a Niscemi, sia mediante lo sviluppo di campagne informative promosse nei comizi con cui abbiamo raggiunto parecchie piazze in ogni angolo della Sicilia, da Mazara a Catania, da Messina a Ragusa, da Palermo ad Agrigento. Campagne informative volte a divulgare i gravissimi rischi che si celano dietro al muos, e a collocare la lotta al mostro di Niscemi nel quadro più ampio della guerra da combattere contro il sistema capitalista e per la presa del potere politico da parte delle masse oppresse, passaggio fondamentale in direzione di una società finalmente libera dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sull'ambiente. Un progetto che a nostro avviso passa attraverso la costruzione di un'organizzazione rivoluzionaria internazionale, la Lit-Quarta internazionale (di cui il Pdac è sezione italiana), che pur consapevole dei propri limiti rispetto alle necessità imposte dalla lotta di classe, è senz'altro la più importante organizzazione marxista rivoluzionaria del mondo, non solo in termini numerici (circa trenta sezioni aderenti, incluse le simpatizzanti, con un avvio di costruzione anche nel continente africano) ma anche e soprattutto rispetto alla coerenza del progetto politico e alla crescita che conosce a diverse latitudini fra i settori più avanzati delle masse mobilitate.

    Il corteo del 22 febbraio a Caltanissetta
    Il Pdac ha sempre supportato attivamente le manifestazioni promosse dal coordinamento regionale dei comitati no muos, fino alle due più recenti (1).
    Sabato 22 febbraio a Caltanissetta si è svolto un corteo che ha attraversato la città, dal tribunale fino alla prefettura. Obiettivo principale dell'iniziativa, svoltasi in concomitanza con la giornata nazionale di mobilitazione no tav, era quello di denunciare la repressione operata dalle “istituzioni” nei confronti degli attivisti no muos e no tav, unica risposta che dai palazzi si fornisce alle legittime manifestazioni di dissenso e di protesta che ogni giorno che passa si estendono sempre più, a qualsiasi latitudine e longitudine. E proprio dalla prefettura nissena sono partiti anche i recenti provvedimenti che hanno colpito alcuni attivisti no muos a inizio gennaio, così come ricordato da diversi militanti intervenuti, a fine corteo, davanti la prefettura. Buona la partecipazione alla manifestazione, cui hanno preso parte anche parecchi studenti, e diverse realtà di lotta provenienti da varie parti della Sicilia.
    Unica nota stonata, l'atteggiamento offensivo e provocatorio tenuto dall'anziano rappresentante locale del Pcl (o meglio, di ciò che resta del Pcl siciliano) che si è lasciato andare alle minacce nei confronti di alcuni nostri compagni, rei di essersi avvicinati per un momento in direzione della parte iniziale del corteo (provocazioni cui ovviamente i nostri compagni non hanno abboccato)! Il personaggio in oggetto, ormai tristemente noto a livello regionale ha fatto scuola a suo modo, e pur essendo ormai totalmente isolato, può vantare un alunno diligente. Ci riferiamo a un altro pciellino locale, un tipo che ha appreso bene il metodo delle ingiurie e delle provocazioni come valvola di sfogo per le proprie frustrazioni e incapacità politica (2). Un metodo tanto più inquietante se promosso da personaggi di un partito che si spaccia per “rivoluzionario”.
    Diamo queste informazioni, anche per rispondere a chi ci ha chiesto in merito, giusto per mettere in guardia da questo sparuto gruppetto di sciocchi provocatori i pochi compagni della sinistra antisistema che ancora non ne conoscono le tragicomiche vicende. Non c'è cosa più sciocca del dividere il fronte, sarebbe importante unire le forze contro il sistema piuttosto che fare ridicole sceneggiate assolutamente controproducenti per il movimento.

    La manifestazione del primo marzo a Niscemi
    Sabato 1 marzo una delegazione del Pdac ha partecipato alla manifestazione promossa a Niscemi dal coordinamento dei comitati no muos. Nonostante gli ostruzionismi delle “istituzioni”, che hanno provato a boicottare l'iniziativa negando l'autorizzazione per il percorso all'interno della sughereta, e nonostante il maltempo, migliaia di persone hanno risposto presente. Al corteo, partito da contrada Apa, e autorizzato all'ultimo minuto su un altro percorso rispetto a quello richiesto inizialmente dagli organizzatori (lo stesso percorso della manifestazione del marzo 2013), hanno preso parte tantissimi attivisti, di diverse realtà politiche, sindacali e di movimento, provenienti da ogni parte della Sicilia, e non solo (presente ad esempio una rappresentanza del Pdac Bergamo).
    Il movimento ha dimostrato che nonostante le difficoltà, nonostante le misure repressive messe in atto dagli apparati di sistema e l'accelerazione nei lavori di costruzione del Muos, la lotta non si ferma. Il movimento è vivo e ne ha dato prova, gli attivisti hanno sfidato le avversità e non hanno avuto timore nemmeno davanti allo schieramento delle forze dell'ordine. Al contrario, sfondandone il cordone all'altezza del cancello 1, parecchi militanti – fra cui i compagni del Pdac – hanno proceduto per circa un chilometro oltre l'arrivo del percorsoautorizzato, fino a raggiungere la collinetta da cui i manifestanti hanno potuto ammirare, si fa per dire, l'infernale impianto satellitare (le 46 antenne e le tre gigantesche parabole) nonché l'enorme schieramento di forze armate a sua difesa.
    Il tutto mentre i militanti dei partiti riformisti si sono ben guardati dal violare i limiti del percorso “istituzionalmente consentito”, nonostante lo sfoggio di bandiere e slogan. Parliamo degli stessi gruppi, come Sel e Prc, ormai in disfacimento, che in questi anni hanno partecipato ai governi borghesi e votato le politiche filopadronali, incluse le missioni militari (e che oggi paradossalmente sostengono di essere contro il muos e le guerre imperialiste).
    Il coordinamento dei comitati no muos ha espresso soddisfazione per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, noi come Pdac ci associamo e rinnoviamo il nostro invito a tutte le realtà antisistema a continuare la battaglia conto il muos a fianco degli attivisti di Niscemi e dei comitati territoriali. Dalla Sicilia alla Val di Susa, no muos, no tav! Sempre!

