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  1. #11
    scemo del villaggio
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    Predefinito Omicidio di un giusto?

    Non trovo appropriato il titolo della discusssione: che sia stato un omicidio è tutto da dimostrare, che Luciani fosse un giusto è possibile (lo sa Dio), a noi interessa che condivideva tutte le decisioni del Vaticano iI, che si ispirava anche nel nome a Roncalli e Montini e che fu spietato con i tradizionalisti veneziani che chiedevano la messa in latino, arrivando a far sprangare la porta della chiesa di S. Simon Piccolo.
    Pace all'anima sua, ma per quanto mi riguarda nessun rimpianto.

  2. #12
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    Predefinito

    Ho modificato il titolo di questo vecchissimo thread...


  3. #13
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    Predefinito

    Ecco ciò che scrisse aòcuni anni fa un caro amico
    Saluti
    Vitantonio
    Misteri di settembre
    Ricordando papa Luciani
    Sono ormai dieci e più anni che si respira aria da fine pontificato. Diversi papabili di qualche anno fa ora sono fuori gioco, alcuni sono perfino morti. La lunghissima durata del pontificato corrente, ha ottenuto almeno due risultati. In primo luogo, corre voce tra gli esperti del settore che i cardinali, d’ogni tendenza, su una cosa sono tutti concordi: mai più eleggeranno un giovane (Karol Woityla aveva 58 anni quando fu eletto). Ne hanno semplicemente abbastanza di avere a che fare con un “Santo Padre” che, piuttosto, sembra un “Padre Eterno”. L’altro risultato è che ha fatto rimuovere dalla memoria collettiva il ricordo dei precedenti pontificati, in particolare di quello dell’immediato predecessore, Giovanni Paolo I (Albino Luciani) e della sua strana scomparsa. Il breve pontificato si svolse (verrebbe voglia di dire “si consumò”) tra i mesi d’agosto e settembre del 1978. Torniamo un attimo a quei giorni. Il mese d’agosto, un po’ in tutti i paesi latini, ma specialmente in Italia è un periodo morto. Mai come quell’anno la gente, attirandosi le critiche, tra lo scandalizzato ed il canzonatorio, di qualche “solone” che redigeva gli editoriali dei quotidiani, aveva voglia di distrazioni. La principale preoccupazione sembrava essere il sintonizzarsi su una delle tante radio private che, in quei giorni, conoscevano il massimo del loro boom. Il “tormentone” di quell’estate era “Siamo figli delle stelle” di Alan Sorrenti. La primavera aveva visto lo svolgersi di quell’altro misterioso dramma italiano che fu il caso Moro. Il 3 agosto di quel tragico anno, nell’indifferenza di un’opinione pubblica stanca, si spegneva Paolo VI. Quindici anni prima era salito alla guida di, per usare un linguaggio commerciale, un’impresa con qualche difficoltà, ma apparentemente solidissima. Lasciava ai successori “un’azienda” in stato pressoché “fallimentare” (un proverbio romano dice: “Sotto il SESTO Roma fu sempre rovinata” e storicamente è sempre stato davvero così!). Non ci riferiamo solo e tanto al campo economico, ma generale. Le sue responsabilità, almeno omissive, in tale catastrofe, non erano di poco conto. Tanto per dirne una, fu il promulgatore di una riforma liturgica, materialmente opera di mons. Annibale Bugnini, personaggio su cui torneremo, che, caso unico nella storia delle religioni, ha fatto trionfare la banalità anche nei riti che debbono garantire la presenza Divina. Sulla controversa figura di tale pontefice abbiamo un primato. Siamo uno dei pochissimi organi di stampa che, nel 1998, hanno recensito l’opera di Mons. Luigi Villa “ Paolo VI beato?” (Edizioni Civiltà, Via Galilei, 121, Brescia tel. 030 3700003), che poi ha avuto un seguito: “Processo ad un papa”. Gli esperti si chiedevano, e facevano mille supposizioni, su chi gli sarebbe succeduto, e su cosa avrebbe avuto a che fare con il motto “De medietatae Lunae”, con cui, nel 1100, San Malachia, lo aveva designato. Dopo un breve conclave, il 26 agosto, in fase di mezza luna, era eletto il Patriarca di Venezia, cardinale Albino Luciani, che, per la prima volta dal XII secolo, non continua nessuna serie di nomi papali, ma da inizio ad una nuova serie, prendendo nome Giovanni Paolo I. Sembra quasi che, in tal modo, voglia sancire e suggellare l’inizio di una nuova era nella storia del Cattolicesimo.
