Il suicidio migratorio italiano: importa collaboratori domestici ed esporta giovani laureati
DI DARÍO MENOR
– 2 GENNAIO 2014PUBBLICATO IN: SPAGNA
TRADUZIONE DI ITALIADALLESTERO.INFO
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“Sono venuta in Italia perché è il paese dell’Europa occidentale dove è più facile lavorare senza contratto o affittare una casa senza documenti. Una volta ottenuto il visto Schengen di tre mesi, sarei potuta andare in Francia o in Germania, dove si guadagna di più, ma qui è più facile rimanere quando scade il permesso. Ogni tanto c’è una sanatoria per gli immigrati e non è poi così difficile rientrarci. Anche il Vaticano e la Chiesa cattolica hanno il loro peso. Appena arrivata a Roma, sono andata a registrarmi alla Caritas e mi hanno rilasciato un documento con cui, anni dopo, sono riuscita a dimostrare da quanto tempo mi trovavo in Italia ed ottenere così un permesso di soggiorno”.
La storia di Stefania, una donna moldava di 46 anni che si guadagna da vivere a Roma come badante, è paradigmatica della realtà di buona parte dei 5 milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia, sia regolari che irregolari. Secondo l’ultimo rapporto della fondazione ISMU (Istituto per lo Studio della Multietnicità) nove cittadini extracomunitari su dieci che lavorano nel Paese hanno un impiego che richiede una bassa qualifica. Di fatto circa la metà dei contratti cui hanno accesso non richiedono alcuna formazione specifica, e solo nel 4,5% dei casi richiedono una laurea.
Contrariamente agli altri PIIGS l’Italia continua ad essere un polo di attrazione per gli immigrati. Infatti un recente rapporto Eurostat sull’evoluzione della popolazione dei Ventotto mostra che il Paese è al secondo posto tra le grandi nazioni per il saldo migratorio positivo, superato solo dalla Germania. L’arrivo di stranieri in Italia in cerca di un’opportunità lavorativa rimane costante grazie al fatto che continuano a nascere posti di lavoro “per immigrati”, come dice il già citato studio dell’ISMU, il quale stima che solo nel 2011 ci sono stati 170.000 nuovi posti di lavoro per questa categoria. Il fenomeno è dovuto anche all’invecchiamento della popolazione italiana e al conseguente aumento della domanda di personale dedito all’assistenza degli anziani.
C’è un altro argomento che spiega questa apparente anormalità rispetto al resto delle nazioni vicine. In seguito alla contrazione dell’immigrazione e alla crescita dei propri connazionali alla ricerca di un lavoro, Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia hanno avuto un saldo migratorio negativo, mentre quello italiano l’anno passato è risultato positivo di 369.700 unità. Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto di asilo all’Università di Palermo, dice che il paese transalpino “è un luogo di passaggio verso altri Stati, sia per gli immigrati per motivi che per gli immigrati in cerca di asilo”. Questi ultimi arrivano soprattutto per via marittima dall’Africa,”perché l’Europa non dà loro la possibilità legale di emigrare”, denuncia il docente a El Confidencial.
Nonostante le dichiarazioni di alcuni politici che mettono in guardia su un’”emergenza” nel Mediterraneo a causa degli sbarchi di migranti a Lampedusa e in altre località del sud del Paese, Vassallo Paleologo ricorda che quest’anno si sono verificati meno sbarchi rispetto al passato. “Le proiezioni per il 2013 indicano che la cifra finale sarà leggermente superiore rispetto a quella del 2012, ma di molto inferiore a quella del 2011″, dice. I dati del Consiglio Italiano per i Rifugiati indicano la stessa cosa: l’anno scorso sono state accolte 15.715 richieste di asilo, rispetto alle precedenti 37.350 richieste.
La stragrande maggioranza degli immigrati arriva in Italia in aereo o con visto turistico di tre mesi, come nel caso di Stefania. “L’Italia rilascia dai 700.000 agli 800.000 visti Schengen ogni anno. Gli altri paesi a milioni. Non si sa poi quanti resteranno. Ad ogni regolamentazione si presentano 150.000 stranieri senza documenti, che due o tre anni dopo l’arrivo chiedono una regolarizzazione. E’ quello che successe nel 2011, quando ci fu l’ultima sanatoria” spiega il professore dell’Universatà di Palermo.