    Note
    (1) Rispetto alla nostra analisi sulla questione muos, rimandiamo al seguente testo, pubblicato la scorsa estate, subito dopo la manifestazione del 9 agosto, nel corso della quale gli attivisti no muos hanno invaso la base della marina militare americana. La nostra rappresentanza ovviamente partecipò all'invasione: Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - No Muos! Proseguire la battaglia
    (2) Nel primo caso parliamo dell'ex coordinatore regionale del Pcl, tutt'oggi militante del partito di Ferrando, noto per le minacce spesso perpetrate in passato a compagni della sua come di altre organizzazioni. A tal proposito, consultare a titolo altamente esemplificativo il seguente testo, scritto dall'ex coordinatore provinciale del Pcl Palermo, uscito quasi due anni fa in blocco dal Pcl assieme a tutti i militanti della sua sezione e ad altri militanti di diverse sezioni e nuclei siciliani. Alcuni di questi militanti sono passati successivamente al Pdac, altri purtroppo si sono disimpegnati dalla politica per sconcerto, in seguito alle profonde amarezze e delusioni vissute nel Pcl, un partito in cui esiste una distanza abissale fra la teoria e la prassi. Questi sono i danni enormi provocati dalle forze riformiste e centriste. http://www.alternativacomunista.it/d...0dal%20pcl.pdf
    Nel secondo caso il riferimento è a un altro militante del Pcl che ha pensato bene recentemente di effettuare una stupida provocazione nei confronti dei compagni del Pdac che stavano svolgendo un comizio in piazza a Caltanissetta, tamponando con l'automobile in corsa della quale era alla guida il palchetto da cui un nostro militante stava parlando, e cimentandosi subito dopo nella consueta pratica degli insulti gratuiti prima di darsi alla fuga. Come se ciò non bastasse, quando un nostro militante al corteo del 22 febbraio gli ha chiesto spiegazioni di quel gesto, ha provato ad aggredirlo. Un tentativo malriuscito di aggressione che lo ha coperto di ridicolo pubblicamente.
    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  8. #8
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - I rivoluzionari e la situazione in Crimea

    I rivoluzionari e
    la situazione in Crimea


    di Ronald León (*)
    [Questo articolo è stato scritto pochi giorni prima del referendum in Crimea, avvenuto lo scorso 16 marzo, che ha visto la vittoria, peraltro annunciata, del all’annessione della penisola alla Federazione Russa. Al di là di questo, l’analisi e le prospettive in esso contenute mantengono tutta la loro attualità - ndt]

