Sempre dal Nomos della Terra
Impero, cesarismo, tirannide
I grandi teologi e filosofi imperiali adeguarono certamente senza sforzo la loro dottrina dell’impero anche alla dottrina aristotelica delle comunitates perfectae, che si fece strada a partire dal secolo XIII. Le comunità perfette e autarchiche (communitates, civitates, societates) erano in grado di realizzare da sé il proprio significato e il proprio fine, il proprio obiettivo e principio immanente: quello della vita buona e autosufficiente, del bene sufficienterque vivere. Quando poi l’impero veniva considerato, come nella Monarchia di Dante, la “più perfetta” tra le comunità umane, una communitas perfectissima, non si intendeva con ciò una comunità simile al regnum e alla civitas autarchica ma ancora più perfetta, bensì una particolare unità trascendente, in grado di assicurare la pace e la giustizia tra le comunità autarchiche, e solo perciò più elevata e più ampia.
Disponiamo in questo contesto di ragioni essenziali per mettere in evidenza in tutta chiarezza il carattere peculiare dell’unità cristiano-medioevale e del suo “potere supremo”. Infatti qui sta il contrasto più profondo che separa l’impero della respublica christiana dalle numerose riedizioni, riproduzioni e rinnovazioni medioevali di antichi concetti pagani.
Tutte queste riedizioni prescindevano dall’idea di kat-echon, riuscendo di conseguenza a dare vita – anziché ad un impero cristiano – soltanto ad un cesarismo. Ma il cesarismo è una forma di potere tipicamente non cristiana, anche quando conclude concordati. In quanto designazione e in quanto problema consciamente posto della sfera spirituale, il cesarismo è un fenomeno moderno, che incomincia solo nel 1789 con la Rivoluzione francese, e che appartiene storicamente all’epoca in cui viene prospettato il grande parallelo tra la situazione del cristianesimo primitivo e quella del secolo XIX. La Rivoluzione introduce termini quali cesarismo, guerra civile, dittatura e proletariato, che traggono completamente origine dal grande parallelo.
L’impero di Bonaparte fu il primo e più vistoso esempio moderno di cesarismo puro, svincolato cioè da un regno e da una corona reale. Il termine “impero” viene pertanto usato, a proposito di esso, in un’accezione completamente diversa da quella che è propria del Medioevo cristiano. Ancora più intenso e moderno diventa il parallelo dopo il 1848 e l’”impero” di Napoleone III. Ogni devoto teologo, dal IX al XIII secolo, avrebbe riconosciuto la diversità di queste rappresentazioni cesaristi che dell’impero già per il fatto che ogni teologo del Medioevo cristiano sapeva che cosa significava dal punto di vista storico-politico che gli Ebrei di fronte alla crocifissione del Salvatore avessero esclamato: “Non abbiamo altro re che Cesare” (Gv, 19, 15).
Questa cognizione del significato della storia cristiana venne gradualmente meno a partire dal secolo XIII. I grandi sistemi filosofici hanno soppresso anche qui il senso concreto della storia e dissolto le rappresentazioni storiche create nel corso della lotta contro pagani e infedeli in generalizzazioni neutrali.
Da quando i re germanici si procurarono un potere dinastico, l’impero divenne un elemento costitutivo di questo potere. Con ciò esso cessava di essere l’elevazione di una corona basata sull’opera di un kat-echon, ovvero di un regno fondato su una terra e sul suo popolo. Dal tempo dei sovrani lussemburghesi e asburgici la corona imperiale appartiene a una “casa”, a una famiglia dinastica; il potere dinastico d questa casa è costituito da un cumulo di corone, diritti di possesso, pretese ereditarie e candidature, un cumulo nel quale è compresa anche la corona imperiale romana, benché essa sia “corona” in un senso del tutto diverso da quello che è proprio della corona di san Luigi, di santo Stefano e di san Venceslao. La corona reale germanica fu però privata con ciò della sua sostanza, vale a dire della sua collocazione nello spazio e nel territorio, che è propria in tanta misura di altre corone del Medioevo, in particolare della corona di santo Stefano. Il forte kat-echon dell’epoca franca, sassone e salica divenne un debole sostegno, dotato di funzioni ormai solo conservative. Anche l’assunzione di concetti appartenenti al Corpus Iuris ebbe un effetto distruttivo e sradicante. Essa non riuscì a dare a Roma una nuova consacrazione. Nelle costruzioni dei giuristi di diritto romano dei secoli XIV e XV è già del tutto dimenticato il legame tra impero cristiano e regno territoriale, che sarebbe dovuto servire all’opera di un kat-echon. Bartolo e tutti gli altri giuristi e pubblicisti italiani del secolo XIV non erano più a conoscenza del fatto che l’imperatore possedeva questo compito del kat-echon, giungendo persino a scordare il fatto storico-giuridico che egli, oltre che imperatore romano, era per le città italiane del Nord e del Centro anzitutto re d’Italia.
Nella dissoluzione di tali concetti spaziali si annuncia la generale dissoluzione dell’ordinamento medioevale, benché rimanessero ancora persino nella dottrina delle autonome “civitates superiores non recognoscentes” forti elementi di un’unità complessiva, rappresentata dall’imperatore e dal papa. In particolare l’imperatore rimaneva, ancora nel secolo XIV, il custode del diritto e della libertà d quelle civitates autonome. Egli aveva ancora il compito di rendere inoffensivi i nemici del diritto e della libertà di una civitas, in primo luogo i tiranni. La dottrina della tirannide contenuta nel Policraticus di Giovanni di Salisbury (1159) costituisce già un documento della forza politica di una potestas spirtualis consapevole di se stessa. La coscienza del compito del kat-echon manca però qui ormai quasi completamente. La dottrina dei giuristi e degli autori laici del tardo Medioevo (dal secolo XIII al XV) va tuttavia ancora più in là in questa direzione, poiché ora un gran numero di poteri riconosciuti autarchici relativizza l’unità politica della respublica christiana. Naturalmente, anche nella dottrina di quest’epoca il tiranno resta un nemico dell’umanità, e propriamente di un’umanità che aveva trovato nell’imperium e nel sacerdotium l’espressione del proprio ordinamento e della propria collocazione spaziale. Il tiranno è per l’ordinamento della terra il nemico comune, come il pirata è per l’ordinamento del mare il nemico del genere umano.