Il continuo flusso migratorio aiuta a coprire nelle statistiche la fuga dei giovani italiani verso altri paesi. Solo dal punto di vista demografico il saldo è positivo per l’Italia. Sotto ogni altro aspetto, questo esodo di popolazione è molto negativo per i suoi interessi: l’Italia importa soprattutto manodopera a basso costo, senza competenze specifiche, destinata in molti casi alla clandestinità, a lavori precari e senza contratto. Esporta, al contrario, una generazione di giovani con un’alta formazione, conoscenza delle lingue ed esperienza internazionale. Il quadro ricorda molto quello che si presenta oggi in Spagna ma, in Italia, il problema esisteva già da prima della crisi. Quest’ultima lo ha solo aggravato.
Sergio Nava, giornalista di Radio24, dirige Giovani talenti, un programma che dà voce agli italiani under 40 costretti ad emigrare. Nava assicura che le cifre ufficiali restano basse e che sono circa 150.000 i cittadini italiani che lasciano ogni anno il paese alla ricerca di lavoro. “Abbiamo un’economia vecchia, clientelare, con poca libertà di mercato e non meritocratica”, menziona come causa della migrazione. Oltre ad essere economico, il problema nasce secondo lui da una disfunzione culturale, dovuta soprattutto alla televisione. “Negli ultimi 20 anni il modello di riferimento è stato il furfante, l’evasore fiscale, la persona alla ricerca della fama e del successo tramite le raccomandazioni o la presenza in televisione. Sembrava che si dovesse aspirare a partecipare alGrande Fratello o a fare l’imprenditore corrotto e senza scrupoli”, afferma a questo quotidiano Nava, descrivendo cosi’ il berlusconismo culturale.
La fuga ogni anno di 150.000 giovani con alta scolarizzazione implica che il problema migratorio per l’Italia sia “qualitativo e non numerico”. “Non lascia presagire niente di buono per il nostro Paese. Le conseguenze potrebbero essere terribili”, profetizza. Secondo il recente rapporto del centro studi Censis, nell’ultimo decennio il numero di cittadini che si sono trasferiti a vivere all’estero è raddoppiato. Il 54% di coloro che l’hanno fatto nel 2012 aveva meno di 35 anni.”L’Italia ha un 20% di laureati rispetto alla media europea del 30%. Oltre al fatto che abbiamo pochi laureati, li lasciamo andar via. Se guardi bene, ciò che sta facendo questo paese è un autentico disastro. Si sta facendo proprio il contrario di ciò che si dovrebbe fare per uscire dalla crisi e superare i problemi strutturali”, afferma il giornalista di Radio 24.
Gli stessi motivi che inducono i giovani italiani ad abbandonare il proprio paese fanno sí che gli immigrati qualificati non scelgano l’Italia come loro meta. Secondo un’informativa della Rete Europea sulle Migrazioni, i lavoratori non comunitari altamente qualificati presenti nel Paese sono 71.761, un numero molto inferiore rispetto a Spagna (116.250), Francia (171.921), Germania (453.172) o Regno Unito (574.111). Quest’ultimo studio avverte Roma che non solo sta attraendo, rispetto agli altri paesi della zona, meno immigrati appartenenti a questa categoria rispetto ai paesi limitrofi, ma che non sa nemmeno approfittare di quelli che riceve. Il 41% di loro lavora in un posto per cui è richiesta una qualificazione più bassa rispetto a quella che hanno. E’ ciò che accade a Stefania, che ha ottenuto nel suo paese un diploma in Gestione Alberghiera e che non ha mai avuto un’opportunità per far valere le sue competenze in Italia. Dieci anni dopo il suo arrivo nel paese, sembra condannata a lavorare senza contratto, pulendo case, fino a che il corpo non le dica basta.
(pubblicato il 16 dicembre 2013)