    Il corso della rivoluzione ucraina è minacciato da due grandi forze controrivoluzionarie.
    Da una parte i banditi imperialisti, nordamericani ed europei, non risparmiano sforzi nel consolidare il nuovo governo fantoccio e puntano tutte le loro fiches sulla deviazione del processo rivoluzionario per la via senza uscita della ricostruzione delle istituzioni e della realizzazione di elezioni nei margini della democrazia borghese. Questo piano controrivoluzionario si sviluppa nel momento in cui le potenze mondiali rinforzano le catene di dominazione semicoloniale nel Paese per mezzo di nuovi accordi e prestiti con il FMI, la Banca Mondiale e l’Unione Europea (UE), con i loro conseguenti “piani di aggiustamento”.
    D’altra parte il futuro della rivoluzione ucraina si scontra con l’offensiva controrivoluzionaria del reazionario governo russo di Vladimir Putin, il quale, con la caduta di Yanukóvich per mano della mobilitazione rivoluzionaria delle masse, ha subito una sconfitta ancora più diretta di quella del blocco imperialista, dato che l’ex presidente ucraino era un agente diretto del Cremlino in questo Paese.
    Come sappiamo, immediatamente dopo questo primo trionfo della rivoluzione, il governo di Putin ha intrapreso un’aggressione militare alla sovranità ucraina, invadendo con le sue truppe la penisola di Crimea, dove migliaia di soldati russi hanno preso possesso di aeroporti, edifici pubblici e accerchiato le principali basi militari ucraine.
    Parallelamente a ciò, Putin promuove, attraverso l’imposizione di nuove autorità completamente servili ai suoi interessi, la separazione di questo territorio dall’Ucraina e la sua annessione alla Federazione Russa mediante un fraudolento referendum che sarà realizzato il 16 marzo.
    In questo senso, l’11 marzo queste autorità separatiste di Crimea hanno approvato nel Soviet Supremo locale (Parlamento) una dichiarazione di indipendenza unilaterale, facendo un passo “legale” in più nel senso dell’annessione alla Russia. Queste decisioni si combineranno con il risultato del fraudolento referendum, sostenuto durante un’occupazione militare straniera, che sicuramente sarà di gran lunga favorevole agli interessi di Putin.
    Non è un caso che la Crimea sia vista come centro della reazione contro la rivoluzione ucraina, con l’obiettivo di portare su questa linea le altre province dell’est ucraino, come Lugansk, Donetsk, Járkov e Odessa.
    La penisola di Crimea è la regione dell’Ucraina in cui esiste una chiara maggioranza di origine e cultura russe, essendo la popolazione che parla questa lingua quasi il 60% degli oltre due milioni di abitanti. Inoltre, in Crimea, la Russia ha interessi strategici non solo economici (come i gasdotti) ma anche militari, poiché nella città di Sebastopoli risiede la sua poderosa e storica base navale sulle sponde del Mar Nero.
    Noi, come abbiamo dichiarato¹, condanniamo l’occupazione militare russa della Crimea e il referendum secessionista, voluto dal Cremlino e favorito da questa aggressione russa alla sovranità territoriale ucraina.
    E’ una chiara reazione di Putin dinanzi alla sconfitta che ha subito dal movimento di massa a Kiev.
    Dalla prospettiva della rivoluzione, oltre che un attacco al diritto di indipendenza del popolo ucraino, il separatismo in Crimea si dimostra un intento reazionario di dividere la classe lavoratrice, che cerca di isolare il fondamentale elemento proletario (più concentrato nell’est) dal processo rivoluzionario che si sta sviluppando con maggior chiarezza a Kiev e nell’occidente del Paese.
    E’ certamente un fatto innegabile che la popolazione russa o di origine russa è maggioritaria in Crimea e, al tempo stesso, è evidente che questo settore desidera separarsi dall’Ucraina e far parte della Russia.
    Dinanzi a questa realtà, ci si potrebbe chiedere: Non dovrebbero i marxisti difendere il “diritto all’autodeterminazione nazionale” di questo settore etnico e culturale (quello russo) all’interno dell’Ucraina? Pur non concordando con la loro separazione, non sarebbe il caso di appoggiare il loro “diritto” a decidere su tale questione?
    Per rispondere a questa questione fondamentale, come faceva Lenin nel momento di affrontare qualsiasi dibattito che riguardasse la cosiddetta “questione nazionale”, è necessario analizzare ogni caso specifico in modo concreto.
    Perciò, per intendere questo problema particolarmente complesso e poter definire una posizione rivoluzionaria dinanzi al referendum convocato in Crimea, è indispensabile conoscere e analizzare, anche solo nei suoi tratti generali, il processo storico che ha determinato l’attuale composizione etnica, linguistica e culturale della penisola.

    Dai cimmeri all’impero russo
    Tra i secoli VIII a.C. e VII a.C. l’attuale territorio di Crimea era abitato da civiltà cimmere e sciite. In effetti il nome stesso della regione deriva da Kymmeria o Cimmeria (paese dei cimmeri).
    In seguito venne il turno dei greci, che fondarono molte città e conobbero il luogo come Chersonesus Taurica, nome proveniente dai tauri, una tribù discendente dai cimmeri.
    Nell’anno 438 a.C. i greci di Mileto vi fondarono il cosiddetto regno del Bosforo, il quale, nel 114 a.C., fu governato da Mitridate VI Eupatore, re del Ponto e uno dei più affascinanti nemici dell’Impero Romano. Quando il re Mitridate fu sconfitto dai Romani (intorno all’anno 64 a.C.) la penisola passò a far parte dei possedimenti di Roma, inaugurando un periodo di dominazione lungo quasi tre secoli.
    Nel 250 d.C. l’attuale Crimea fu conquistata dai goti; fu la prima di una serie di invasioni che si protrassero per un millennio e in cui si succedettero unni, alani, avari, cazari, peceneghi, variaghi, romani e genovesi.

    Nel mezzo di questo processo, durante il Medioevo, un incrocio etnico tra clan genovesi, veneziani e turchi, che erano riusciti ad assestarsi su questo territorio, diede origine ai cosiddetti tartari di Crimea, gruppo etnico-linguistico che finalmente poté consolidarsi come popolazione caratteristica della penisola.
    I tartari di Crimea, musulmani sunniti, dominarono col tempo tutto il territorio e giunsero a fondare un proprio Stato, il cosiddetto Khanato di Crimea, che governò la regione dal 1441 al 1783, formando parte dell’antico impero ottomano.
    L’impero ottomano, attraverso il Khanato di Crimea, perde il dominio della penisola a causa della sconfitta militare nei confronti dell’impero russo (1768-1774), il che pose le basi per il controllo de facto di tutto questo territorio da parte della dinastia Romanov
    L’impero russo impose allora condizioni leonine ai vinti, come il pagamento di pesanti indennizzi e la costruzione di porti e di una base navale nel Mar Nero, con la quale ottennero uno sbocco sul Mar Mediterraneo, e che persiste fino ai giorni nostri.
    Dopo questa guerra il Khanato di Crimea sopravvisse solo formalmente, rimanendo diviso tra fazioni che appoggiavano la Russia o la Turchia, situazione che diede inizio ad una guerra civile. Questa situazione si protrasse fino a che, nel 1783, i russi occuparono la Crimea su ordine dell’imperatrice Caterina II, detta la Grande, annettendo definitivamente la penisola all’impero degli zar.
    A partire da questo momento inizia un processo di russificazione di questo territorio, che rivestì un’importanza strategica per lo zarismo. La Crimea fu la punta di lancia dell’espansionismo imperiale russo nella zona, diretto fondamentalmente contro gli interessi dell’impero ottomano, che cominciava a manifestare la propria decadenza.
    Da Sebastopoli, dove installarono la base navale che fece da avamposto militare, i Romanov riuscirono ad intimidire gli ottomani e ad espandere il dominio russo in tutta la regione circostante, inclusi il Caucaso e gli stretti turchi con sbocco sul Mediterraneo.
    Fu proprio l’espansionismo russo, e di conseguenza la difesa degli interessi delle principali potenze europee, soprattutto del Regno Unito, che vedeva minacciato il suo controllo in Medio Oriente (la rotta verso l’India), l’elemento centrale che causò lo scoppio della famosa Guerra di Crimea (1853-1856), una specie di assaggio di contesa mondiale che mise i russi contro un’intesa britannico-francese, turco-ottomana e piemontese, e che terminò con la sconfitta dell’impero russo dopo undici mesi di feroce accerchiamento a Sebastopoli, episodio bellico che verrà immortalato negli scritti di Tolstoj.