    Albino Luciani era nato il 7 ottobre 1912. Ordinato sacerdote nel 1935, fatto vescovo nel 1958, nominato Patriarca di Venezia nel 1969 e fatto Cardinale nel 1973. Chi scrive ne conosceva bene lo stile da parroco di campagna che traspariva dagli articoli che scriveva per il “Messaggero di Sant’Antonio”. Testi, questi ultimi, che, in seguito saranno raccolti nel volume “Illustrissimi”. 33 giorni dopo l’elezione pontificale, il 29 settembre, i mass-media di tutto il mondo divulgano la notizia che, la sera precedente, (di nuovo in fase di mezza luna) all’età di 65 anni e 9 mesi, mentre stava leggendo il capolavoro dell’ascetica e mistica medievale “L’Imitazione di Cristo” improvvisamente il papa era deceduto. Immediatamente l’associazione integralista “Civiltà cristiana”, guidata dal Professor Franco Antico (nobilissima figura, oggi dimenticata) rivolge alle Autorità civili vaticane richiesta ufficiale di autopsia. Richiesta che è subito respinta. Tale rifiuto è giustificato dai regolamenti posti in vigore in Vaticano dopo lo scandaloso mercato delle foto dell’agonia di Pio XII, che erano uscite sui principali rotocalchi di tutto il mondo. Tutto ciò che riguarda la morte dei pontefici deve, per evitare il ripetersi di tali sconcezze, essere caratterizzato da estremo riserbo. La spiegazione, però, non sembra convincere. Alcuni anni dopo, il giornalista americano David Yallop scrive un libro che diverrà un best-seller “La morte di Papa Luciani”. In tale testo si fanno insinuazioni ben precise. Senza mezzi termini si accusano cardinali di curia di aver ammazzato il papa. Passa qualche altro anno. La Curia vaticana, proprio allo scopo di confutare il testo di Yallop, fa mettere gli archivi a disposizione di un altro giornalista americano, incaricandolo di elaborarne la replica. Questo giornalista, ad un certo punto, si mette le mani nei capelli. L’opera che scrive, che avrebbe dovuto confutare Yallop, facendo chiarezza sulla vicenda, in realtà finisce di ingarbugliare le cose. La conclusione cui arriva è che nessuno ha assassinato materialmente Papa Luciani, ma che tutto l’ambiente lo ha fatto morire di crepacuore (lui che era già cardiopatico) semplicemente tenendo in “non cale” tutto ciò che diceva o faceva. Forse coloro che avevano intuito più verità di chiunque altro, erano i vignettisti come Forattini. Il celebre sorriso, rimasto in tutte le foto ufficiali (e che, a sua volta, aveva fatto sprecare fiato a qualche altro “solone” che lo aveva gratificato dell’attributo di “deproblematizzante”) diventava, nelle loro caricature, un sarcastico sghignazzare. In effetti, come atto di riguardo per il predecessore, aveva raccomandato di comportarsi né più né meno di come erano abituati, facendo conto che lui non ci fosse. Era stato preso in parola, fin troppo bene. Come si era giunti a ciò?
    Torniamo un po’ indietro. Senza attribuire particolari doti “iettatorie” (noi ne capiamo qualche cosa, non a caso, per i tipi della nostra casa editrice, è stata pubblicata la biografia di Nicola Valletta, inventore della “jettatologia” scienza nata e morta con lui) ai redattori della rivista satirica “Il Male” che, appena eletto, gli dedicarono una copertina dove, parafrasando il celebre detto, scrissero: “Fatto un papa, NE MUORE UN ALTRO”, ma non poche stranezze caratterizzarono quei 33 giorni. Tanto per incominciare il metropolita russo Nikodim (la cui appartenenza ai servizi segreti sovietici è oggi dimostrata), proprio durante una visita, subito dopo l’elezione di Luciani, gli muore tra le braccia. Pochi giorni dopo la rivista OP, di Mino Pecorelli (personaggio al centro di frequentazioni pericolose, P2, servizi segreti deviati e non di mezzo mondo, banda della Magliana, balordi vari, ecc. che sarà assassinato alcuni anni dopo) pubblica una lista di prelati massoni. In realtà si tratta di un estratto di una lista più lunga, pubblicata da “Panorama” due anni prima (a pagina 26 del N° 538, del 10 agosto 1976) ma arricchita di notizie quali la loggia d’appartenenza, la sigla-matricola e la data d’iscrizione. Spendiamo un attimo due parole su tale lista. Che cosa dirne? Per tali tipi di documenti che, ovviamente, si occupano di cose riservate, è difficile accertarne fonti e veridicità. Certo è che, nonostante la scomunica del 1738, la presenza di massoni nel clero è indiscutibile. Alcuni anni fa don Ennio Innocenti ripubblicò il manuale dell'antimassonismo religioso: l’enciclica "INIMICA VIS" di papa Leone XIII. In appendice erano presenti elenchi di chierici massoni dei secoli passati. Il dottor Carlo Alberto Agnoli, non più tardi del 1996, ha pubblicato, secondo il suo stile, un libretto agile ma esauriente sui motivi d’attendibilità generale delle liste di Panorama e di Pecorelli. L'opera: "La massoneria