    Il genocidio dei tartari per mano di Stalin
    Solo nel XX secolo, dopo l’avvenimento della rivoluzione russa e la vittoria sovietica nella guerra civile che ne seguì, la Crimea si convertì in una repubblica autonoma per i tartari, nel rispetto dei diritti nazionali che caratterizzò i primi anni della rivoluzione.
    Ma questa politica, come accadde con tutte le nazionalità non russe dell’antico impero zarista e dell’ex Urss, cambiò con il trionfo della controrivoluzione stalinista nella metà degli anni ’20, che impose una brutale politica sciovinista grande russa alle nazionalità oppresse.
    Nel 1941 la Crimea fu invasa dall’esercito tedesco. Nel giugno del 1942, dopo cruente battaglie e al costo di un terribile accerchiamento di 10 mesi e più di 170 mila perdite, i tedeschi conquistarono Sebastopoli e la base navale russa. L’occupazione nazista si prolungò fino al 1944, quando le loro truppe furono espulse dall’esercito sovietico.
    La situazione generata dall’occupazione tedesca fu utilizzata da Stalin per fare un salto di qualità nella russificazione forzosa della Crimea. L’attacco cominciò con il declassamento della categoria di Repubblica Autonoma di Crimea a quella di oblast (provincia).
    Ma questa non fu la cosa peggiore. La russificazione brutale della Crimea voluta da Stalin prese la forma di una delle più brutali e criminali pulizie etniche della storia moderna. Ci riferiamo alla politica di sterminio dei tartari, la popolazione storica della penisola.
    Fu così che nel 1944, con l’accusa che i tartari di Crimea avessero collaborato in forma generalizzata con l’occupante nazista, Stalin d’un tratto dichiara semplicemente che questa nazionalità era “abolita” e comincia un processo di assassini e deportazioni di massa dei tartari e, in misura minore, delle altre minoranze greche, bulgare e armene, destinate in Asia Centrale e in altre regioni dell’Urss.
    Questa terribile pulizia etnica è conosciuta tra i discendenti dei tartari di Crimea con il nome di Sürgün (esilio, in tartaro). Il Sürgün cominciò il 17 maggio 1944 in tutte le località della Crimea. Parteciparono all’operazione più di 32 mila effettivi della sinistra NKVD (la polizia segreta dell’Urss, da cui avrà origine il KGB - ndt). Furono così deportati più di 190 mila tartari (si dice anche 250 mila) in Uzbekistan, Marelia, Kazakistan e in altri oblasts russi.
    Tra maggio e novembre del 1944 più di 10 mila tartari di Crimea furono giustiziati in Uzbekistan (circa il 7% dei deportati in questa ex repubblica sovietica). Sul totale dei confinati, circa il 20% morirono in esilio durante i diciotto mesi successivi, secondo dati della polizia politica sovietica. In realtà, secondo attivisti tartari, il numero reale dei morti rappresenterebbe il 46% dei deportati.
    E’ chiaro, anche se questi fatti sono poco conosciuti, che lo stalinismo attuò una politica sistematica non solo di disgregazione ma di sterminio fisico della nazione tartara. In effetti, le organizzazioni di discendenti dei tartari di Crimea rivendicano che il Sürgün sia riconosciuto ufficialmente come un genocidio dagli organismi internazionali.
    La popolazione tartara in Crimea fu decimata ed espulsa dalla propria terra per poi essere sostituita da coloni russi. Possiamo perciò affermare che l’attuale “maggioranza” russa in Crimea è il risultato di quel processo di russificazione cominciato alla fine del secolo XVIII e portato avanti soprattutto dall’atroce genocidio del 1944-1945.
    Con la dissoluzione dell’Urss i rimanenti della diaspora tartara fecero ritorno nelle loro terre di origine, ma lo fecero sulla base di una nuova composizione demografica, nella quale non superano il 12% della popolazione di Crimea e, insieme agli ucraini (24%), sono attualmente una minoranza nella propria patria, per cui si oppongono all’unificazione con la Russia, cioè con i loro carnefici storici.
    Questa è la base oggettiva del permanente separatismo della popolazione di origine russa in Crimea, che si accentuò quando, nel 1954, l’ex leader sovietico Nikita Kruscev “regalò” la penisola all’Ucraina, in teoria per commemorare il tricentenario del trattato del 1654 che unificò Ucraina e Russia.
    In realtà questa decisione aveva a che fare con una necessità del Cremlino di equilibrare rapporti e attenuare tensioni a livello della stessa burocrazia governante nel periodo immediatamente successivo alla morte di Stalin, in cui uno dei problemi latenti erano le tendenze separatiste nell’Ucraina sovietica. In questo senso, con quel “gesto” Kruscev cercava di placare certi animi ostili in alcuni settori della burocrazia, senza però cessare di controllare la penisola attraverso l’Ucraina.

    In sintesi
    1. I rivoluzionari non possono appoggiare in alcun modo la politica separatista concretata nel referendum che vogliono il Cremlino e i suoi rappresentanti in Crimea, poiché la popolazione russa o di origine russa nella penisola non costituisce, anzitutto, una nazionalità oppressa. Al contrario, storicamente è lo sciovinismo grande russo ciò che opprime l’Ucraina nel suo insieme e le altre ex repubbliche sovietiche non russe.
    2. Nel caso concreto della Crimea, come abbiamo già detto, l’attuale “maggioranza” russa è il risultato di un processo aggressivo di “russificazione” di questo territorio, che si protrae da più di due secoli e che comprende l’abominevole pulizia etnica (mediante un genocidio e deportazioni di massa) che fu realizzata da Stalin contro l’originaria popolazione tartara e le altre minoranze etniche.
    Questo processo di “russificazione” in Crimea è inseparabile non solo dalla politica generale di oppressione nazionale esercitata dallo zarismo e dallo stalinismo, ma anche dalla necessità di garantire il controllo totale del territorio sede della base navale a Sebastopoli, storico avamposto militare degli interessi russi nella regione che attualmente conta tredici mila soldati russi.
    In base a ciò, concludiamo che i settori russi o pro russi in Crimea non hanno né possono avere il diritto democratico all’autodeterminazione nazionale (separazione) che hanno le nazionalità oppresse.
    3. In questo senso non esiste comparazione possibile, per citare esempi più conosciuti, con i casi delle nazionalità catalana o basca, che sono oppresse all’interno dello Stato spagnolo. In questi casi, sebbene in quanto marxisti possiamo discordare rispetto alla separazione di queste nazionalità dallo Stato spagnolo, esprimiamo un riconoscimento incondizionato al legittimo diritto che essi hanno di decidere liberamente sulla propria autodeterminazione nazionale.
    4. Se ciò che conta nella definizione di una posizione rivoluzionaria si riscontra nelle considerazioni precedenti, non si può smettere di sottolineare che, in qualunque caso, il referendum in Crimea manca di qualsiasi tipo di legittimità, essendo imposto da un’occupazione militare straniera, nel caso specifico l’esercito di Putin. Questa aggressione militare, oltre che violentare la sovranità ucraina, è una reazione diretta alle prime vittorie del processo rivoluzionario con epicentro a Kiev, per cui possiede un carattere profondamente controrivoluzionario.
    In tal senso, presentare questo referendum come un esercizio democratico di espressione popolare, quando gli stivali russi minacciano la sovranità ucraina e Putin deruba il Paese aumentando il prezzo del gas e minacciando di interrompere la somministrazione, è un assurdo che non merita altra definizione che farsa.
    5. Siamo dalla parte del popolo ucraino nella difesa della sua sovranità e della sua rivoluzione. Esigiamo il ritiro immediato di tutte le truppe russe e dei suoi rappresentanti politici in Crimea, così come l’invalidazione del fraudolento referendum.
    Siamo dalla parte di chi, in piazza Maidán, grida Unità! L’Ucraina è indivisibile! La Crimea è Ucraina!; siamo dalla parte, in Crimea, delle minoranze tartara e ucraina che lottano contro il secessionismo reazionario.

    Riaffermiamo che l’unica via affinché il processo rivoluzionario avanzi, partendo dall’enorme vittoria che ha significato l’aver rovesciato Yanukóvich, è la riproposizione delle grandi mobilitazioni e delle occupazioni di piazze ed edifici pubblici. Queste mobilitazioni devono essere democraticamente organizzate da organismi operai e popolari, che a loro volta siano unificati sulla base di un piano di lotta nazionale in cui siano inserite le rivendicazioni democratiche ed economiche più sentite dal popolo, dalle minoranze e soprattutto dal proletariato ucraino.
    In tal senso il compito più urgente del momento è la lotta per l’espulsione dell’invasore russo e la difesa della sovranità e dell’unità territoriale dell’Ucraina.
    In questa lotta il movimento di massa ucraino deve confidare esclusivamente nella forza della propria mobilitazione.
    Non si può confidare nemmeno per un momento nel nuovo governo guidato da Yatseniuk-Turchínov, che assiste impassibile mentre Putin consolida le proprie posizioni in Crimea e, di fatto, al di là dei suoi discorsi “nazionalisti” e di frasi del tipo “non cederemo un centimetro di terra ucraina”, sta svendendo il Paese ai capitali imperialisti europei e statunitensi.
    La stessa posizione è sostenuta dai settori neonazisti e di estrema destra come il “Settore di Destra” e Svoboda: mentre si riempiono la bocca di “nazionalismo”, integrano il nuovo governo servile e appoggiano senza mezze misure la svendita del Paese alla UE e al FMI.
    Il popolo ucraino non deve confidare neppure nella falsa retorica sulla “difesa della sovranità” o sul “rispetto del diritto internazionale” di Obama e dei leader della UE. Queste potenze vogliono soltanto colonizzare l’Ucraina, assoggettarla con mille catene ai propri disegni, e sono quindi nemici irreconciliabili del popolo ucraino.
    I leader imperialisti della UE mantengono rapporti economici con Putin e, nei fatti, stanno “lasciando correre” la vergognosa annessione della Crimea alla Russia, dato che non applicano reali sanzioni economiche al Cremlino a causa della dipendenza europea dal gas di Putin² e degli investimenti che gli oligarchi russi fanno nei Paesi europei. Tutto ciò senza parlare del timore di pregiudicare i numerosi investimenti di capitali imperialisti in Russia.
    Per parte sua Obama, in questo conflitto, preferisce muoversi con i piedi di piombo per non rompere il patto controrivoluzionario che ha fatto con Putin per sconfiggere la rivoluzione siriana e stabilizzare il Medio Oriente.
    Perciò la lotta contro l’annessione della Crimea e la bandiera storica di una Ucraina indipendente e unita! ricadono nelle mani della classe operaia e del popolo povero, che nel calore del processo rivoluzionario necessita urgentemente di costruire una direzione socialista rivoluzionaria che combini questa lotta democratica con la strategia di una Ucraina operaia e socialista.