alla conquista della Chiesa" (Ed.EILES) afferma che, pur non potendo mettere la mano sul fuoco, circa il "massonismo"di tutti e singoli i personaggi citati ivi, mille motivi, compresi alcuni eventi, anche di natura giudiziaria del ventennio seguente, sono una conferma indiretta che tali elenchi, sono, almeno nelle linee essenziali, da ritenersi autentico. Nel fascicolo del giugno 1992 della rivista"30 Giorni"un articolo lungo, dettagliato, supportato da una montagna di documenti e con tanto di copertina dedicata, si occupava del ruolo della massoneria nelle riforme liturgiche. Già agli albori del XIX secolo il servizio segreto pontificio scoprì un piano massonico per infiltrare le gerarchie vaticane. Dicevamo dei nomi eccellenti ivi riportati. Ne citiamo solo alcuni: dai famosi preti David Turoldo e Ernesto Balducci, al già citato Bugnini; dai cardinali Jean Villot ed Agostino Casaroli, all’arcivescovo di Torino pro-tempore Michele Pellegrino etc.
    Torniamo al sonnolento agosto del 1978. Gli episodi che abbiamo appena descritti (misteriosa morte del prelato russo, pubblicazione di quell’elenco, con alla fine Pecorelli che scriveva “ Mi aspetto una pioggia di smentite, oppure, in silenzio, l’epurazione”, ancora oggi non c’è stato né l’una, né l’altra) visti a distanza di tempo, sembrano altrettanti atti di guerra. Tra chi? A quale scopo? Nel breve pontificato gli unici atti di magistero di Papa Luciani sono tre. Il ripristino dell’obbligo della veste talare per i preti, almeno per il Lazio, (anche questo tenuto, ancora oggi, in assoluto non cale) e due “Angelus” che diedero accenni a due futuri documenti, mai più realizzati: il primo a carattere socio-politico, che lasciava immaginare un rilancio dell’anticomunismo religioso, era stato riassunto in una frase latina “Ubi Lenin, ibi Jerusalem cessat”(dove c’è Lenin, in quel punto finisce Gerusalemme, cioè il Regno di Dio); l’altro a base più strettamente teologica, doveva riguardare l’aspetto “materno” di Dio, che, se ovviamente è Padre, ama le sue creature più di una madre, come affermato dal Profeta Isaia.
    In questi giorni giunge la notizia della nascita di comitati che ne chiedono il processo di beatificazione.
    Per farla breve, la sua natura agreste e la sua bonomia, lo facevano sentire un “pesce fuor d’acqua”. Non ne idealizziamo la figura. Ci dispiace, ma per dovere di cronaca, dobbiamo riportare anche notizia dei mille fastidi che inflisse al povero don Siro Cisilino, parroco di San Simone Piccolo (Venezia), colpevole di non essersi adeguato ai nuovi andazzi. A parziale giustificazione, però, si deve aggiungere che, in tal caso, non fece altro che applicare direttive superiori.
    Difficilmente si saprà mai cosa accadde in quel poco più di un mese lunare che durò il suo pontificato. Molti hanno provato ad azzardare ipotesi. C’è chi parla del cassetto aperto, con relativa scoperta di buste dal contenuto riservato. Dai segreti di Fatima ad intrallazzi più terra-terra. Riportiamo l’ipotesi più pittoresca (attenzione! Scrivendo “pittoresca”, quale, come vedrete, in effetti, è, non vogliamo certo dire che debba necessariamente essere falsa, o vera). Dalla radio privata che possiede, il dottor Bonaventura Meyer, svizzero tedesco, sostiene che Luciani morì di crepacuore, quando scoprì che Paolo VI era ancora vivo. La tesi completa è la seguente: Giovan Battista Montini era stato eletto da una lobby di cardinali massoni. Scrivendo, nel 1968, l’enciclica “Humanae Vitae”, che ripresenta la dottrina tradizionale in materia di anticoncezionali, i suoi elettori si arrabbiano. Lo rapiscono, lo sostituiscono con un sosia e lo imprigionano nei sotterranei del Vaticano. Ne consegue che chi è morto nel 1978 è il sosia.
    Cristo disse di se stesso: “Io sono la Verità”. La Chiesa è, per definizione, la sposa immacolata, senza macchia e senza ruga, di Nostro Signore. Pertanto, la Chiesa non dovrebbe aver paura della verità. I silenzi che sono scesi su quell’episodio, hanno consentito la diffusione delle voci strane che abbiamo riferito. Come concludere? Non voglio dare l’impressione di emulare Alessandro Dumas, che chiude il suo denigratorio romanzo sui Borgia con un ipocrita salamelecco al papa pro-tempore Gregorio XVI, ma ribadisco una verità. Vero è che la targa automobilistica di Città del Vaticano S. C. V., da sempre i romani dicono che significa “Se Cristo Vedesse”, ma sono convinto che verrà giorno, spero ormai prossimo, in cui si farà chiarezza su quest’argomento.

 

 
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