    Note
    1. Vedere: ¡Fuera Putin de Ucrania! ¡Por una Ucrania independiente y unida!
    2. La dipendenza europea dal gas russo è enorme e si riassume in tre cifre: un quarto dell’energia consumata dagli europei ha come fonte il gas, un terzo di questo gas è russo e il 15% di tutto il gas europeo giunge attraverso il gasdotto che attraversa l’Ucraina.

    (*) dal sito della Lit-Quarta Internazionale LIT-CI
    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  9. #9
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - PRIMO PIANO

    IL PRIMO MAGGIO
    E' DEI LAVORATORI E
    DELLE LAVORATRICI CHE LOTTANO

    La giornata del Primo Maggio è nata più di 120 anni fa, in ricordo dei "martiri di Chicago" che furono condannati a morte negli Stati Uniti per aver diretto una lotta contro lo sfruttamento capitalistico. Dal 1889 si decise di realizzare ogni anno, in occasione della ricorrenza, una giornata internazionale di lotta della classe lavoratrice. Da allora, i padroni hanno tentato, a più riprese, di cancellare il Primo Maggio: basta pensare alle ordinanze dei sindaci di centrodestra e centrosinistra che permettono l'apertura delle attività commerciali. O molto più subdolamente, le classi dominanti hanno voluto trasformare questa giornata, con la complicità della burocrazie sindacali, in un momento di celebrazione della collaborazione di classe e della concertazione, che tanti danni ha prodotto nella classe lavoratrice, svuotandola di ogni contenuto conflittuale e anticapitalista.
    Il Partito di Alternativa Comunista, sezione italiana della Lega Internazionale dei Lavoratori-Quarta Internazionale, ripudia questa strumentalizzazione della giornata del Primo Maggio e invita a trasformare ogni manifestazione in autentica giornata di lotta!

    Il Primo Maggio non può essere una giornata di conciliazione tra padroni e operai: il Primo Maggio è una giornata di lotta contro i padroni, è dei lavoratori e delle lavoratrici che lottano contro lo sfruttamento del lavoro. Lavoratori e padroni, sfruttati e sfruttatori, hanno interessi contrapposti e per questo non ci può essere nessuna conciliazione. Tanto più quest'anno il Primo Maggio deve rappresentare una risposta operaia alla guerra sociale scatenata dai padroni contro i lavoratori. Una guerra che in Italia ha conosciuto già due grandi attacchi nel 2014: la firma dell'Accordo “vergogna” sulla rappresentanza sindacale, che di fatto elimina ogni forma di opposizione all'interno delle fabbriche e cancella la democrazia sindacale imbavagliando il sindacalismo conflittuale e di base (o presunto tale); il secondo grande attacco viene dal “nuovo” governo Renzi che con il suo Jobs act aumenta la precarietà lavorativa (vedere le norme sull'apprendistato) salvo coprire demagogicamente il tutto con la promessa degli 80 euro in busta paga
    Il Primo Maggio non è la giornata della "pace sociale", ma è una giornata rivoluzionaria. Per questo deve rappresentare l'occasione per esprimere una solidarietà militante verso tutti i processi rivoluzionari oggi in corso nel mondo, dalle rivoluzioni ancora aperte in Egitto e in Siria, passando per le gigantesche mobilitazioni che negli ultimi giorni hanno scosso le fabbriche in Cina, fino ai nuovi scenari di lotta di classe che si sono aperti in Brasile dopo le grandiose giornate di giugno dello scorso anno, che hanno visto milioni di persone occupare le strade e le piazze di centinaia di città e che promettono di esprimersi con ancora più radicalità in occasione della Coppa del Mondo a giugno di quest'anno.

    Il Primo Maggio non è una giornata di "festa": è la giornata della guerra di classe con cui i lavoratori devono respingere gli attacchi di un capitalismo sempre più in crisi. I lavoratori devono organizzarsi per rispondere a questi attacchi, devono utilizzare le principali armi che hanno a disposizione per respingere queste misure: lo sciopero generale e prolungato, l'autodifesa proletaria, l'unità di classe contro i padroni


    Viva il Primo maggio, rivoluzionario e internazionalista!
    Costruiamo il partito internazionale della rivoluzione socialista!
    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

  10. #10
    Comunista
    Data Registrazione
    05 Oct 2009
    Località
    Pannesi, Liguria, Italy, Italy
    Messaggi
    4,636
     Likes dati
    505
     Like avuti
    657
    Mentioned
    124 Post(s)
    Tagged
    31 Thread(s)

    Predefinito Re: Partito di alternativa Comunista

    Partito di Alternativa Comunista - Progetto Comunista - Lega Internazionale dei Lavoratori - LIT - PRIMO PIANO

    Primo Maggio
    Per un polo di indipendenza di classe
    contro gli attacchi del capitale!




    dichiarazione della Lit-Quarta Internazionale


    Nonostante tutti i tentativi da parte della borghesia internazionale e delle burocrazie per cancellare il suo significato, il Primo Maggio resta vivo come giornata internazionale di lotta della classe operaia e di tutti gli oppressi del mondo.
    È la data in cui noi lavoratori ricordiamo gli eroici martiri di Chicago, che 128 anni fa diedero la loro vita affinché la classe operaia conquistasse la giornata lavorativa di otto ore. È il momento in cui serriamo i pugni e onoriamo tutti i caduti nelle lotte operaie contro lo sfruttamento e l'oppressione del capitalismo, il che ci dà più forza per affrontare gli scontri attuali.
    Il Primo Maggio è sinonimo di organizzazione e lotta operaia a livello mondiale. È il giorno in cui si rivendica la lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori in tutti i Paesi; una giornata di lotta contro i governi dei padroni, le burocrazie e la difesa dell'indipendenza politica della nostra classe e dell'internazionalismo proletario.
    Questo significato profondo del Primo Maggio è oggi più attuale che mai.
    Questa data incontra la classe operaia e gli oppressi del mondo mentre attraversano una situazione politica globale tra le più convulse che si siano date da molti decenni a questa parte.
    Per uscire dalla crisi strutturale in cui è immerso tutto il sistema capitalista mondiale, le borghesie nazionali e l'imperialismo continuano ad attaccare i diritti storici e il livello di vita della classe operaia e delle masse popolari. Lo fanno attraverso durissimi “piani d'aggiustamento strutturale” dettati dall'imperialismo e applicati dai vari governi capitalisti.
    Questi attacchi, che in molti casi si combinano con la crescente difficoltà degli apparati burocratici nel contenere l'azione delle masse popolari, hanno scatenato l'esplosione di innumerevoli lotte in vari Paesi e continenti. Le masse popolari del mondo hanno deciso di non marciare verso la degradazione e la barbarie senza combattere.
    Questa è la base sociale e politica di una realtà internazionale che è segnata da grandi mobilitazioni popolari, scioperi generali, insurrezioni, rivoluzioni, guerre civili, caduta dei governi e di regimi, ecc.
    Gli epicentri di questo scenario mondiale continuano ad essere le eroiche rivoluzioni che, con alti e bassi, seguono il loro corso nella strategica regione del Nord Africa e del Medio Oriente. In questa parte del mondo spiccano la guerra civile in Siria e i processi rivoluzionari in Egitto, Libia e Tunisia. D'altra parte, il continente europeo continua ad essere in ebollizione, soprattutto nei Paesi del sud (Grecia, Spagna, Portogallo). Questa lotta della classe operaia e delle masse popolari europee ha dato un salto negli ultimi mesi con l'esplosione sociale che vive l'est del continente con la rivoluzione ucraina e i processi bulgaro e bosniaco.
    A ciò si somma la crescente instabilità (economica e politica) che comincia ad esprimersi in America Latina, dove dopo diversi anni riappaiono le massicce mobilitazioni popolari e gli scioperi generali (Brasile, Argentina, Venezuela, Messico, Paraguay), molti dei quali affrontano governi di collaborazione di classe che si rifanno al cosiddetto “socialismo del XXI secolo”, che nel periodo precedente erano riusciti a frenare l'ascesa delle lotte degli inizi del XXI secolo.
    Le rivoluzioni nel mondo arabo, le lotte contro gli aggiustamenti strutturali in Europa, la rivoluzione ucraina e il processo di mobilitazioni e scioperi in vari Paesi dell'America Latina dimostrano l'urgente necessità di combattere affinché sia la classe operaia organizzata ad intervenire con i suoi metodi tradizionali di lotta e a guidare questi processi, poiché è l'unica classe sociale che può sostenere una lotta conseguente contro il capitalismo imperialista offrendo una soluzione rivoluzionaria ai problemi dell'umanità.

    Unire le lotte e costruire un polo di indipendenza di classe!
    In questo contesto di crisi e di scontri tra le classi, non c'è necessità più urgente di quella di unire tutte queste lotte in ogni Paese e a livello mondiale per sconfiggere le politiche dei capitalisti e dell'imperialismo che tentano di scaricare la loro crisi sulle nostre spalle.
    In questo Primo Maggio è necessario esprimere la solidarietà incondizionata con i processi di lotta che sono in corso e impongono la necessaria unità internazionale dei lavoratori.
    Ad esempio, in Europa l'unità tra i lavoratori del continente è una necessità per sconfiggere l'Unione Europea imperialista e i piani della “troika”. La solidarietà attiva a livello internazionale è altrettanto urgente e sarebbe determinante per la vittoria militare delle masse popolari siriane contro il dittatore Al Assad.
    Lo stesso possiamo dire per ogni grande mobilitazione, sciopero o processo rivoluzionario che accade nel mondo. È fondamentale riprendere e far avanzare la coscienza internazionalista della nostra classe, che è stata una caratteristica della nascita stessa del movimento operaio.
    Per ottenere ciò, l'ostacolo principale sono le direzioni delle centrali sindacali e dei partiti tradizionali della classe operaia, completamente allineate ai governi e agli sfruttatori e che si rifiutano di dare impulso a piani di lotta unificati e ad una giornata mondiale contro i piani "lacrime e sangue" dei banchieri, delle multinazionali e dei loro governi.
    Per questo, è fondamentale esigere a partire dalla base che queste direzioni rompano i loro patti con i governi e con le borghesie nazionali, proponendo ogni tipo di azioni unitarie attorno alle rivendicazioni più sentite dalla classe operaia e dalle masse popolari.
    Ma questo appello non è sufficiente. Allo stesso tempo in cui noi esigiamo dai vecchi dirigenti che convochino lotte unificate, dobbiamo avanzare “dal basso” nella costruzione di nuove direzioni basate sull'indipendenza di classe, democratiche combattive e dei lavoratori per dirigere le lotte.
    La classe operaia deve farsi strada e lottare per il suo programma di classe, mantenendosi indipendente e in opposizione a tutti i governi e a tutte le varianti borghesi che intervengono nei processi politici.
    La costruzione di questo polo di indipendenza di classe nei processi è fondamentale affinché le grandi mobilitazioni e le rivoluzioni non vengano abortite o finiscano deviate verso soluzioni borghesi. In questo senso, la classe operaia deve mostrare il cammino e offrire una soluzione chiara alla crisi economica e ai processi rivoluzionari in corso, ponendosi alla testa degli altri settori sfruttati nella lotta contro i governi e i loro piani di austerità.
    La Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (Lit-QI) punta tutto su questa via d'uscita operaia. E affrontiamo questo compito con una collocazione e una strategia chiara: siamo con gli sfruttati e gli oppressi contro gli sfruttatori e gli oppressori, nella lotta per la rivoluzione socialista mondiale.
    Per questo, siamo con i lavoratori, i giovani e le masse popolari arabe contro i loro dittatori, le loro borghesie e l'imperialismo; siamo con le masse popolari siriane contro Al Assad; siamo con la classe operaia e le masse popolari egiziane contro la dittatura militare di Al Sisi; siamo a fianco delle masse popolari palestinesi contro Israele; a fianco delle masse popolari ucraine che lottano per la loro unità e la completa indipendenza contro l'oppressore grande-russo e contro i piani di colonizzazione dell'imperialismo nordamericano ed europeo; siamo con i lavoratori europei contro i loro governi e contro l'Unione Europea e la “troika”; siamo a fianco degli immigrati nella loro lotta per ottenere i pieni diritti politici, lavorativi e sindacali in tutti i Paesi; siamo a fianco delle donne, delle giovani, delle nere, di tutti coloro i quali hanno orientamenti sessuali differenti e contro ogni tipo di oppressione, discriminazione e persecuzione che questi settori soffrono nel quadro del capitalismo.


    La necessità di una direzione rivoluzionaria mondiale
    In questo contesto, la Lit afferma anche che è urgente la necessità di costruire una direzione rivoluzionaria internazionale, capace di dare impulso e unificare queste lotte e portarle fino al loro trionfo definitivo (la sconfitta completa dell'imperialismo).
    La crisi di direzione rivoluzionaria come crisi fondamentale dell'umanità si sta mostrando in maniera drammatica in ciascuno dei processi rivoluzionari attuali. Perciò, è questo il “primo di tutti i compiti”, che la Lit propone ad ognuno, e ad ognuna, dei militanti operai e popolari del mondo. Per noi questo compito si concretizza nella ricostruzione della Quarta Internazionale e dei suoi partiti rivoluzionari nazionali. È in questo compito che la Lit-Quarta Internazionale concentra tutti i suoi sforzi.
    Allo stesso tempo, sosteniamo che la costruzione di questa direzione rivoluzionaria mondiale potrà essere portata a termine solo mediante una lotta politica e ideologica permanente contro tutte le direzioni burocratiche, concilianti, fronte-popolari, nazionaliste borghesi, riformiste e neo riformiste, che cercano di deviare la lotta dei lavoratori e delle masse in vicoli ciechi e, con qualsiasi argomento, capitolano all'imperialismo e alle borghesie nazionali.
    Come Lit-Quarta Internazionale continueremo a dedicare tutti i nostri sforzi per costruire lo “stato maggiore” internazionale di cui c'è necessità affinché le eroiche azioni delle masse popolari del mondo possano ottenere vittorie definitive.
    In questo Primo Maggio è fondamentale che tutte queste lotte e rivoluzioni siano rappresentate e che colpiamo uniti, come parte della stessa classe. È tempo di marciare più convinti che mai del fatto che “l'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi”.

    partecipate e aderite al partito COMUNISTA in pieno congresso a questo link http://forum.termometropolitico.it/6...l#post13212177

 

 
Pagina 1 di 4 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Alternativa Comunista
    Di Homer nel forum Sinistra Italiana
    Risposte: 14
    Ultimo Messaggio: 23-09-09, 21:38
  2. Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 12-06-08, 00:25
  3. dal sito di Alternativa Comunista
    Di il Sig.Carosi nel forum Destra Radicale
    Risposte: 2
    Ultimo Messaggio: 31-03-08, 20:13
  4. Alternativa Comunista, è possibile?
    Di Mattia_99 (POL) nel forum Sinistra Italiana
    Risposte: 51
    Ultimo Messaggio: 13-02-08, 10:37
  5. Partito Comunista Italiano-partito Comunista Jugoslavo
    Di Sanjica nel forum Comunismo e Comunità
    Risposte: 4
    Ultimo Messaggio: 16-10-06, 19:13

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito